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domenica 29 settembre 2024

The Pit Tips

Francesco Scarci

Agrypnie - Erg
Weather Systems - Ocean Without a Shore
Wintersun - Time II

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Alain González Artola

Forelunar- Hwaa
Hour of Penance - Devotion
Paradise in Flames - Blindness

giovedì 26 settembre 2024

Horthodox & Haiku Funeral – Serpentine Sorcery

#PER CHI AMA: Drone/Ambient
Quando due band del calibro dei francesi Haiku Funeral e dei russi Horthodox, uniscono le forze per dare alla luce un nuovo album insieme, il risultato non può che destare sorpresa e curiosità. Fondamentalmente, la musica espressa in questo album collaborativo è molto difficile da incanalare in un filone unico, anche se a grandi linee, potremmo identificarla come dark ambient drone, dalle tinte fosche e oscure. Se poi il concetto di base è dare un ambiente sonoro a testi di antiche canzoni bulgare, trovati in un libro del 1896, sul tema della stregoneria, serpenti, vampiri e ninfee dei boschi, come la Samodiva, tipica creatura fatata dei monti Balcani, il tutto prende un significato più ampio e interessante. In effetti, il disco si presenta a capitoli, con lunghe suite di synth, che oscillano tra gli 8 e i 12 minuti, tra tappeti di noise ambient, sibili e sussurri perennemente distorti, neri come la pece, con una voce narrante che gravita a metà strada tra un Sauron irato e uno stregone demoniaco che espone il proprio sermone diabolico. L'ago della bilancia viene spostato dall'ottima performance del sax di Alexander Timofeev, che in controtendenza all'intero sound di base, convoglia le atmosfere verso lidi più noir jazz, attenuandone la pesantezza e irrobustendo la complessità della proposta, rendendola più fluttuante e piacevole all'ascolto, tenuto conto che le due entità sonore sono note soprattutto per le loro opere ostiche e pietrificanti. A tutti gli effetti, l'ascolto di 'Serpentine Sorcery' potrebbe essere paragonabile a sfogliare un libro, dove il sound oscuro sostituisce il bianco delle pagine e il testo è inciso dal lamento gutturale della voce narrante. La deriva che scaturisce dalla nostra mente da queste letture, vengono poi trasportate dalle divagazioni del sax, che per assurdo, ha reminiscenze così impregnate di jazz sperimentale (ascoltate "The Mother and the Whore Bride"), che riesce in molti tratti, a far distrarre l'ascoltatore, fino a fargli dimenticare la tipologia di musica che sta ascoltando. Il ritmo è assuefatto al rumore: si mette leggermente in luce, tra disturbi distorti e interferenze, nella rumorosa title track con un'evoluzione noise devastante. Altrettanto, in bella ma pacata mostra, il ritmo si palesa anche su "The Hate Venom", mentre in "Vampyric Mantra" è per lo più usato come metronomo dal suono profondo. Alla stregua di un Necronomicon in mano a un ignaro primo lettore, l'ascolto di questo disco potrebbe arrecare parecchi fastidi e tormenti agli ascoltatori poco assidui a questo genere musicale. Al contrario, potrebbe configurarsi come uno scrigno nero incantato, tutto da scoprire. (Bob Stoner)
 
(Aesthetic Death - 2024)
Voto: 70
 

Mind Snare - Hegemony

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death
Torino, città che fu teatro del definitivo crollo psichico di Friedrich Nietzsche, è il luogo di provenienza dei Mind Snare, band attiva sin dal 1989 (con il moniker Satan’s Slaughter/ndr) e ben conosciuta nel panorama death underground. 'Hegemony' è stato il loro EP di debutto, un mini cd di sei canzoni (più i live di "Monarch of Prayers" e "The Ancients Awakening" nella versione della Psychic Scream Entertainment/ndr), ben registrato, potente, e di sicuro impatto. Nella bio, i Mind Snare indicano fra i propri gruppi di riferimento Immolation e Morbid Angel; e il riffing di Chris Benso risente, effettivamente, dell'influenza di Trey Azagthoth. Trey, del resto, è stata un'autorità in ambito death metal, difficile dunque non rendergli omaggio. Quel che maggiormente colpisce, dei brani di questo mcd, è la coesione strutturale. Non c'è traccia di pressapochismo nel songwriting, ogni elemento è perfettamente calibrato. Ciò è dovuto alla perizia compositiva degli autori, che hanno saputo confezionare brani dotati di un'identità autonoma, adeguatamente variegati e articolati al proprio interno (vi segnalo, in particolare "To Jesus" e "The Ancients Awakening"). Il risultato finale è un death metal di prima qualità, che tiene desta dall'inizio alla fine l'attenzione dell'ascoltatore, senza mai annoiare.

(Psychic Scream Entertainment - 1999)
Voto: 73

https://www.facebook.com/profile.php?id=100076364589179

martedì 24 settembre 2024

Paganizer - Forest of Shub Niggurath

#PER CHI AMA: Swedish Death
Ma qualcuno prima o poi avrà il coraggio di dire che questo modo di suonare ha un po' rotto il cazzo? Sto parlando del tipico sound di Stoccolma di primi anni '90 (scuola Entombed, Dismember, Grave, tanto per capirci) e di cui probabilmente, i Paganizer sono rimasti gli unici veri eredi e interpreti. In attesa di ascoltare il nuovo Lp, atteso per novembre, ecco arrivare un EP a scaldarci in queste fresche serate autunnali, il lovecraftiano 'Forest of Shub Niggurath'. La proposta? Facile da immaginare, visto che il marchio di fabbrica del quartetto svedese guidato da Rogga Johansson, è rimasto più o meno inalterato negli ultimi 26 anni, esprimendo quel classico sound svedese che ripercorre in tutto e per tutto, le gesta degli Entombed di 'Left Hand Path', cosi intriso anche di venature hardcore. E cosi, le sei tracce che si stagliano di fronte a noi, si mostrano come brevi laceranti frustate sulla schiena, contraddistinte da chitarre veloci e super compresse, buone aperture melodiche (ormai un po' scontate, a dire il vero), voci al vetriolo, un'ottima produzione e poco altro, che forse farà felici i soli fan degli scandinavi, evidentemente, grandi collezionisti di release dei nostri (all'attivo oltre 50 uscite!!). La mia song preferita? L'ultra veloce "A Foul Creature". Però fossi in voi, mi andrei a cercare i vecchi classici dei maestri di primi anni '90. (Francesco Scarci)

Cabal - Magno Interitus Rework

#PER CHI AMA: Death/EBM/Industrial
I danesi Cabal hanno fatto uscire nel 2022 'Magno Interitus', un disco all'insegna di un death black, impreziosito da venature djent/hardcore. A distanza di due anni da quel lavoro, la band di Copenaghen torna con un EP, 'Reworks', che include quattro pezzi di quel lavoro, riletti in chiave elettro industriale dai talentuosi artisti elettronici Inhuman, John Cxnnor, Misstiq e il bassista della band, Johu. Ecco, quello che ne viene fuori è qualcosa di notevole, ma solo se siete di mente aperta e apprezzate le contaminazioni in toto in stile dei messicani Hocico e il loro EBM da discoteca. Si perchè quello che si palesa alle nostre orecchie è un sound intriso di musica techno che esplode veemente nei suoi battiti per minuto, quasi ci trovassimo in un rave party dove ballare tutta la notte su ritmi danzerecci. Quello che tiene la proposta ancorata al metal sono forse le vocals, rancide e rabbiose quanto basta. Questo almeno quanto ascoltiamo in "Magno Interitus", visto che già dalla successiva "Plague Bringer", gli ancoraggi alla musica estrema saranno molto più evidenti, sia a livello vocale (imponente il growling del frontman) che musicale, con una ritmica devastante, infettata da qualche effettistica elettronica giusto qua e là, cosi come qualche voce pulita estraniante il contesto. Il risultato però è figo anche laddove i nostri sfondano la barriera del death doom. Ma con "If I Hang, Let me Swing", le cose tornano a pompare pericolosamente in ambito techno hardcore con un quantitativo di bpm davvero sopra le righe, e vocalizzi growl che poggiano appieno sull'impetuoso tappeto ritmico. Ancor più folle la conclusiva "Exit Wound", che ci proietta in mezzo alla pista da ballo, con suoni sintetici in sottofondo, voci aliene, partiture industriali e tanto tanto altro ancora che vi invito ad ascoltare con le vostre orecchie. (Francesco Scarci)
 
(Nuclear Blast - 2024)
Voto: 75
 

lunedì 23 settembre 2024

Cryptic Doom - Lost Souls

#PER CHI AMA: Symph Deathcore
Ultimamente mi sto imbattendo sempre più spesso con band dedite a un deathcore sinfonico. Dopo aver recentemente esplorato le lande canadesi con gli Art of Attrition, eccomi tra le mani un dischetto uscito lo scorso anno, 'Lost Souls' degli svedesi Cryptic Doom. Un EP che deflagra immediatamente con le sonorità bombastiche della sua opening, nonchè title track, che chiarisce immediatamente la direzione stilistica della one man band di Örebro. Che bomba. La tecnica a Xander Adam non manca di certo, nemmeno un buon gusto per le melodie, che si manifesta attraverso ottime orchestrazioni che danno un più ampio respiro a una proposta che, a tratti, rischierebbe di sfociare nel brutal slam. Ma le ottime partiture sinfoniche e l'utilizzo di clean vocals a fare da contraltare a quel brutale growling, riescono a stemperare una furia che sarebbe altresì deleterea per il lavoro. E invece, soprattutto nella seconda "World Decay", il dischetto si apre a una maggior ricerca melodica che si palesa in un'ottima sezione ritmica, infarcita da ottimi giri di chitarra e parti atmosferiche. Certo, quando il factotum scandinavo decide di rallentare i giri del motore, e creare break angoscianti all'insegna di un deathcore nudo e crudo, ecco che cambia tutto e quanto costruito sin qui in termini di accessibilità melodica, sembra andare a farsi benedire. Spaventosa in tal senso la parte iniziale di "Shattered Reality", spinta a velocità folli e vocalizzi mostruosi, ma la ricerca del groove è parte del bagaglio del polistrumentista svedese e la seconda parte del brano, vedrà una maggiore digeribilità del pezzo, complici anche le ottime keys proposte. In chiusura, "Another Dimension" lancia l'ultimo assalto sonoro, tra vorticose linee di chitarra, vocals brutali, una batteria mitragliata e una buona vena catchy, che ci dà un buon motivo per tenere monitorati in futuro questi Cryptic Doom. (Francesco Scarci)

Godkiller - Deliverance

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial/Black
Terza release per questa one man band proveniente da Monaco. Dal ’94, anno in cui uscì il primo EP, 'The Rebirth of the Middle Ages', all'uscita di 'Deliverance', sono cambiate molte cose visto che Duke Satanaël ha completamente perso i connotati black epici di un tempo, dedicandosi a un dark oscuro con all’interno molti inserti elettronici. Questo cambiamento avvenne già con il secondo album, 'The End of the World' del ’98, dove vi erano parti elettroniche, non così marcate come qui. La chitarra ha ancora suoni tipicamente metal (quando c’è) e può ricordare i Samael dei bei tempi. Le melodie create sono tutte molto tristi e sofferte, dovute sicuramente all’uso di suoni freddi ed elettronici, usati con cognizione e con una certa ricercatezza, quasi atta a ipnotizzare l’ascoltatore e guidarlo in un mondo buio e angosciante. La voce di Duke è flebile e in linea con il tappeto musicale proposto. Chi ha seguito e apprezzato il nuovo cammino di Godkiller, non potrà che trovare nuova linfa creativa anche in 'Deliverance'.

(Wounded Love Records - 2000)
Voto: 73

https://godkiller.net/

Behemoth - Thelema.6

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Anche per quest'album, i polacchi Behemoth sono rimasti sintonizzati su uno stile fortemente death metal con toni accesi, acuti, per l’impatto, con frequenti, improvvisi cambi di tempo dettati da intrecci complicati e veloci a rallentamenti profondi. Assoli e armonie tragici, aspri in modo amaro. La chitarra e il basso dipingono i brani assai liberamente, con tocchi nervosi o stoppati, a volte accompagnati dalla batteria o più spesso, quest'ultima ne brutalizza l’insieme. Quest'album intricatamente vario, ha un cantato con urla cupe o agghiaccianti, che racchiude alcuni intro e brevi intermezzi elettronici che incupiscono i soventi crescendo, le ritmiche secche e gli innumerevoli percorsi sonori, lenti o furibondi tra svariati contrasti. L’evidente perizia tecnica non abbandona affatto l’impatto e la triste armonia dell’album, essendo peraltro sostenuti da un’ottima registrazione. Inoltre, diversi pezzi ricordano cose ancor più vecchie dei Behemoth, appesantite e più raffinate da uno stile complesso.

(Avantgarde Music/Peaceville - 2000/2021)
Voto: 75

https://www.behemoth.pl/

venerdì 20 settembre 2024

Scarcity – The Promise of Rain

#PER CHI AMA: Noise/Black
L'ultima opera dei newyorkesi Scarcity, è qualcosa che va oltre le mie aspettative. D'altra parte, sarebbe stupido pensare che colui che ha preso in mano le redini del progetto Glenn Branca Ensemble, dopo la scomparsa nel 2018 del suo fondatore, non riflettesse, nella musica della propria band personale proprio gli insegnamenti del grande compositore Glenn Branca. Brandon Randall Mayers è membro del G.B.E. dal 2016, e con i suoi Scarcity, ha voluto proprio sconfinare e travisare le regole del metal, fondendole con l'avanguardia delle sinfonie di Branca. Il disco si apre con "In the Basin of Alkaline Grief", un capolavoro violentissimo di noise metal, no wave e postcore della Grande Mela, un brano spettacolare ed emblematico, quanto punto focale di quest'album, anche per il metodo di registrazione usato qui e in tutto il resto dell'opera (vedi anche "Scorched Vision" e "Undertow"). La scelta stratificata del muro sonoro è assai ricercata con l'effetto prorompente e rumoroso dell'impatto emesso, in realtà, da suoni che non intendono far insensato frastuono ma rumore clinicamente programmato e mirato. E ancora, le chitarre te le trovi puntate in faccia a dismisura, in una sorta di tortura sonica simile a un allarme isterico; la batteria in sottofondo esce da un piano interrato, per mostrare quanto si può elaborare una partitura ritmica in un brano esasperante, senza risultare ripetitiva e banale, con in più, reminiscenze jazz al suo interno. Infine il basso che, come un serpente impazzito, sfugge alle trame del brano, lavorando in una terra di mezzo per far uscire il suo valore reale. Poi, una parziale pausa al terzo minuto (ma non per le chitarre costantemente in fase di allarme) mette in risalto uno screaming che acquista un senso ben lontano dal solito grido in salsa black metal, con un bridge che non passa certo inosservato. Questo disco è strabiliante per effetto sonoro, da ascoltare in cuffia o ad alto volume, incurante del suo status di terrificante manifesto rumoroso, un campo di battaglia dove melodia, distorsione, tecnica, cacofonia e dissonanza, si fondono assieme, come se il pionieristico spirito di Glenn Branca rivivesse tra il caos di 'Evolution Through the Revolution' dei Brutal Truth, l'umore nero degli Swans di 'The Seer', e le cose più underground prodotte dai Sonic Youth, e tanto spirito No New York. Brano dopo brano, ci si innamora di questo sound corrosivo, emotivamente compromesso, che a ogni passaggio vuole esprimere creatività, una creatività estrema, illuminata e viva. Qui tutto è tensione, è un sound parallelo al canone costituito del solito metal estremo, che porta al suo interno lo spirito più duro e sperimentale della Grande Mela. Un'esperienza sonora che lascia grande soddisfazione, raccomandata e tutta da provare. (Bob Stoner)
 
(The Flenser - 2024)
Voto: 85
 

mercoledì 18 settembre 2024

And Hell Followed With - Untoward Perpetuity

#PER CHI AMA: Deathcore
Detto che un moniker cosi lungo è difficilmente memorizzabile, mi appresto oggi ad ascoltare il nuovo EP degli americani And Hell Followed With, 'Untoward Perpetuity', un lavoro di quattro pezzi dediti a un violentissimo deathcore, di quelli che di spazio alla melodia non ne vogliono proprio sapere, giusto per mettere le cose in chiaro fin da subito. E infatti la devastazione propinata da "Angor Rot" è di quelle che non lascia scampo, un rullo compressore in grado di asfaltare tutto quello che gli si para avanti, anche in quei momenti in cui i rallentamenti si fanno angoscianti. La ritmica del sestetto (si, ci sono ben tre chitarristi) è a dir poco mastodontica, un muro alto 100 metri, impossibile da valicare, e la cosa ancor più incredibile e difficile da digerire, è che anche quando i nostri abbassano i giri del motore, e "Oren: The Ogre" ne è la prova, la proposta continua a essere indigesta, complice un suono, che per quanto risulti pulito e moderno, ha forti rimandi all'hardcore più intransigente, almeno musicalmente parlando, visto poi il growling profondo del frontman. Ancor più veemente è la terza "Kaleidoscope of Tenebrosity", con un blasting di batteria disumano, almeno fino a un sorprendente break che arresta completamente i motori e mostra giusto un pizzico di melodia (quasi tre secondi) ad anticipare finalmente un ottimo lungo assolo, peraltro dal piglio heavy classic, coadiuvato da un drumming indemoniato; alla fine questo risulterà anche il mio pezzo preferito. A chiudere i conti, ci pensa la vocalmente isterica "Advent of the Addled Envoys: Into the Black Sun", l'ultima manciata di minuti sparati a tutta velocità, di cui mi ricorderò solo un improvviso arresto melodico con tanto di voci pulite, indice probabilmente che in futuro i nostri proveranno a spingere ancor di più verso potenziali contaminazioni. (Francesco Scarci)

Skinless - Progression Towards Evil

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine   
#FOR FANS OF: Death/Grind
I am persuaded that behind this release of United Guttural Records, there is the hand of Richard Limpscomb, guitar and voice of Fleshgrind. I think that among the myriad of brutal bands in the American underground, Rich has found the best. 'Progression Towards Evil' is surely a full-length album for the passionate fans who already know what they are getting when they buy this cd: a very deep voice, drums with a stifled sound, continuous time alterations, and not very philosophical themes. Skinless does everything better than others: the most distinctive comparison I usually hear is with Internal Bleeding, a band quite similar but also quite boring after a few songs. With Skinless, you won't skip tracks because they are well-built, not boring, and as they say in the US, they are catchy. The first two tracks stand out from the other songs for their lyrics (even though there are no other texts, titles like "Scum Cookies" and "Foetus Goulash" are not so hermetic) and they are declarations of hate against humanity that in this musical context are very genuine. In conclusion, I think that bands like Skinless need to be supported by both brutal music fanatics and by people who want to explore something other than Cannibal Corpse, Morbid Angel, and Suffocation.

(United Guttural Records/Burning Dogma Records - 1998/2022)
Score: 75

https://burningdogmarecords.bandcamp.com/album/progression-towards-evil

mercoledì 11 settembre 2024

Vaina – Unio Mystica

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Nell'ultima uscita dei Finlandesi Vaina, esiste una componente così magica, che difficilmente passerà inosservata agli ascoltatori, fin dal primo ascolto. Una magia oscura o forse meglio, come rimarcato dal significativo titolo, 'Unio Mystica', una magia misterica, criptica e intrigante. Quel tipo di legame misterioso, che nella teologia cristiana, lega l'uomo alla figura di Cristo e lo fa vivere in riflesso della sua essenza, nel bene e nel male. Un disco che affascina per suoni e varietà compositiva, per le sue atmosfere in chiaroscuro, che nasconde tra le righe dei testi, cantati in lingua madre e inglese, quel concetto che nella filosofia di Kirkegaard, rappresenta il binomio disperazione dell'uomo/ricerca religiosa, in pratica un lungo viaggio sonoro vissuto come una fuga mistica a perseguire la verità. Musicalmente, 'Unio Mystica', si presenta come un caleidoscopio di rimandi sonori, che spaziano tra diversi emisferi del metal estremo e non solo. Al suo interno troveremo spazio per l'avanguardia e l'esoteric metal, e strutturalmente potremmo ricollegarlo anche alle geometrie barocche di 'Gothic Kabbalah' dei Therion, ovviamente rivisto sotto la luce buia e sotterranea di una sperduta cattedrale gotica dispersa nella foresta. Il sentore oppressivo del capolavoro classico, i 'Carmina Burana', è sempre presente, con le sue atmosfere ampie e corali all'ombra delle candele, lo spettro de 'La Masquerade Infernale' degli Arcturus, è fonte d'ispirazione, con una teatralità viva ma meno plateale, più underground. Riecheggiano anche i Manes, quelli di 'Vilosophe', con in più schiaccianti aperture verso l'avantgarde black metal, ferreo e glaciale di stampo Angst Skvadron, e insieme, compiono il resto del richiesto miracolo. Certo i Vaina non sono una band sprovveduta e con l'avanguardia ci hanno sempre giocato. Tuttavia, stavolta ci hanno regalato il loro lavoro migliore, un gioiello sonoro tutto da gustare, dove trovare echi di doom jazz, con una tromba devastante, presente nell'articolata "Inverted", che sembra uscita da qualche cassetto dimenticato dei Mercury Rev che suonano un brano della Kilimanjaro Darkjazz Ensemble. Per luminosità e melodia, mostrano un lato progressivo eccelso, di una band in grado di fondere magistralmente correnti diverse in una traccia di poco meno sei minuti, senza perdere oscurità, profondità e amalgama nelle sue composizioni. "Incinerate" è un'icona toccante che spolvera vecchie teorie da classic metal, con un cantato esaltante in puro e astratto stile, ancora di scuola Manes/Arcturus, che ci accompagna verso un'altra chicca, stavolta nel verbo del folk rock progressivo, "Moribundus Sum", fiabesca e sognante nell'introduzione, come la calma prima della tempesta nel suo legarsi alla successiva "Golgatan Tähti". Questa è violenta e funambolica, dal piglio progressive folk metal, epico e dai mille colori, che va a sfociare in una composizione che rimanda ad alcune arie di 'Blossom of Mourning' dei Dark Reality, con quel suo gusto progressivo dai tratti classicheggianti ma tenebrosamente e totalmente metal. L'atmosfera globale ricorda l'austero, immaginario mondo monastico, visto da vie traverse e dal suo lato più introspettivo e oscuro. Infatti, sparse un po' ovunque, si presentano luci rubate alle scene di un film come 'Il Nome della Rosa', dotato comunque di una vena molto sinistra. Un rarefatto black metal avvolge molti momenti di questo disco, a renderlo oggetto di ascolto da approfondire a più riprese, per capirne la vera essenza. Una creatura artistica che vive di luce propria, difficile per questo racchiuderla in preconcetti musicali standardizzati. Alla fine possiamo dedurre però che, per quanto ostica possa sembrarci la sua struttura, dopo svariati ascolti, sarà impossibile non percepire l'attitudine originale di questo disco e di tutte le sorprese inaspettate nascoste al suo interno. Un album eclettico come poteva esserlo a suo tempo, il manifesto sonoro dei Solefald di 'In Harmonia Universal', suonato in chiave sotterranea, scarno e cupo. Un album che non vuole confini, che pone il suo aut-aut senza paura. Un ascolto che merita attenzione e che non vi lascerà l'amaro in bocca. (Bob Stoner)

(Aesthetic Death - 2024)
Voto: 80

https://vaina.bandcamp.com/album/unio-mystica-2

Kerry King - From Hell I Rise

#FOR FANS OF: Thrash
I think, after repeated listens to, this LP never really "grew on me." Here are the likes to enormously talented members from long-time metal bands such as Death Angel (Osegueda), Forbidden (Bostaph), Machine Head (Demmel), Slayer (Bostaph, King) & Testament (Bostaph), to name a few. However, they maintain potential in their own bands, not Kerry's. Total generic guitar riffs & I pay most attention to the "axe-work" because I play as well! The structures to the songs musically have literally no creativity to them, so you can be exposed to how pathetic Kerry's musicianship is in writing & lyrical content as well. A lot of hype for this because of the talented line-up, but it was just that it didn't unlock any more potential. Basically, it was a flop.

In a great attempt to analyze the music here, well really reflects Kerry's Slayer-esque type of guitar rhythm structures & leads. He didn't break away from that to develop his own sound. Instead, it was leftover chunks of music that most likely didn't appear on any of Slayer's music because he's so bankrupt of ideas musically. There is nothing even creative here, the music is so boring, there are no songs that were on here that I even remotely liked. It was really upsetting, not my expectations, but I was sort of hopeful. It really upset me because it's no longer about making good music, just selling CD's & cashing in on Slayer fans, I presume. None of these band members were able to save him from disaster. Instead, they campaigned against originality by not coming up with unique sounds or ingenuity. Being since 2019 that most were with Kerry from the beginning, I guess to add to his not even mediocrity type of thrash metal (if you want to call it that). It can't all be bad, right? I know a lot of people were disappointed with this LP, including me, but other critics also annihilated it. It becomes so evident that in Slayer, King did the least amount of songwriting, Hanneman was the mastermind behind the band. Now that Hanneman has been gone (RIP 2013), the remnants of Kerry's participation in his former band showed how "sorry" he is as a musician. Even being coached by Bob Jeffers (years ago) couldn't even help improve his playing, no matter how much of that he got. These songs are just a waste of time & everyone should return to their previous bands except Kerry, he should just retire! He wants to keep writing (or lack thereof) while he's still alive & kicking, but I think he just wants money. The talent in Slayer was Hanneman & Lombardo. And Bostaph OK, but Kerry? Fill in the blank.

Osegueda, I have total respect for in his thrash band Death Angel, of whom he joined in 1984. He took voice lessons to prepare himself for being the frontman to his SFO based act. I guess Kerry ruined him too because Osegueda sounds awful screaming like Araya (Slayer), only his own voice in his long-time band is where he sounds the best to me! The lead trade-offs on the guitars (as well) were sloppy, especially Kerry's. And I can't recall a solo in Slayer that was clean, they were always muddled attempts that failed miserably. I can't see why he has a strong following, he's never impressed me, I wanted to give him the benefit of the doubt here, though. Big mistake! 46+ minutes of absolutely nothing, none of the members improved their talent for Kerry. Maybe it just seems like everyone here is basically on their way out of the metal making music scene.

Again, total waste of money and time listening to this. The song titles were idiotic & all the guitar riffs are from an intellectual equivalent to a kindergartener that can't write or compose if his life depended on it! Don't even bother with this, there's really nothing good to say about it. People's IQ drops reading these lyrics, too. Slayer is dead, long live Slayer, not hacks! (Death8699)

(Reigning Phoenix Music - 2024)
Score: 45

https://kerrykingofficial.com/

martedì 10 settembre 2024

Art of Attrition - .​.​.​And it Will All End Forever

#PER CHI AMA: Techno Symph Deathcore
Proprio ieri parlavamo di una scena black nel Quebec, death in British Columbia, ed ecco che oggi andiamo in Alberta per saggiare il techno deathcore degli Art of Attrition, che tornano, a distanza di due anni da 'The Void Eternal', con un nuovo EP. '.​.​.​And it Will All End Forever' è il titolo della nuovo release che mette in pista quattro nuove devastanti tracce che irrompono con la deflagrazione, sin dal primo secondo, di "Drowned in Fog" forte di una sezione ritmica letteralmente frantuma-ossa, complice una monumentale batteria, vera spina dorsale di questa band, una coppia di asce dal rifferama mega ribassato, una sezione orchestrale che dovrebbe attenuarne i toni ma ne arricchisce gli arrangiamenti, per chiudere con un grugnito vocale che sfocia talvolta nel pig squeal. "Vitriol" parte decisamente più in sordina, ma si tratta solo dei primi 15 secondi: i nostri rimetteno infatti in mostra i muscoli con attacchi ritmici che sembrano provenire da ogni direzione. Il pezzo nella sua ondivaga forma psicotica alterna parti più ritmate con sventagliate fuori controllo, in grado di interrompersi repentinamente per partiture tastieristiche sci-fi estremamente ispirate e melodiche. Tranquilli, è sempre questione di pochi secondi e la tempesta sonora torna a battere come una grandinata che squarcia il telaio e il parabrezza di un automobile, lasciandola crivellata di colpi mortali. Ovvio che per avvicinarsi a tale proposta musicale, è necessario avere le orecchie foderate di ghisa e prendere una buona dose di sedativi, altrimenti il ritmo infernale finirà per farvi esplodere il cuore. Il tutto è confermato anche dalla terza "Emaciate", il cui apparato ritmico ha più le sembianze di una mitragliatrice in grado di sferragliare 3500 colpi al minuto. Le orchestrazioni dovrebbero, ma non riescono, a mitigare questa sequenza mortale; ci prova allora un cantato quasi rap ma niente da fare, fa infatti la sua comparsa sua signoria "contraerea di Baghdad", accompagnata da voci isteriche e un successivo assolo da chilo, tale da lasciarci interdetti. A chiudere questo massacro, ecco la title track: non so cosa aspettarmi, sono letteralmente in apnea, anche se la band non lesina certo nelle variazioni di tempo e in inaspettati break ambientali. E infatti, sebbene un inizio più tranquillo, i quattro musicisti canadesi si lanciano in un'altra gara sparata a tutta velocità, in questo magico connubio di violenza, melodia e magniloquenti, terrificanti e orrorifiche atmosfere. Semplicemente paurosi!!! (Francesco Scarci)

lunedì 9 settembre 2024

Atavistia - Inane Ducam

#PER CHI AMA: Symph Death
La scena canadese è viva e vegeta. Se da un lato, quello orientale, pullulano le gelide band black del Quebec, nell'area della British Columbia, sembrano andare più di moda sonorità sinfoniche. Quest'oggi ci approcciamo agli Atavistia e al loro nuovo EP, 'Inane Ducam', il cui sottotitolo è "I Will Lead into Nothingness". Quattro brani più intro quindi per apprezzare le qualità di una band che ha già comunque rilasciato 3 Lp e un Ep, ma di cui francamente ignoravo l'esistenza. La band di Vancouver esce con un lavoro maturo, che sottolinea l'eccellente perizia tecnica di un quartetto potente, estremamente melodico ed epico, da tenere assolutamente sotto la lente di ingrandimento. Dopo la classica intro atmosferica, ecco rimbombare nel nostro stereo "Timeless Despair", che irrompe a gamba tesa con il suo suono bombastico, sostenuto da una ritmica violenta, pesante ma melodica, frutto di sciabolate chitarristiche, sonore pedate nel culo ad opera di uno spaventoso drummer, diaboliche vocals (growl e scream) e un impianto tastieristico, vero responsabile, insieme a quei minimalistici cori orchestrali, della componente sinfonica del disco. Aggiungiamo poi un assolo con i controcoglioni sparato nella seconda parte del brano e avrete idea di cosa sono in grado di fare questi musicisti con il loro apparato strumentale. Un'altra bella staffilata ci arriva in pieno petto con "Dark Isolation", perfetto per tutti coloro che pensano che ascoltare death sinfonico sia per femminucce. Qui c'è sicuramente una grande dose di melodia, ma per far fronte alla robustezza di un sound che in più di un caso, strizza l'occhiolino ai Dimmu Borgir di 'Puritanical Euphoric Misanthropia', serve comunque una bella armatura. Interessante l'evocativo cantato pulito a metà brano e l'assolo mozzafiato conclusivo che precede l'ultima furibonda cavalcata di un pezzo a dir poco esplosivo. Ma le sorprese non finiscono certo qui: "Unattained Creation" ha un che di vampiresco nella sua parte iniziale, con le parti di tastiera che arrivano come stilettate al petto; ad abbassare la tensione, ci pensano le clean vocals di uno dei due cantanti. Ma non temete, perchè una nuova tempesta di chitarre è pronta ad abbattersi sulle nostre teste, coadiuvato da un basso pulsante e dal martellante bombardamento della batteria, chiamata a un lavoro straordinario. A chiudere questo piccolo gioiellino, il cui voto finale sarà penalizzato dalla sua breve durata, arriva la nervosa "The Void", un pezzo all'insegna di un black/death veemente che potrebbe richiamare i Wintersun e una proposta musicale che potrebbe aver molto da dire in un futuro a breve termine. (Francesco Scarci)

(Self - 2024)
Voto: 75
 

Mourning Dawn - The Foam of Despair

#PER CHI AMA: Black/Doom Sperimentale
Ecco un'altra band che qui nel Pozzo dei Dannati è ormai di casa: sto parlando dei francesi Mourning Dawn e del loro recente comeback discografico, sempre attraverso la Aesthetic Death. 'The Foam of Despair' è il loro sesto lavoro su lunga distanza e si configura come la classica miscela death doom, accompagnata da atmosfere black depressive che ricordano certe cose degli Shining. Questo è già evidente nell'opening track, "Tomber du Temps", che sembra ammiccare non poco ai colleghi svedesi guidati da Niklas Kvarforth. La forza di questo primo brano risiede nella cupezza delle sue chitarre, negli strali malinconici insiti nelle melodie e nel cantato disperato di Laurent "Pokemonslaughter", che si muove tra uno screaming comunque intelligibile e un approccio narrativo ansiogeno. Da sottolineare la componente solistica da urlo e la presenza dello strepitoso sax di Adrien Harmois nella coda del brano, a mettere la classica ciliegina sulla torta a un pezzo davvero evocativo, che nella chiusa evoca un che dei nostrani Dawn of a Dark Age. La seconda "Blue Pain" vede una nuova ospitata del disco: dietro al microfono si presenta infatti l'onnipresente Déhà (peraltro responsabile anche del mixing e mastering dell'album), in un pezzo che scalda gli animi ancor di più, per quei suoi rimandi inequivocabili ai Katatonia di 'Brave Murder Day'. E io godo. Non poco peraltro, visto l'ottimo lavoro melodico proposto e la performance vocale di uno dei miei cantanti preferiti, in ambito estremo. "Borrowed Skin" dura oltre 11 minuti e promette bene sin da quel morbido incipit affidato al parlato del frontman. Le atmosfere si mostrano plumbee, il giro di batteria quasi ipnotico, ed è qui che il terzetto di Parigi ci inchioda in un incedere straziante, con il vocalist che sprofonda in territori growl, mentre le chitarre assumono sembianze sghembe ma sempre sinistre, interrotte da un brevissimo break centrale, che troveranno modo poi di esibirsi in altri ottimi assoli. Notevole. Dopo tante cose abbordabili, ecco che "Apex" mostra il lato più scorbutico dell'ensemble transalpino, sebbene la song si muova su un mid-tempo claustrofobico e ostico da digerire, ma gli arrangiamenti in sottofondo sono egregi e inducono sicuramente a un ascolto curioso e attento. Ma l'attenzione verrà sicuramente catalizzata dalle atmosfere trip-hop della successiva "Suzerain" dove si palesa un altro ospite, A.K.: ancora un parlato in francese, echi dei CROWN che si esibiscono nelle chitarre pesanti dei nostri con la comparsa contestuale del cantato graffiante di Laurent. Che la traccia non sia comunque come tutte le altre è palese, avanzando nell'ascolto di un brano magnetico, intenso e psichedelico che, non so per quale motivo, ho trovato per certi versi accostabile a "Epitome XIV" dei Blut Aus Nord. Ultimi due pezzi a disposizione per la band per farci gridare al miracolo: si parte con il doom di "The Color of Waves", che incorpora un suggestivo intermezzo atmosferico, punto di partenza di un nuovo irrequieto e inquieto giro di chitarre. Si chiude con l'industrialoide "Midnight Sun" (traccia peraltro non disponibile nella versione vinilica) che con le sue sperimentazioni sonore, sancisce che in casa Mourning Dawn, qualcosa è davvero cambiato, e in meglio. (Francesco Scarci)

venerdì 6 settembre 2024

Inerth - Hybris

#PER CHI AMA: Death/Sludge
Gli spagnoli Inerth tornano con il loro concentrato di violento e melmoso sound. 'Hybris' è il terzo lavoro, dopo l'EP di debutto e il full length del 2022, 'Void'. L'inizio affidato a "Midlife Wasteland" ha un che dei Napalm Death di 'Utopia Banished', con un impatto pesantissimo delle chitarre, sulle quali irrompe un super vocione growl (che verrà poi accompagnato da linee vocali pulite). La cosa affascinante sono le interferenze melodico industriali che evocano un che di Godflesh/Killing Joke, e che alla fine renderanno il death dei cinque madrileni, davvero carico di groove e più "facilmente" ascoltabile. Quest'approccio, per certi versi avanguardistico, è confermato anche nella seconda "Oblivion", un po' più mid-tempo come ritmica, e che apre immediatamente con le vocals del frontman in formato "clean", in un sound che sembra richiamare anche un che di post metal e sludge, senza rinunciare a un interessante break atmosferico, in cui a mettersi in luce è la batteria di J. Moya. Poi, una ripresa piuttosto roboante, affidata a un muro di chitarre mastodontico (e dal refrain quasi hardcore) e a dei vocalizzi da orco cattivo. I nostri iberici se la cavano alla grande nell'armeggiare i loro strumenti e non stupisce quindi, quando a divampare nello stereo, si pone la terrificante e muscolosa "Fentanyl", che sembra riportarci alle atmosfere orrorifiche del death anni '90, a cavallo tra gli Entombed di 'Clandestine' e i Celtic Frost. "A.I.", la più doomish delle quattro song qui contenute, è un pezzo che strizza l'occhiolino ai Disembowelment, però con un dualismo vocale che rimane comunque spiazzante e che dopo due minuti, troverà il modo di accelerare i giri del motore, scatenando tutta la sua furia dirompente a firmare la chiusura di questo interessante dischetto. (Francesco Scarci)
 
(Abstract Emotions - 2024)
Voto: 74
 

giovedì 5 settembre 2024

Officium Triste - Hortus Venenum

#FOR FANS OF: Death/Doom
The Dutch veterans Officum Triste are for sure one of the most relevant projects in the doom metal scene. Founded 30 years ago, these veterans have a career full of great albums, although they haven’t been particularly prolific. But you know, it’s always clever to focus on quality rather than on quantity, and Officium Triste has followed this rule with a devoted constancy. As you probably imagine, there have been some line-up changes through its three decades of existence, although less than you could think. More importantly, a core trio remains since its inception, which probably explains how this band maintains its recognizable classic sound. This could be a bad thing if the inspiration drops, but thankfully Officium Triste has kept the passion alive, which is something remarkable.

Its combination of death and doom metal influences, with a strong atmospheric touch, has always been very appealing to me as this ambience enhances the beauty of its melodies. The new opus entitled 'Hortus Venenum' is not an exception. The balance between atmosphere and tasteful guitar melodies is again impeccable. Firstly, the production is just perfect, it’s equally clean and powerful, leaving each musician, including the always robust vocals, to shine when necessary. Structurally, the compositions don’t differ too much in its peace, a quite unsurprising fact if we have in mind that doom/death metal is not a subgenre known for its incredible tempo changes. In any case, the songs don’t sound absolutely monotonous as the band tries to add small variations in each composition. You can appreciate this effort between the first track, "Behind Closed Doors", and the second one entitled "My Poison Garden". The intense album opener contains everything you expect and love from Officium Triste. The guitar harmonies are top-notch. Their beauty is undeniable and combined with the piano/key arrangements the captivating moments come one after the other. Creating mesmerizing moments is something Officiam Triste can do as many times as they want, which speaks volumes about the band’s talent and passion. The initial part of "Anna’s Woe" is a fine example of it, with this marvelous ambient section led by delicate guitar and piano melodies. The rest of the album follows similar patterns and quality level, which makes the listener fully enjoy the experience. The album itself is not long at all, as it clocks around 41 minutes. The way you end an album is always a key moment, as it lets the listener with a lasting taste of the band’s work. Once again, the Dutch veterans know how to do the job properly. The last and longest piece, "Angels With Broken Wings", is a magnificently crafted composition with tons of exquisite melodies. It’s a remarkably slow song, but it shouldn’t be a problem for the accustomed listener, as the aforementioned melodies are a delicatessen of sonic nourishment for the listener.

In conclusion, Officium Triste has returned with a truly excellent new album. The greatness of its melodies and atmosphere clearly shows the amount of effort put by the band, and it is for sure a gift for its numerous fans. (Alain González Artola)


(Transcending Obscurity Records - 2024)
Score: 88

https://officiumtriste.bandcamp.com/album/hortus-venenum