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lunedì 9 dicembre 2024

Lord Agheros - Anhedonia

#PER CHI AMA: Symph Death/Black
Fermi tutti, prendete il vostro taccuino e segnatevi il 3 gennaio 2025 come data della nuova uscita dei Lord Agheros. Difficilmente faccio proclami di questo tipo, ma ascoltare 'Anhedonia' in anteprima, è stata una delle più belle sorprese di questo fine 2024 e l'album del polistrumentista siciliano Gerassimos Evangelou, si candida già a essere uno dei top del prossimo anno. Quello della one-man-band italica è da sempre un percorso ambizioso, che noi qui nel Pozzo, abbiamo provato ad accompagnare nella sua evoluzione sonora, recensendo alcune delle sue passate release. Ci siamo persi la precedente 'Koinè', ma per 'Anhedonia' volevamo esserci. E allora, pronti a immergervi nelle atmosfere raffinate di questo lavoro, il cui titolo si riferisce all'incapacità di provare appagamento per le comuni attività quali cibo, sesso e relazioni interpersonali? Il disco, che consta di otto pezzi, si apre con i malinconici vocalizzi di "Lament of the Lost", e un'atmosfera cosi cinematica che pare catapultarci in un kolossal come 'Il Gladiatore', e in una delle inquadrature più famose in cui Massimo Decimo Meridio accarezza le spighe di grano. Questa è l'immagine che mi sono configurato mentre ascoltavo le note iniziali del disco, con la magnetica presenza di una voce femminile in un contesto crescente in cui irromperà il growling potente del frontman. Con una proposta che mi ha evocato i Moonspell più ispirati, i Lord Agheros sprigionano qui la loro maestosa forza, tra roboanti ritmiche e break ambientali affidati a delicate vocals femminili e suoni di carillon. "Harmony of Despair" è uno dei due singoli che hanno anticipato l'uscita del disco e si apre con delicati tocchi di pianoforte e un angelico coro che mette i brividi. A sconquassare l'eterea atmosfera ci pensano le vocals del mastermind, in un'atmosfera che comunque mantiene una forte componente orchestrale, cosa che contraddistinguerà l'intera release. La componente cinematica torna nelle note iniziali di "Eclipse of Hope", che affida all'essenzialità di chitarra e tastiere, il traino di un altro brano da applausi, struggente nella sua vena crepuscolare almeno fino al minuto 2.30 quando deflagrerà la componente vocale a rompere quella delicatezza iniziale che si era instaurata. Da li sembra di sprofondare in un incubo a occhi aperti con una ritmica deragliante che conserva comunque la sua parte sinfonica. "Lost Dreams Ritual" con i suoi cori salmodianti, ha le sembianze di un rituale esoterico, complice anche l'utilizzo di strumenti alternativi, in un incedere tribale che potrebbe evocare un cerimoniale attorno al fuoco, tutte immagini che si parano davanti ai miei occhi durante l'ascolto, un viaggio mistico che trova la sua strada "metallica" solo verso il finale che ci prepara a "Sorrow's Shroud" (il secondo singolo) e a una song decisamente più classica, affidata a un black atmosferico mid-tempo. Niente di trascendentale almeno fino al secondo giro d'orologip quando subentra un break cinematico-avanguardistica, con melodie dal sapore orientale e il brano a instradarsi verso un death dalle forti tinte sinfoniche (chi ha detto Therion?). Il disco si conferma una bomba nella sua alternanza tra parti dal sapore folklorico che si intersecano con altre orchestrali quasi operistiche ("Soul's Descent into the Void") e ancora con il death sinfonico o il black atmosferico norvegese, in un viaggio musicale che ci consente di vedere il mondo in luoghi e periodi storici differenti. A chiudere il disco altri due pezzi: il delicato savoir-faire di "Tears in the Silence", interamente affidata a delle vocals femminili e la conclusiva "Ancient Echoes", un ultimo omaggio alla mediterraneità racchiusa in questo disco, espressa in chiave dark/ambient, a sigillare un piccolo grande gioiello pronto ad aprire in modo entusiastico il 2025. (Francesco Scarci)

mercoledì 2 novembre 2016

Lord Agheros - Nothing At All

#PER CHI AMA: Dark/Folk/Ambient
Era il 2008 quando recensii per la prima volta i Lord Agheros, in occasione del loro secondo cd, 'As a Sin', dove li indicai come band dal futuro assai promettente in territori black ambient. Oggi, a distanza di otto anni, mi ritrovo fra le mani il disco numero cinque della one-man-band catanese, sempre egregiamente guidata da Gerassimos Evangelou, che ha preso definitivamente le distanze da quegli epici esordi. 'Nothing at All' conferma comunque quanto di buono fatto dal polistrumentista siciliano in passato, proponendo un disco dalle oscure tinte gotiche, che mostra tuttavia qualche passaggio a vuoto che mi abbia lasciato un po' perplesso, anche se non si tratterà di nulla di cosi grave. L'album inizia come se si trattasse di una proiezione cinematografica, con tanto di rumore del proiettore e della pellicola che vi scorre dentro. Poi è il suono malinconico di un pianoforte a subentrare, pianoforte che sarà il vero protagonista di questa release. Dopo l'intro infatti sono ancora i tocchi di piano che aprono "Lake Water", qui accompagnati dalla voce suadente di Federica Catalano, vocalist dei Lenore S. Fingers, in una traccia decisamente autunnale, in un incedere dark ambient alquanto decedente. Un evocativo interludio di folk mediterraneo, corredato da voci corali e poi è lo strimpellio di una chitarra acustica ad introdurre "No More Rules", in cui forse per la prima volta, appare il riffing della chitarra elettrica, in una song interamente strumentale. In "Life and Death" è forte il rimando nelle sue linee melodiche, alla colonna sonora di Blade Runner, ma a stonare, e qui nasce la mia perplessità, è la scelta di utilizzare un riffing più corposo e pesante, che si discosta dai pezzi fin qui ascoltati, e che va a spezzare quell'aura magica e spirituale fin qui creatasi. La cosa si ripete anche nella successiva "The Day to Die", altra traccia che ho sentito scollegata dal resto delle composizioni, ancora una volta a causa di un rifferama particolarmente marcato che a mio avviso stona in un disco che aveva imboccato una strada completamente diversa. Qui risiedono i miei dubbi, non tanto per una qualità musicale scadente, piuttosto per l'idea di utilizzare un approccio musicale che sin qui e da qui in poi, trova meno punti di contatto con il flusso sonico creato dall'artista siculo. Tant'è che la pioggia e il pianoforte di "On the Shore" ripristinano quell'alone di misticismo e forte malinconia, nuovamente spezzati dai riffoni thrash metal di "Idiocracy", sulle cui marziali note si installeranno poi i discorsi di alcuni presidenti degli Stati Uniti ma anche le voci angoscianti di Hitler e Mussolini, in una song più provocante che piacevole d'ascoltare. Il suono degli elementi naturali torna ad aprire in "What We Deserve", con le onde del mare e il soffio del vento che, in compagnia di pianoforte e violoncello, regalano sofferenti attimi di tristezza. Ancora sonorità classiche con il lirismo di "Final Thoughts", traccia raffinatissima che col metal non ha nulla a che fare, cosi come la conclusiva title track che, nello spazio di un minuto e mezzo, suggella l'onorevole prestazione dei Lord Agheros, sulle parole del drammaturgo inglese William Congreve. Peccato solo per quegli episodi troppo metallici per un simile album, che rischiano di spiazzare e non poco l'ascoltatore. Rischieremo poi di essere qui a parlare di un capolavoro in pieno stile Dead Can Dance, ma direi che c'è ancora tempo per calibrare il tiro e raggiungere le vette del duo anglo australiano. (Francesco Scarci)

giovedì 13 dicembre 2012

Lord Agheros - Demiurgo

#PER CHI AMA: Black Ambient dalle tinte folk, primi Ulver, Summoning
Evangelou Gerassimos è colui che si nasconde dietro il monicker Lord Agheros, che ho iniziato a seguire (e recensire su queste stesse pagine) sin dal secondo lavoro “As a Sin”, che avevo indicato essere come uno dei più affascinanti prodotti usciti nel 2008. Dopo più di quattro anni, tra le mie mani sbuca la quarta release dell’artista siciliano, sempre targata My Kingdom Music, e sempre pronta a guidarci nei meandri della cultura mediterranea, enorme fonte di ispirazione per il mastermind siculo. “Demiurgo” è un album ambizioso che muove i suoi passi su un concept, diviso in due parti, che dovrebbero rappresentare le due facce dell’anima, il bene e il male. Queste due anime sono personificate dai figli di Erebo (l’oscurità) e della sorella Nyx (la Notte), divinità della mitologia greca, che sembrano apparentemente differenti, ma in realtà risultano unite da un unico nucleo, l’io. Il Demiurgo (il creatore dell’universo per Platone) è colui il quale può catturare le vibrazioni e trasformarle in musica, modellando il suo universo emozionale a sua immagine e somiglianza. Analizzato quello che è l’interessante background culturale del disco, meglio addentrarsi in quello musicale dove posso mostrare una maggiore competenza. Dopo un breve prologo, ci viene data la possibilità di conoscere da vicino tutti i figli del duo Erebo/Nyx, a cui sono dedicati i titoli delle canzoni. “Eris” (la discordia) mette immediatamente in luce (meglio in ombra in tal caso) la sostanza del lavoro, in grado di coniugare e bilanciare perfettamente, la malvagità di un black metal a tratti primitivo con elementi di epica intensità, parti ambient e copiosi momenti atmosferici. Non mancano neppure i richiami alla musica classica; “Styx” (l’odio) ne è un esempio, grazie a quei soavi tocchi di pianoforte che si alternano a sulfuree cavalcate black, in cui lo screaming ferale di Lord Agheros, ci accompagna nel suo delirante viaggio in 17 capitoli. Non starò qui certo a descrivervi ogni singola traccia, anche se il richiamo intrigante della mitologia svolge ampiamente il suo dovere, spingendomi a documentarmi ulteriormente per conoscere l’origine di “Thanatos” (la morte) in cui il factotum italico canta anche in italiano su un tappeto fatto di ruggenti chitarre, un martellante drumming e rapsodiche tastiere. “Moros” (il destino) ed il suo irresistibile potere in grado di modificare il futuro, mi conquista con le sue ancestrali melodie, che nella mia memoria rievocano i fasti di “Minas Morgul” o “Lugburz” degli austriaci Summoning. “Nemesi“ (la vendetta) nella sua intro ricalca “Kveldsfanger” degli Ulver, cosi com’era successo nel secondo capitolo della saga firmata Lord Agheros. Con “Lyssa” (il furore cieco) iniziano i momenti prettamente ambient dell’album, che si alternano comunque a schegge impazzite di black old school, sempre perfettamente orchestrato da Evangelou e sul cui feroce tappeto di nera lava, riescono a trovare spazio anche soavi vocalizzi femminili. La seconda metà, verosimilmente la parte “buona” del disco (o forse dovrei pensare a quella cattiva ed ingannatrice), vede i pezzi ridursi in fatto di durata dissipando del tutto la spietatezza, e lasciando quasi completamente lo spazio ad un liricismo più etereo, ad una musicalità scevra di violenza e in cui il folklore mediterraneo, emerge forte, dalle note del disco. Lo dicevo all’inizio che “Demiurgo” era un progetto estremamente ambizioso, ed ora che ne sono giunto al termine del suo ascolto, non posso che confermare il fascino ed il mistero che un prodotto del genere riesce ad infondere in chi lo ascolta, ma anche un pizzico di rammarico per non aver preso una maggiore distanza dai gorgheggi e dalle parossistiche galoppate black, che ormai non appartengono più al musicista catanese. Probabilmente si è un po’ giocato sul dualismo dei contenuti lirici del lavoro, e pertanto su quelli musicali e sull’inevitabile scontro bene e male, per non deludere musicalmente i propri fan, accontentare tutti o forse nessuno, non so, a voi la consueta ardua sentenza a giudicare una release che catalizzerà sicuramente il vostro interesse quanto è stato in grado di farlo col mio. Sofisti. (Francesco Scarci)

(My Kingdom Music)
Voto: 75

http://lordagheros.bandcamp.com/music

martedì 28 dicembre 2010

Lord Agheros - As a Sin


Decisamente uno dei prodotti più affascinanti usciti nel 2008 quello di Evangelou Gerassimos, mastermind polistrumentista dei catanesi Lord Agheros. Dopo l’esordio del 2007, “Hymn”, la My Kingdom Music ha messo gli occhi su uno dei talenti italiani, a mio avviso, più promettenti. Ne è uscito “As a Sin”, viaggio suggestivo e intimistico, attraverso nove tracce ricche di feeling, pathos e molto mistero, capaci di spingerci con la mente in oscure epoche medievali, bagnate da un tiepido sole autunnale. Dopo l’intro “Drama Begins”, si aprono le danze con un trittico di meravigliosi brani, dove classiche ambientazioni si fondono a vocalizzi black (l’unica parte da migliorare) e spunti etnico-tribali (ascoltare “Sacrilegium” per godere di una appassionante musica araba). Romantico, epico, struggente e talvolta folkloristico, “As a Sin” è un caleidoscopico viaggio nel tempo: potremo prendere come punto di riferimento il capolavoro “Kveldsfanger” degli Ulver e renderlo un po’ più elettrico nel suo incedere, con una vasta gamma di sperimentazione avanguardistiche (techno-noise) di prima classe. Non c’è niente da fare, questo disco l’ho ascoltato e riascoltato, apprezzandone di volta in volta le mille sfaccettature che ogni suo ascolto è in grado di offrire. Mettetevi le cuffie e lasciatevi cullare dalla musica di Gerassimos, in un commovente turbinio di emozioni, ne resterete ammaliati. Una inattesa piacevole sorpresa. (Francesco Scarci)

(My Kingdom Music)
Voto: 80