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venerdì 18 maggio 2018

Phantom Winter - Into Dark Science

#PER CHI AMA: Black/Sludge/Crust, Neurosis
"Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate". Dante e Virgilio dinanzi alla porta dell'Inferno, che mette in guardia coloro che stanno per entrare, me li immagino davanti a quella soglia, con una colonna sonora di fondo simile a quella che ascolterete in questo terzo disco targato Phantom Winter. Sperando che il buon Dante Alighieri non si rivolti nella tomba per questa mia eresia, posso dirvi che 'Into Dark Science' consta di sei malatissime tracce, che affondano le loro radici in un melmoso sludge black dalle tinte fosche a dir poco. L'impatto sonoro con "The Initiation of Darkness" è spaventoso: una song mefitica, in cui verrete spazzati via dalla totale assenza di luce, per sprofondare in un suono malsano, fatto di sonorità post-core, atmosfere doom, urticanti voci black, e di tastiere spettrali che sembrano burlarsi dell'ascoltatore, quasi fossero un fantasma che appare e scompare davanti ai nostri occhi. La proposta non è facile da assimilare per quanto si riveli estremamente affascinante da ascoltare. Nella seconda "Ripping Halos from Angels", l'aria si fa ancor più claustrofobica, nonostante l'incipit strizzi l'occhiolino al post-hardcore; poi sono di nuovo desolatissime ambientazioni, cosi cupe e al limite del minimalismo sonoro a prendere il sopravvento, prima dell'incandescente e iper-caustico finale affidato ad una scorribanda di black ferale, in cui a colpire, oltre alle disumane vocals, sono in realtà quelle malinconiche e ronzanti linee di chitarra che accompagnano le grida disperate e angoscianti dei due insani vocalist (qui appare anche un bel growl). Confermo, la proposta è di difficile digestione, si consiglia un antiacido già alla terza traccia, "Frostcoven". Per quanto questa cominci in modo decisamente compassato, con il dualismo vocale prodotto dai due frontman (uno dei quali è peraltro ex membro degli Omega Massif), la song sembra prepararsi ad una tempesta sonora senza eguali. Lo si avverte in quel rallentamento a metà brano che fa da preludio ad una ferocia, venata di una forte componente malinconica, che da li a poco prenderà possesso di questa song, impregnata di cotanta indicibile violenza. Fortuna nostra che l'inizio della lunga "The Craft and the Power of Black Magic Wielding" riveli alcune influenze post-rock per i nostri, che si squaglieranno però da li a breve, lasciando posto ad un rifferama monolitico, inquietante, dannato, con i lacerati vocalizzi che si vanno a sovrappore ad un tremolo picking che ricorrerà presto nei vostri incubi peggiori, sappiatelo. Forse per questo che continuo ad immaginarmi la musica di 'Into Dark Science' come l'ideale accompagnamento per la calata agli inferi del sommo poeta. Una furia dirompente divampa anche nel prologo della title track che mostra segni nei suoi solchi, derivanti da territori crust, e che nella sua seconda parte, tira invece il freno a mano, rallentando i ritmi vertiginosamente e proponendo l'ennesima visione apocalittica di questi musicisti teutonici. Le ultime ammorbandi visioni da fine del mondo fuoriescono dalla conclusiva "Godspeed! Voyager", la cui delicata intro preparatoria non è altro che presagio dei brutti sogni a venire frutto delle notti insonni di questi cinque ragazzi bavaresi. Complimenti a chi è arrivato a leggere o addirittura ad ascoltare l'album fino a questo punto, essere arrivati qui è come aver sconfitto il mostro finale di Doom. Paurosi. (Francesco Scarci)