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giovedì 23 marzo 2023

Secrets of the Moon - Stronghold of the Inviolables

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Dark
Quello di oggi è il cd di debutto per i tedeschi Secrets of the Moon (scioltisi ahimè lo scorso anno/ndr), che tra le loro fila vantavano ex-membri dei Martyrium, band attiva nei primi anni '90. Questo cd ci permette di conoscere una band che ha evoluto il proprio stile attraverso le precedenti releases (due demo, un promo, ed un 7" split con i Lunar Aurora), mostrando qui un suono meno melodico e sicuramente più oscuro, cosa dovuta ad una produzione più curata. Le influenze musicali sono tutte provenienti dalla scena nordica, con i Celtic Frost che fanno capolino di tanto in tanto, per una band che comunque non ha paura di sperimentare, pur restando sempre "nera". Dalle parti tiratissime fino ad ampie parti dark & slow, arrivando a quella che secondo me è una della migliori tracce "synth-based" che ho avuto modo di ascoltare negli ultimi tampi, "The Rise of Mercury". Qualcosa in più è stato aggiunto alla scena black metal. Se volete ascoltare qualcosa di interessante, ma saldamente ancorato nelle radici del black, non resterete delusi.

Opeth - Watershed

#FOR FANS OF: Prog Death
This is one HEAVY Opeth release. There's more aggression here alongside some bolstering riff-dynamics which are intriguing. Mikael said that he's "also a genius when it comes to music" and I'd have to agree up until they changed from progressive metal to progressive rock. They should've not sold out because my contention is that they lost some true fans. But anyway, 'Watershed' some call "disjointed" but I say on here highly experimental. When they belt out heavy riff, that's something to admire and bang your head to. Although I like older Opeth more meaning 'Blackwater Park' and 'Still Life', 'Watershed' still has it's moments of precision.

Mikael's vocals are way aggressive on here. It's way on the progressive scale, but I find more brilliance the more that I listen to it. It's not as catchy as the two albums I mentioned, but I still think that its diversity and ingenuity is still there. They are just changing a little bit of styles here on the guitars and vocals. Some things sound a little backwards, but that's because I think that this is one of their more experimental efforts to date. And because of this, I took some points off, not because of the direction, but because of the sounds from the guitar aren't as creative as past works in any respect. One that I haven't mentioned that's my favorite of all-time is 'My Arms, Your Hearse'.

A lot of the tracks are all over the place, but the sound quality is still top notch. I enjoyed the clean guitars and the solemn vocals. But they needed a little bit more grit to the songs to bring the ideas together. Mikael falls a little short of his "genius" here probably because he wants to tend the band into a different direction. This being one of the albums that remains to be maintained before their fall from the metal community. They just show that they were heading this direction. I've found sort of just a select few songs that I can follow and some of the progressive rock sound meshed into this release. It doesn't help that Mikael doesn't like to sing brutal vocals.

In summary, this is a decent effort by the band. But for me, it's just a "70" rating. The songwriting on here was a bit "off" and hard to swallow. I'm not saying that it's their worst release, I'm just saying that it needed some work. Songs don't seem to flow in tandem like they did on their older releases. Well, this is it, hello to the progressive rock that follows a band that had some great talent to just throw it away. I guess Mikael just lost the fire and turned to another direction with the band just to sell records. He could've put more energy into this release and showed us that Opeth's metal days would go on till the end. (Death8699)


(Roadrunner - 2008)
Score: 70

http://www.opeth.com/

Dez Dare – Perseus War

#PER CHI AMA: Alternative/Garage Rock
In un rituale cosmico di circa 35 minuti, Dez Dare ci delizia con un altro album di psichedelia acuta, stralunata, astratta, figlia di una serie di teorie musicali molto personali, che ruotano attorno a questo musicista australiano con sede a Brighton (UK). La peculiarità nell'accostare strade diverse dalla psichedelia è innegabile nello stile di Dez Dare (al secolo Darren Smallman), passando dalle immagini dell'artwork, colorate e allucinate, al bel video di "Bozo", questa volta il nostro menestrello sonico, crea muri sonori con un ammasso di suoni provenienti da variegate direzioni. Che siano le chitarre fuzz dei Dinosaur Jr, il garage dei Gorilla, il krautrock, il noise rock, il fattore hippie caro a Brant Bjork, il proto punk degli Stooges, la prima synth wave elettronica o il mondo immaginario messo in musica da Daevid Allen, poco importa al nostro incredibile figlio, non dei fiori, ma dei funghi allucinogeni. Ogni cosa nel suo mondo è psichedelia, quindi, nelle sue composizioni, ci si può trovare di fronte ad un cantato che ricordi i primi riverberi dei Monster Magnet ("OUCH!"), o che un effetto vocale, diciamo alla The Pop Group (!?!), sia inserito in un contesto ipnotico di un rock scheletrico proveniente dallo spazio ("My Heels + My Toes, My Lies + My Nose"), ricordando l'effetto follia di "The Return of Sathington Willoughby", brano d'apertura di 'Brown Book' dei Primus. Tutto questo è praticamente concepito con una logica di libera espressione, di fatto tra le mura domestiche, un "Do It Yourself" anticonvenzionale, che rende tutti gli album di Dez Dare un'esperienza cosmica unica. Il suo è uno stile altamente originale, da puro e simpatico anti divo e artigiano del suono, dove il canto/parlato alla Beastie Boys, si confonde con quello dei Fu Manchu e con il tipico approccio punk, in un'atmosfera costantemente dilatata, sormontata da montagne di fuzz e xilofoni dal retrogusto dark. In effetti, come tutte le sue realizzazioni, non è facile descrivere le sue opere, si possono fare degli accostamenti a priori, ma il mood compositivo con cui genera e degenera la sua musica, scardinando il modus operandi della maggior parte delle bands che suonano questo genere, gli permette di essere veramente unico, nel bene e nel male dell'opera, e nel percorrere la strada che porta alle infinite lande della psichedelia sotterranea. L'orecchiabilità dei suoi brani è un'altra delle sue caratteristiche, poiché anche 'Perseus War', si contraddistingue per la sua facilità di approccio, anche se tutto è allucinato ed ipnotico a dismisura e nulla è lasciato al caso, e questo lo si percepisce benissimo ascoltando la ricercata musica di Dez Dare. I 2:54 minuti del singolo "Bozo", sono un apripista splendido. Garage rock degno dei 500ft of Pipe, guidato da una ritmica spinta alla Hawkind, rumori di fondo, feedback, un tremolante xilofono giocattolo e umore lo–fi. Un video divertente accompagna il brano, surreale e spettrale, decisamente geniale, come del resto anche il video inquietante di "Bloodbath-on-HI". Penso che in ambito sotterraneo Dez Dare non abbia tanti rivali, lui è diversamente psichedelico, in senso talmente ampio, che l'impossibilità di paragonarlo a qualche altro artista è reale. La sua arte riesce a parlare delle lotte dell'universo per la sua sopravvivenza come della pressione quotidiana che l'uomo subisce nella sua esistenza contemporaneamente, attraverso suoni ed immagini, che sdoganano con una certa naturalezza, incubi, sogni, allucinazioni e figure da cartone animato, atmosfere horror e commedie satiriche del sabato sera. La proposta di quest'artista è forse quanto di meglio il mondo psych rock oggi possa offrire, un rock disagiato, che non guarda necessariamente al virtuosismo, che abbandona la veste patinata e torna allo splendore del sottosuolo, fa rumore intelligente, oltrepassa il confine nuovamente, e illumina come le band di un tempo. Una musica adatta per i più folli ma sani di mente, una musica da evitare per i puristi e poco liberi all'ascolto. (Bob Stoner)

martedì 21 marzo 2023

Morcaint - Elessar

#FOR FANS OF: Atmospheric Black
Sweden’s obscure project Morcaint was created in 2008 and it seems that Ulvtyr and Heruhim, the two founding members, composed a debut full-length, which sadly never saw the light of the day. The project was put on hold during a long of time, but fortunately it came to live some time ago and managed to catch the attention of the respected Swedish label Nordvis Produktion, which always gives you a hint of the project’s quality.

The aforementioned unreleased debut album doesn’t seem to be recorded in this new era, but Morcaint has released its debut EP which consists of only two new songs, although the quality of both compositions makes me feel a reasonable hype for an, hopefully, upcoming debut album. 'Elessar' is the title of the EP, and as you probably guessed, it is a direct mention to the world of Tolkien. Personally, I am never fed up with bands taking inspiration from Middle Earth, so I was more than happy to check out what this project can offer. Morcaint’s music is firmly rooted in the atmospheric black metal sub-genre, which I consider quite appropriate for Tolkien’s fantastic universe. Musically, Morcaint achieves an excellent balance between the expected atmosphere, and the heaviness you could expect from an extreme metal band. The first track "Elessar" immediately shows that with a captivating atmospheric intro followed by a great tremolo riffing, which is a perfect example of how atmospheric black metal should sound. The combination of mid-tempo and headbanging inducing riffs, and the always welcomed blast-beats make the song very entertaining. Both the vocals, with the classic distant sound in its production, and the drums, sound clear and powerful. The production has a raw touch, but it is enough clear and well-balanced which gives an organic touch to the songs, a characteristic that I consider a correct approach for this music. The keys have a reasonable presence, as you can hear them through the song, which includes certain moments of a bigger prominence, where they truly shine. The second "O Lórien" is a bit longer, which gives a greater room to introduce more variations and, in this case, longer mid-tempo sections where the atmosphere is absolutely captivating. The simple yet atmospheric hypnotic keys enhance the ambience and gives a truly solemn touch to the song. The classic riffing is solid, and it is a great example that there is no need for experimentation where things are done with great taste. The intensity of the song is increased towards its final section, with a marvellous combination of relentless fury and beautiful atmospheric arrangements, that remain in loneliness to close this great track.

In conclusion, Morcaint’s debut EP 'Elessar' is an excellent debut and a fine example of how atmospheric black must sound. As it only has two songs it leaves the listener wanting more, much more, so I do hope that this time the project will remain active and will release in a near future its debut full-length. (Alain González Artola)
 
(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 82
 

domenica 19 marzo 2023

Weltmatch - Ancient Hatred

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
I Weltmatch ci propongono un Black spasmodico ed intenso, ricco di emozioni, questo a dimostrazione che anche gli americani ( sì, perché le origini del gruppo sono queste) riescono a proporci, oltre ai soliti rigurgiti death, anche una buona impostazione black con contenuti epici. Forse quello che il gruppo riesce a creare non è eccelso, ma molto probabilmente è meglio di tutte quelle merdate che gruppi di recente formazione cercano di rifilarci.

(Profanation Records - 1999)
Voto: 64

https://www.metal-archives.com/bands/Weltmacht/

Laika nello Spazio - Macerie

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Post Hardcore
È giusto che sempre più persone sottolineino come il mondo stia andando a farsi fottere, siamo destinati all'estinzione lo sappiamo, e questo processo ha accelerato pericolosamente negli ultimi anni: prima il covid, poi la guerra e le catastrofi climatiche in ogni angolo del mondo. E i Laika nello Spazio, in questo nuovo capitolo della loro discografia, ne fanno cosi il loro manifesto, 'Macerie', ecco cosa rimarrà del nostro pianeta e la band originaria dell'hinterland milanese, non fa altro che ricordarcelo dalla traccia d'apertura in avanti, con un sound che prosegue coerentemente quel processo iniziato in 'Dalla Provincia', che già avevamo recensito su queste stesse pagine nel 2019. Il terzetto lombardo ci offre quindi uno spaccato della società odierna, quella frastornata e sfiancata "dalle polveri sottili, dalle isterie di massa, dalla falsa informazionme, dai virus e dal popolo sovrano coglione" ("Coprifuoco Definitivo" che mostra richiami ad un ipotetico ibrido tra Teatro degli Orrori e IN.SI.DIA), quella dei profughi e del femminicidio ("Reazione"), quella conformista narrata in "Schrödinger". Il tutto accompagnato poi da una proposta musicale che oscilla tra post-punk ed un oscuro post-hardcore, con la conferma di un trio a due bassi, voce e batteria (si, non ci sono chitarre, avete letto bene), mentre il cantato di Vittorio Capella continua ad evocare più di una certa similitudine con il frontman dei Massimo Volume, come già aveva evidenziato il buon Bob Stoner ai tempi di 'Dalla Provincia'. La musica dei nostri non è affatto male, presentando più di un qualche richiamo ai Marlene Kunz nella title track, cosi come pure echi stoner rock nella più intimista "Evento Sentinella", con quei bassi magnetici (scuola New Model Army) che s'intrecciano tra loro con una certa benevola efficacia. Ciò che fatico però a digerire è proprio il cantato di Vittorio, che nelle parti non narrate, mi pare stoni pericolosamente. Le liriche in italiano rischiano poi di relegare questa release entro i soli confini nazionali (il (para)culo dei Måneskin qui non è di casa), ma va bene cosi, gustiamoci a tutto volume e con i bassi del nostro stereo a manetta, mi raccomando, la nuova fatica dei Laika nello Spazio. (Francesco Scarci)

venerdì 17 marzo 2023

Fluisteraars - De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - I - Harslo

#PER CHI AMA: Black
In attesa di ascoltare il loro nuovo album, gli olandesi Fluisteraars ci regalano un EP di un paio di pezzi, giusto per ingannare il tempo. 'De Kronieken van het Verdwenen Kasteel - I - Harslo' (The Chronicles of Vanished Castle) è il titolo di questo lavoro che farà parte di un trittico di EP da collezionare, votati ad un black isterico e animalesco che si esplica attraverso le iniziali furenti melodie di "Dromen Van de Zon". La ritmica è serrata e sparata a tutta velocità e su di essa si stagliano le grim vocals di Bob Mollema, per un risultato che a me non convince proprio del tutto. Si continua con la più lunga "De Koning Die Werd Ontdekt Tijdens de Blootlegging Van de Nieuwe Dimensie" e il risultato non cambia poi di molto, con otto minuti tiratissimi che almeno fino al quarto minuto non lasciano scampo e un briciolo d'ossigeno. Poi, i nostri rallentano incredibilmente il tiro, evocando un che dei Burzum di 'Hvis Lyset Tar Oss', grazie alle classiche chitarre zanzarose e alle tastiere in sottofondo, in grado di donare quel tocco di straziante malinconia che alla fine mette tutti d'accordo su quanto i nostri sappiano essere ancora tremendamente glaciali. (Francesco Scarci)

Jeffk - TAR

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Tornano le uscite della Golden Antenna Records e l'etichetta tedesca ci propone oggi la seconda release dei conterranei Jeffk che, a distanza di cinque anni dal precedente 'Inadequate Shelter', si riaffacciano con questo 'TAR'. La band, originaria di Lipsia, propone un post rock strumentale che sembra strizzare l'occhiolino ai God is an Astronaut con al seguito tutta la serie di clichè tipici del genere. Si parte da "Fingers" e dalle sue melodie dilatate, quasi intimistiche, spezzate però qua e là da frangenti metal decisamente più ruvidi che sembrano allontanare il terzetto dal post rock. Non so voi, ma verso il sesto minuto del brano ci ho sentito poi un che della melodia della Marcia Imperiale che accompagnava la comparsa de La Morte Nera in 'Star Wars'. Chiamatela suggestione o quello che volete, ma l'atmosfera da li in poi si farà più cupa, almeno fino a quando nel mio stereo partirà "Arcades", song che si muove con un ipnotico giro di chitarre in tremolo picking, accompagnato da una fantasiosa batteria, che evolverà ancora una volta nel finale verso tonalità più fosche e apocalittiche, quasi fosse il marchio di fabbrica dei Jeffk. Con "Ratio" si parte invece decisamente più delicati grazie ad una linea di basso che guida l'incedere di un brano che non mostra in realtà significativi sussulti, se non in una parte centrale più robusta e in una chiusura ancora spettrale. Con "Idle Eyes" ci approcciamo al singolo per cui i nostri hanno girato anche un delirante video. L'inizio è lento e straniante, per poi pigiare successivamente sull'acceleratore grazie ad un sound decisamente più energico, anche se brevi break atmosferici provano a minimizzarne l'irruenza. Una voce urlata qui avrebbe fatto di certo la sua porca figura, soprattutto per donare un po' più di variazioni al tema, laddove il trio teutonico persegue una certa ridondanza ritmica ed effettistica. Tuttavia, devo ammettere che anche questo brano, cosi come tutto l'album, si rivelerà convincente. Anche le residue due tracce, "Lake Bled" e "Swarm", regalano interessanti sprazzi di musica raffinata, peraltro con una ricerca tecnica di un certo livello, leggasi i numeri da circo con cui si destreggia il batterista dietro alle pelli, per quella che sembra essere una continua ricerca di cambi di tempo che possano intrattenere nel migliore dei modi l'ascoltatore. Anche qui non ci troviamo certo di fronte ad una proposta di semplice assimilazione, bisogna infatti entrare in profondità nel mood di questi musicisti, per capirne le intenzioni e assaporarne ogni singola sfumatura. La chiusura affidata a "Swarm" sublima infatti la ruvida emozionalità che 'TAR' è in grado di sprigionare lungo i sui quasi tre quarti d'ora di musica. Non certo la più semplice delle passeggiate, ma spesso anche un buon trekking in montagna con l'aria tagliente può regalare piacevoli emozioni. (Francesco Scarci)

(Golden Antenna Records - 2023)
Voto: 74

https://jeffk.bandcamp.com/album/tar