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venerdì 7 febbraio 2025

Akhlys - House of the Black Geminus

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
'House of the Black Geminus' degli statunitensi Akhlys, l'ho inserita nella mia top 5 del 2024, ed è per questo che ho deciso di recensirla qui nel Pozzo. Un'opera straordinaria che incarna l'essenza del black metal atmosferico con una maestria senza pari. Questo progetto, guidato dal visionario Naas Alcameth, riesce a trasportare l'ascoltatore in un viaggio sonoro avvolto da oscurità e mistero. Il tutto è immediatamente dimostrato dalle melodie sghembe ma ammaglianti, di "The Mask of Night-speaking", che da porzioni dark ambient, che richiamano gli esordi della band del Colorado, ci conducono poi nel gorgo più infernale degli abissi pensati dagli Akhlys. Un viaggio che prosegue sempre più verso il basso con "Maze of Phobetor" e una ritmica incendiaria che, nelle sue sinistre linee di chitarra, evoca inequivocabilmente Blut Aus Nord e Deathspell Omega. Quello che mi esalta qui è la violenza incarnata dal brutale cantato del frontman. Con "Through the Abyssal Door", le atmosfere sono sempre più plumbee e nebulose grazie a sonorità doomish che si incastrano alla perfezione con un black magistralmente suonato e soprattutto prodotto. "Black Geminus" pur essendo una tappa strumentale di puro passaggio, poggia le sue basi su claustrofobiche atmosfere droniche, il cui compito è di prepararci agli ultimi due assalti del disco, "Sister Silence, Brother Sleep" e "Eye of the Daemon - Daemon I", per altri quasi 20 minuti di musica malefica, maestosa, orrorifica, inquietante ma soprattutto epica. Un'opera da non perdere per chiunque desideri esplorare le profondità della musica estrema. (Francesco Scarci)

(Debemur Morti Productions - 2024)
Voto: 85

https://akhlys.bandcamp.com/album/house-of-the-black-geminus

mercoledì 5 febbraio 2025

Body Count - Merciless

#PER CHI AMA: Crossover/Thrash
Mai avrei pensato di scrivere dei Body Count, la provocatoria band statunitense guidata da Ice-T, sempre attenta alle tematiche sociali e antirazziali. Eppure quando ho dato un ascolto distratto a 'Merciless', il mio iniziale scetticismo e la mia scarsa attenzione, si sono trasformati in grande entusiasmo. L'ottava release del collettivo americano è caratterizzata da un sound denso e aggressivo, con chitarre pesanti e ritmi incalzanti che riflettono la furia e l'intensità tipiche della band, pur mantenendo la propria identità ancorata a quel crossover, tra rap metal e hardcore. Brani come "Psychopath" e "Drug Lords" (la prima con la comparsata di Joe Bad dei Fit for an Autopsy e la seconda con Max Cavalera alla voce) offrono riff potenti e ritmiche serrate, creando un'atmosfera di urgenza. In particolare mi soffermerei sulla title track che ho particolarmente amato, con quel suo sound ipnotico e robusto al tempo stesso, che mi ha evocato 'South of Heaven' degli Slayer. Aggiungiamo poi una produzione che privilegia la rotondità del suono, permettendo a ogni strumento di risaltare, e alla voce di Ice-T di farsi sentire con una forza ineguagliabile (anche se a volte rimanda un po' troppo al buon vecchio Tom Araya). E a proposito di vocals e vocalist, nella selvaggia "The Purge", dobbiamo segnalare il featuring di Mr. Corpsegrinder (Cannibal Corpse), in un altro pezzo che francamente grida al miracolo, in una miscela tra gli Slayer più compassati e i Massacre. Parlando di guest star, poi non posso tacere l'assolo di David Gilmour (si, quel signore inglese che suonava nei Pink Floyd) nell'intramontabile cover di "Confortably Numb", un pezzo riletto in chiave rappeggiante. E ancora da menzionare, le apparizioni di Howard Jones (ex Killswitch Engage) nella velenosa e super ruffiana (ascoltatevi il ritornello) "Live Forever". Potrei andare avanti citandovi altri mille personaggi che hanno preso parte a questo disco, ma la mia raccomandazione è di dare un'opportunità a questo disco, ne potreste rimanere anche voi piacevolmente sorpresi. (Francesco Scarci)

(Century Media - 2024)
Voto: 78

https://bodycountband.com/

martedì 4 febbraio 2025

Rheinkaos - All my Being is a Dark Verse

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Ci sono voluti ben 16 anni per risentir parlare dei Rheinkaos, band greca che era uscita nel 2008 con un demo - che il sottoscritto aveva recensito - e poi il nulla. Un silenzio assordante. Si era parlato di un primo full length nel 2010, ma questo rimase strozzato in una carenza di budget che mi fece pensare alla prematura capitolazione dell'act ellenico, cosa che effettivamente accadde nel 2015. Eppure, la creatura di Dimitrios B. aveva lasciato un segno, per quel sound industrial-avanguardistico che scomodava mostri sacri come Dødheimsgard e Ulver. Poi con mia grande sorpresa, lo scorso anno ho letto che la band si era riformata, e addirittura aveva deciso di completare le due tracce lasciate abbandonate una decina d'anni fa. Il trio ha quindi rilasciato questo EP di due pezzi, intitolato 'All my Being is a Dark Verse', che include "Beta Religion" e "The Commencement Fear". Devo dire che i pezzi riflettono assolutamente quanto avevamo già apprezzato su quel 'Demo 2008', ossia una base avantgarde su cui imbastire una ritmica black coadiuvata da elementi sperimentali, che portano i nostri a sbandare in derive di "ulveriana" memoria, complice peraltro un uso possente dei synth, ed evocando, in altri momenti, le cose più progressive degli ultimi Enslaved, con la band greca che arriva a citare addirittura i Fates Warning, tra le proprie influenze. La proposta del trio è davvero molto interessante, con pulsioni cosmiche che divampano dalle linee di basso, chitarra e componenti elettroniche varie, al pari delle esplosioni vulcaniche sulla luna di Giove, Io, mentre la voce del frontman si alterna tra parti pulite e harsh vocals. L'inizio della seconda traccia è ancor più affascinante, e qui si sentono probabilmente quelle influenze che conducono al prog dei Fates Warning, ovviamente in una veste più pesante viste le grim vocals che duettano con altre più cibernetiche e insieme si affacciano comunque su una matrice musicale davvero da brividi. Uno strabiliante break atmosferico centrale miscela hammond e chitarre, mentre oniriche visioni psichedeliche, coadiuvate da giri di chitarra acustica, fughe post rock, un sax delirante e orchestrazioni da applausi, completano un brano esagerato, lasciando trasparire le enormi potenzialità di una band che potrebbe realmente configurarsi come la maggior sorpresa di questo 2025. Per ora mi tengo basso con il voto (e sarà un 75!), solo perchè il qui presente dischetto è stato partorito oltre 10 anni fa e include due sole song, ma la curiosità di conoscere lo stato di forma dei Rheinkaos oggi, vi garantisco che è enorme. (Francesco Scarci)

Tigguo Cobauc - Fountains of Anguish

#PER CHI AMA: Black/Sludge
The English band Tigguo Cobau, whose peculiar name has historic ties with its hometown Nottingham, presents its sophomore effort entitled 'Fountains of Anguish'. The second album is always a crucial moment for a project as they must make a step forward and distinguish themselves from the fierce competition. Tigguo Cobau's approach is quite interesting as they blend some black metal influences into their core sludge metal sound, while adding a strong atmospheric touch.

'Fountains of Anguish' incorporates all the aforementioned elements, achieving a remarkably solid balance between abrasion and atmosphere. The typical aggressiveness of sludge metal is complemented by melodic and ambient sections, resulting in songs that have a unique touch. This blend is evident not only in the band's instrumental music but also in the vocals. The raspy vocals play a significant role, but cleaner vocals are also utilized throughout the album. The album features ups and downs in intensity and tempo changes, creating a dynamic listening experience. Take, for example, the track "Eternal Quietus," which showcases marked contrasts between different sections and overall intensity. The vigorous pace and crushing riffs, accompanied by ferocious screams, make this song one of the heaviest yet mesmerizing with its hypnotic atmospheric parts. Renatos Ramos delivers a stellar vocal performance, effortlessly varying his tone as needed. He typically uses high-pitched tones for extreme vocals but also incorporates lower tones, closer to metal, as seen in the crushing and heavy "Inner Disaster." Another standout track is "Engaged Putridity," where all the elements that define the album are tastefully combined. The song is vibrant from start to finish, exuding tremendous energy with top-notch guitar work, abrasive vocals, and the ever-welcome atmospheric essence that enhances the entire work.

'Fountains of Anguish' by the English band Tigguo Cobauc, is definitely a remarkable album. The different elements and influences of the band are combined in an inspired way, creating compositions that exude energy and honesty. I strongly recommend giving it a chance if you enjoy songs with a well-balanced brutality and atmosphere. (Alain González Artola)


(Exitus Stratagem Records - 2024)
Score: 83

https://www.facebook.com/tigguocobaucband

lunedì 3 febbraio 2025

Wintersun - Time II

#PER CHI AMA: Symph Metal/Melo Death
Sono serviti ben dodici anni ai finlandesi Wintersun per dare vita al tanto atteso seguito di 'Time I'. 'Time II' è infatti uscito ad agosto dello scorso anno e si distingue dal precedente album per la sua complessità e la cura nei dettagli. Va detto che il nuovo disco del quartetto di Helsinki, si pone come un'opera maestosa che combina elementi di metal sinfonico e melo-death, con una proposta caratterizzata da arrangiamenti intricati e una produzione di alta qualità, che riflette l'attenzione meticolosa del frontman Jari Mäenpää nel creare un'esperienza sonora a dir poco immersiva. Il tutto è testimoniato da un utilizzo copioso di orchestrazioni pompose e parti vocali evocative. Il disco si apre con "Fields of Snow", un'intro strumentale che evoca paesaggi invernali attraverso eteree melodie orientali. Ma la delicatezza iniziale si trasformerà rapidamente in un'esplosione di quei suoni tipici dei Wintersun, combinando melodie eleganti con riff potenti nella spettacolare "The Way of the Fire", un'epopea di dieci minuti che rappresenta sin da subito, uno dei momenti top dell'album. Questo brano è caratterizzato da una varietà di stili, passando da sezioni in blast beat a momenti più melodici e contemplativi. La voce di Jari alterna, come da copione, clean e growl, creando una sorta di contrasto emotivo che non può non catturare l'ascoltatore. "One with the Shadows" è invece più lenta e riflessiva, con melodie suggestive, ma anche dotate di un pizzico di malinconia e un'atmosfera costantemente grandiosa, qui grazie a un ritornello particolarmente coinvolgente. Un breve interludio strumentale, "Ominous Clouds", e si torna a cavalcare con un'altra lunga song, "Storm", un pezzo intenso (complice anche un dilatato preludio strumentale), caratterizzato da riff frenetici e una struttura dinamica. Qui, i Wintersun riescono a catturare l'essenza del caos attraverso un muro sonoro che ricorda le sonorità del precedente 'The Forest Seasons'. Nonostante la sua lunghezza, il brano mantiene alta l'attenzione grazie a una serie di cambi di ritmo e a un assolo di chitarra straordinario. "Silver Leaves" chiude l'album con una potenza emotiva straordinaria. Utilizzando principalmente un riff ricorrente, il brano evolve in un'esperienza quasi trascendentale, culminando in melodie orientali zen che evocano immagini serene e meditative. In definitiva, 'Time II' non solo soddisfa le altissime aspettative generate dal suo predecessore, ma le supera abilmente grazie alla ricchezza delle composizioni e a una produzione cristallina. Ogni traccia rappresenta un viaggio autonomo, pur contribuendo alla coerenza generale del disco. I Wintersun confermano ancora una volta la loro straordinaria capacità di fondere il metal estremo con elementi sinfonici e folk, realizzando un’opera che lascerà un segno indelebile nella memoria degli ascoltatori. (Francesco Scarci)


(Nuclear Blast - 2024)
Voto: 82

https://wintersun.bandcamp.com/album/time-ii

domenica 2 febbraio 2025

Irae - Promiscuous Fire

#PER CHI AMA: Black Old School
'Promiscuous Fire' è un EP che cattura l'essenza del black metal portoghese, un genere noto per la sua intensità e atmosfera assai oscura. Gli Irae, one-man band tra le più rappresentative della scena (con sei album, tre EP e ben 19 split all'attivo!!), dimostrano anche qui di voler proseguire nel loro intento di proporre un black old school. Il 4-track si apre con l'atmosfera cupa e minacciosa di "The Curse of Lael", caratterizzata da riff di chitarra taglienti e una produzione grezza che ricorda le origini del black metal, senza però rinunciare a una certa chiarezza sonora. Le tracce sono costruite su strutture complesse, con cambi di tempo repentini e melodie ancestrali che evocano un senso di disperazione e rabbia. Lo screaming, aspro e disperato, di Vulturius si fonde perfettamente con l'atmosfera generale, aggiungendo un ulteriore strato di intensità emotiva. Tracce come "Vinho de Gólgota" e "Porco de Satanás", sembrano voler rievocare le radici del black, chiamando in causa i primi Bathory e i Darkthrone, e sono esempi perfetti di come il mastermind lusitano riesca a creare brani veloci e malvagi, mantenendo intatta l'essenza del black primordiale. La produzione, pur mantenendo un suono crudo e autentico, permette di apprezzare ogni dettaglio della composizione, dalle dissonanti linee di chitarra (ascoltare la controversa "Endless Circle") alle debordanti mazzate alla batteria che contribuisce a creare un ritmo incalzante che trascina l'ascoltatore in un vortice di emozioni contrastanti. Insomma, 'Promiscuous Fire' è un discreto ritorno che conferma gli Irae come una delle band più interessanti del panorama black iberico e che vede la band proseguire nel personale desiderio di non tradire le radici del genere, offrendo un'esperienza sonora intensa e coinvolgente. Consigliato però ai soli appassionati di black old fashioned. (Francesco Scarci)

Disinter - Demonic Portraiture

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Death Metal
Veramente pregevole questo secondo full-length dei Disinter, gruppo di Chicago dedito a sonorità death metal con sfaccettature brutal. La band in questione non spicca certo per la sua originalità, ma propone una miscela omogenea che va a pescare da gruppi svedesi, quali Dismember e At the Gates, piuttosto che dai modelli americani. Il punto di forza del gruppo è sicuramente il drummer, paragonabile veramente a un martello pneumatico. Questo 'Demonic Portraiture' è composto da dieci brani al cemento armato con l’aggiunta di "Blinded By Fear", cover degli At the Gates. L’album comincia con un breve intro acustico che sfocia in "Strength & Honour", la prima vera song del disco, che presenta una ritmica veloce e brutale. Si prosegue nell’ascolto di brani sempre di buona fattura tra cui spiccano la thrasheggiante "Woven With Pestilence and War" e la title-track, che unisce un riff mid-tempo a cambi fast death metal. Come il precedente 'Welcome To Oblivion', questo lavoro dei Disinter dimostra ancora una volta la loro fedeltà a un certo tipo di death metal old-style.
 
(Morbid Records - 2001)
Voto: 70
 

Hail Spirit Noir - Fossil Gardens

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Con 'Fossil Gardens' i greci Hail Spirit Noir segnano un nuovo capitolo nella loro percorso musicale, tornando a esplorare con maggiore enfasi le loro radici black metal, senza però rinunciare alla sperimentazione che li ha sempre contraddistinti. Questo sesto album, pubblicato nell'estate dello scorso anno, è un viaggio sonoro ambizioso che mescola elementi di metal progressivo, psichedelia e rock gotico, creando un'opera complessa e affascinante. L'album si apre con "Starfront Promenade", un brano che cattura subito l'attenzione grazie a riff di chitarra potenti e blast beat tipici del (post) black metal atmosferico, con un connubio di voci, growl e pulite. È evidente un cambio di direzione rispetto al precedente e controverso 'Mannequins', che si muoveva in territori più vicini al synthwave. In 'Fossil Gardens', il sestetto di Salonicco recupera invece la ferocia del metal estremo, ma la fonde con la loro inconfondibile vena sperimentale. La produzione è impeccabile: calda e potente, in grado di valorizzare sia i momenti più aggressivi che quelli più delicati. Gli arrangiamenti sono stratificati e complessi, con synth cosmici e chitarre che si intrecciano in modo fluido ("The Blue Dot"). Ma anche altri, brani come la lunga "The Road to Awe", incarnano perfettamente questa fusione, alternando sezioni vocali che spaziano dai growl feroci a melodie pulite e ipnotiche. E ancora sottolineerei, l'avanguardismo di "The Temple of Curved Space", il post black della title track che guarda ad atmosfere cinematiche e blackgaze, senza dimenticare nemmeno la stravaganza ambient-strumentale di "Ludwig in Orbit". Dal punto di vista lirico, questo nuovo lavoro affronta temi cosmici ed esistenziali, portando l'ascoltatore in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, attraverso testi enigmatici e profondi che aggiungono un ulteriore livello di coinvolgimento emotivo e intellettuale all'album. In definitiva, 'Fossil Gardens' è una prova convincente della maturità artistica degli Hail Spirit Noir, con i nostri che riescono a combinare il peso del metal estremo con elementi progressivi e atmosfere psichedeliche, offrendo un'esperienza sonora davvero entusiasmante che farà la gioia di chi ama il metal d'avanguardia e cerca qualcosa di stimolante ma un po' più accessibile, per un viaggio affascinante da intraprendere senza alcuna esitazione. (Francesco Scarci)