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domenica 23 giugno 2019

Zambra - Prima Punta

#PER CHI AMA: Post-hardcore/Post-metal, Breach
Soffocare e resistere. Soffocare nel cemento di periferie infinite, negli scarichi di auto incolonnate lungo dedali di superstrade, nelle folle di centri commerciali sempre più grandi e numerosi. E resistere a questo fiume in piena fatto di rifiuti, indifferenza e degrado che è la nostra società in corsa verso il baratro. 'Prima Punta', primo long playing degli Zambra, è tutto questo: un hardcore plumbeo e soffocante, brutalizzato da influenze metal e contaminato da escursioni post-rock e noise, tanto in grado di far soccombere l’ascoltatore sotto il peso del disagio esistenziale, quanto di suscitare un acuto desiderio di ribellarsi a questa deriva.

L’artwork del disco, raffigurante un’oscura boscaglia in contrasto con bianche montagne sullo sfondo (il cui profilo aguzzo non a caso richiama anche il logo della band di Sesto Fiorentino), potrebbe essere interpretato come un tentativo di esorcizzare le malsane atmosfere urbane che caratterizzano i brani, tuttavia l’andamento a zig-zag dei picchi ci fa pensare anche alla rappresentazione grafica di una tendenza dall’esito funesto.

Ed eccoci ai pezzi: i maestosi riff di “Metano”, una miscela tossica di post-hardcore e sludge,ci accolgono a cazzotti in faccia con quella che potrebbe essere la colonna sonora per una prognosi infausta urlata ad un paziente che non ne vuole sapere di ascoltare i consigli del medico. Comprendiamo che il carburante di 'Prima Punta' non siano i veleni che inquinano l’aria delle nostre città, quanto la rabbia e la frustrazione espresse dall’alternarsi di slanci hardcore dal sapore marcatamente anni novanta e deflagrazioni post-metal degne dei Neurosis di 'A Sun That Never Sets': queste sensazioni generano la scintilla che mette in moto la marcia implacabile di “FoscO” e trasudano dalle ritmiche laceranti di “Ambra”, mentre gli spasmi nervosi di “Rimaggio” evocano suggestioni post-apocalittiche.

Grinta e dinamiche incazzate dunque non mancano nell’album, ma è da sottolineare l’eclettismo degli Zambra nel non appiattirsi unicamente sulla pesantezza sonora e ricercare costantemente intrecci più elaborati, benché sempre al servizio di atmosfere decadenti ed introspettive: ne sono un esempio l’inquietante esperimento noise\ambient di “Yanusz”, l’ipnotica e rituale “Oca Bianca” e lo straziante inno di sofferenza e disillusione che è “Lottarox”. Chiude “Sun Chemical”, brano di oltre sei minuti che ci lascia una triste fotografia del nostro probabile futuro, fatto di tramonti nascosti dai fumi delle ciminiere, dal cemento di squallidi palazzi e dall’acciaio di gru puntate verso il nulla.

'Prima Punta' è un disco istintivo, genuino e che va dritto al sodo, proprio per questo vi entrerà nel cuore. È un grido disperato nella cacofonia di rumori urbani, lo sfogo per il fardello di insofferenza che tutti ci portiamo dentro e di cui vorremmo liberarci: prendiamo esempio dagli Zambra e forse qualcuno inizierà a chiedersi il perché di tutte queste urla e forse non sarà troppo tardi per invertire la rotta. (Shadowsofthesun)

(Black Candy Records/Coypu Records - 2018)
Voto: 86

https://zambra.bandcamp.com/album/prima-punta-lp-2018

giovedì 20 giugno 2019

Vous Autres - Champ du Sang

#PER CHI AMA: Black/Post-core, Blut Aus Nord
In Francia non si sbaglia un colpo. Hanno vinto l'ultimo Mondiale di calcio, la Champions femminile di calcio negli ultimi quattro anni, primeggiano un po' ovunque, soprattutto nella musica estrema, che vede affacciarsi sulla scena i Vous Autres e il loro debut album, 'Champ du Sang'. Nove inni di pura malvagità all'insegna di un black metal contaminato da post metal, industrial, dark e doom. Questa è almeno la sensazione che scorgo durante l'ascolto dell'opening track, "Sans Lendemain", quasi nove minuti di sonorità sofferenti e malefiche, sorrette da atmosfere spettrali, screaming vocals, ma anche ritmiche tirate che mi spingono ad individuare in gente tipo Blut Aus Nord o Deathspell Omega, le principali influenze di questo duo originario tra Nantes e Parigi. "Pauvre Animal, Simple Pantin" prosegue sulla falsariga, provando a sgretolare certezze consolidate di chi ascolta, alimentandone invece paure e angosce. Colpa, senza ombra di dubbio, di quelle meravigliose atmosfere da castello infestato, generatrici di mostri ed incubi, create dalle sinistre keys e da un tappeto roboante di percussioni e chitarre graffianti. Non è possibile rimanere impassibili nemmeno di fronte alla notte più buia espressa in "En Souffrance Devant Dieu", cosi come dal deflagrante e marziale incedere di "Vos Erreurs Consternantes" che schiude ad un'altra influenza dei nostri, quella dei conterranei CROWN. Un disco multiforme questo 'Champ du Sang', un disco ove immergersi nel fangoso ed oscuro sound, fatto di riverberi, suoni ipnotici, splendide melodie soffuse, bombe ritmiche, vocalizzi dannati e ambientazioni minimaliste, decisamente rarefatte. Penso a "Tes Jours Passés" ad esempio, dove ampio spazio viene lasciato ad una lenta malinconica musicalità, con tanto di voci cerimoniali in sottofondo, quasi ad evocare lo spettro dei mai dimenticati (almeno per il sottoscritto) Decoryah per poi virare verso ambiti più orrorifici. Il disco alla fine è notevole, suonato con meticolosità e sagacia, sospinto da una buonissima vena creativa e vede ancora alcuni episodi di grande interesse. Uno di questi è lo sgangherato rifferama di "Le Gouffre est Devant", dissonante, sghembo, disarmonico, ma sempre estremamente ispirato, nella più pura tradizione transalpina. L'altro è rappresentato dalla lunghissima "La Tristesse de Tes Déboires", dieci minuti che si aprono con landscape desolati (chi ha detto Godflesh?) che coprono metà del brano, e lasciano poi posto ad una mistura di dark, black e post-core, davvero da brividi. Che altro dire se non invogliarvi all'ascolto di questo magnifico ed evocativo album, rilasciato da questi maestri di enigmatici suoni tenebrosi. (Francesco Scarci) 

(Sleeping Church Records - 2019)
Voto: 80

https://vousautres.bandcamp.com/album/champ-du-sang

martedì 18 giugno 2019

Ysengrin - Réincrudation

#FOR FANS OF: Occult Black Metal, Mortuary Drape
Ysengrin is a French band founded in Normandy back in 2005. Currently, the band consists of three musicians, being Guido Saint Roch the only founding member of this band. Ysengrin began as a solo project, but Guido has traditionally been accompanied by other two musicians in order to complete the line-up. The current bass player, known as Alrinack and Inkantator Kour, who shares the duties of playing the keys, performing the vocals and other stuff with Guido, are involved in many other underground projects. So in practice Ysengrin continues to be Guido´s personal project.

The Ysengrin´s sound is usually defined as “hermetic dark metal” and it can hardly be restricted to only one subgenre. The band´s peculiar and primitive style flows between the boundaries of doom, death and black metal. Conceptually, the music is strongly influenced by esoteric and occult themes, which play a major role in the forge of Ysengrin´s very personal creations. The ambience is dark and suffocating and the production has been traditional raw, yet very atmospheric. Ysengrin´s core sound is clearly represented in the album 'Réincrudation'. This is in fact not a new work, but a compilation of the remastered old demos 'Archivum MMV-MMX' and 'Alchimëte'. 'Réincrudation' portraits the very personal sound of Ysengrin in its purest form. The compositions have a primarily slow pace, very doomish and atmospheric. The first half of the album contain tracks like “Abstinence”, which have a pretty repetitive pace with very simple drums and riffs with a quite raw and crushing tone. The variety only comes in form of interludes, which strengthen the mysterious atmosphere of the whole work. Anyway, the most interesting tracks come at the last part of this compilation. A remarkable example would be “Antéros”, which has more diverse structures. Vocally speaking, the band combines the typically death metal growling vocals with a clean one. The growls are quite primary and remind me the most traditional and underground death metal scene. On the other hand, the clean ones have a distinctive occultist touch, as they sound like a sorcerer invoking a demon. The peak of 'Réincrudation' is undoubtedly the longest and most elaborated track entitled “Mystéres De L ´Artifex”. The production in this track seems to be better balanced and cleaner, yet still rasping. It combines the aforementioned harsh and clean vocals with better structured guitars riffs. The track flows more naturally and it has a more coherent structure, less weird, which could be worse for some people, but it is much better in my opinion. It also contains some interesting keys in the background and even some bells who add a mysterious touch. Experimentation and weirdness don´t disappear as Ysengrin still introduces some dissonant guitars riffs which reinforce this gloomy and occult ambience.

Ysengrin´s music is in fact not an easy one to digest. Though I must admit that the 65 minutes that this work lasts have been a hard tack for me, there are still some good points to highlight, which save the album for me. When the tracks are better composed and have a more varied touch Ysengrin´s occult metal can have some interesting details and remarkable sections as it happens in songs like “Mystéres De L´artifex", for example. This is obviously a demo compilation, a fact which makes understandable that the band had yet some aspects to polish. Last tracks, as I have mentioned, mark the correct path for the band so it would be interesting to see what Ysengrin can offer in 2019. (Alain González Artola)

(I, Voidhanger Records - 2019)
Score: 55

https://i-voidhangerrecords.bandcamp.com/album/r-incrudation

Rancorum - The Vermin Shrine

#PER CHI AMA: Death Old School, Entombed, Morbid Angel
Se la francese Les Acteurs de l'ombre Productions è focalizzata nella promozione di band del proprio paese, ecco che un atteggiamento analogo viene perseguito anche dall'etichetta rumena Loud Rage Music, attenta nello scovare band interessanti nel proprio nutrito sottobosco. E cosi, ecco arrivare da Bucarest i Rancorum, moniker che non mi fa proprio impazzire, ma che a livello musicale, non appaiono proprio degli sprovveduti. Alfieri di un death metal old school, il quintetto rumeno esordisce con 'The Vermin Shrine', sei mortifere tracce che presentano vari rimandi nel proprio tortuoso sound. Se ascoltiamo l'opener "Voidification", è inevitabile non pensare ai Morbid Angel nei saliscendi ritmici imposti dai cinque musicisti. Ritmica solida, massiccia, poco spazio alle melodia, in un brano ritmato che mette in mostra certamente un bravo vocalist dietro al microfono, un'ottima produzione, bella potente ma poco altro. Con "Bedlam of Saints" ci trasferiamo invece in Svezia, Stoccolma per l'esattezza, per godere di quei riferimenti musicali che resero grandi gli Entombed nel periodo d'oro tra 'Left Hand Path' e 'Clandestine'. Certo non si raggiungono le velocità vertiginose di quei due album, ma i nostri Rancorum ci deliziano con un sound massiccio, assai ritmato che rievoca proprio i gods svedesi e i loro compari Grave e Dismember, il trittico delle meraviglie per ciò che concerne il death metal scandinavo. La musica non cambia poi di molto anche con le successive "Nadiral" e "The Shining", due brani che vanno dritti per la loro strada senza proporre troppi stravolgimenti alla proposta del combo rumeno, solo che questa volta nelle linee di chitarra ci sento un che di 'Testimony of the Ancients' dei Pestilence. Peccato solo manchi quella delirante componente progressive che rese grande l'ensemble olandese, sebbene non abbia nulla da obiettare nei confronti dei Rancorum per ciò che riguarda il livello tecnico-esecutivo. Il limite di 'The Vermin Shrine' sembra essere alla fine la sua eccessiva monoliticità che non apre neppure a qualche sprazzo melodico. Questo ne rende l'ascolto probabilmente poco entusiasmante, necessitiamo infatti di parecchi ascolti per assimilare la proposta della band. Si prosegue intanto con la veemente "Towards Below" che con la conclusiva title track, hanno ancora da regalarci quindici minuti di suoni percussivi, assai ritmati nel primo caso, che a metà brano sembra quasi avvicinarsi al death doom, ma che finalmente regala un tagliente assolo finale. Con l'ultima "The Vermin Shrine" ci caliamo negli abissi per un pezzo che ha ancora modo di evocare l'essenza di un mostruoso a tre teste formato da Morbid Angel, Entombed e Pestilence. (Francesco Scarci)

(Loud Rage Music - 2018)
Voto: 70

https://rancorum.bandcamp.com/

lunedì 17 giugno 2019

Zatemno - В петле

#PER CHI AMA: Black/Death/Folk, Moonsorrow
Dalla Russia con amore, ecco arrivare i moscoviti Zatemno con il loro full length di debutto, 'В петле', fuori per la sempre attenta Aesthetic Death. Un disco che include quattro soli pezzi di black/death metal melodico contaminato da influenze popolari. Per giustificare questa mia affermazione, vi basti dare un ascolto all'opener "Вступление", dove compare l'utilizzo di una fisarmonica, ma sia chiaro che non abbiamo a che fare (almeno in questa circostanza) con nulla di etno-folk in stile Eluveitie, visto che il duo picchia davvero duro con linee di chitarra iper tirate, relegando solo a pochi frangenti l'utilizzo dell'inimitabile strumento aerofono che torna nell'incipit acustico di "Лишь только ветер". Qui ad accompagnarla c'è un pezzo parlato (ovviamente in russo), poi la song prende una strana piega visto che si avvicina maggiormente ad uno di quei brani suonati dagli artisti di strada in una qualche fiera di provincia, con uno screaming (unica forma di musica estrema) che si sovrappone ad un cantato artistico-teatrale, in una sorta di rivisitazione dei Pensées Nocturnes. Sono un po' disorientato in effetti, ma la title track ripristina le cose con un sound più estremo, pur sempre contaminato da influenze popolari, in un incedere di violenza, folklore e follia che miscela i Pensées Nocturnes con i Moonsorrow. L'ultimo pezzo, "Копотью солнца", si muove tra un black stralunato, punk, linee melodiche death metal, folk e infine anche drone, affrontando poi a livello lirico, tematiche legate ai meccanismi distorti di alienazione e conflitto della mente umana, fino al suicidio. Insomma, 'В петле', il cui significato è "sulla forca" (o con il cappio al collo), è un album abbastanza eterogeneo e particolare che forse non demarca esattamente alcun limite imposto dal duo russo nella visione musicale che hanno in mente. Il mio consiglio è quello di dargli un ascolto attento, perché alcune cose lasciano intravedere una vena assai originale dei nostri. Bene, ma si può e deve fare ancora meglio. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2019)
Voto: 69

https://deathknellprod.bandcamp.com/album/-

Bjørn Riis - A Storm is Coming

#PER CHI AMA: Progressive Rock, Porcupine Tree, Pink Floyd
È davvero incredibile come dalla penisola scandinava escano continuamente proposte musicali originalissime e di una qualità altissima. Bjørn Riis, già frontman degli Airbag, ci delizia con questo 'A Storm is Coming', sei epici brani sul tema delle relazioni umane, della perdita di qualcuno di caro, scritta come un dialogo tra due persone. I pezzi sono struggenti ed emozionalmente intensi, si sente un lontano eco delle grandi band degli anni d’oro del rock, una su tutti i Pink Floyd, come nella splendida suite di apertura "When Rains Fall", cosi come pure band più recenti che portano in alto la bandiera del prog, e penso ai Porcupine Tree, come nel secondo pezzo "Icarus". Il dialogo tra la voce e la chitarra solista è il punto forte del disco, anche se ormai di assoli ne abbiamo tutti avute piene le orecchie, le evoluzioni di Bjorn sulla sei corde sono più che altro slanci di espressività che la voce non può raggiungere, layer di emozione che si posano uno sull’altro. Il risultato finale dei brani è senza dubbio qualcosa di unico e particolarissimo, che affonda le sue radici nella migliore tradizione del prog internazionale e che cerca di rievocare i fasti di uno dei generi musicali più belli mai inventati dall’uomo, a mio parere, con successo. Per tutta la composizione siamo come sospesi su nuvole di fumo bianco, in un cielo terso ed infinito, dove niente è turbato da niente e dove la perfezione è così immacolata da trasmettere tristezza e senso di impotenza come quella che prova un marinaio solo in mezzo al mare e in mezzo al cielo. Se non ci credete provate ad ascoltare "You and Me" e poi ne riparliamo. Si prosegue con "Stormwatch", un pezzo che con il suo quarto d’ora di lunghezza copre svariati paesaggi, oltre che alle usuali sospensioni estatiche anche dei pesanti riff distorti che arrivano come un fulmine a disturbare la calma del tappeto di synth e chitarra acustica, poi ancora assoli di gilmouriana memoria e linee vocali sentite e accorate. Ogni brano è un viaggio che porta ad esplorare le sfaccettature della propria interiorità e che porta a chiederci se siamo in grado di sopportare il dolore che una perdita può lasciare o il vuoto che le relazioni tra noi, per la loro profonda imperfezione, si lasciano dietro. 'A Storm is Coming' è un modo splendido di far fronte a queste emozioni che ci affliggono ma che ci permettono anche di andare oltre noi stessi, di crescere e trovare qualcosa che da soli non riusciremo mai nemmeno a cercare. Tutto questo nella consapevolezza chre non possiamo evitare il dolore e il vuoto, così come non possiamo fermare l’avanzata delle nubi cariche di pioggia e fulmini, così come di fronte alla tempesta che si avvicina minacciosa, non possiamo far altro che aprire le braccia ed accogliere tutta la sua magnifica e spaventosa potenza. (Matteo Baldi)

Moodie Black - MB I I I . V M I C H O A

#PER CHI AMA: Noise/Rap
Avevamo lasciato Moodie Black poco tempo fa con la recensione del precedente 'MBIII', ed ecco che a sorpresa il duo americano, rilascia una nuova release di altri quattro brani, dal titolo che si lega ed evolve il suo predecessore. Anche in questo 'MB I I I . V M I C H O A' troviamo l'incedere lento e le sonorità industriali che minano i codici canonici dell'hip hop originale e più standardizzato, focalizzando ancora una volta lo strappo artistico verso una scena troppo abusata e priva di fantasia e sperimentazione. A mio avviso, anche stavolta la band di Los Angeles coglie nel segno, aprendo le frontiere con un suono violento e gelido, che non si risparmia, sdoganato dai dogmi del genere, distorto, affascinante ed introspettivo, senza una continuità ritmica, anzi, il taglio sonoro è frastagliato, fatto di fotogrammi diversificati e scomposti tra loro, minimali, industriali, noise oppure orchestrali, con aperture nelle composizioni che sembrano piccole colonne sonore fatte per un paesaggio post bellico, post guerra nucleare, apocalittico, accompagnate da uno spoken word duro e drammatico, anch'esso prevalentemente distorto come fosse una band harsh/EBM. In quest'ottica la canzone più rappresentativa è la conclusiva "32" (anche se il disco mantiene costante uno standard di qualità e produzione molto alto), che si presenta come una perla preziosa, oscura e radiosa allo stesso tempo, che rappresenta a dovere il percorso artistico intrapreso dai Moodie Black in questi ultimi tempi, con un ponte al minuto 1:43 che spacca la song in maniera brutale, drammatica ed inaspettata, con una sensibilità compositiva da vero fuoriclasse, come se la musica fosse virata in un grigio e cupo brano dell'ultimo Nick Cave, per poi rientrare in una coda esasperata dalle tinte minimal-rumoristiche, ossessive e soffocanti. La musica dei Moodie Black è un aut-aut, uno strappo contro il mondo da cui è stata generata, una musica che si ama o si odia, che non si associa facilmente e banalmente al contesto hip hop, perchè è frutto di un risultato artistico che vuole essere più alto e libero dai confini commerciali e stilistici. Quattro brani tutti da scoprire, pieni di immagini musicali diversificate tutte da apprezzare. Altra prova molto interessante e fantasiosa che associata al precedente 'MB III', forma un full length di tutto rispetto. Ascoltare per credere! (Bob Stoner)

venerdì 14 giugno 2019

Target - Deep Water Flames

#PER CHI AMA: Techno Death/Progressive, Meshuggah, Cynic
I Target me li ricordo bene: band cilena uscita con il debut nel 2011, 'Knot of Centipedes', un disco che sottolineava le eccellenti doti tecniche dell'ensemble di Santiago. Poi un gran silenzio, interrotto fortunatamente da un EP nel 2017, che mi faceva ben sperare per il proseguio della band che pensavo ormai desaparecida. Ed eccoli finalmente tornare con il secondo lavoro, questo 'Deep Water Flames' che ha permesso al quartetto di strappare un contratto con la Australis Records e strappare a me un sorriso per la loro proposta musicale. Quanto contenuto in questo disco infatti ha un che di miracoloso, dato che i nostri hanno pensato bene di combinare il techno death dei Meshuggah con il post metal dei The Ocean. Non capite quanto io abbia goduto e stia godendo tuttora all'ascolto di un pezzo come "Inverted Gloaming", che pone l'accento sulle capacità tecnico-esecutive, ma incredibilmente anche sulla creatività compositiva dei nostri. E allora preparatevi al classico muro di riffoni poliritmici, come i gods svedesi insegnano, ma anche a larghi tratti atmosferici, catchy quanto basta per far gridare al miracolo. Aggiungete a tutto questo un ottimo dualismo vocale, tra il growl e il suadente pulito dello stesso Andrés Piña e capirete il perchè del mio entusiasmo. "No Solace Arises" è più ritmata, ma altrettanto efficace nella sua portata emozionale, grazie a delle melodie di fondo assai gradevoli e ad una serie di cambi di tempo e break strumentali da URLO e lo scrivo in maiuscolo proprio per sottolinearlo a gran voce. Bravi, bravi e poi bravi. Non è una proposta semplice, ci vuole coraggio, perchè il rischio di essere etichettati come cloni è proprio dietro l'angolo, soprattutto quando pezzi come "Oceangrave" o la successiva "Surge Drift Motion", sembrano essere stati pensati da Jens Kidman e soci. Spaventosi a livello percussivo, paranoiche a livello chitarristico, orrorifiche per l'utilizzo dei synth, signori, 'Deep Water Flames' si candida ad essere uno dei top album sul versante techno death di questo 2019. Mamma mia che mazzate ci rifilano tra faccia e pancia, un uno due, diretto e montante, da knockout. E poi che dire quando in "Surge Drift Motion", la band smorza i toni, anzi spegne la luce completamente e regala un assolo (di scuola Cynic) da brividi. Un intermezzo ombroso per scrollarci di dosso l'incredulità che si è nel frattempo posata sulla mia faccia di fronte a tali sonorità ed è tempo di farci investire ancora dalla sublime ed ingannatoria atmosfera di "Drowned in an Everlasting Mantra", tranquilla all'inzio ma poi dirompente al massimo. Ancora tanta carne al fuoco, perchè mancano all'appello "Blackwaters", song assai mutevole nel suo incedere baldanzoso, e la lunga "Random Waves", oltre nove minuti di rabbiose e ubriacanti ritmiche, dove i Target saranno in grado di intrappolarci nella loro matrice sonora, merito delle tele intessute da questi incredibili musicisti e dell'ottima verve di cui è dotata la compagine sudamericana. Ah dimenticavo, l'ascolto di 'Deep Water Flames' è altamente consigliato da consumarsi in cuffia per assaporare al meglio la debordante miscela sonora (quasi noisy sul finire del penultimo pezzo) esplosa dalla strumentazione di questi artisti. Una bomba ad orologeria pronta ad esplodervi addosso. (Francesco Scarci)