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mercoledì 23 aprile 2014

Infection Code - Fine

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Industrial Noise Rock, Neurosis
Mi giunge, purtroppo in un misero cd-r, 'Fine' ultima fatica in ordine temporale degli alessandrini Infection Code, in attesa del nuovo 'La Dittaura del Rumore' in uscita a giugno per Argonauta Records. Il platter si apre con l'ipnotica "Varnish" che mostra una voce e un drumming ripetitivo sorretti da un tappeto di effetti rumoristici che accompagna l'arrivo di "All Colours", traccia abbastanza anonima ed isolata dal resto dell'album. La successiva "Grey" è la traccia più prolissa del disco a trasmettere una quiete mistica dove sono continuano a essere protagonisti i sintetizzatori che cullano l'ascolto grazie alla loro modulazione. La seconda parte del disco presenta tracce monotone e ripetitive come l'industriale "Collapse of the Red Side" e la sconclusionata a tratti fastidiosa "Black Glue", mentre la cover dei CSI "Cupe Vampe" non è memorabile. L'opera si conclude con "Painting My Life", composizione interessante che si fonda essenzialmente sull'elettronica e sulle vocals, capace di offrire una distinta atmosfera e una buona trasformazione finale. In sostanza questo 'Fine' è un album relativamente piatto, dove solo pochi spunti riescono a risaltare sul complesso. (Kent)

(New LM Records - 2010)
Voto: 55

domenica 20 aprile 2014

Coraxo - Starlit Flames

#PER CHI AMA: Cyber Death, ...And Oceans, The Kovenant
Chi di voi si ricorda gli ...And Oceans, mitica band finlandese (ora Havoc Unit) che a fine anni '90 coniugava con eleganza il death metal con l'elettronica? Ebbene, io ho amato i loro quattro album e mi è dispiaciuto quando si sono sciolti, soprattutto perché la loro reincarnazione non si è rivelata poi all'altezza. Per sopperire alla mia "perdita", giunge in mio soccorso un'altra band dalla Finlandia, tali Coraxo. Il duo di Tampere, formatosi pochi mesi fa (settembre 2013), sforna questo EP di 5 pezzi più intro e bonus track, nell'ottica di completare una trilogia di lavori quanto prima. Il mini cd in questione, farà la gioia di chi ama il death metal contaminato da elementi cibernetici che si ispirano al sci-fi e ai film horror degli anni '50-70. Ottimo per il sottoscritto che non può far altro che godere quando 'Starlit Flame' irrompe, con le sue scariche cyber death, nelle mie casse. Intro spaziale e poi ecco che i nostri si mettono in contatto con gli umani dalla loro navicella e con "Signal Detected" invadono il pianeta Terra col loro electro death melodico che inequivocabilmente richiama i The Kovenant (che fine hanno fatto a proposito quelli?). La vicinanza con l'act norvegese è parecchio evidente nelle linee di chitarra e synth, cosi pure nelle linee vocali. Niente male davvero, soprattutto perché di Nagash (o Lex Icon, come preferite) se ne sono perse le tracce da quasi 10 anni e allora ben vengano i Coraxo con la loro proposta futuristica. Synth a manetta aprono "The Xenotaph", con una ritmica che pare presa in prestito dai Cemetary 1213. Notevoli per quanto il sound dei nostri possa apparire ai più derivativo. Suoni industrial si mischiano con il roboante e violento (quasi black) riffing dell'ensemble finnico in "The Big Fight Scene" con le vocals di Tomi Toivonen, dotate di una timbrica velenosa, perfette per questo genere musicale. "Transformed" apre che sembra quasi un videogame anni '80 per poi perdersi in vocals evocative; finalmente la song parte per offrirci però solo due miseri minuti di sonorità mid-tempo che mi impressionano solo per un growling profondo e un'effettistica che tanto era cara ai già citati ...And Oceans. Sette sono invece i minuti affidati alla psichedelica "Escape?" che chiude il dischetto con un sound che mischia sonorità estreme piuttosto lineari con viaggi progressive e vocals che si alternano tra il growling e il pulito. Il cd non finisce però qui, visto che l'epilogo vero e proprio è affidato a una cover dei Sepultura, "Refuse/Resist", riletta ovviamente in chiave tribal cibernetica, per un esperimento finale riuscito solamente a metà, in quanto a mio avviso non si tratta di una song che si presta appieno a questa genere di rilettura. Un plauso però per l'arduo tentativo. A quando ora il nuovo EP? Attendo fiducioso. (Francesco Scarci)

(Self - 2014)
Voto: 70

Slomatics – Estron

#PER CHI AMA: Sludge/Doom
E’ già da qualche tempo che gli Slomatics sono uno dei motivi per cui tenere bene a mente il nome di Belfast, oltre a Van Morrison, George Best, Kenneth Branagh e gli attentati dell’IRA. Il trio nordirlandese, infatti, ha all’attivo già una manciata di lavori di assoluto spessore e una BBC session, che li hanno imposti come uno dei nomi importanti dello sludge-doom europeo e non solo. Tra i motivi di interesse di 'Estron', il loro nuovo album, c’è l’esordio di Marty alla voce e alla batteria, mentre Chris e David (i tre hanno anche dei cognomi, suppongo, ma non sono riuscito a trovarli in rete) continuano a saturare in maniera criminale le loro chitarre. Tutto, in questo lavoro, sembra fatto bene e ci consegna l’idea precisa del concetto di solidità. Dalla splendida copertina illustrata dall’artista sci-fi Tony Roberts, che qui sembra omaggiare Moebius, alla qualità dei brani, alla perfetta resa del cataclisma sonoro orchestrato dai tre. Quello creato dagli Slomatics è un maelstrom sonico sempre sul punto di implodere sotto il suo stesso peso, ottenuto accumulando strati di fuzz e percussioni tonanti, che se ascoltato al giusto volume (e in questi casi, il volume “giusto” è sempre quello che si avvicina al fine corsa della manopola) è in grado di entrare in risonanza con la vostra cassa toracica e gli organi interni, e prendere il controllo del vostro corpo contro la vostra volontà. La prova di Marty è assolutamente di alto livello, tanto dietro le pelli quanto alla voce, mentre i suoi sodali sfornano riff colossali a ciclo continuo, e i brevi momenti drone, a base di theremin e synth, sono azzeccatissimi e permettono di prendere fiato prima di venire nuovamente sommersi da valanghe di watt. I brani sono tutti di altissimo livello, e diventa difficile trovare vette nella scaletta, mentre di cedimenti nemmeno l’ombra. Mi piace citare le iniziali “Troglorite” e “Tunnel Dragger”, oppure la pachidermica, devastante “Lost Punisher”, o ancora “And Yet It Moves”. In ogni caso la sensazione è quella di trovarsi ai piedi di un vulcano in eruzione, quando è ormai troppo tardi per mettersi in salvo, e l’unica cosa da fare è provare a godersi lo spettacolo, sperando, chissà come, di uscirne indenni. Mastodontici. (Mauro Catena)

(Burning World - 2014)
Voto: 80

sabato 19 aprile 2014

Edenian - Rise of the Nephilim

#PER CHI AMA: Death Doom Gothic, Draconian
Edenian atto II. Dopo la risicata sufficienza di 'Winter Shades' del 2012, ecco arrivare il come back discografico degli ucraini, fuori sempre per la BadMoonMan Music, per vedere di risollevare una prima prova non proprio memorabile, almeno per il sottoscritto. Ci si ritrova come al solito, al cospetto di un death doom dalla forti sfumature gotiche, in cui però ci sono delle novità da sottolineare, almeno a livello di line-up. Fuori il pessimo vocalist Volodymyr Tsymbal e la donzella Samantha Sinclair, e dentro Valery Chudentsova con le growling vocals affidate al mastermind Eternal Tom, che gestisce pure l'intero impianto strumentale dei nostri. Questo smottamento interno deve aver fatto bene al duo di Kharkiv, che con 'Rise of the Nephilim', vede migliorare la propria proposta. Sia chiaro che a livello musicale non c'è nulla di nuovo, bensì si continua a portare avanti un discorso già impostato con il precedente lavoro, ossia un sound che ricalca quello di Draconian e Swallow the Sun, affidando il compito di non far annoiare i fan, alle ottime melodie e alle eteree vocals femminili. Ecco, forse il cambio a livello di voce femminile, non ha portato i benefici auspicati, in quanto il suadente modo di cantare di Valery alla lunga stanca o stona (si ascolti "Nearer my Love to Thee" a tal proposito), mentre molto più convincente è il growling catarroso di Eternal Tom. Difficile poi elevare una song piuttosto di un'altra, in quanto un po' tutte si assomigliano o meglio assomigliano a quelle dei colleghi nordici ben più famosi. Tuttavia posso permettermi di dire che il sound di questo secondo lavoro risulta più articolato e apprezzabile, complici i buoni arrangiamenti e un ben più elevato songwriting. Un piccolo passo in avanti è stato fatto, ne attendo altri per il futuro. (Francesco Scarci)

(BadMoodMan Music - 2013)
Voto: 65

venerdì 18 aprile 2014

Ølten - S/t

#PER CHI AMA: Post Sludge Strumentale 
Debutto per gli svizzeri Ølten, che nel giugno 2013 rilasciano questo EP omonimo in forma digitale e a settembre dello stesso anno, lo fanno uscire in vinile. La proposta del trio del Canton Iura è piacevole anche per chi, come il sottoscritto, non predilige composizioni interamente strumentali, complice anche la non eccessiva lunghezza dell'album. Il lavoro si apre con il noise ammorbante di "Péplum" che ben presto virerà la propria proposta verso più ipnotiche sonorità dal tratto comunque melmoso. Stiamo parlando di sludge/post (per convenienza eviterò di mettere una qualsiasi etichetta dopo) che tra sfuriate elettriche e intermezzi più rarefatti e inquietanti, ha modo di mostrare anche una certa personalità in una song dotata di un crescendo da panico. Bell'impatto, non c'è che dire. "Kàpoé" è un altro brano che attacca con stilettate di chitarra e un drumming marziale a cui farà seguito un sound minimal indefinito e dai tratti alieni, che non fa che confermare l'originalità di fondo della proposta. Un altro inizio all'insegna dell'ossessività è dato da "Tallülar" che inizia a logorarci con la ripetitività dei suoi giri che deviano verso acuminate sonorità post-rock. Chiude l'EP "Blöm", la song forse più oscura delle quattro, che conserva nei suoi tratti la discriminante dei nostri: il binomio offerto dalla marzialità della sua batteria e dalla ridondanza delle sue chitarre che finirà ben presto per sfiancarci. Ølten, un'altra bella scoperta per chi ha voglia di variare ogni tanto i propri ascolti in territori post bellici. (Francesco Scarci)

(Hummus Records - 2013)
Voto: 70

Church of Disgust - Unworldly Summoning

#FOR FANS OF: Primitive Death Metal, Incantation, Ignivomous, Hooded Menace
A two-man retro death metal act from Texas, Church of Disgust seem to follow the Incantation act of deathly worship that tends to make the band feel like they’re flat-out copying the band. Stripping down the style even more than McEntee and company do, this is cavernous, Lovecraft-inspired Death Metal that tends to rattle along with some noteworthy Doom-inspired riff-work and accompanying tempos along the way to go along with the darker, more ominous styles throughout the rest of the album. This is an incredibly straight-forward effort that really doesn’t offer up many surprises throughout either, tending to focus on such matters throughout the running time so this one tends to resemble primitive-sound Death Metal obsessed with the supernatural and otherworldly horrors in a barbaric cacophony of low-fi guitars, rattling drumming and deep, deep growls that are all straight from the Incantation playbook just without the originality, spirit or ability to gauge the listener the way that band goes about this bestial style of sonic death. Frankly, the band tends to thrash away in a simplistic vibe for a while filling the space with blistering drumming and unrelentingly intense vocals before slowing things down into a slower crawl with sprawling, doom-influenced patterns and chords only to repeat this throughout the song as a whole before returning to matters again on the next track where it repeats the process so it really just depends on the intro to really set the songs apart for it’s awfully difficult to really determine where you are on the album as a whole once it gets going. If there is such a thing as a stand-out track on here, the slightly faster tempos and more extended energy spent on the blistering tempos on "Writhing Dominion" do stand out somewhat from the pack for the ability to comfortably initiate a beat-down for the majority of its running time, but then it really sounds like "Immemorial Lunacy," "Rotting Above Ground" and the title track for that matter as well. "The Great Chamber" also deserves mention for its inherent ability to sound like a B-side to Hooded Menace only with the cavernous vocals being added over the sprawling Doom-tempo they employ, and that’s a sincere compliment in its purest form. Make no mistake, the band is exceedingly well-accomplished at this particular format and style, it’s just not the most original one they’re attempting which is where this one falls. Perhaps album two is where they’ll hit the mark. (Don Anelli)

(Memento Mori - 2014)
Score: 65

mercoledì 16 aprile 2014

Dogs For Breakfast - The Sun Left These Places

#PER CHI AMA: Progressive Hardcore, Mastodon, Unsane
Eccezionalmente particolare questo lavoro dei Dogs For Breakfast, trio di Cuneo dedito ad un genere difficilmente definibile, complementare di numerose influenze, non solo dal punto di vista compositivo ma anche sonoro, quel "un po' di tutto ciò che piace alla gente" che negli ultimi anni affolla le uscite della case discografiche, ma che i Dogs For Breakfast stilano con particolare personalità. Già dall'opener "January 21" rimango piacevolmente sorpreso: riff granitici, esplosioni di volume e ritmi ipnotici caratterizzano le tracce che scorrono piacevolmente nel loro complesso, più che trascinando, incuriosendo l'ascoltatore grazie all'alchimia realizzata dal combo piemontese. Non è la modaiola sequenza di parti sludge e wannabe-hardcore che colpisce, ma un disco costruito su solide tracce, capaci di ritagliarsi il proprio spazio rimanendo collegate nel complesso. Basti infatti ascoltare una composizione come l'allucinante "Tsaatan" o "Red Flowers", collegate grazie al filo di una rabbia interiore che trova il suo picco nella terza traccia senza titolo, ovvero un naufragio droneggiante dove viene urlato il titolo di quest'album, 'The Sun Left These Places'. Un'opera che nel suo complesso risulterà decisamente valida, riuscendo a portare in Italia delle sonorità approcciate solo da pochi nell'ultimo decennio. (Kent)

(Subsound Records - 2013)
Voto: 75

Moriturus & Xynobis - Confrontation of Opposites 1995: Dark Forbidden Experiments

#PER CHI AMA: Black Noise, Black Funeral 
Grafiche allettanti in stile indie hipster e titoli misteriosi alle volte sono solo fuorvianti. A fatica cercherò di descrivere lo scempio che le mie povere orecchie sono state costrette ad assimilare, e sono convinto che mi ci vorrà ancora più impegno per purificare la mia mente dalla povertà fuoriuscita da questo split Moriturus/ Xynobis. Il titolo recita 'Confrontation of Opposites 1995: Dark Forbidden Experiments', mi domando cosa ci sia da confrontare in due band che non sanno stare nemmeno in piedi e che non hanno alcuna storia? Questo split pretende di far risorgere due progetti abbandonati nel 1995 con risultati da pelle d’oca, 2 band che hanno solamente avuto la fortuna o la sfortuna di debuttare con una demo nella metà degli anni '90, demo che tra l’altro nessuno conosce, nè vuol ricordare, due cassette tra le migliaia di release sprecate di quel periodo. Veniamo ora al 2013 anno di pubblicazione di questa eresia black metal/noise: sarò schietto, questo cd è terribile, altamente punitivo, anche se dura poco più di 30 minuti, ascoltarlo tutto è stata un esperienza estremamente distruttiva. L’unica cosa tollerabile è la prima traccia pop (intro) frutto dell’unione “creativa” di entrambe le “band” che anche se non innovativa ne interessante è pur sempre ascoltabile, la seconda traccia mostra invece quanto in basso si possa scendere, chitarra zanzarone digitalizzato, riff banali e arpeggi anche peggio, niente batteria, i Moriturus hanno voluto lasciare largo spazio alla voce che starnazza come una gallina che sta per fare l’uovo, sembra di ascoltare uno di quei Clown assassini da cinema di serie B oppure un Muppets ubriaco che si lamenta per il mal di stomaco e tutto questo è ripetuto per più di 8 minuti che ricorderò come i peggiori della mia vita. Dopo questa imbarazzante prova di eroismo, i Moriturus continuano imperterriti nell’intento di distruggere la propria autostima, ma questa volta la terza traccia ha una batteria, una drum machine monotona e priva di cambi, sopra un poverissimo riff che si trascina a stento domandandosi il perché della sua esistenza, anche qui la voce del Muppets rende il tutto estremamente ridicolo, in questa canzone la voce è persino peggiore (se è possibile) della precendente song, fortunatamente la traccia dura solo 3 minuti. Alla canzone numero 4 abbiamo ancora i Moriturus con 4 minuti di delirio strumentale, una chitarra scordata che in realtà non suona, fa finta di suonare, ci prova ma non riesce e mai riuscirà. Proprio quando ci si comincia a domandare dove siano finiti gli Xynobis eccoli apparire come per magia per eliminare ogni residuo di speranza rimastoci, la quinta traccia è infatti è opera loro, apre un loop di drum machine un po’ hip hop e ci si attacca una chitarra bella ignorante ma che non ha nulla da dire ne da dimostrare, la voce degli Xynobis anche se estremamente digitale (come tutto in questo cd) è più orecchiabile, ovviamente la canzone è sempre uguale, non cambia minimamente ed è solamente il sottofondo per i deliri del cantato che si lamenta di non so che cosa, traccia ascoltabile con una grande dose di misericordia sparata in vena per sopportare la pena. La misericordia che abbiamo assunto via endovenosa non era un dosaggio sufficiente e lo scopriamo subito, perché torna a torturarci Moriturus con la penultima song che cida il colpo di grazia, blast beat elettrico, chitarra insensata voce pupazzesca che stride a più non posso, formula ripetuta per più di 4 minuti, sempre identica, (sembra che questi 2 gruppi per questioni stilistiche abbiano deciso di suonare ripetutamente solo un riff a traccia + deliri vari) a questo punto del dischetto ci si domanda se forse non è il caso di cambiare vita, forse abbiamo sbagliato qualcosa? Siamo stati cattivi o ingiusti con qualcuno? Perché questa punizione? Siamo alla fine ed ecco riapparire nuovamente Xynobis che praticamente non compare in questo cd, ha solo partecipato all’intro, ha avuto spazio per una canzone obrobriosa ma forse la migliore del cd ed ora si dedica alla chiusura dell’album, questa settima canzone vuol essere una specie di noise, abbiamo dei colpi sommessi di drum machine e una chitarra che suona cose simili ad assoli improvvisati pigiando a caso sulle corde, un pastone deleterio perfetto per concludere questa disastrosa accozzaglia di ciarpame. Mi rivolgo ora alle persone che hanno collaborato (?) per commercializzare questo cd, era meglio non rievocare i fantasmi del passato e lascia re questi progetti morti e sepolti, riposavano in pace, ed anche noi riposavamo in pace, ora che li avete rievocati, noi riposeremo ancora in pace, voi durante la notte, anziché dormire, dovreste farvi molti esami di coscienza perché qualcuno potrebbe persino rimanere affascinato dalla copertina dell’album e darvi dei soldi per questo e credo che questa sia una cosa ingiusta, dovreste essere voi a dare dei soldi agli ascoltatori per scusarvi di questa porcheria!!! Cd consigliato solo a membri dei servizi segreti, per la tortura psicologica negli interrogatori a prigionieri di guerra. (Alessio Skogen Algiz)

(S.N.D. Production - 1995-2013) 
Voto: 40