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domenica 7 giugno 2015

Ølten - Mode

#PER CHI AMA: Instrumental/Sludge/Post-metal, Cult Of Luna, The Melvins
Per inquadrare il sound degli Ølten, non si può che procedere per associazioni: immaginate i Red Fang o i vecchi Mastodon alle prese con un album strumentale; pensate ai Cult of Luna strafatti di erba che splittano con i SunnO))); immaginate i Pelican che suonano i Karma to Burn al rallentatore con la strumentazione dei The Melvins. Le sonorità sono quelle tipiche dello sludge (non mi stupirei se il batterista, in cameretta, avesse il poster di Dale Crover alle pareti: sentite il drumming di “Ogna”), finalizzate però a un post-metal strumentale sporco e oscuro, inquietante, lento e ossessivo. Il trio svizzero è al secondo disco, e la loro maturità è facile da percepire proprio nelle scelte essenziali di songwriting: un timing minimal concentrato sul 4/4 (con l’eccezione dell’ipnotica “Mamü”), su cui le chitarre e il basso costruiscono architetture di grande atmosfera, con la complicità delle pesanti distorsioni e dell’accordatura bassissima. Il vecchio trucco del post-qualunque-cosa – momenti pieni e veloci alternati a cali di tensione – è usato con parsimonia, il che non può che essere un pregio. Al contrario, gli Ølten prediligono i crescendo, gli arpeggi dissonanti e l’ossessività del riff. Non mancano episodi più orientati al doom costruiti su un basso dal suono quasi elettronico (“Güdel”), o momenti più drone-metal come nell’opening “Bözberg”. Interessante la doppia versione della lunga “Gloom”: come brano strumentale e come unico brano cantato, con l’inserto dell’ospite Tomas Lilijedahl, che urla come un dannato sui muri sonori degli Ølten. “Gloom” è in effetti il vero capolavoro dell’album, con i suoi 10 minuti di incedere apocalittico, colonna sonora perfetta per un mostro tentacolare che emerge dai più oscuri abissi sottomarini per divorare il mondo. Un disco ben fatto e ben prodotto nella sua ruvidezza sludge che però – ed è un dato di fatto – non dice nulla che non sia già stato detto da altri. Un lavoro che, pur dimostrando pienamente la personalità della band e pur essendo più che piacevole da ascoltare, resta pur sempre non così originale. (Stefano Torregrossa)

(Hummus Records - 2015)
Voto: 65

https://www.facebook.com/oltenband

venerdì 18 aprile 2014

Ølten - S/t

#PER CHI AMA: Post Sludge Strumentale 
Debutto per gli svizzeri Ølten, che nel giugno 2013 rilasciano questo EP omonimo in forma digitale e a settembre dello stesso anno, lo fanno uscire in vinile. La proposta del trio del Canton Iura è piacevole anche per chi, come il sottoscritto, non predilige composizioni interamente strumentali, complice anche la non eccessiva lunghezza dell'album. Il lavoro si apre con il noise ammorbante di "Péplum" che ben presto virerà la propria proposta verso più ipnotiche sonorità dal tratto comunque melmoso. Stiamo parlando di sludge/post (per convenienza eviterò di mettere una qualsiasi etichetta dopo) che tra sfuriate elettriche e intermezzi più rarefatti e inquietanti, ha modo di mostrare anche una certa personalità in una song dotata di un crescendo da panico. Bell'impatto, non c'è che dire. "Kàpoé" è un altro brano che attacca con stilettate di chitarra e un drumming marziale a cui farà seguito un sound minimal indefinito e dai tratti alieni, che non fa che confermare l'originalità di fondo della proposta. Un altro inizio all'insegna dell'ossessività è dato da "Tallülar" che inizia a logorarci con la ripetitività dei suoi giri che deviano verso acuminate sonorità post-rock. Chiude l'EP "Blöm", la song forse più oscura delle quattro, che conserva nei suoi tratti la discriminante dei nostri: il binomio offerto dalla marzialità della sua batteria e dalla ridondanza delle sue chitarre che finirà ben presto per sfiancarci. Ølten, un'altra bella scoperta per chi ha voglia di variare ogni tanto i propri ascolti in territori post bellici. (Francesco Scarci)

(Hummus Records - 2013)
Voto: 70