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giovedì 3 luglio 2025

Helheim - HrbnaR / Ad Vesa

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Non sono sicuro se il nuovo album degli Helheim rappresenti realmente un passo avanti nella carriera della band norvegese. Da anni si distinguono nella scena musicale estrema grazie alla loro riconoscibile fusione di black metal preponderante e qualche accenno di viking folk, ma 'HrbnaR / Ad Vesa' non riesce a convincermi del tutto. Pur essendo attivi dal lontano 1992, e mantenendo un ruolo significativo nell'underground grazie alla loro capacità di innovare rimanendo fedeli alle radici del genere, questo nuovo lavoro sembra avere qualcosa che non quadra pienamente. Non so se la mia perplessità derivi dalla decisione di dividere l'album in due sezioni, la prima compiuta da H’grimnir e la seconda da V’gandr, o dalle voci pulite che, a mio avviso, non reggono il confronto con gli altri lavori. Oppure, potrebbe essere la musicalità, che in alcuni momenti appare appesantita da eccessive dissonanze sonore. Fatto sta che rimango incerto nell’esprimere un giudizio definitivo. Non fraintendetemi, non stiamo parlando di un disco mal riuscito, ma semplicemente io, dagli Helheim, tendo ad aspettarmi sempre livelli qualitativi elevati. Analizzando la prima metà del disco, emerge un black metal capace di conquistare, con momenti significativi come le malinconiche note di "Sorg er Dødens Spade" o l'impetuosa brutalità di "Livsblot", un brano che non lesina in ferocia e si muove abilmente attraverso chitarre affilate arricchite da linee melodiche ben calibrate. I testi, radicati nella mitologia norrena, aggiungono spessore a una sezione che regala ulteriori colpi ben assestati. Tra questi spicca "Mennesket er Dyret i Tale", che bilancia con intelligenza, furia e mid-tempo, culminando in un assolo di grande impatto emotivo. Tuttavia, quando si arriva alla seconda metà del disco, il distacco con la prima metà si fa più evidente. Si nota una maggiore enfasi sulle sezioni ritmate che, in alcuni casi, sforano nella ridondanza ciclica. La ruvidità di "Fylgja", o le suggestioni cupe e opprimenti di "Hamingja", mantengono in parte il tipico stile norvegese grazie alle distintive linee di chitarra, ma alla fine, resta quel non so che di incompiuto e poco convincente. A spezzare la monotonia interviene "Hugr", un pezzo ipnotico dal basso che richiama vagamente atmosfere pink floydiane. Tuttavia, anche qui l’eccessiva ripetitività di fondo unita a una più forte componente thrash, riscontrabile anche nella conclusiva "Hamr", finisce per risultare quasi fastidiosa. Per chi segue gli Helheim da tempo, questo disco offrirà comunque materiale interessante e momenti godibili. Se però siete nuovi nel loro universo musicale, consiglierei di iniziare con lavori per me più rappresentativi, come 'Heiðindómr Ok Mótgangr' o 'Yersinia Pestis'. (Francesco Scarci)

(Dark Essence Records - 2025)
Voto: 70

https://helheim.bandcamp.com/album/hrabnar-ad-vesa

Elderwind - Older Than Ancient

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
'Older Than Ancient' (Древнее Древних) rappresenta il quarto album della band russa Elderwind e, come da tradizione, reperirlo online a un prezzo accessibile, si conferma una sfida quasi impossibile. Conosciuti per il loro sound evocativo, capace di alternare dolcezza e potenza sonora attraverso un raffinato mix di black metal atmosferico, gli Elderwind intrecciano paesaggi sonori grandiosi con una malinconia profonda. Il pezzo "Sorrow for the Past" è forse l'emblema perfetto di questa sintesi. Il quartetto dimostra ancora una volta la propria maestria con un lavoro che richiama band del calibro di Agalloch, Summoning e Saor, fondendo riff black tipici con tastiere avvolgenti e testi ispirati alla natura, in particolare ai paesaggi russi come quelli del Volga e degli Urali. Il disco propone sette tracce ed, escludendo una breve intro, le altre sono caratterizzate da durate medie attorno agli otto minuti. Chitarre epiche si fanno protagoniste nel dipingere paesaggi sonori che richiamano foreste innevate e montagne primordiali. Le linee vocali spaziano tra urla strazianti e cori puliti, che talvolta ricordano atmosfere in stile Bathory, come si può percepire all'inizio de "The Greatness of the Ancient". Questi elementi trasmettono una struggente sensazione di dolore in contrasto con l’aura di speranza suggerita dalle voci pulite. Ogni brano convince per intensità ed emotività. "Sorrow for the Past" spicca per il suo tocco spettacolare e malinconico, mentre "Prospector" apre le porte al mondo degli Elderwind con un black furioso e allo stesso tempo melodico, grazie a linee di chitarra potenti che amplificano l'impatto emozionale. Da menzionare anche "The Volga", la traccia conclusiva: un omaggio al leggendario fiume russo, costruito su un mid-tempo che alterna passaggi sinfonici a esplosioni di furiosi blast beats, culminando in un finale solenne e memorabile. Il brano, arricchito peraltro da testi poetici, celebra la natura come forza immortale. In definitiva, 'Older Than Ancient' è un vero gioiello di black atmosferico. La produzione impeccabile e gli arrangiamenti carichi di emozione, fanno di questo album un’esperienza coinvolgente, capace di catturare l’essenza della natura e lasciare una traccia indelebile nella scena musicale. Per questo motivo, ho deciso di investire i miei soldi nell’acquisto. Ne è valsa pienamente la pena. (Francesco Scarci)
 
(Self - 2025)
Voto: 80
 

martedì 1 luglio 2025

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venerdì 27 giugno 2025

Goatroach - Satanic Decay

#PER CHI AMA: Death/Sludge
'Satanic Decay' è stato rilasciato lo scorso 30 novembre dalla Sleeping Church Records nei formati digitale e vinile. A inizio giugno l'etichetta francese ha finalmente pubblicato una versione digipack per chi, come il sottoscritto, ama ancora i cd. La seconda release dei finlandesi Goatroach si presenta come una solida proposta di death/black metal con deviazioni sludge. Come si può immaginare, ci troviamo di fronte a un sound brutale che, in alcuni frangenti, tende a rallentare, scalando repentinamente le marce per farci sprofondare in apocalittici abissi votati all'occultismo che, il quintetto di Kuopio, sembra particolarmente apprezzare. Tutto questo emerge sin dalla seconda traccia, "Of Paperhats & Copied Sigils" (la prima è un'intro strumentale), che si muove in bilico tra black e death metal con alcune aperture verso oscuri meandri sludgy. Il tutto è sostenuto da una voce cavernosa che potrebbe richiamare band come gli Autopsy. La terza, "Cunting in Hell", aumenta i giri del motore con sonorità più affini allo Swedish sound dei primi Dismember e Grave: la batteria miete vittime con i suoi blast beats mentre le chitarre, accordate molto basse, dominano con caustici riffoni. Una linea ritmica completata poi da un basso viscerale che in "Unified in Ash", si fa ancora più catacombale e doomish, implacabile nel suo incedere claustrofobico. "For Legacy" non è da meno, con le sue ritmiche costantemente fangose (la stupenda linea di basso richiama chiaramente la scuola Black Sabbath dei tempi di 'Heaven & Hell'), evocando i primordiali vagiti dei Cathedral. "Horror Unending", quasi a voler parafrasare il proprio titolo, apre con fare orrorifico tra angoscianti vocalizzi (questa volta non in growl) e un'importante parentesi atmosferica che sembra prendere le distanze da un inizio non particolarmente brillante della band. Finalmente il sound, nei suoi anfratti più oscuri, si fa più intrigante anche quando le accelerazioni prendono il sopravvento, concludendosi con una coda quasi dronica. La title track continua a privilegiare quest'estetica angosciante che evoca, nel suo incedere funereo, una sorta di terrore cosmico. Questo è il lato che prediligo della band, come dimostra anche la successiva "Intoxicated by Necromancy" (il pezzo più lungo dell'album), dove le atmosfere decadenti e macabre riescono a generare emozioni vivide di natura "lovecraftiana", grazie soprattutto all'ottimo lavoro dei synth che ribaltano quell'esito negativo che ero pronto ad attribuire inizialmente al disco. Un disco che si chiude con "Chant of the Armageddon Hybrid", un outro che non avrebbe certo sfigurato in uno dei primi album dei Cradle of Filth, con in sottofondo addirittura il verso dello sfortunato caprone da sacrificare, su un breve tappeto orchestrale. Insomma, 'Satanic Decay', pur non aggiungendo chissà che cosa di rivoluzionario, si configura come il degno seguito di quel 'Plagueborn' che avevo recensito tempo addietro. (Francesco Scarci)

(Sleeping Church Records - 2024/2025)
Voto: 70

https://goatroach.bandcamp.com/album/satanic-decay

giovedì 26 giugno 2025

Valkenrag - Fury Untamed

#PER CHI AMA: Melo Death/Viking
Ci hanno impiegato ben sette anni per tornare in azione i polacchi Valkenrag, peraltro senza un significativo sforzo, essendo 'Fury Untamed' un EP di 18 minuti e poco più. Il quartetto di Łódź, nato inizialmente come un side project, ci regala cinque pezzi belli freschi, solidi, e intrisi di un melodic death metal che, sul piano lirico, affronta tematiche legate al paganesimo, alla mitologia slava e, immancabilmente, all’immaginario vichingo. Sul versante musicale, siamo di fronte a un death metal massiccio che non rinuncia, anzi esalta, le sue componenti più melodiche. La title track, che apre il lavoro, lo dimostra subito: riff corposi, carichi di groove e melodia, che strizzano l’occhio agli Amon Amarth, ma non disdegnano inserti più black. Il risultato è convincente, anche se nulla che rivoluzioni il genere. La dichiarazione d’intenti prende forma pienamente con “Retribution”, un brano ben strutturato in cui spiccano la linea melodica della chitarra e il growl potente di Lorghat. È un pezzo piacevole, persino “fischiettabile” sotto la doccia, grazie a un bridge centrale che introduce un assolo interessante, seppur un po’ timido. Timidezza che non appartiene invece alle sfuriate di Njal, batterista instancabile e trascinante. Le influenze viking emergono con forza in “Unreachable Horizon”, costruita su un giro di chitarra dalla chiara impronta nordica, che si fissa in testa con facilità. Il pezzo prosegue con un riffing denso, ancora una volta debitore della scuola scandinava. Onesto, ma non memorabile: i primi due brani restano superiori, anche se qui i soli guadagnano in personalità. In “Descendant of Chaos”, la band esplora territori più oscuri, introducendo arrangiamenti sinfonico-orchestrali che aggiungono profondità e atmosfera. Una direzione interessante, che apre a nuove possibilità espressive. Il disco si chiude con la brutale “Bleed to Be”, un’esplosiva miscela di black e death metal che, se non fosse per le melodie taglienti dell’assolo, rischierebbe di risultare troppo piatta. 'Fury Untamed' è, in definitiva, un lavoro onesto, utile per testare lo stato di forma dei Valkenrag e valutare la reazione del pubblico di fronte a queste nuove tracce. Non un ritorno clamoroso, ma un buon banco di prova per definire meglio lo stile che la band polacca intende sviluppare in futuro. (Francesco Scarci)

(Art of the Night Productions - 2025)
Voto: 68
 

mercoledì 25 giugno 2025

The Pit Tips

Francesco Scarci

Lights of Vimana - Neopolis
Elderwind - Older Than Ancient
Concrete Age - Awaken the Gods

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Alain González Artola

Blood Incantation - Absolute Elsewhere
Neckbreakker - Within The Viscera
Urda Sot - Unterirdische Passagen

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Death8699

Benediction - Ravage of Empires
Cryptopsy - An Insatiable Violence
Soilwork - The Chainheart Machine

martedì 24 giugno 2025

Khôra - Ananke

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Credo che ormai non ci sia band estrema che Les Acteurs de l'Ombre Productions non possa raggiungere. Oggi è il caso della creatura internazionale che risponde al nome di Khôra e del loro nuovo secondo album, intitolato 'Ananke', che si rifà alla divinità greca del fato. Nati come progetto solista di Oleg, la band oggi si è evoluta in una formazione completa che include Frédéric Gervais (Orakle, Cor Serpentii) alla voce, Göran Setitus (ex-Setherial, Svartghast) al basso e Kjetil Ytterhus (Profane Burial, Haimad) alle orchestrazioni. Dopo il debutto del 2020, 'Timaeus', ecco tornare la band nel tentativo di consolidare il proprio sound, in quella sua stravagante mistura di black atmosferico e progressivo, in grado di evocare nomi altisonanti quali Dimmu Borgir, Emperor e Arcturus. Io francamente non li conoscevo e devo ammettere che già dai primi pezzi sono rimasto piacevolmente colpito dalla proposta del gruppo. "Empyreal Spindle" e "Legion of the Moirai" mostrano infatti di che pasta sia fatto il quartetto, capace di bilanciare la ferocia del black/death metal con una certa raffinatezza delle orchestrazioni. Le chitarre offrono riff taglienti e acidi, spesso arricchiti da assoli dissonanti (in stile Ved Buens Ende e Virus, oserei dire) che aggiungono una dimensione psichedelica alla proposta. Il basso di Göran fornisce una solida spina dorsale, così come il forsennato drumming di Ole che alterna blast beat furiosi (spaventoso in tal senso in "In the Throes of Ascension") a sezioni più atmosferiche. Le orchestrazioni di Kjetil costituiscono poi quell'elemento distintivo, con archi, tastiere e suoni sintetici che evocano un'atmosfera cosmica e inquietante, completata dalle voci di Frédéric, che si muovono tra uno stile "arcturiano" e il tipico screaming black, anche se le varie collaborazioni del disco, probabilmente mi hanno un filo disorientato nel capire dove realmente il frontman offre la propria performance vocale. Comunque, tra le guest star, troviamo Blasphemer (ex-Mayhem, Vltimas) a cimentarsi nell'assolo dell'opening track, Kristian Niemann (ex-Therion, Sorcerer) in quello di "Wrestling with the Gods", mentre Wolfgang Rothbauer (Thirdmoon, In Slumber) si esibisce dietro al microfono in "On a Starpath", con la sua alternanza tra pulito e growling. Queste comparsate aggiungono ovviamente ulteriori strati di complessità a un lavoro già di per sé complesso, considerando che anche "Legion of the Moirai" vede la presenza di Arnhwald R. (Deathcode Society) alla voce mentre "In the Throes of Ascension" la performance vocale è condivisa con Bill Kranos (Savaoth). Alla fine, quello che conta è il risultato, e qui non ci sono dubbi che 'Ananke' si pone come un'opera decisamente ambiziosa che conferma i Khôra come una delle realtà più intriganti del metal estremo contemporaneo. La produzione impeccabile, gli arrangiamenti orchestrali e la profondità lirica creano un'esperienza immersiva che bilancia furia, emozione e sperimentazione di quello che si candida a essere una delle sorprese dell'anno. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/ananke

Cadaveric Crematorium - Cry Now, Motherfucker!

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Grind/Death
Veramente interessante questo debutto ormai datato 2001, all'insegna del death-grind, per questa band del bresciano che ha al suo interno membri dei defunti Nadir, non so chi ancora se li ricorda. Comunque i Cadaveric Crematorium sono un’altra cosa! Death-grind d’assalto bello violento e marcio. Questo CD-R (che peraltro ha un artwork professionalmente stampato!), contiene 11 tracce, due delle quali risalenti a un primo periodo senza un batterista ufficiale (e dove infatti abbiamo una drum machine). Gli altri pezzi invece trasudano vero sangue marcio e carne infetta. Ottima l’opener track "Incredibile Hulk", veramente un inno grindcore ai massimi estremi livelli. Da notare alcune influenze dei Cannibal Corpse nel riff centrale della seconda traccia "Butcher?". La produzione di questo lavoro era senz’altro sopra la media e il buon gusto che dimostrato anche nel packaging, li mise sicuramente in mostra come una delle nuove band su cui puntare per il futuro della scena death-grind made in Italy.