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lunedì 3 aprile 2023

Limbes - Ecluse

#PER CHI AMA: Post Black
Altro giro, altro regalo, nel senso di un'altra one-man-band francese, che ormai devo ammettere non faccia più notizia. I Limbes sono della scuderia Les Acteurs de l'Ombre Productions, e anche questo non sembra nemmeno più far notizia e se ci aggiungiamo il genere, beh che volete aspettarvi, black nella più classica tradizione dell'etichetta francese. Almeno cosi sembrerebbe... Già, perchè mi sa tanto che la label di Nantes ci ha visto lungo un'altra volta e ha aggiunto un'altra entità davvero fuori dagli schemi a quelle già interessanti del proprio roster. Guillaume Galaup, responsabile del progetto, che peraltro abbiamo già incontrato nei Blurr Thrower, ha tirato fuori un album di debutto sconvolgente, per intensità e violenza, con un lavoro sparato a tutta velocità fin dall'opener "Lâcheté", tra linee di chitarra selvagge, melodiche e taglienti, vocals strazianti ed un vertiginoso senso di inquietudine, sorretto da eccellenti atmosfere che più o meno interrompono quella furia bieca che contraddistingue la matrice di fondo delle sonorità qui incluse. I Limbes fanno male in 'Ecluse', nonostante le sole quattro tracce, ma se pensate che solo "Leurre" dura un quarto d'ora, potrete immaginare come qui ci sia ben poco da scherzare. E il buon Guillaume ci investe in "De Courbes & de Peaux" con un torrenziale sound, di quelli che non fa prigionieri, non salva nessuno, black nero come la pece in una pericolosa mistura di suicidal, depressive e post-black malefico e dolorante, che sarà solo in grado, con la sua inarrestabile furia, di devastare tutto quello che gli si para avanti. Non bastano i break atmosferici per darci una parvenza di melodia o più facile digeribilità di un disco che troverà nell'epicità delle chitarre di "Corridors" uno dei suoi punti di forza per poi annientarci definitivamente con quei quindici interminabili minuti del distruttivo finale affidato a "Leurre", una song che rappresenta la summa della proposta dei Limbes come tormento vocale, vigore sonico (l'impeto che si sente al quarto minuto non ha eguali nel disco) e malvagità. Insomma, un disco questo, da maneggiare certamente con estrema cautela. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2023)
Voto: 77

https://ladlo.bandcamp.com/album/ecluse

Vital Remains - Dechristianize

#FOR FANS OF: Death Metal
I got this on my digital release before I decided to buy the album. I still like their latest more, but oddly enough I'm scoring it the same as that one. The main beef I have with the album is the snare drum, other than that I thought it was an impeccable release. The songwriting is amazing. I love the riffs and intensity. It seemed like this one did well but I'd have to say that 'Icons of Evil' was more suitable to my pallet upon listening to and times I've listened to it. However, I thought that this one was a bit faster tempo-wise and aggressive. I don't care much for the early stuff and I have no idea what the new stuff is going to sound like when it's complete.

I'll probably just stick with the two Vital Remains releases not the old. I think the newer is less raw and more likable. This one is downright amazing. The riffs are just everywhere and brutal. They really hit-home with this one. I think that they just are great with having Glen via Deicide voluntarily in for lead vocals on here. He sounded more like the "newer" Glen on his vocals. The lineup is forever changing and I don't think there are going to be any of the original members on the new stuff. All of it is pretty much 21st century members. Time will tell when the new album arrives (if ever) and we'll see how it pans out.

The production quality is quite good, a little bit raw though. But the music sounds top notch despite that. The guitars are fantastic. I felt that overall an impeccable album. They got better than the older (quite fast) and seemed to be the most mature on 'Icons of Evil'. I think that they deserve all the praise they seemed to on this album. Really innovative songwriting (as I say) and wicked leads. Overall, a very dark and depressing album. And the perfect lyrics for Glen right up his alley with the Satanism. If you might want to not read the lyrics to this release if you're bound by religion, but just maybe learn the titles of the songs.

Like I did, I downloaded this album first but didn't check it out right away. I waited a while. I thought that the new album was just more suitable to me. But most were in disagreement. I think that both are just amazing death metal. I don't think that anything on here was done wrong, I though that all the songs were solid. And the leads were top notch. Glen sounded brutal, just applicable to the music of this release. He did them justice both albums. So yeah, this was unrelenting and amazing, I wouldn't change much of any of it except the snare drum! Other than that, check it out!
(Death8699)

(Olympic Recordings/Cosmic Key Creations - 2003/2020)
Score: 80

https://www.facebook.com/vital.remains.official/

Fargo - Geli

#PER CHI AMA: Post Metal, Russian Circle
Quattro lunghissime tracce strumentali per i teutonici Fargo e il loro post-rock/metal sognante, reso ancor più suggestivo dall'idea di affidare i titoli dei brani ai nomi di alcun città tedesche (esperimento già fatto in occasione dei primi due EP). E allora, ecco che il nostro tour di 'Geli' (nickname dato a Angelika Zwarg, madre di due cari amici della band, che fu una insegnante d'arte e pittrice che morì nel 2018 dopo una lunga malattia) parte da "Dresden", affascinante città della Sassonia che sorge sulle sponde del fiume Elba, e da qui si snoda lungo i suoi nove minuti, attraverso sonorità dapprima delicate, e poi decisamente più dirompenti, laddove il rifferama si fa più pesante e contestualmente, si palesano, come unica eccezione, anche le strazianti vocals del frontman. Poi, a braccetto bello veder andare chitarra, basso e batteria, con ampie porzioni strumentali ad accompagnarci in quei landscape sonico-atmosferici, sorretti da un ispirato tremolo picking. La seconda tappa fa sosta in Baviera a "Regensburg", sul bel Danubio blu. Sarà la componente poetica legata a quella del fiume più famoso d'Europa a renderla anche più morbida? Una morbidezza che durerà comunque giusto il tempo di un paio di giri di orologio per lasciare poi spazio ancora ad esplosioni chitarristiche, interrotte comunque da parti più atmosferiche, e nel finale decisamente malinconiche. Peccato solo che qui non si palesi quella lacerante voce che avevamo potuto apprezzare nell'opener, avrebbe fatto giusto comodo per spezzare la monoliticità del riff portante, sorretto peraltro da un drumming che sembra scandire il tempo come le lancette di un orologio. Terzo stop nella capitale, "Berlin", la traccia più lunga con i suoi quasi 10 minuti. Un incipit che mi ha evocato la colonna sonora di "Inception", la splendida "Time" di Hans Zimmer, una scalata lenta e sensuale che per oltre tre minuti sembra quasi rassicurarci con le sue melodie, per poi ringhiare grazie all'ardore delle sue chitarre. Ma il nostro collettivo, che si avvale peraltro anche di un paio di guest star, è abile nell'alternanza di tempi, grazie e soprattutto alla prova magistrale del batterista dietro alle pelli. La band ci porterà con ottime idee fino all'ultima sosta del loro tour, a "Pforzheim", città che in tutta franchezza non conoscevo, ma che nelle sue note racchiude a mio avviso il meglio di questo disco, essendo cosi ricca di pathos, forza e intensità, pur includendo un sample di due minuti di un discorso di Winston Churchill contro le ideologie omicide, il medesimo però che abbiamo già sentito nel 1984 in "Aces High" degli Iron Maiden. Suggestivo ma forse un po' troppo abusato. Nonostante qualche piccola sbavatura comunque, 'Geli' rappresenta un ottimo debutto su lunga distanza per i nostri, sebbene io proverei a puntare maggiormente sulla presenza di un vocalist come parte integrante del collettivo. (Francesco Scarci)

(Kapitän Platte - 2023)
Voto: 74
 

sabato 1 aprile 2023

Dobbeltgjenger – The Twins

#PER CHI AMA: Indie Rock/Alternative
Bisogna ammettere che la terza prova sulla lunga distanza del quintetto di Bergen, è da considerarsi la migliore realizzazione nella recente discografia dei Dobbeltgjenger. Musicalmente parlando, si nota fin da subito come una registrazione ed una produzione molto in linea con le mode dell'indie pop attuale, abbiano permesso il salto di qualità a lungo ricercato dalla band, negli album precedenti. Il quintetto ha saputo quindi focalizzare le proprie idee fino a renderle assai credibili, e in ambito pop, possono tranquillamente aspirare ad una visibilità su vasta scala. Il fatto che il pop sia predominante non crea nessun disagio alla proposta sonora offerta nel nuovo album. I suoni di 'The Twins' sono filtrati in una maniera molto moderna, e ricalcano certe vie intraprese da St. Vincent nell'omonimo album del 2014, e si mescolano ad una sana dose di funk e spunti rock, che ricordano certe cose degli Incubus più orecchiabili. Una sezione ritmica con un bassista virtuoso è nascosta nella ossessiva rincorsa al pezzo più cool, e a volte, ci si chiede persino perchè non abbiano optato per una soluzione più hard rock per questo album, ma la loro attitudine è più vicina ad album come 'The Chair in the Doorway' dei Living Colour, piuttosto che per qualcosa di più duro. La differenza è anche da ricercare in una raffinata sensualità, perfettamente in linea con alcune intuizioni pop degli INXS d'epoca e immagino che, se la band del compianto Michael Hutchinson fosse ancora tra noi, suonerebbe più o meno come questo nuovo lavoro della band norvegese. Basta sentire il finale di "Purplegreenish", oppure la stessa "Pink" per intuire che ingenuamente o volutamente, il riff di chitarra è pericolosamente ispirato dalla famosa "Suicide Blonde" o "I Need You Tonight", hit della band australiana, e questo mi piace parecchio, visto che nonostante tutto, le tracce riescono a mantenere un loro stile originale. Sono degli ottimi musicisti questi norvegesi, con un cantante bravo e padrone della scena e, al netto del taglio pop, i virtuosismi chitarristici e ritmici si sentono eccome. Certo, li avrei preferiti più rock ma forse questo è il loro contesto migliore e lo hanno voluto rimarcare con suoni ricercati, distorti ma di tendenza e ultra moderni, anche perchè, ditemi voi come si può stare fermi di fronte al giro funk di basso di "Genghis Khan", e alla sua esplosiva evoluzione. Un brano come "Shoot" potrebbe essere un out take dei Muse più dance oriented, mentre "Like Crocodile" e "Toughen Up" mostrano un lato più elettronico dai richiami dance e synth wave, dimenticando per un po' le chitarre. "When You Said That You Were Fine", vive di un basso frizzante per un free rock molto fresco e intelligente, e dimostra come l'esplorazione sia una prerogativa in tutte le tracce di questo buon disco che chiude degnamente con "Done", un esperimento di tre minuti tra space music ipnotica e un'apertura inaspettata ai confini cosmici del progressive rock in stile seventies che conferma la fantasia e l'abilità di questa interessantissima band. 'The Twins' è un album tutto da scoprire, per cui sono peraltro consigliati ripetuti ascolti anche in cuffia. Disco da non perdere. (Bob Stoner)

giovedì 30 marzo 2023

The Pit Tips

Francesco Scarci

In Flames - Foregone
Enslaved - Heimdal
Ne Obliviscaris - Exul

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Death8699

Cradle of Filth - Nymphetamine
Kreator - Extreme Aggression
Malevolent Creation - Retribution
 
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Alain González Artola

Sorry... - All that died was my innocence
Frayle - Skin & Sorrow
Jöjjön - Faust's grave

 


Ramen Holiday - Be Poor, Eat Rich B​/​W Crypto Crash

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore
Credo di aver trovato la release più breve del mondo e l'ho voluta recensire proprio per tal motivo. Quello dei Ramen Holiday è un lavoro che dura due minuti e 14 secondi, di puro punk/hardcore nudo e crudo che peraltro giunge alle nostre orecchie a circa 21 anni di distanza da quando è stato mentalmente concepito, dalle menti di questi stravaganti musicisti. La band scrive infatti sulla propria pagina Bandcamp che uno dei membri, Curtis Grimstead, stava seduto con gli amici nella veranda del suo appartamento quando vennero colpiti alla testa da una pila di CD che svolazzavano nell'aria. Era il 2002 e quei CD erano i Sampler #1 della Robotic Empire. La band di Curtis ebbe quindi il sospetto che la Robotic Empire fosse stata cacciata da uno degli appartamenti locati nel suo edificio, e si scoprì che era effettivamente vero. Il batterista Adam Palmore pensò quindi che sarebbe stato figo chiedere alla Robotic di pubblicare qualcosa, il che non è mai successo, almeno fino ad oggi. 'Be Poor, Eat Rich B/W Crypto Crash' è il regalo che i nostri si sono finalmente concessi con questi due minuti di felicità hardcore con dei testi che trattano di istituzioni finanziarie, si avete letto bene. E cosi i tre pazzi papà americani si sono riuniti per prenderci a scarpate nel culo con "Be Poor, Eat Rich" (fantastico il coro che subito si fissa nella testa) e con lo schizoide finale corrosivo. Segue "Crypto Crash" che peraltro presenta l'ex Robotic Alumni Michael Backus (The Catalyst) e la guest star alla voce, Fredrika Herr (No Sugar) per un concentrato (e in questo caso vale proprio sottolinearlo) di punk stralunato. Ah, il fatto di essere la release più breve al mondo non ne ha fatto anche la recensione più breve. Un premio alla perseverenza nel crederci. (Francesco Scarci)

mercoledì 29 marzo 2023

BleakHeart - Twilight Visions

#PER CHI AMA: Doom/Shoegaze
Avevo particolarmente apprezzato la proposta dei BleakHeart ai tempi di 'Dream Griever' per quel loro flavour musicale che li avvicinava tremendamente ai norvegesi The Third and the Mortal. Questo EP, intitolato 'Twilight Visions', non sposta più di tanto la barra dell'act statunitense se addirittura non ne amplifica la componente doomish a livello musicale, lasciando tuttavia inalterati i vocalizzi della bravissima ed emozionante Kelly Schilling. La triste e decadente "No Way Out" si pone come apripista del dischetto, tra lugubri e catartiche atmosfere sorrette da un riffing intenso (emotivamente parlando non in termini di pesantezza, sia chiaro) e dalla stessa voce di Kelly che accompagna quelle linee di chitarra che ammiccano in più di un'occasione ai già citati master nordici. La title track sembra inglobarci invece in una delle surreali scene di Twin Peaks, magari dove il famigerato nano balla al ritmo della musica fluttuante dei BleakHeart che nel corso del brano, strizzerà l'occhiolino ai The Gathering. A me la musica di questo quintetto di Denver piace eccome e vi invito pertanto a dargli un ascolto. (Francesco Scarci)
 
(Self - 2022)
Voto: 74
 

Foul Body Autopsy - Shadows Without Light - Pt​.​3

#PER CHI AMA: Melo Death
Ho recensito la prima e la seconda parte di 'Shadows Without Light', non potevo quindi tralasciare quella che dovrebbe essere la terza e ultima parte di questa trilogia che, a differenza delle precedenti, si presenta con sole due tracce (il mix originale e la plan 9 mix - chissà poi che vorrà dire) anzichè tre. Fatto sta che il buon Tom Reynolds continua a macinare sonorità techno death infarcite di buone melodie. "Shadows Without Light - Pt​.​3" è sparata a tutta velocità con il classico sound "in your face", caratterizzato da buone linee di chitarra dritte ed essenziali, azzeccatissime melodie (mai troppo ruffiane), e accelerazioni furenti che mi hanno fatto venire in mente gli Anaal Nathrakh per precisione chirurgica e aggressività. La voce si conferma corrosiva e di ottimo impatto. Il plan 9 remix trasforma ancora una volta quella che è la traccia originale del dischetto e la sublima in una song strumentale (fatto salvo per qualche voce robotica pre-registrata) devota alla synth wave che conferma quanto il buon Tom si diverta nel proporre questo genere di soluzioni, che ora però suonano un filo scontate visto che l'esperimento è già stato ripetuto più volte. Perso l'effetto sorpresa, rimane quell'ottimo brano di death melodico e poco più, in attesa auspico, di ascoltare tutto di un fiato un disco decisamente più lungo. (Francesco Scarci)