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#PER CHI AMA: Black Metal
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La band di quest'oggi si chiama Lunar Tombfields e deve il proprio nome ad un brano dei deathsters teutonici Venenum, estratto dall'EP di debutto omonimo del 2011. Il perchè di questa scelta è fatto a me sconosciuto soprattutto perchè non ci sono nemmeno punti di contatto cosi evidenti fra le due entità musicali. I due francesi, in questo loro esordio intitolato 'The Eternal Harvest', propongono infatti un sound all'insegna di un black minimalista, a tratti esasperato nella sua forma fredda e primordiale. E dire che quando ho sentito l'apertura di "The Ancestral Conjuration", affidata alle eteree vocals di Dolorès, ho fatto un mezzo infarto perchè sembrava prendere totalmente le distanze dalle produzioni estreme di casa Les Acteurs de l'Ombre Productions. Ma il coccolone in realtà è durato solo un paio di minuti, visto l'arrembante e sporco black che poi si è fatto strada da lì in poi. E non un black di quelli che si consumano in pochi minuti, la traccia ne dura addirittura 14! E qui i due musicisti transalpini, peraltro provenienti da altre realtà estreme quali Absolvtion e Defenestration, ci investono con un flusso sonoro tipicamente old fashion, con qualche influsso che ci conduce al black norvegese cosi come pure alle scorribande post black di scuola statunitense. In tutta franchezza però, la proposta dei due non mi ha catturato assolutamente, troppo scontate le linee di chitarre, sebbene molteplici cambi di tempo, fin fastidioso addirittura lo screaming. Mi riprometto però di affrontare i tre successivi e lunghissimi brani con il giudizio azzerato, ma ancora una volta, nonostante un tiepido inizio, vengo travolto da una furia belluina di voci e ritmi serrati che non mi convincono nè in termini melodici, tanto meno emozionali. Eppure "As the Spirit Wanes, the Form Appears" ha degli spunti apprezzabili, ritrovabili ad esempio in un arpeggio melodico, un break atmosferico, in partiture chitarristiche o anche in un frangente dai tratti tribali, che possono evocare i Deafheaven degli inizi. Nonostante questo, trovo che ci sia qualcosa che non mi convinca nella proposta dei Lunar Tombfields, forse anche solo una banalissima mancanza di piacere di primo acchito. E il problema ahimè persiste anche nelle successive "A Dialogue with the Wounded Stars" e "Drowning in the Wake of Dreams", due brani che iniziano carichi di aspettative, con aperture ad effetto che poi sfociano in vortici di insana causticità in cui a perdersi è la musicalità, l'essenza dei nostri. E non servono quegli intermezzi arpeggiati a stemperare la furia della band, nemmeno l'utilizzo delle clean vocals, cosi come pure i rallentamenti quasi al limite del doom che compaiono qua e là, perchè alla fine la bieca furia cieca sembra rovinare tutto, fatto salvo per uno splendido assolo nella seconda delle due tracce. Un peccato perchè le potenzialità per fare bene ci sarebbero anche, ma trovo non siano state adeguatamente incanalate nella giusta direzione. (Francesco Scarci)