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venerdì 27 ottobre 2023

Lunar Tombfields - An Arrow to the Sun

#PER CHI AMA: Post Black
Tornano i francesi Lunar Tombfields (LT) dopo l'esordio dello scorso anno che non avevo proprio trattato benissimo. Speriamo che con questo 'An Arrow to the Sun' i due musicisti d'oltralpe possano rifarsi e farmi quindi rivalutare la loro proposta. Il disco si apre con una blanda intro atmosferica che ci introduce a "Solar Charioteer", song che sottolinea immediatamente come i pezzi del nuovo capitolo siano relativamente più brevi (8-9 minuti) rispetto a quelle maratone musicali in cui ci eravamo imbattuti lo scorso anno. La traccia comunque si affida a delle ritmiche melodiche (un filo depressive) su cui si addensano i vocalizzi di M. e in cui i nostri provano anche a dar spazio a partiture atmosferiche che dovrebbero affiancarsi a quel rigore glaciale che avevo riscontrato nella precedente release. Ecco, dovrebbero, perchè anche in questo caso non ci trovo molto calore nella proposta del duo transalpino, fatto salvo per quegli intermezzi più composti da cui ripartire con la furia iconoclasta che continua a caratterizzare i LT. "Représailles" prova a partire con meno spinta propulsiva, infarcendo il tutto con un filo di melodia in più, cupa e malinconica, che prova a stemperare quei momenti piuttosto canonici di mistura tritasassi che tende ad esasperare la proposta della band. Apprezzabile comunque quella continua ricerca di melodia nelle linee di chitarre, un assemblare sprazzi di atmosfera quasi al limite del death/doom che potrebbero accostare il suono del duo anche a quello più atavico dei Deafheaven, che a mio avviso, rimangono comunque di un altro livello. Buono il tentativo di utilizzare poi dei parlati nei momenti più compassati che dimostrano comunque una certa progressione sonora in un cosi breve periodo di tempo. Non si perdono però le vecchie abitudini e "As Iron Calls, So Pile the Dreams" viene sparata a tutta forza con la sua caustica forza metallica, spezzata fortunatamente da un solenne ed emozionale break acustico verso il quinto minuto e che per un paio di giri d'orologio, ci coccola tra le sue calde braccia. "The Amber Her" ha un piglio più tribale nelle sue percussioni e non è affatto male, ma poi, eccole li, le scorribande nere come la pece, riprendono a correre verso le viscere della Terra accompagnate dalle abrasive vocals del frontman che solo nell'ultima "Le Chant des Tombes", prende il coraggio a due mani utilizzando un cantato pulito assai sofferto, su cui proverei a soffermarmi un po' di più in futuro, e rallentando ulteriormente le velocità del brano, ci regalano quello che è a parer mio, il miglior pezzo di un lavoro che mostra segni di progresso, ma non ancora sufficienti per farmi gridare al miracolo. (Francesco Scarci)

martedì 1 marzo 2022

Lunar Tombfields - The Eternal Harvest

#PER CHI AMA: Black Metal
La band di quest'oggi si chiama Lunar Tombfields e deve il proprio nome ad un brano dei deathsters teutonici Venenum, estratto dall'EP di debutto omonimo del 2011. Il perchè di questa scelta è fatto a me sconosciuto soprattutto perchè non ci sono nemmeno punti di contatto cosi evidenti fra le due entità musicali. I due francesi, in questo loro esordio intitolato 'The Eternal Harvest', propongono infatti un sound all'insegna di un black minimalista, a tratti esasperato nella sua forma fredda e primordiale. E dire che quando ho sentito l'apertura di "The Ancestral Conjuration", affidata alle eteree vocals di Dolorès, ho fatto un mezzo infarto perchè sembrava prendere totalmente le distanze dalle produzioni estreme di casa Les Acteurs de l'Ombre Productions. Ma il coccolone in realtà è durato solo un paio di minuti, visto l'arrembante e sporco black che poi si è fatto strada da lì in poi. E non un black di quelli che si consumano in pochi minuti, la traccia ne dura addirittura 14! E qui i due musicisti transalpini, peraltro provenienti da altre realtà estreme quali Absolvtion e Defenestration, ci investono con un flusso sonoro tipicamente old fashion, con qualche influsso che ci conduce al black norvegese cosi come pure alle scorribande post black di scuola statunitense. In tutta franchezza però, la proposta dei due non mi ha catturato assolutamente, troppo scontate le linee di chitarre, sebbene molteplici cambi di tempo, fin fastidioso addirittura lo screaming. Mi riprometto però di affrontare i tre successivi e lunghissimi brani con il giudizio azzerato, ma ancora una volta, nonostante un tiepido inizio, vengo travolto da una furia belluina di voci e ritmi serrati che non mi convincono nè in termini melodici, tanto meno emozionali. Eppure "As the Spirit Wanes, the Form Appears" ha degli spunti apprezzabili, ritrovabili ad esempio in un arpeggio melodico, un break atmosferico, in partiture chitarristiche o anche in un frangente dai tratti tribali, che possono evocare i Deafheaven degli inizi. Nonostante questo, trovo che ci sia qualcosa che non mi convinca nella proposta dei Lunar Tombfields, forse anche solo una banalissima mancanza di piacere di primo acchito. E il problema ahimè persiste anche nelle successive "A Dialogue with the Wounded Stars" e "Drowning in the Wake of Dreams", due brani che iniziano carichi di aspettative, con aperture ad effetto che poi sfociano in vortici di insana causticità in cui a perdersi è la musicalità, l'essenza dei nostri. E non servono quegli intermezzi arpeggiati a stemperare la furia della band, nemmeno l'utilizzo delle clean vocals, cosi come pure i rallentamenti quasi al limite del doom che compaiono qua e là, perchè alla fine la bieca furia cieca sembra rovinare tutto, fatto salvo per uno splendido assolo nella seconda delle due tracce. Un peccato perchè le potenzialità per fare bene ci sarebbero anche, ma trovo non siano state adeguatamente incanalate nella giusta direzione. (Francesco Scarci)