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sabato 12 febbraio 2022

Oz Projekt - Life Before Your Eyes

#PER CHI AMA: Electro/Dark
'Life Before Your Eyes' è una bella maratona di circa un'ora di suoni intensi, delicati e sensuali a cura dei portoghesi Oz Project, che vede peraltro la partecipazione di membri di Secrecy, Dark Wings Syndrome e Usoutros. Con questo secondo album (che arriva dieci anni dopo il loro debut 'Voyages'), un concept album legato ad una tribolata storia d'amore, il collettivo lusitano ci porta indietro nel tempo di quasi 40 anni, a quei favolosi anni '80 dove dark, new wave e synth pop regalavano splendidi gioielli musicali. La band originaria di Porto francamente non la conoscevo, ma l'impressione è piuttosto positiva, pur non trattandosi del mio genere di elezione. Il disco si apre con le raffinate e soffuse melodie di "Spread Your Love", che vedono The Sister of Mercy, Bahuaus e Cocteau Twins come alcune delle influenze alquanto ingombranti dei nostri, ovviamente il tutto riletto in chiave decisamente più moderna e con una produzione da favola alle spalle. "Silhouettes and Shadows" segue a ruota con quel suo ritmo tipico della synth wave, con delle vocals gotiche quanto basta per donare un tocco di maggior oscurità all'intero lavoro. Colpisce poi anche il coro che ne rende ancor più orecchiabile l'ascolto. "Fire" è decisamente più robusta ma solo in apertura, con la voce affidata questa volta ad una gentil fanciulla (Sofia Portugal) che comparirà anche nella successiva e malinconica "Shooting Star" (a duettare con uno degli svariati vocalist della band - ne conto ben cinque) e nella delicata "Something Wrong", quasi una sorta di tributo a Dolores O'Riordan e ai The Cranberries di 'No Need to Argue'. "Fire" comunque è assai catchy soprattutto nella parte corale che dà il titolo al brano. "Our Wishes are Still the Same" ha un mood che conferma la verve decadente degli Oz Project e che ammicca a certe cose più cupe dei Depeche Mode. Il disco contiene comunque ben 14 tracce, pertanto mi soffermerei su quelle song che più mi hanno colpito a partire da "Together for All" e a quel cantato inserito in un contesto sonoro psych rock che emula per certi versi i Pink Floyd, questo a sottolineare comunque l'eterogeneità dell'ensemble portoghese che qui mostra l'ispirata chitarra di Rui Salvador (Usoutros). Alquanto intriganti le melodie di "Our Love is Close in a Window", in cui a cantare questa volta troviamo un'altra delle vocalist della band, e dove nelle cui note si percepisce quel disagio di un amore destinato a finire a breve. Ultima menzione per "Walking on the Line", che sembra riaffermare quanto proposto dalla band nella prima manciata di pezzi, con una elettronica più spinta in primo piano. Insomma, se avete voglia di farvi investire da un bel po' di emozioni, ritrovabili anche a livello lirico, date una chance a questo 'Life Before Your Eyes'. (Francesco Scarci)

(Ethereal Sound Works - 2021)
Voto: 75

https://www.facebook.com/ozprojekt/

The Design Abstract - Metemtechnosis

#PER CHI AMA: Melo Symph Death, Scar Symmetry
Di uscite in ambito death sinfonico non ce ne sono poi cosi tante durante l'anno, cosi quando mi capita di ritrovarmi fra le mani un concentrato di death, prog deathcore, symph, il tutto spruzzato di una vena sci-fi, beh sapete cosa c'è, che mi fermo e lo ascolto gran volentieri. Questo è sostanzialmente capitato quando, per puro caso, mi sono ritrovato a visitare il sito dell'Abstrakted Records e questi The Design Abstract. E francamente, è stata una piacevole sorpresa. La band originaria dell'Ontario sciorina nove ottimi brani che dall'iniziale "Digital Dawn" alla conclusiva "Decryptor", mi hanno tenuto incollato ad apprezzarne le melodie. Quindi, se amate come il sottoscritto, band come gli Scar Symmetry o i Fallujah di 'The Flesh Prevails' o ancora Soilwork e Xerath, beh potreste fermarvi anche voi a dare un attento ascolto a 'Metemtechnosis' (secondo capitolo della trilogia 'Technotheism') e lasciarvi assorbire e sedurre dalle melodie dei synth (di ottantiana memoria) che pullulano in questo lavoro, mentre le chitarre si lanciano in giri alquanto ruffiani, adeguatamente supportati da un dose orchestrale di assoluto valore, che troverà ancor più spazio nella successiva "Born of Machines". La voce di Voiicide si muove tra il growling e il pulito (quest'ultima tuttavia è da migliorare), mentre le sei-corde viaggiano veloci ed estremamente melodiche, un vero piacere per le mie orecchie. Non c'è sicuramente un momento di pausa nel flusso ritmico del terzetto canadese, con le asce che corrono veloci anche in "The Hybrid Awakening", mostrando qui peraltro un break atmosferico già dopo 90 secondi, prima di ripartire più in palla che mai, con un'alternanza continua tra clean vocals e un growl davvero convincente. Ma il pezzo è comunque una sorpresa dopo l'altra, con un break pianistico, un bell'assolo e un riffing sempre bello serrato. Se proprio devo trovare un difetto, sta forse nella scarsa pulizia dei suoni, ma è un qualcosa che si può superare tranquillamente visto che la qualità musicale è davvero buona. "Organic Data Fusion" è un pezzo che nella sua progressione mi ha ricordato maggiormente i Fallujah, pur non mostrando la medesima violenza e robustezza della band californiana. Ma qui il lavoro è eccellente con pregevoli assoli che completano forse il brano che più ho gradito in 'Metemtechnosis'. Una bella dose di elettronica unita ad un rifferama compatto infiamma "Metropolis II" che, oltre ad avere una ritmica che richiama un mix tra Meshuggah e Fallujah, ancora una volta è da esaltare per il lavoro in chiave solistica degli axemen, Logan Mayhem e Matt Ngo, che si rincorrono con scale ritmiche e sverniciate per tutto il brano. "Aberration Omega" è un pezzo più breve che evoca maggiormente gli Scar Symmetry, soprattutto a livello vocale. "Upheaval" è un breve strumentale che ci porta a "Sentinels", un'altra song dal forte impatto orchestrale, seppur una durata più contenuta (poco più di tre minuti), che nel suo cuore, mostra un interessante break malinconico che rimarrà impregnato nelle trame del brano. A chiudere ci pensa la già citata "Decryptor" che ha nelle sue corde quell'apparato più compatto tipico del prog deathcore già incontrato qua e là durante l'ascolto del cd, e una serie di ulteriori innovazioni in chiave ritmica che non avevamo scorto sin qui. Alla fine, vorrei ribadire quanto abbia trovato piacevole l'ascolto di 'Metemtechnosis', un lavoro che mi sento di consigliare agli amanti di sonorità heavy melo death infarcite di porzioni orchestrali ed elettroniche. Bravi! (Francesco Scarci)

(Abstrakted Records - 2021)
Voto: 77

https://design.bandcamp.com/album/metemtechnosis

Megalith Levitation - Void Psalms

#PER CHI AMA: Psych/Stoner/Doom
Dall'oblask russo di Chelyabinsk ecco tornare il trio dei Megalith Levitation, band che avevo recensito su queste pagine nel 2020, in occasione del loro split in compagnia dei Dekonstruktor. Il trio formato da KKV, PAN e SAA propone un nuovo lavoro all'insegna di uno stoner doom psichedelico che già poco mi aveva fatto impazzire in occasione dello split album e che ho l'impressione non mi entusiasmerà più di tanto anche in questo caso. 'Void Psalms' contiene quattro lunghe tracce che ammiccano nuovamente ai Black Sabbath o ai primissimi Cathedral, cosi come pure ai nostrani Ufomammut e agli Sleep, certo con una minor dose di classe. Il disco si apre con "Phantasmagoric Journey" ed un sound che fa della pesantezza e della litanica componente vocale i suoi punti cardine. Metteteci poi anche una durata smisurata dei pezzi ("Temple of Silence/Pillars of Creation" dura poco meno di 20 minuti), che portano inevitabilmente alla noia, e capirete il perchè della mia freddezza nei confronti di questo lavoro. Non trovo infatti spunti di grande originalità nel cd, anche se sicuramente è da registrare un passo in avanti rispetto allo split che avevo trovato ben più monolitico del qui presente. Ci provano con qualche variazione al tema per evitare di farmi sbadigliare eccessivamente di fronte alla lentezza, a tratti snervante, della loro proposta. Anche "Datura Revelations/Lysergic Phantoms" si muove su questi stessi binari con un riff che rimarrà tale per tutti i suoi quasi 13 minuti, mentre l'aura che avvolge il brano, è quella sulfurea dei gironi più profondi dell'Inferno. La voce, pur palesandosi nelle sue due componenti, salmodiante e scream, non raggiunge picchi di eccellenza, seppur possa fungere come classico timoniere nel nostro viaggio infernale. Il pezzo suona comunque abbastanza scontato fino a quando un break di basso e chitarra finiscono con l'ipnotizzare l'ascoltatore e una nuova voce, ben più ammalliante, sembra collocarsi in sottofondo. Forse sta qui l'apice del disco perchè la già citata maratona musicale di "Temple of Silence/Pillars of Creation", metterà a dura prova il nostro ascolto con quel suo doom di sleepiana memoria, asfissiante e per lunghi tratti troppo simile a se stesso, almeno fino a quando, arrivati al dodicesimo minuto, i nostri si divertono ancora a giocare con quel duetto di basso magnetico e chitarra solista che sembrano far finalmente svoltare il pezzo, però prima che fatica. In chiusura "Last Vision", non fosse per la brillante performance al sax del guest Anton Maximov, sarebbe un pezzo davvero ostico da digerire, complice una ritmica mostruosamente lenta e ossessiva che metterà a dura prova i vostri sensi ancora una volta. Il ritorno dei Megalith Levitation è alla fine un lavoro per certi versi interessante, sebbene si dilunghi in estenuanti giri ritmici di cui avrei fatto volentieri a meno. (Francesco Scarci)

venerdì 11 febbraio 2022

Torii - S/t

#PER CHI AMA: Black/Death/Doom
In tutta franchezza i Torii non li conoscevo, eppure Bill Masino, il mastermind dietro a questo moniker, bazzica l'underground dal 2012, peraltro con all'attivo ben sette full length, tra cui l'ultimo qui presente album omonimo. Tra l'altro il genere proposto è affine anche ai miei gusti, trattandosi di un black death post doom, eppure devono aver frequentato circuiti estremamente elettivi perchè non li trovassi. Ora giunge finalmente tra le mie mani questo 'Torii', disco che include otto tracce che ripercorrono lidi musicali affini a Cult of Luna e Yob. Si parte con le apocalittiche tonalità di "The Second Renaissance" e quel cantato orrorifico di Bill che attanaglia quasi la gola. Il sound è oscuro, le linee di chitarra sporche fino a quello splendido break centrale, dove mi sembra di scorgere anche l'utilizzo di un violino accanto alla chitarra acustica. Si riparte da qui, con le voci che sembrano provenire da un gorgo infernale mentre le chitarre giocano a rincorrersi tra riverberi in tremolo picking di post-rockiana memoria. "Synthetic Dust" ha un'andatura più funerea, lugubre e asfissiante, con un drumming persistentemente rutilante e un vocione che sembra arrivare dall'oltretomba sebbene, a fronte di un'accelerazione ritmica, assuma sembianze più screameggianti. Il sound è comunque fluido e decadente, dotato di una buona dose melodica, il che lascia che si apprezzi con più semplicità, nonostante un claustrofobico finale. Ancora archi e un timido arpeggio di chitarra per "Persephone", un bridge interamente strumentale che ci accompagnerà dolcemente a "Eurydice", a confermarci come i contenuti lirici si muovano attorno a tematiche prettamente di carattere mitologico. Ancora doom oppressivo in questo brano, in cui da apprezzare sottolinerei sicuramente la stratificazione ritmica che ben si accompagna con la voce gracchiante del polistrumentista dell'Arkansas ed un finale affidato a psichedelici giochi di synth. "Grey Expanse" si palesa con una dissolvenza in apertura delle sue chitarre e un pezzo che si muove con un marziale e distorto giro ritmico che mostra più di un richiamo agli esordi dei Cathedral. La song è tuttavia cruda, grezza e malmostosa nel suo approccio quasi a voler mostrare il lato più rude di Bill. Un dronico intermezzo ("Void") ci conduce a "Inertia", un pezzo che mostra un incipit alla Cult of Luna, ma durante la sua elucubrante evoluzione, si lascia apprezzare più per le sue spettrali atmosfere che per altro. In chiusura, la title track sembra sancire con le sue morbide melodie la fine di un complicato viaggio: ciò sarà vero solo nella prima mite metà del brano, visto che dal quarto minuto in avanti, e per altrettanti giri di orologio, Bill vomita ancora tutto il proprio dissapore su di una linea melodica malinconica quanto avvincente. Alla fine quello dei Torii è un disco ostico, stralunato ma comunque affascinante che merita di sicuro un vostro ascolto. (Francesco Scarci)

domenica 6 febbraio 2022

Entrails - Tales From the Morgue

#PER CHI AMA: Death Metal
I didn't hear any flaws on this release. The music, the vocals, the guitars, the production/mixing quality all are top notch. Surprised this is 12 years old. It's even better than its follow-up. It's a dynamic release. The Swedish sound is totally there. But they have their own sound especially on this one. It's a little different than early Swedish death metal bands but it's got the same vibe to it. Definitely their own sound and creation. The guitars are totally spewing out original riffs and likable, too! All different tempos they change it up a lot. So it never gets stagnant or boring. A lot of tremolo picking going on!

Every song is unique in its own creation, nothing on here is duplicated by them or anyone else. The vocals are brutal and they can shift a little like the guitars but not much. I like the fact that they keep the guitars going smoothly changing tempos some songs start out slow that end up being a lot faster. And they fiddle around with some clean guitars but not much. The leads are slow for the most part. I felt that the combination of intensity and easing it up a bit at times gave the album a lot of diversity. Not only that but they're still spewing out the same death metal that they absolutely are invigorating in doing so.

I thought that the production sound quality was top notch and they give the music a sort of fresh atmospheric sound. It's different than others, it's a bit softer. But the vocals are mixing in a little lower, they don't over-dominate the music. It's just about right! I thought that what sets this aside from other Swedish death metal acts is that they have a similar guitar sound but the riffs and quality of music is just different. I don't know an album that I've heard that was coming from the same origin that as concise and ever changing than this album. It's totally in a league of its own. Entirely!

If you've never heard this band before, check this album out on YouTube or Spotify because it's on there. Don't jump to their new one because it's got negative reviews. I myself haven't heard it nor do I want to. So just check this out and make your decision whether or not you want this in your CD collection (if you have one). And yes, the band needs your support! Give them that much in this pandemic! They will not disappoint. From the beginning till the end this one is always getting a different sound on the guitar front and the vocals not so much. But I made sure to give it a high rating. Get it!


(F.D.A. Records - 2010)
Score: 80

https://www.facebook.com/Entrails666

Mona Kazu – Steel Your Nerves

#PER CHI AMA: Dark/Post Wave
Esce per il trittico Falls Avalanche Records/Urgence Disk/Atypeek Music il nuovo album di questo ottimo duo transalpino e vista la generosità della proposta, possiamo dire che il salto quantico dei Mona Kazu è avvenuto nel migliore dei modi e assolutamente in una forma splendente, luminosa, quasi accecante. L'evoluzione è impressionante, la voce di Priscilla Roy è divenuta possente, autoritaria, sognante, tesa, inquietante, protagonista e, brano dopo brano, si snoda tra i richiami canori di vocalist strepitosi e diversi tra loro, come Bet Gibbons o Kim Gordon, oppure, per la sua estensione vocale Ann–Mari Edvardsen dei mitici The 3rd and the Mortals o Rachel Davies degli Esben and the Witch. Ad una gran voce va equiparata una solida e credibile musica, che faccia incetta di tutto il background di una band che è in attività da più di un decennio e che sperimenta da sempre con generi opposti tra loro, trip hop, post punk, elettronica, rock alternativo e jazz d'avanguardia che, uniti solo per attitudine vocale e non per stile musicale, alle atmosfere cupe degli Avatarium (quelle più acustiche) della magica Jennie–Ann Smith, formano l'attraente stato sonoro degli attuali Mona Kazu. Aggiungete un velo mistico nel ricordo della compianta Andrea Haugen (Aghast/Hagalaz' Runedance) e avrete un quadro completo su cui valutare un'opera splendida, che dovrebbe essere osannata da tutti i cultori di musica alternativa. Un disco maturo e adulto che proietta la band in un emisfero magico, surreale, un altro mondo sonoro, etereo, riflessivo, affascinante. Franck Lafay che si occupa della musica ed è l'altra parte del gruppo. Da sempre i Mona Kazu si presentano come duo, ma questa volta si sono avvalsi anche della collaborazione esterna del bravo batterista/percussionista, Règis Boulard. Per il resto, l'ottimo mastering di Mathieu Monnot (Eyemat), ha consolidato la formula sonora perfetta per questo mix di generi, districandosi alla perfezione, tra bassi profondi, suono cameristico, post rock, teatralità e avanguardia, forgiando la variegata anima sonora di un album dal cuore dark, che in ogni sua canzone lascia senza respiro l'ascoltatore. Che i Mona Kazu avessero ottime qualità era indubbio da tempo, ma questo nuovo lavoro supera tutte le aspettative. Difficile trovare la miglior canzone, forse l'oscurità di "Birds" o il riff alla Sonic Youth di "Porto Twins" con la sua evoluzione trip hop ed il fantastico intermezzo avantgarde jazz, il buio romantico e futurista di "Troubles" che nel suo progredire riporta alla mente la natura musicale classica, drammatica e teatrale de "La Tristesses de la Lune", il brano dei Celtic Frost. Il fatto è che questa coppia di musicisti è riuscita a creare un vero e proprio capolavoro, una scatola magica di suoni e stili rimescolati tra loro in maniera magistrale, senza rinunciare al taglio underground, esaltando e innalzando le proprie qualità alla massima potenza espressiva, dando vita ad un album imperdibile che considero, a tutti gli effetti, una delle migliori uscite del 2021. (Bob Stoner)

(Falls Avalanche Records/Urgence Disk/Atypeek Music - 2021)
Voto: 88

https://fallsavalancherecords.bandcamp.com/album/steel-your-nerves

Goatpsalm/Horthodox - Ash

#PER CHI AMA: Ambient/Noise
Che simpatica accoppiata quella formata dai russi Horthodox e Goatpsalm, due realtà underground riunite in una specie (in realtà suonano insieme su tutti i pezzi anzichè dividersi il disco) di split album intitolato 'Ash' e registrato tra il 2019 e il 2021 in molteplici luoghi. Complice il Covid, infatti i nostri si sono adeguati a registrare in momenti e località differenti. Ne escono questi sette brani che si aprono con "The Last Days", un'accozzaglia di rumori sinistri da castello infestato. Sembrano infatti i classici suoni di catene quelli che si sentono in sottofondo, cosi come quello delle assi di legno in assestamento quelli che li accompagnano. Il tutto prosegue incomprensibilmente per otto minuti quando finalmente affiora una chitarra acustica a farmi capire che forse riuscirò a scrivere anche di musica in questa recensione, ma in realtà sarà solo ambient/noise quello che scorgeremo da qui in avanti. Dopo i primi 13 snervanti minuti, ce ne attendono altri 10.30 con l'acustica irrequieta di "Fragile Walls of Salvation", inquietante quanto basta per rappresentare l'ideale colonna sonora da film thriller. Quel che a quanto pare è più interessante sottolineare di questo disco sperimentale è la tematica che dovrebbe affrontare, almeno visivamente (non essendoci traccia di voci), ossia lo scisma della Chiesa russa risalente al XVII secolo quando si separò in Chiesa ortodossa ufficiale e movimento dei Vecchi Credenti. Detto della mia perplessità di fronte ad un progetto di questo tipo, data la sua scarsa musicalità e fruibilità, vi segnalerei "When God Went Silent" per la sua dronica vena folk e "A House With No Windows" dove vedo ancora un barlume di speranza nel sentire musica strumentale attraverso le casse del mio stereo. Poi gran spazio ancora a rumori ("Night over Onega"), porzioni dark ambient ("Horned Shades of His Servants") ed inquietudini varie ("Ash") per un disco raccomandato solo ad una striminzita frangia di ascoltatori (che potrebbe includere anche il nostro Bob Stoner). Gli altri se ne tengano ben a distanza. (Francesco Scarci)

Schäfer - Mosaik 127

#PER CHI AMA: Electro/Ambient
Ecco una novità in ambito discografico dalla forte propensione alla musica sperimentale e per citarne la sua presentazione al pubblico, ripropongo per intero, quello che si trova scritto sul loro sito web: Acoustic Motion Concepts è un'etichetta per gli amanti della musica cross-style che apprezzano i concetti artistici originali, le produzioni musicali dal design elaborato e l'amore per il design analogico. La label tedesca sfodera suoni e musiche veramente astratte e irraggiungibili, dall'ambientazione poetica alla sperimentazione con la musica sacra, minimal jazz, sperimentazione da camera, ambient e molto altro, tutto da scoprire. La composizione concettuale è la base di partenza di ogni opera creata dai vari artisti che fanno parte della rosa dell'etichetta teutonica, e in particolare per l'album che prenderemo in esame oggi, è doveroso ricordare che è stato ispirato dall'architettura delle chiese, ed in particolare dalle vetrate della chiesa di Giovanni XXIII, situata a Colonia, la cui struttura anima questo lavoro,intitolato 'Mosaik 127', del giovane musicista tedesco Lukas Schäfer. L'ambient strumentale è il terreno fertile su cui poggiano le sue composizioni che a volte virano al futurismo con richiami robotici al krautrock, quello più cervellotico e rarefatto, mentre a volte tesse trame più elettroniche, ipnotiche tra Seefeel e Autechre come nel brano "Still" o strizzando l'occhiolino ai giochi robotici fantascientifici di "E=MC²" di Teddy Lasry. Schäfer gioca con la modulazione del suono, sintetizzatori e loop ariosi e spaziali come nelle composizioni di Sven Grünberg in 'Hingus', agitando il suono del sintetizzatore, rendendolo a volte sinfonico a volte minimale, d'atmosfera, quasi sempre e comunque con anima inquieta, buia come in "Sommerset", che pur mantenendo un legame forte con l'elettronica sperimentale dei 70s, si esprime con un suono moderno, digitale, profondo e sempre in bilico tra il galleggiare nell'aria e il cadere in un vortice di allucinazione psicologicamente devastante. La sezione ritmica è ridotta all'osso, minimale, usata solo a tratti e in maniera mirata. Mi piace pensare a Schäfer come un nipotino del George Harrison meno conosciuto, l'artista colto del capolavoro che fu 'Electronic Sound' del 1969, con quel suono del futuro fatto di rumori, elettronica primordiale e sintetizzatori. Ecco, devo dire che 'Mosaik 127', potrebbe essere un ottimo discendente di quella musica, un disco che contiene quel DNA sonoro ma che lo ha collocato in una dimensione sonora ispirata proprio all'eco profondo di una cattedrale, con una qualità audio strabiliante, perfettamente in sintonia con le uscite ultra moderne della francese Ultimae Records. Musica per menti aperte alla musica concettuale, piena di immagini mentali, astratte e viaggi della mente. Musica lontana dai canoni di mercato, suoni che seguono solo la fantasia, l'ingegno e la libertà compositiva. L'ambient music che incontra la chiesa, recita la nota introduttiva sul sito della label, e trovo che sia molto centrata per capire il lavoro di quest'artista. Un disco impegnativo ma appagante, curato sotto tutti gli aspetti, dall'artwork del digipack alla produzione, fino all'ispirata composizione delle musiche, che vi renderanno sicuramente una buona esperienza d'ascolto. (Bob Stoner)

(Acoustic Motion Concepts - 2021)
Voto: 74

https://schfer.bandcamp.com/album/mosaik-127