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mercoledì 13 maggio 2015

Septic Flesh - Sumerian Daemons

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Death Symph.
Ammetto di non essere mai stato un grande fan dei Septic Flesh: ho sempre pensato che la band greca proponesse qualcosa di valido ed interessante ma non ho mai trovato la loro musica così entusiasmante da considerarli come un nome fondamentale. Ciò non toglie che io abbia comunque seguito con attenzione la loro crescita attraverso gli anni, a partire dai primi lavori 'Mystic Places of Dawn', 'Esoptron' e 'Ophidian Wheel', fino ad arrivare a 'A Fallen Temple' e 'Revolution DNA'. Assieme a Rotting Christ, Necromantia e On Thorns I Lay, i Septic Flesh hanno sicuramente contribuito in maniera importantissima a far crescere la scena metal ellenica e questo è un merito che va loro riconosciuto; credo tuttavia che a partire da 'A Fallen Temple' si fossero evidenziate le prime avvisaglie di un certo immobilismo compositivo. Persino il tentativo di "restyling" attuato con 'Revolution DNA' mi era sembrato un po' maldestro, tanto che cominciai a pensare che la band avesse veramente detto tutto e che non sarebbe più emersa dal suo status di band underground. Mi sbagliavo! Sì, perché 'Sumerian Daemons' è un disco incredibilmente fresco e coinvolgente, un album che colpisce nel segno laddove 'Revolution DNA' aveva in parte fallito. È dunque con questa sesta fatica che i Septic Flesh raccolgono una rinnovata opportunità di evoluzione del proprio sound e dimostrano di saper gestire con maggior destrezza e padronanza quegli sporadici inserti elettronici già abbozzati in precedenza. Il risultato è dei più esaltanti: un sulfureo death-black sinfonico dai cori polifonici imponenti, che alterna parti più rallentate e dal flavour gotico ad altre che tramortiscono per la loro brutalità. Inutile citare un brano in particolare, perché tutti i tredici pezzi sono irresistibili. Ci tengo solamente a sottolineare come la band abbia raggiunto con questo lavoro una formula compositiva invidiabile che dona scorrevolezza all'insieme e mantiene sempre desta l'attenzione sui continui climax sonori che prendono forma durante l'ascolto. I ruggiti di Spiros che incontrano la voce della soprano Natalie Rassoulis, le partiture sinfoniche che, unite alle numerose finezze elettroniche, abbracciano la possenza delle chitarre: ogni elemento di 'Sumerian Daemons' è un incantesimo che dà vita a contrasti in equilibrio perfetto. Tra violenza e melodia, tra sfuriate selvagge ed elegiaci canti profani. Datemi ascolto quando vi dico che 'Sumerian Daemons' è un album da avere... lasciatevi travolgere e non ve ne pentirete. (Roberto Alba)

(Hammerheart Records - 2003)
Voto: 80

martedì 12 maggio 2015

Yonder Realm - The Older Ways

#FOR FANS OF: Folk Metal, Eluveitie, Finntroll
From the bowels of New York - the home of many thrash metal legends - comes a ... folk metal band? I was taken aback to learn that these Eluveitie-sound-a-likes hail not from Scandinavia or Eastern Europe, like so many peers of their style - but from the good ol' United States! Yonder Realm, having released demos/EPs/singles etc. throughout their 6-year existence, finally managed to release their debut full-length album in August 2014. This quintet play absolutely nothing original or innovative - but have joyfully nailed the niche folk metal sound. Folk metal is a difficult sub-genre in which to be distinctive. But the production quality of 'The Old Ways' doesn't adhere to the usual demands of a folk metal album. The authentic folk instruments, as beautifully played as they are, are slightly kept behind in the mix. This gives them an eerie, mystical quality - separating this band from the silly jig-along bands like Beer Bear and Slartibartfass. The rhythm section is the most prominent here. The double-strum rhythm guitar playing fuses with the bass and drums to provide a weighty backdrop to the anthemic melodies that gloss over the top. This shows that their style evolved through the more melo-death-influenced area of folk metal, rather than the black metal characteristics of bands like Equilibrium or Moonsorrow. Jesse McGunnigle's vocals are what help to highlight this melo-death influence. He sounds remarkably similar to Chrigel Glanzmann from Eluveitie, and this is no insult! His growls helps push the songs forward in an almost percussive manner - and he becomes truly expressive in tracks such as "Sea of Cosmos" and "Pillars of Creation". As a bonus, there is the occasional use of melodic backing vocals, adding yet another magical layer to this tour de folk! 'The Old Ways' is perfectly structured. The artwork lends its atmosphere most appropriately, the tracks are properly ordered - containing a beautiful interlude and ending on the epic finale of "Moonbeam Road", and the use of unconventional instruments is truly inspiring. Listen closely and you'll hear flutes, violins, marimbas, accordions...the whole lot! Such a diverse timbre allows for maximum replay value. It's hard to pick highlights from this incredibly consistent record. "A Devil's Unweaving"doesn't let go of your melted face for its entirety, "Sacrifice to the Old Stone Gods" is the epitome of a folk metal anthem, and "The Frugivores" is almost Gojira-esque with its primal percussion and gang chanting. Not one track space is wasted - even the mystical interlude, "The Grove", plays an essential part in this shimmering tower of excellence. More focused than Finntroll, less pompous than Adavant, and providing an atmosphere similar to that of Cruachan, 'The Old Ways' is sure to whet the appetite of any folk metal fan from Poland to Pennsylvania. (Larry Best)

(Maple Metal Records - 2015)
Score: 90

Lashblood – Plasticine People

#PER CHI AMA: Black/Death/Avantgarde, Deathspell Omega, Blut Aus Nord
Arriva dalla gelida Russia questa nuova avventura d'avanguardia metal. Un EP ricco di variazioni sul tema e costruzioni sonore dense di nuova linfa vitale per un genere in continua evoluzione. La band esce nel 2015 per la S.N.D. Productions, con cinque nuove mitiche tracce, dopo il full length del 2012. Una sequenza di devastante death/black moderno dalle venature epiche, potenti e futuriste rese veramente particolari e uniche dall'introduzione di uno stupendo e inaspettato sax che compare in ben tre tracce. Accattivante e lungimirante, la combinazione del pianoforte col sax dal gusto esageratamente melodico e dal sapore jazz, non fanno che riempirmi di gioia: avanguardia allo stato puro che in "Plasticine People", "Mercury" (eccelsa cover dei geniali Voivod) e "Cien Anos de Soledad" (basata sul romanzo 'Cent'anni di Solitudine' di Gabriel Garcia Marquez), tocca vette compositive davvero esagerate. Un death/black intelligente, fantasioso, lacero e tecnico che trova in esponenti quali i Deathspell Omega diversi punti di contatto. Unite il tutto ad una foga violenta, oscura e sinfonica di scuola Limbonic Art, composizioni dall'indole fusion, che mescolano alternative metal e jazz (leggasi Voivod) in un oceano di escursioni sonore che si fondono e confondono in una polvere esplosiva di violenta espressività sonica, e capirete cosa si cela in questo inatteso dischetto. Atmosfere bellissime, claustrofobiche, epiche e frastornanti, condite da un artwork ricercato e folle. Nessuno spazio alla normalità, tanto buon gusto e una ricerca della forma eccelsa per un songwriting perfetto nell'ambito della musica estrema d'avanguardia. "Lifeless" (cover dei Darkthrone) sposta il sound dei Lashblood in territori dal tono più doom, e pur mantenendo il taglio black metal, sfodera una velata verve heavy blues da far invidia a tanti, rallentando la velocità, mostrandosi sempre più psichedelica, come se i Grand Magus suonassero una cover dei Satyricon imitando gli Ephel Duath. La chiusura è lasciata alla spettrale e cosmica "Kaleidoscope", brano strumentale dal titolo azzeccatissimo, contraddistinto da atmosfere introspettive, taglienti e malate che ricordano vagamente i Blut Aus Nord dell'album 'Mort'. Un mini album da avere a tutti i costi! (Bob Stoner)

(S.N.D. Productions - 2015)
Voto: 80

domenica 10 maggio 2015

My Home on Trees - S/t

#PER CHI AMA: Alternative/Psych/Stoner
Poche volte mi è capitato di essere colto da uno stato simil catatonico durante un concerto, infatti nella maggior parte dei casi la musica ti prende e inizia un headbanging sfrenato oppure si resta semplicemente indifferenti e si approfitta dell'occasione per consultare la lista delle birre disponibili al bancone oppure per attaccare bottone con qualcuno. Con i My Home on Trees (MHOT) è stato subito un rapimento dei sensi, una sorta di sindrome di Stendhal musicale dove la band diventa protagonista e tutto quello che ti circonda diventa ovattato e poco importante. Iniziando dal principio, il quartetto milanese è giovane come band, ma presenta idee chiare e un'ottima determinazione nell'affrontare il proprio percorso musicale. I MHOT si focalizzano poi su sonorità tra lo stoner e l'heavy blues/psichedelia, un po' sull'onda che sta imperversando in questo ultimo periodo, però la band non cerca la via facile. Infatti il risultato è un EP aggressivo, pregno di groove che nel live trova la sua miglior rappresentazione, ovvero una bomba fatta di riff, luci e ritmi alchemici. Il tutto è condito dal fatto che i quattro musicisti fanno il loro lavoro alla grande, sono rockstar sul palco e non al di fuori, cosa che molte band devono ancora capire. Un altro punto a loro favore è la vocalist, voce graffiante e bluesy che ricorda Reilika Saks (frontwoman dei Luna Vulgaris), una di quelle timbriche che ti rapisce dopo pochi secondi di ascolto e che raggiunge livelli altissimi di espressività. Questo perchè i MHOT non puntano solo all'impatto sonoro tipico del movimento stoner, ma affondano a piene mani nella storia del blues più psichedelico. "Silence" è l'esempio lampante di quanto detto: in sette minuti abbondanti la band vi cullerà, accarezzerà, lancerà nel vuoto ed infine vi darà uno schiaffo di quelli che vi rintroneranno per un bel po'. Di per sè non aspettatevi nulla di sperimentale, il brano è un classico del genere, ma è molto vario a livello melodico, gli arrangiamenti sono azzeccati e i suoni sono quelli giusti. I break sono molti e caleidoscopici, e ogni strumento ha lo spazio per esprimersi al meglio. I riff di chitarra sono sanguinei e ogni colpo di plettro vi entrerà fino all'osso, il tono è leggermente acido, ma quello del buon fuzz, mica le brutte distorsioni che imperversavano nell'etere qualche anno fa. In chiusura la chitarra si addolcisce di delay e riverbero, come un liquido caldo che scorre e cade giù, giù nei vortici del phaser. Il quarto brano dell'EP (in totale sono cinque) si intitola "Night Flower" ed è un altro assaggio del quartetto milanese. In questa traccia si apprezza una sezione ritmica trascinante, la batteria è il cuore pulsante che cresce e diminuisce in sintonia con il mood del brano, come il basso che dalla profondità delle sue frequenze serpeggia minaccioso. Qualche vena post punk traspare dagli arrangiamenti di chitarra ma non fanno che aggiungere un tocco di personalità in più che potrebbe essere la giusta via per dare maggiore respiro alla scrittura dei brani. Concludendo, questo EP omonima è un'ottima prova dei MHOT che mettono subito in chiaro che la scena si è arricchita di una nuova band che vuole bruciare le tappe. Aspettiamo con ansia il full-lenght ora. (Michele Montanari)

Iamdisease – Praznina

#PER CHI AMA: Post Metal/Hardcore
Sette brani in poco più di venti minuti, un pugno allo stomaco diretto e ben calibrato. Questo risulta essere 'Prazina', il nuovo album uscito nel 2015 via Moonlee Records, degli Iamdisease, band slovena attiva dal 2009 e dedita ad un hardcore venato di metal pesante e oscuro. Mi piace accostarli ai nostri RFT nel ricordo di un album capolavoro come 'La Cognizione del Dolore', per l'attitudine senza compromessi di un cantato efficace e urticante in lingua madre, che non lascia scampo. Un canto supportato da un sound pesante, ossessivo e pulsante che richiama la forza d'urto dell'hardcore di scuola Coalesce e Pro–Pain ed il metal estremo di band come i The Ocean o i Kataklysm. Le prime sei tracce sono di puro impatto e di corta durata, come di buon costume hardcore. Lampi e tuoni in una manciata di minuti, una scarica di rabbia e adrenalina lungo la schiena espressa in modo molto convincente Il suono è molto distinto e curato all'inverosimile, tutti gli strumenti si sentono perfettamente ed il mostro sonoro è oliato alla perfezione, così da rendere al meglio, come l'artwork di copertina. Anche le parti più rallentate e sludge, assai presenti, suonano aggressive e pesanti, potenti e dirette con quel giusto equilibrio tra pulizia del suono ed impatto che arricchisce il piacere d'ascolto dell'intero album. Il brano più lungo del lotto è il settimo e conclusivo, "Druga Narava", che offre un riassunto delle potenzialità della band anche nella lunga distanza. Il brano di apertura "Praznina", rimane comunque il mio preferito e la sua possente struttura alternativa offre alla band un solido futuro e un tocco di personalità notevole in un genere che non offre molte vie d'uscita. Ottimo lavoro! (Bob Stoner)

(Moonlee Records - 2015)
Voto: 75

https://www.facebook.com/iamdisease

Shallow Rivers - The Leaden Ghost

#FOR FANS OF: Doom/Death, Encoffination, Hooded Menace
The massive second album from Russian Doom/Death act is quite a challenging listen, but one that’s more based on the extreme length of its material than anything else of real importance or detriment to the album. Weaving gorgeous guitar-work and blazing melodic leads here that leave an impressive atmosphere of far lighter fare than the traditional features of the genre who go for darker, much more oppressive styles of atmospheric riff-work which does manage to get a lot of impressive works here. While there’s still the ever-prevalent melodies and atmospheric wandering that are placed in here, the fact is this one instead opts for the droning, melancholic atmospheric that’s quite more motivated in other sections to mesh with pulverizing guitar rhythms, churning riff-work and plenty of energetic work here that keeps the tempo far more engaging here than would normally be the case as this one becomes far more enjoyable as it goes along. Intro ‘Of Silent Winds that Whistle Death’ slowly winds away from droning riff-work and bland melodies for a rather impressive series of darkened riffing, pounding drumming and quite explosive energy throughout the running time which manages to continue on through the extreme rhythms, dynamic variation and tempo changes and the influx of twisted riff-work that makes for a solid, engaging opener. Likewise, ‘Light Upon Us, Haze Around Us’ opts for the eerie atmospheric droning intro before settling for a churning mid-tempo romp through deep, dynamic patterns, plenty of dynamic drumming and the sort of melancholic atmosphere early on not really utilized in a lot of Death Metal before unleashing the maelstrom in the later half with pulverizing double-bass blasts, frantic melodic sweeps and the sweeping aggression found there to make for a more stand-out track that really plays well with its’ epic length. Dialing back on the length, ‘Scorched, Wrecked, Torn, then Crumbled to the Sea’ still offers crushing riff-work and blasting drumming weaving through complex arrangements, blasting tempos and utterly frantic sweeping patterns that carry on the same frantic energy and dynamic rhythms that the longer tracks offered which makes for back-to-back highlights. While ‘We are Cold’ switches it up to a generally enjoyable repetitious riff played around dynamic drumming blasts and effective atmospheric influxes, the shortened length comes off as though from a different band compared to the much more engaging epics elsewhere here. ‘Snow’ feels more traditional with swirling riff-work and dynamic tempos that it really feels like a condensed version of their longer epics and is quite enjoyable with its churning riffing, atmospheric leads and pounding drumming carrying this one through. Finally, the title track goes back to the epic-ness of the rest of the material with blazing riff-work, churning melodies and atmospheric leads that let the heavy rhythms, dynamic drumming and darker works come through quite nicely here which is what makes this one so much more enjoyable and exciting by ending on another strong note. Overall, this was quite an impressive effort and really only struggles with the length of its songs for the most part. (Don Anelli)

(BadMoonMan Music - 2015)
Score: 85

https://www.facebook.com/pages/Shallow-Rivers

sabato 9 maggio 2015

Inexorable - Sea Of Dead Consciousness

#PER CHI AMA: Death Old-school, Immolation
Più si va avanti e più si torna indietro, lo avete notato anche voi? Non sto parlando solo di sonorità old-school da qui a un po' di tempo decisamente rispolverate e re-interpretate, ma anche di riesumazione prima dei vinili e poi delle cassette. Questo per dire che il nuovo EP dei teutonici Inexorable è uscito non solo in digitale, ma per gli amanti del retrò, anche in tape. Meno male che lo scorso anno, ho acquistato sia giradischi che mangianastri, altrimenti a quest'ora mi sarei già suicidato. Ecco trovarmi quindi al cospetto di questo spaventoso 'Sea of Dead Consciousness', manifesto di oscuro old-school death metal, che già avevamo apprezzato con il precedente album 'Morte Sola'. Le sonorità di questo EP di 6 pezzi (di cui 3 sono cover) non distano poi cosi tanto dall'impasto sonoro brutale e morboso del precedente lavoro, in quanto la band macina discordanti pattern ritmici grazie soprattutto a schizoidi riff di chitarra e a vocals caustiche. L'aria cupa che si respira nella release, potrebbe essere assimilabile all'immagine di parecchie città dell'ex blocco sovietico, contraddistinte da un'atmosfera severa e da un cielo molto spesso plumbeo, su cui si stagliano monolitici palazzoni di cemento. Dopo le tre nuove ferali song degli Inexorable, l'ossigeno mi sembra quasi mancare, complici le asfissianti ambientazioni e una produzione low-fi che amplifica ulteriormente un senso di disagio che pervade i pezzi di questi musicisti. Il secondo lato della cassetta, si apre con un intro acustico, e alla prima delle tre cover, la mitica "De Mysteriis Dom Sathanas" dei Mayhem, riletta in un modo forse ancor più brutale. Le velocità sostenute da cascate di blast beat trovano forse il primo rallentamento con la seconda tecnica cover, la infestante "I Feel Nothing" degli Immolation, che attesta le influenze old-school dei nostri amici tedeschi. A chiudere ci pensa "Black Magic Mushrooms" dei redivivi Mysticum, in una song death beat da brividi. Interessante esperimento che sicuramente accontenterà i fan in attesa del nuovo full length dei nostri. (Francesco Scarci)

(Unholy Prophecies - 2015)
Voto: 65
 

giovedì 7 maggio 2015

The Pit Tips

Larry Best

Heidevolk - Velua
Ensiferum - One Man Army
Sonata Arctica - Ecliptica

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Claudio Catena

Unreal City - Il Paese del Tramonto
Tool - Lateralus
Faith no More - Motherfucker

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Mauro Catena

Pile - You’re better than this
Curtis Harding - Soul Power
Riley Walker - Primsore Green

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Francesco Scarci

Himinbjorg - Wyrd
A Forest of Stars - Beware the Sword You Cannot See
Moonspell - Extinct

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Yener Ozturk

Death - The Sound of Perseverance
Neurosis - Through Silver & Blood
Amenra - Mass III

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Michele "Mik" Montanari

Ozric Tentacles - Paper Monkeys
Bantoriak - Weedooism
Deafheaven - Roads to Judah

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Don Anelli

Mentally Defiled - Aptitude for Elimination
Et Moriemur - Ex Nihilo in Nihilium
Unmercenaries - Fallen in Disbelief

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Bob Stoner

Deviate Damaen - Retro - Marsch Kiss
Callisto - Secret Youth
Haiku Funeral - Nightmare Painting

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Philippe Perez

Love of Diagrams - Blast
Anto Pascoe - To Escape
Octo/Leagues - Beat Tape