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martedì 15 gennaio 2013

Raventale - Transcendence

#PER CHI AMA: Black Doom, primissimi Katatonia
Raventale sesto capitolo, il quarto recensito dal sottoscritto. Mr. Astaroth Merc torna puntuale come un orologio svizzero ad incantarci con la sua musica e dopo averci ammaliato con i colori blu, arancio, rosso delle cover cd dei precedenti lavori, questa volta tocca al verde rilassare la nostra vista e alla sua musica appagare le nostre orecchie. “Transcendence” segna un altro passo avanti nella discografia del musicista ucraino, che dal 2006, si mantiene comunque coerente nella sua proposta all’insegna di un black doom sferzante ed apocalittico, mai come questa volta influenzato da “Dance of December Souls” dei Katatonia, che io reputo essere la pietra miliare del genere. Potrete pertanto intuire quanto mi abbia lasciato poco indifferente questo nuovo album dell’act di Kiev. Già con il precedente cd ritenevo infatti, che i Raventale meritassero una chance da parte di un’etichetta ben più commerciale della russa BadMoodMan Music, per dar modo all’artista ucraino di venire fuori dai confini dell’underground. Quattro i pezzi contenuti in “Transcendence”, tutti contraddistinti da una lunga durata, superiore ai 10 minuti. Ad aprire le danze “Shine”, che non incanta tanto per il suo monotono riffing portante, piuttosto per gli azzeccati inserti tastieristici e per uno splendido assolo posto alla fine. “Room Winter” è un aggressione di puro e selvaggio death/black, con tanto di blast beat, che irrompono nelle casse del mio hi-fi, in compagnia di gracchianti vocals (a cura di Vald) che si innalzano fiere sul tappeto ritmico devastante (a tratti epico, in altri frangenti quasi al limite del techno death), che risulta ammorbidito dall’aura, appena percettibile, delle tastiere o di un arioso break centrale, che ci consente giusto il tempo di rifiatare, prima dell’invettiva conclusiva. “Without Movement” è un brano dai toni più pacati, che oltre a mettere in luce la potenza e la pulizia dei suoni, colpisce per un ipnotico giro di chitarra e armoniche melodie che s’immergono nella fitta e nebbiosa ritmica costruita dai nostri, che palesa e non poco, l’accoppiata violenza ed emozionalità, espressa dai Raventale. I conclusivi 13 minuti affidati alla travolgente title track (soprattutto nel finale), non fanno altro che confermare l’eccellente stato di forma in cui Astaroth Merc e compagni (da segnalare anche la presenza di Anton Belov come voce addizionale) versano. Insomma, che dire, se non che “Trancendence” è un altro episodio pregevole della discografia dei Raventale, di cui sono certo, sentiremo ancora parlare a lungo, in futuro. (Francesco Scarci)

Chronolyth - Bitter Reflection

#PER CHI AMA: Swedish Death, Scar of Symmetry
È la prima volta che mi trovo in una simile situazione, una band che insiste per la recensione di un solo pezzo, va bene, contenti loro. Si tratta degli australiani Chronolyth, act di Brisbane che dopo i consueti cambi di line-up e di nome della band, arriva finalmente a produrre i primi brani, tra cui questo “Bitter Reflection”, che funge da apripista al debut cd, che uscirà in aprile. La song si apre con una chitarra arpeggiata e poi il roboante fragore delle ritmiche esplode che è un piacere, delineando in linea di massima quello che è il sound del quintetto australiano, ossia un corposo death metal, carico di groove, influenzato dal melodico e ruffiano swedish metal di Scar of Symmetry ad esempio. Ottime le linee di chitarra e i solo, vicini più all’heavy metal che a sonorità estreme, a cura del duo Alex Nisiriou e Ben Constable, cosi come convincente la prova dietro al microfono, di Hamish McSorley, che dà sfoggio di un ottimo growl. Insomma, vedendoli in chiave futura, ci aspettiamo l’ennesima sorpresa in arrivo dall’Australia. Mantenetevi sintonizzati. (Francesco Scarci)

Mad Maze - Frames of Alienations

#PER CHI AMA: Thrash Metal
Attenzione! Attenzione! Se vi infastidisce il thrash metal tout-court, potete agilmente evitare questa recensione: “Frames of Alienation” non fa per voi. Se invece provate anche solo simpatia per questo genere, ultimamente un po’ meno sotto le luci dei riflettori, un ascolto vi farà benissimo. I modenesi Mad Maze, scritturati dalla Punishment 18 Records, debuttano con questo full lenght. È un esordio dal quale si percepisce l’amore (anche troppo incondizionato) della band verso il thrash. Non è nulla di clamorosamente nuovo, ne è uno di quegli album che ti fanno girare la testa: ma la passione per il genere e del rispetto dei suoi canoni salta veramente all’orecchio. Ecco qui un disco potente, aggressivo e ben suonato, sebbene non si sciorinino tecnicismi stratosferici. Un CD di un thrash che di più non si può, che ne rispetta tutti i canoni e che, in alcuni casi, li gonfia pure un pelo troppo. Dov’è la pecca maggiore? Qualche caduta di stile è certamente da mettere in conto, si tratta sempre di una prima opera di ampio respiro, tuttavia il vizio è la mancanza di quella freschezza che permetterebbe di dare al disco una sua anima, risultando ben più che gradevole. Poco male, almeno secondo me. Sì perché mi è piaciuto calarmi completamente nei loro riff tiratissimi e martellanti, nel loro ritmo dalla velocità supersonica, nelle loro accelerazioni che evitano i noiosi appiattimenti (sono un pericolo sempre dietro l’angolo). La parte vocale mi ha lasciato una certa sensazione di freddezza, credo dovuta a una performance troppo monocorde del cantante. Anche la struttura delle songs mostra qualche segno di ripetizione ma questo è, forse, più un problema legato al genere. Ciò non esime i nostri dal cercare di essere più incisivi nel songwriting. Tra le tracce, tutte piuttosto coerenti con lo stile, svettano la strumentale (e più melodica) “… Beyond” e la violenta “Walls of Lies”. Pollice verso per la pesantissima “Cursed Dreams”. Nota a margine per la copertina di Ed Repka: bellissima. Questo lavoro mi ha affascinato, e mi lascia ben sperare per un futuro miglioramento stilistico dei nostri. Altrimenti, possa la creatura dell’artwork rendere le loro notti insonni e le loro digestioni pesanti. (Alberto Merlotti)

(Punishment 18 Records)
Voto 75

https://www.facebook.com/madmazethrash

Árstíđir Lífsins - Vápna Lækjar Eldr

#PER CHI AMA: Black Metal, Folk, Helrunar, Drautran
Sono sensazioni altalenanti quelle che derivano dall’ascolto del secondo album degli Árstíðir Lífsins, formazione per metà islandese e per metà tedesca, che annovera tra le proprie fila anche membri di Helrunar e Drautran. Certo, non si può negare che la musica proposta dal gruppo sia di pregevole fattura. Per di più la raffinata commistione tra elementi folk e black metal costituisce un elemento di sicuro interesse per tutti gli amanti di queste sonorità. Cos’è che non funziona, dunque? Forse il problema è l’aspettativa. È probabile infatti che ogni buon intenditore del genere pagan-folk venga conquistato dal suono dell’album con una certa facilità riconoscendo immediatamente che l’uso di aggettivi quali “pregevole” o “raffinato” non sia affatto casuale, ma è proprio quando le premesse sono così invitanti che cresce l’attesa. In poche parole, l’attesa che qualcosa di straordinario ed emozionante accada durante l’ascolto. Ebbene, gli Árstíðir Lífsins si muovono impeccabili lungo un percorso di nove brani dal fascino indiscutibile, ma si limitano ad affrontare i sentieri più facili e sicuri, quelli già battuti da chi li ha preceduti nel loro cammino, senza osare qualcosa in più e senza mai deviare dal percorso prestabilito. Talvolta gli scorci più belli di un paesaggio si scoprono avventurandosi oltre i confini già esplorati, ed è in quei momenti che nasce un’emozione. Peccato che la composizione di “Vápna Lækjar Eldr” sia rimasta intrappolata dentro quei confini, ricalcando alcuni schemi già sentiti e offrendo rari momenti di slancio. L’uso in chiave folk dei cori, della chitarra acustica e degli strumenti ad arco, è tutt’altro che disprezzabile e nel complesso si riconosce un contributo importante da parte di ciascuno dei quattro strumentisti a creare atmosfere piacevoli che elevano l’album ben al di sopra della media. Tra l’altro il connubio tra sonorità estreme e tradizionali, non scade mai nel cattivo gusto, per cui sarebbe ingiusto muovere un appunto al gruppo sul lato prettamente tecnico o sulla loro capacità di creare delle composizione strutturate. Quel che manca davvero è la carica emozionale. I primi tre brani, per quanto timidi, lascerebbero sperare in un decorso ben più coinvolgente, ma poi l’album si arena nella monotonia ed è necessaria un po’ di pazienza, prima di incontrare qualcosa di realmente appassionante. Tanta pazienza, a dire il vero, considerato che stiamo parlando di 77 minuti di musica e che i brani più riusciti siano i due posti in chiusura alla scaletta. "Svo Lengi Sem Sutrs..." e "Fjörbann..." fanno dunque riacquisire quota all’album con la forza delle percussioni, l’asprezza del cantato e la poesia di alcuni intermezzi di synth-piano e violino. Così l’ascolto si conclude in bellezza e quantomeno rimane la sensazione che il contenuto musicale di "Vápna…" sia all’altezza della sontuosa ed ingombrante confezione a libro che racchiude il cd e che va menzionata non solo per dovere di cronaca, vista l’abbondanza di pagine e la cura grafica con cui è stata realizzata. (Roberto Alba)

(Ván Records, 2012)
Voto: 75

http://www.arstidirlifsins.net/

mercoledì 9 gennaio 2013

The Pit Tips

Bob Stoner

Belphegor - Blood Magick Necromance
Forgotten Tomb - ...And Don't Deliver Us From Evil
Between The Buried And Me - The Parallax II Future Sequence
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Francesco “Franz” Scarci

The Devil - The Devil
Aevangelist - De Masticatione Mortuorum in Tumulus
Shining - Redefining Darkness
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Alberto Merlotti

Aerosmith - Music from Another Dimension
The Darkness - Hot Cakes
Gojira - L'enfant Sauvage
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Samantha Pigozzo

Älymystö - Atomgrad
Mors Principium Est - ... And Death Said Live
The Rapture - Echoes
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Michele “Mik” Montanari

Red Fang - Murder the Mountains
DIIV - Oshin
Toundra - III
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Roberto Alba

Behexen - Nightside Emanations
Mgła - With Hearts Toward None
Khonsu - Anomalia
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Kent

The Great Old Ones - Al Azif
Hellships - Leaden Hum
Graad/Kepsah - Split 10"

lunedì 7 gennaio 2013

Motorfingers - Black Mirror

#PER CHI AMA: Hard Rock, Black Label Society, Guns n’Roses
La maturità porta consiglio, inutile negarlo. L'entusiasmo e l'energia degli inizi può smuovere il mondo, ma quello che spesso manca ai novizi sono gli obbiettivi e la gavetta. I Motorfingers non sono certo dei novellini e la loro storia sembra un film a lieto fine. Infatti, dopo che alcuni elementi del gruppo hanno militato nelle varie tribute band del caso, alla fine l'idea di creare un progetto inedito ha avuto la meglio e qui nascono i Motorfingers (ricordatevi la "s" finale, altrimenti sul web trovate i quasi omonimi norvegesi). I cinque modenesi vedono la luce nel 2008 e propongono questo full lenght, "Black Mirror", dopo aver esordito con l' EP "MSC" seguito poi da "Brand New Skin". Dopo un primo ascolto del cd confermo a grandi linee le influenze decantate dai Motorfingers nella loro bio e cioè Velvet Revolver, Nickelback, Metallica , Black Label Society, Guns n’Roses e Faith no More. Devo dire che la lista è stata anche seguita quasi paro paro con la track list del cd, nel senso che questo "Black Mirror" ha circa nove sfumature diverse, il che può essere un pregio, ma anche un difetto. Ovviamente il filo conduttore esiste, ma gli arrangiamenti e l'utilizzo di suoni diversi da canzone a canzone rendono molto vario questo cd, passando dalla ballatona rock "In My Dreams" alla galoppata "Out of Control". Quello che distingue i Motorfingers è l' ottima tecnica di tutti i membri del gruppo, l'attenzione ai suoni e il cantato in inglese che permette di sollevarli un po’ dalle varie produzioni nostrane e che comunque è dovuto per un genere come il loro. Il cd si apre con il brano "Bastard and Saints" che comincia bello grasso e ruffiano sin dal primo riff di chitarra che poi da il via alle danze ad un pezzo che rispecchia tutti i canoni del bravo rockettaro americano, con tanto di “yeah” finale alla James Hetfield. Notare che il vocalist dei Motorfingers in alcuni passaggi sembra Gaetano Curreri (Stadio), quindi lode al fatto di avere un timbro che si distingue dal genere. Brano piacevole, magari non brilla per creatività, ma son sicuro che avrà fatto pogare più di una persona ai concerti dei nostri. "Fallen Brother" propone sentori del rock di qualche anno fa, comunque ben fatto in ogni singola sfumatura, sia a livello della sezione ritmica batteria-basso che quella melodica voce-chitarre. Quanto detto vale per tutti i brani di "Black Mirror" quindi mi soffermerei più sul fatto che comunque i ragazzotti di Modena hanno adrenalina da vendere e sono denunciabili per eccesso di rock/heavy metal! A parte gli scherzi, la qualità e l'impegno ci sono ed evitando a priori di valutare il fattore creatività e innovazione, il voto se lo meritano tutto. (Michele Montanari)

(Logic(il)logic Records)
Voto: 75

http://www.motorfingers.com

Moss Of Moonlight - Seed

#PER CHI AMA: Pagan, Folk
Sono stato un intero pomeriggio a pensare a quale dei migliaia inutili gruppi folk, con qualche atmosfera epica, potesse assomigliare ai Moss Of Moonlight. Purtroppo non m'è venuto in mente, altrimenti avrei detto che certe parti potessero essere identiche ad essi. "Seed", primo full lenght del gruppo statunitense, ci trascina per un'ora con i suoi canti sciamanici, i respiri dei boschi e tutto quello che potreste aspettarvi da un gruppo folk metal nordamericano. La formula è quella dei gruppi pagan metal moderni, ovvero mettere una voce in growl per sembrare cattivi, alternata ad una voce femminile per rendere accessibileil tutto, dei ritmi marziali per inondare di serietà la proposta dei nostri, per fortuna senza tutta quella pomposità dei gruppi europei che ci propinano pateticamente la loro musica. Il problema è che, abusata com'è, in questa combinazione è difficile trovare qualcosa di decente nelle composizioni, il che rende "Seed" un disco semplice, diretto e a tratti mediocre. I suoni a mio parere sono molto buoni, o meglio, reali. Essi riescono a dare un tocco di naturalezza all'album, cosa alquanto difficile di questi tempi. L'ascolto viene a mio parere agevolato da queste sonorità scampate alla compressione, oltre che alle innumerevoli melodie dettate dalle chitarre e dai vari strumenti folkloristici, che ahimè mi ricordano troppo qualche gruppo che ascoltavo anni fa. In sostanza "Seed" non è una totale delusione ma se i Moss Of Moonlight vogliono proseguire su questa strada, spero vivamente che comincino a produrre dischi meno prolissi ma più studiati. (Kent)

(Cascadian Alliance)
Voto: 60

http://www.mossofmoonlight.com/

Old Pagan - Battlecruiser Old Pagan

#PER CHI AMA: Black Epic, Gorgoroth, primi Ulver
Avevamo lasciato poco tempo fa i tedeschi Old Pagan con l'amaro in bocca e la speranza di una rivincita dopo aver recensito il loro precedente EP; con immenso piacere ci è arrivato questo cd con brani vecchi e nuovi, dal titolo “Battlecruiser” che rimette tutto in gioco e soddisfa pienamente le nostre aspettative. I nostri soldati aggiustano il tiro e tagliano tutte le intromissioni psichedeliche e sperimentali focalizzando il proprio sound in un'unica ferocia e malefica dinamica compositiva ed una esecuzione diretta e molto efficace. La voce ripulita da inutili riverberi è a pieno regime e nel brano “Light in the Darkness” (la nostra preferita!) tocca vertici altissimi d'espressività. Anche i riff delle chitarre, sempre in questo brano, sono estremamente convincenti ed originali per il genere. Tutto fila liscio, piacevole all'ascolto, i brani non risentono della differente età e sono colmi di odio e sentimenti oscuri, con la verve dei primi Ulver e la forza devastante dei Gorgoroth, velocissimi e intelligenti, con innesti dal vago ricordo di quel Black metal che fece storia di casa Venom soprattutto nella bella chiusura di “Petrified”. “Instrumental” l'avevamo apprezzato in altra sede, un brano strumentale già presente nell'altro EP, che mostrava grosse potenzialità. Forse il cambio di formazione e il ridurre a sole due teste pensanti e suonanti, ha fatto in modo che gli Old Pagan centrassero il bersaglio con questa compilation e focalizzassero le loro potenzialità per fare in modo che canzoni dalla furia cieca, fumose e ruvide come “Slaugthered in Hell” o “Welcome to Satan's Hell” venissero alla luce. “Der Schwarze Wahn” (già presente nell' EP “Old Pagan”) forgia ulteriormente lo stile degli Old Pagan ma i due brani che seguono, “Mighty Darkthrone” e “1916 Skagerrak” rincarano pesantemente la dose sul retrogusto Black'n roll di questa band e ci fa molto piacere aver conferma delle nostre impressioni e con l' irriverenza dei Venom mischiati ai Satyricon, arriviamo al brano “Damon der Lichtspuren” (già presente nell'EP “Tecknotschtiklan”) che chiude una compilation da gustare tutta d'un fiato e ad alto volume, carichi di odio e devastazione... e pronti alla guerra, sfuggendo alle mine e ai bombardamenti; è questo lo scenario infatti che “intro” e “outro”, in apertura e chiusura dell'album, e la copertina con la sua portaerei fanno pensare, un campo di battaglia immaginario e terribile per un cd al veleno! Ben tornati Old Pagan! (Bob Stoner)

(Self)
Voto: 80

http://www.oldpagan.de/