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mercoledì 14 febbraio 2024

Dominion of Suffering • Phobonoid - Split

#PER CHI AMA: Black/Death
Split album in casa Godz ov War Production che mette insieme i nostrani Phobonoid con gli elvetico/slovacchi Dominion of Suffering per quaranta minuti di vorticose, sanguinarie e intriganti sonorità estreme. Sono proprio questi ultimi ad aprire le danze con un sound sparato ai mille all'ora che ci annichilerà con la furia delle sue ritmiche e di belluine screaming vocals. Quello che mi sorprende durante l'ascolto di "The Way of Destruction", ma ancor di più in "Descendant of the Fallen Gods", è la capacità del quartetto di coniugare il black con porzioni heavy metal anni '80, come se questo lavoro fosse stato concepito ormai 40 anni fa. Interessante poi il fatto di proporre qualche assolo che potrebbe evocare i fasti del thrash/death teutonico (questo lo si evince anche in alcune linee di chitarra), cosi come pure porzioni ritmiche che paiono ispirarsi all'oscurità dei Celtic Frost. Decisamente di un piglio diverso la proposta di Lord Phobos, il mastermind che si cela dietro al moniker Phobonoid, che già abbiamo avuto modo di apprezzare in passato per quel suo black sperimentale. "Cosmonauta Eterno I" ci impiega però oltre due minuti a ingranare ma per fortuna ne dura circa dieci e mezzo. Qui la one man band trentina torna a deliziarci con suoni dallo spazio profondo, quel cosmic black freddo e cibernetico, capace invece di scaldarmi l'anima con quelle partiture atmosferiche in cui ammicca ai Blut Aus Nord o ai Progenie Terrestre Pura, soprattutto nella seconda metà del brano, ove le vocals rimangono in sottofondo e il driver del brano è dato dalle melodie sci-fi del polistrumentista italico. Ottimo, come sempre, ma devo ammettere di essere già un fan dei Phobonoid. "Cosmonauta Eterno II" riduce il numero dei giri del motore, con un'atmosfera mortifera, quasi catacombale, fonte di disagio interiore grazie ai suoni pilotati da un plumbeo basso e dalle vocals mefitiche del frontman. Il flusso melodico si canalizza poi attraverso essenziali linee di chitarra e porzioni di synth che rendono la proposta più bombastica all'ascolto e che confermano le eccelse qualità di Lord Phobos. L'ultima traccia è poi un outro ambient che segna la fine di un nuovo viaggio interstellare in compagnia dei Phobonoid. (Francesco Scarci)

Zmarłim - Ziemie Ja​ł​owe

#PER CHI AMA: Black/Death
Stranamente gli Zmarłim non sono riportati su Metal Archives, quindi non starò troppo a tediarvi su che album sia il cui qui presente 'Ziemie Ja​ł​owe' nella discografia della band polacca (ma vi direi che quello di oggi è in realtà l'EP del 2018 con una nuova cover, e con l'aggiunta di un breve intermezzo ambient e un nuovo brano). Per chi non li conoscesse, vi basti sapere che il trio originario di Konskie propone un black alquanto caustico, di quelli che non lasciano troppo spazio alla melodia, ai fraseggi ricercati o all'avanguardismo. Le prime tre tracce sono datate 2018 e ci si potrebbe aspettare che suonino più grezze rispetto alle successive, palesandosi con un suono che evita troppi spargimenti di sangue, dimostrandosi chirurgico nell'esecuzione, nelle rasoiate ritmiche, cosi come negli inaspettati rallentamenti pseudo-atmosferici della lunga "Szuflady" o nelle glacialità delle sue chitarre. Diciamo che il terzetto polacco offre una proposta piuttosto tradizionale per il genere, differenziandosi magari da altri colleghi, per soluzioni chitarristiche un filo sghembe ("Wędrowcy"), inserite in un contesto davvero privo di compromessi. Detto dell'inutile intermezzo strumentale, focalizziamoci maggiormente su "Patrzą Na Nas Tylko Satelity" che ipotizzavo meno grezza rispetto alle precedenti. La sensazione comune è invece che i nostri siano diventati ancora più sporchi e cattivi con influenze che spaziano dal punk/hardcore al grind/death, con una violenza tale da non lasciare prigionieri e sprigionare anzi una malvagità che sembrava quasi inespressa nei precedenti pezzi. Staremo a sentire in futuro che direzione prenderanno i Zmarłim, per ora provate a dargli un ascolto. (Francesco Scarci)

domenica 11 febbraio 2024

Suffer Yourself - Axis of Tortures

#PER CHI AMA: Funeral/Doom
Quel che si suol dire un facile album da recensire... Si perchè qhuello degli svedesi (ma in realtà originari di Kiev) Suffer YourSelf, è un'angosciante proposta di un'ora tonda tonda di funeral death doom. 'Axis of Torture', quarta opera del quartetto, è un disco di quattro pezzi più intro e outro, quindi potrete immaginare come quella da affrontare sia in realtà una staffetta di quasi 15 minuti per ognuno dei pezzi inclusi, fatta di suoni soffocanti, annichilenti la mente e l'anima grazie a sonorità che, già dall'iniziale "Axis Insanity", ci stritolano nella morsa di un plumbeo funeral doom che vede alternarsi a violente schitarrate death, mentre la voce cavernosa del frontman, affronta altrettanto leggere tematiche legate alla sofferenza, al dolore e alla disperazione. Lo ribadisco, un disco facile facile, anche nell'ascolto. Ovviamente, continuo a essere ironico, però i Suffer Yourself (un nome, un programma) ci mostrano come oggi sia ancora possibile proporre funeral doom, senza scadere nel problema del "già ascoltato". Questo perchè i nostri sono abili costruttori di ossessive partiture al limite della tensione emotiva, a cui accostare quelle accelerazioni death che strizzano l'occhiolino indistintamente a Incantation o Disembowelment, mentre tutto il disco potrebbe rievocare i fasti funerei dei primissimi My Dying Bride. La differenza con questi ultimi sta però in una maggiore classe dei nostri che si declina in più raffinate partiture atmosferiche e in una maggiore cura dei suoni. La prima traccia (anzi la seconda per diritto di cronaca) quindi supera di sicuro la prova, lasciando il campo poi ai 17 minuti di "Axis Despair", che risulta essere ancor più asfissiante nel suo monolitico incedere che si dipana attraverso un incipit che sembra stringerci al collo, generando pensieri negativi e mortiferi, con quelle stridule chitarre in sottofondo, raddoppiate da un altro strato di suoni che non possono far altro che produrre incubi a livello subconscio. E pian piano, i nostri aumentano i giri del motore, mentre le voci si fanno più demoniache, il suono ancor più mastodontico tra un rifferama compatto e profondo, e una serie di assoli alla sei corde, a rendere il tutto più convincente e accattivante. Ma i Suffer Yourself non sono certo dei pivelli e la loro esperienza maturata attraverso 13 anni di vita e quattro album, nonchè il mastering di Greg Chandler (Esoteric, Lychgate), li consacra a essere una valida alternativa ai mostri sacri del genere, e penso a Evoken o My Shameful. E arriviamo ai dieci minuti e mezzo di "Axis Pain", che sembrano quasi una passeggiata rispetto alle due precedenti mostruose tracce, complice anche una maggior ricercatezza sonora, almeno nelle linee iniziali della song, prima di perdersi nei labirinti psicotici di un death metal poco affabile, direi sghembo e malato, che si saprà alternare a porzioni atmosferiche e melodiche per un risultato di sicuro valore. "Axis Time" si apre con il cantico del soprano Kateryna Osmuk che, non solo è responsabile delle backing vocals growl del disco e della batteria, ma ci delizia per alcuni secondi con la sua magnifica e raffinata ugola. Poi il canovaccio non muta poi di molto nel resto della traccia, se non per proporre qualche parte di tastiera più spettrale, cosi come stralunate linee di chitarra o eleganti arpeggi che confermano l'ottimo lavoro dei nostri. Ora spetta a voi armarvi di santa pazienza e affrontare questa indolente discesa verso gli abissi dei Suffer Yourself. (Francesco Scarci)

giovedì 8 febbraio 2024

Satanic Warmaster - Aamongandr

#FOR FANS OF: Black/Death
I'm surprised that this album didn't get much playtime for listeners or fans of pure black metal. It's one of my favorite releases from 2022. This LP is about 40 minutes in six songs. Ultra powered metal that stays uncompromising! It doesn't really let up in intensity. Full-blown metal.

I like the fact that the vocals don't change throughout, and the music plays some great melodies. The raw production makes it loud and uncompromising. These guys mean business, and I love the way the music goes with the vocals. The songs are pretty fast with some keys in the background making it sound more evil than ever. They really make a statement with their blistering music. It's quite an amazing release. The melodies are top-notch, and every song deserves praise! The blast beating leaves a hole in your cranium, and the keys make it sound even more drastically underground. I made sure that I'd buy the CD from Hells Headbangers.

There's nothing that's really poor to say about this album, it shines the whole way through. It's totally evil and brutal. The production seems as though it was such that it was so raw in sound, and the mixing was also top-notch. I really love this release, it has so many great elements to it.

I don't need to know what they're saying lyrically, that I'll leave with the band/album. From a musical perspective, these guys know exactly how to make a black metal album that is totally underground. It's worth checking out and given a chance to get a lot of spins! (Death8699)


(Werewolf Records - 2022)
Score: 75

https://www.facebook.com/satanic.war.terror

Eternal Storm - A Giant Bound to Fall

#FOR FANS OF: Prog/Melo Death
Three years ago, I was lucky enough to review Eternal Storm’s debut effort entitled 'Come the Tide', a genre refreshing first album which impressed me a lot. Created in Madrid back in 2009, although the band relocated to Scotland some time ago, Eternal Storm needed a few years to release a full-length album, but the wait was worth of the time. Firmly rooted in the melodic death metal genre, the Spaniards reached a great balance between aggression, atmosphere, and tasteful melodies. For this reason, I was reasonably hyped with the fact that the band is set to release its sophomore album 'A Giant Bound to Fall' this February, with the always reliable label Transcending Obscurity Records.

Surpassing a great debut always puts some pressure on the band and this new album needed to be something especial, at least, to continue carving a position in the scene for Eternal Storm. I can safely say that this new opus won’t disappoint the fans, even though I consider that it requires time to properly judge if it is better or not. The first impression is that the band has pushed the boundaries of the mixture they created in 'Come the Tide'. Its melodic death metal tinged with atmospheric and pure aggressive parts is still there, with renewed enthusiasm I would say. I can feel some stronger progressive touches through the album. This is immediately noticed in the lengthy album opener "An Abyss of Unreason". The complex structures, the ups and downs in the intensity, the variety in the riffing work, plus the great combination of clean and aggressive vocals make this initial song an outstanding piece of music. "Last Refuge" is another highlight of the album, although it is quite complicated to choose the best tracks as the whole work is wonderful. I choose this one as its melodies and initial furious part make it remarkably catchy and a good candidate to be played in the concerts quite often. I would like to praise the top-notch work with the guitars, the riffs are excellent and melodies absolutely tasteful and captivating. This is what one can expect from a melodic death metal band, but Eternal Storm undoubtedly reaches a level of excellence in this aspect. Another key aspect is that the aforementioned complexity and progressive influences don’t deprive of soul and emotion to the music of this album. This is something I truly appreciate, as I always expected some emotional moments regardless of the work behind the songs the bands create. "Lone Tree Domain" is another superb track which I would like to highlight. The contrast between the heaviest parts and the most atmospheric ones is masterfully built, and it shows the amount of work the band has done creating this album. I love when bands go back from the calmest to the most furious ones with a progression that doesn’t lack of emotion and beauty, and this track is an absolutely fine example of it. Last but not least, the production of 'A Giant Bound to Fall' also deserves some praise, and it is absolutely well-done. It’s clean but not overproduced, and it sounds heavy and crushing when needed. The balance between the instruments and vocals is perfect and permits the listener to fully enjoy the music.

In conclusion, Eternal Storm’s third opus 'A Giant Bound to Fall' breaths grandeur in its entirety. Albums like this are the perfect example of how a stagnated genre like melodic death metal can find a path to sound fresh and exciting again. Well-done guys.(Alain González Artola)


(Transcending Obscurity Records - 2024)
Score: 87

https://eternalstorm.bandcamp.com/album/a-giant-bound-to-fall-2

martedì 6 febbraio 2024

NI - Fol Naïs

#PER CHI AMA: Prog Rock
Per capire una band come i francesi NI, bisogna semplicemente fingere di non capirli e assimilarli così come sono e per quello che ci fanno sentire. Mi spiego meglio. Ho letto in rete recensioni che li mettevano in parallelo col mathcore e le opere diversificate di Mike Patton, e il paragone in minima parte ci può anche stare, ma secondo me l'aria che si respira dalle parti della band transalpina è da ricercare altrove, e trova radici molto più indietro nel passato della musica. Se vi capitasse di ascoltare l'evoluzione de "L'Elefante Bianco" degli Area, nell'album "Crac!" del '75, troverete infatti grosse analogie con alcune delle costruzioni sonore dei NI, poiché questa band ha un legame particolare fin dalle sue prime opere con il progressive rock più folle e libero dagli schemi, e qui non posso non citare un loro precedente geniale lavoro qual era 'Les Insurgés de Romilly', e poco importa se in questo nuovo album, fino al brano "Berdic", sembrano aver ascoltato una volta di troppo i The Dillinger Escape Plan o i Psyopus, per cercare di far presa su di un pubblico più vasto con un suono più carico. Il fatto è che la frenesia, la follia, e alcuni stilemi del rock in opposition, erano già nel DNA di questo gruppo ed è bastata una produzione più scura e pesante, dove si riesce a carpire l'essenza buia di lavori come '777 - the Desanctification' dei Blut Aus Nord (anche se qui non stiamo parlando di black metal), per aprire un nuovo fronte per questo combo di gran valore, composto da musicisti di qualità, che sanno esaltare il potere dei suoni dell'avanguardia, restandone caparbiamente e intelligentemente lontani, per cullarsi una loro completa e intoccabile originalità. Vi si trovano anche tracce di free jazz contorto e schizoide ("Chicot", "Rigoletto"), sulla scia di certe composizioni sentite su 'Blixt' del trio Bill Laswell, Raoul Bjorkenheim e Morgan Agren, e per non farsi mancare nulla, anche una tensione sonora tangibile di band come gli oramai dimenticati ma mitici Jesus Lizard. Nella triade di "Triboulet part 1, 2 e 3" si sente tutto il legame con gli album precedenti con le loro evoluzioni sofisticate ma aperti anche a momenti di atmosfera, che poco si lasciano apparentare con il mathcore o il metal, ritornando a parlare di vero e proprio prog d'avanguardia di casa Zorn. Pur trattandosi di musica rumorosa e distorta, vi trovo anche una bella attitudine nel plasmare la materia prog alla maniera degli Universe Zero, ovviamente con le dovute distanze dal gruppo belga. Mi permetto di dire anche che i NI possono avere un retaggio futurista alla Meshuggah, come citato dal press kit di presentazione del disco, ma a mio avviso non li percepisco assolutamente freddi e chirurgici come i colleghi svedesi anzi, per essere prevalentemente strumentali, suonano caldi, avvolgenti ed espressivi, e mostrano un'aggressività più devota all'arte dell'immaginario astratto che alla rabbia o alla tecnica in sè. Penso si sia capito che questa loro nuova opera è uno dei migliori album del 2023 per il sottoscritto, copertina superba come sempre d'altronde, una grande produzione, musicisti in splendida forma esecutiva e compositiva, un'ottima uscita per la instancabile Dur et Doux, un disco immancabile nella vostra bacheca dell'avanguardia. (Bob Stoner)
 
(Dur et Doux - 2023)
Voto: 80
 

The Cosmic Gospel - Cosmic Songs For Reptiles In Love

#PER CHI AMA: Psichedelia/Indie Rock
Nel valutare il primo full length dei The Cosmic Gospel, mi sono trovato in difficoltà, per la difficoltà nel dargli una giusta collocazione. Si tratta infatti di un album pieno di belle sonorità, ricercate con dedizione nei cassetti della psichedelia del passato, ma le derivazioni sonore, per quanto efficaci e rieducate a dovere in ambientazioni più moderne, di scuola lo-fi, non lasciano molto spazio a un'autentica originalità. L'amore per i The Beatles più allucinati è palese, basti ascoltare "The Richest Guy On The Planet Is My Best Friend", e in parallelo esiste anche una certa devozione, come annunciato dal polistrumentista di Macerata, unico responsabile del progetto, per Damon Albarn, Beck e Donovan, con il sound cosmico di "Hurdy Gurdy Man" e quella velata felicità dai toni pacati, a tratti malinconici, coperti da una finta spensieratezza esistenziale, tipica dei '60s o dell'album 'Odelay' del già citato Beck. Questo approccio in stile power flower, dona a giusta ragione, un'immagine d'artista completo, e mette in evidenza un amore viscerale per un certo tipo di psichedelia, fino a renderlo, anche se solo sporadicamente, ossessivo. Il musicista italico trova quindi sfogo tramite questi otto brani solari, dal taglio psych folk, ipnotici e molto space rock oriented, creando cosi un album colorato, curato e ben confezionato, quasi perfetto, che nel suono dei synth di "Core Memory Unlocked", oppure in quello di "Hot Car Song", trova la sua collocazione ideale. Il disco è interessante e vivace, eppure soffre del fatto che in taluni frangenti, sembra incombere il pericolo di ricordare in qualche pezzo, altri artisti o composizioni famose. Questo non è un male assoluto ma crea nel sottoscritto un certo sconcerto, un dubbio atroce sul come giudicare quest'opera, se un capolavoro o una normale buona replica di musica del passato. Quello dei The Cosmic Gospel è sicuramente un buon progetto che lavora al di sopra della media dando vita a una musica surreale, pop e dal gusto vintage, avvalendosi peraltro di nuove e moderne tecnologie di registrazione, con eccellenti esiti di produzione, e sono sicuro che il passo futuro sarà ancora più articolato e personalizzato, in un ambiente non certo facile come quello della psichedelia. Mi piace il coraggio della proposta di questo musicista che impugna i The Beatles come gli EELS, cercando di fonderli assieme e lo immagino proiettato nel raggiungere il cosmo, inspiegabile e floreale, del genio di Julian Cope, magari sulla scia del suo ultimo album 'Robin Hood', dello scorso anno. Un disco da assaporare lentamente, sposandone l'ottica derivativa ma anche assaporandone le sfumature di colore e luce che vi sono nascoste tra le note delle sue composizioni. Un album che ha dei centri di gravità permanenti molto definiti ma al tempo stesso ben rimescolati tra loro, per un consigliato, gradevole ascolto, ovviamente al limite dell'allucinogeno. (Bob Stoner)

venerdì 2 febbraio 2024

Sarneghera? - Il Varco nel Vuoto: Tales From the Lake Vol​.​2

#PER CHI AMA: Alternative/Math Rock
Tornano i bresciani Sarneghera? per raccontarci altre epiche storie proveniente dal lago d'Iseo, utilizzando quel loro stralunato sound che già avevamo avuto modo di apprezzare in 'Dr​.​Vanderlei: Tales From the Lake Vol​.​1', atto primo del quartetto nostrano. 'Il Varco nel Vuoto: Tales From the Lake Vol​.​2' prosegue su coordinate similari, arricchendosi tuttavia di ulteriori richiami che, nella distruttiva traccia d'apertura, "Human Killa Machina", sembrano accostare a quella disarmonica linea ritmica già descritta nel debut, richiami di "beatlesiana" memoria nel bridge centrale o addirittura echi dei The Buggles, quelli che cantavano "Video Killed the Radio Stars", per intenderci. Sarò un visionario, però questo è quello che ci sento, nonostante la band lombarda ci prenda a badilate sul muso. E continuano a farlo anche nella più punkeggiante "Vono Box", una cavalcata abrasiva interrotta da momenti più ragionati, che rendono l'ascolto dei nostri più interessante, soprattutto a fronte di un'alternanza vocale - pulito/distorto - alquanto azzeccata e a delle liriche che ancora una volta miscelano più lingue. "Sos" è un pezzo più ipnotico, grazie a un'arpeggiata parte introduttiva che lascerà ben presto il posto a una roboante ritmica in grado di evolversi ulteriormente verso più direzioni, tra il math, l'alternative e il post metal cinematico. Non si tirano certo indietro i Sarneghera?, il braccino corto lo lasciano ad altri e provano in mille modi a sperimentare, riuscendoci poi più o meno bene e non importa, ciò che è rilevante è quello che ne venga fuori sia sicuramente ancora assai apprezzabile. Ultimo brano e sento anche qui odore di provocazione, cosi com'era successo nel primo EP: "L'Universo è una Parte di Me", cantata anche qui in italiano (un'altra analogia col precedente lavoro), mescola garage rock, indie, alternative, post-hardcore e tanto altro, per un pezzo breve, ma ficcante al punto giusto. Mentre mi rimetto ad ascoltare l'EP, ribadisco la necessità di un lavoro più lungo per meglio tastare il polso dei bravi Sarneghera?. (Francesco Scarci)

(Overdub Recordings/I Dischi del Minollo - 2023)
Voto: 74

https://sarneghera.bandcamp.com/album/il-varco-nel-vuoto-tales-from-the-lake-vol-2