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mercoledì 3 novembre 2021

RüYYn - S/t

#PER CHI AMA: Black, Watain
Espresso one-man-band in arrivo al primo binario direttamente dalla Francia. Un espresso cosi veloce, che formatosi in questo spettrale 2021, ha già ottenuto un bel contratto con la Les Acteurs de l'Ombre Productions e rilasciato un primo EP di debutto. E bravo Romain Paulet, il musicista che si cela dietro a questo stravagante moniker, e responsabile del concepimento di queste cinque tracce a dir poco glaciali. Lo dimostra immediatamente quel riffing gelido in apertura di 'I', la song che apre questo omonimo dischetto. Una ritmica violenta e arcigna, contraddistinta da un drumming forsennato e da uno screaming infernale, tre elementi che ci conducono dritti negli inferi. Non inferi dal cuore ribollente però, perchè le vibrazioni emanate dalla linea di chitarra dei RüYYn sono cosi fredde da indurre piuttosto brividi da congelamento. Niente di innovativo sia ben chiaro, ma il maligno feeling emanato dalle note di questo lavoro, non lasciano certo indifferenti, ve lo posso garantire. La consistenza del black prodotto dal buon Romain potrebbe ricondurre al black scandinavo dei Watain di metà carriera, con quel pizzico di melodia supportata da alcune rare parti atmosferiche. Lo confermano infatti anche i successivi pezzi, che in ordine progressivo, "II", III", "IV" e l'outro ".....", completano un'opera che di sicuro non farà gridare al miracolo, ma che tuttavia trova un suo perchè e quindi una sua collocazione nella mia personale discografia. La seconda traccia è un bell'esempio di black mid-tempo, con porzioni melodiche che stemperano quelle un po' più feroci. La terza è il classico attacco all'arma bianca che potrebbe rievocare anche un che del black norvegese, cosi tirato e privo di tutti quei fronzoli che rischierebbero di ammorbidire una proposta che credo abbia invece l'obiettivo di suonare malvagio, per toccare l'anima nera che ognuno di noi in fondo possiede. Interessante il tentativo di cambiare il registro vocale, cosi come pure, le violente ritmiche black punk con quelle partiture disarmoniche che brutalizzano il mio residuo cerebrale. Il massacro in tremolo picking prosegue anche attraverso l'efferatezze sonore della quarta traccia, che peraltro vanta uno splendido epico finale che ci conduce fino a ".....", gli ultimi 50 secondi affidati ad un ambient deprivato di ogni emozione. Insomma, glaciali, per chi non l'avesse ancora capito. (Francesco Scarci)

lunedì 1 novembre 2021

Seims - Four

#PER CHI AMA: Post/Math Rock
Era il 2020 quando raccontavamo nel Pozzo di '3 + 3.1', proposta alquanto originale, a cavallo tra post e math rock, a cura degli australiani Seims. Oggi il quartetto di Sydney ritorna con un nuovo capitolo intitolato 'Four' (continuando la storia con la numerologia nei suoi titoli). Dieci nuovi brani che aprono con i tocchi fiabeschi di "The Mountain's Lullaby", song che funge da intro per la successiva "The Pursuit of Intermediate Happiness", in cui a fare la comparsa è una deliziosa sezione di archi (violoncello e violino) ed un crescendo che mantiene un'analogia strumentale nei suoi suoni, in un filo conduttore che sembra voler narrare una storia. Una storia che tuttavia non trova una continuità stilistica con la successiva "Showdown Without a Victim", che cambiando registro, mostra una visione psichedelica dei nostri sorretta comunque da una roboante sezione ritmica dove ci sembra di immaginare un soggetto in fuga da un intricato dedalo di suoni, con un'alternanza ritmica che comunque riconduce sempre all'iniziale emozione generata. Da un punto di vista strumentale, il brano restituisce una serenità emotiva che stempera l'incalzante emozionalità del brano. "Shouting at a Brick Wall" crea invece un senso di attesa con quel suo iniziale giro di chitarra, che non tarda comunque ad arrivare, esplodendo infatti in una ritmica dall'elegante sapore punk math rock, in una proposta musicale che spinge al continuo movimento (grazie anche ad un splendido assolo di violino) fino al suo improvviso ed inatteso arresto. L'inizio ipnotico "Stranded. Isolated" potrebbe tranquillamente collocarsi nella colonna sonora di 'Blade Runner' grazie ai suoi synth che cederanno presto il passo ad un avanzare cibernetico che trova un punto di svolta a metà brano, laddove troviamo un cambio quasi radicale della proposta iniziale. Il brano però non sembra filare nel modo corretto e alla fine dell'ascolto, il risultato sembrerà quasi inconcludente, non catturando completamente l'attenzione dell'ascoltatore, forse per un eccesso di stili e cambi di registro. "Elegance Over Confidence" ha un esordio decisamente più convincente, evocando un che degli Archive, in uno stralunato climax ascendente sottolineato da un'esplosiva prova della batteria (qui molto jazzy) e da una melodia guidata da nevrotici giri di chitarra in grado di tenere costante quel senso galvanizzante innescato. Ancora un muro di synth per "Biting Tongues", l'unica song insieme a "The Mountain's Scream", dove fa la comparsa la voce (tuttavia un po' sottotono) di Simeon Bartholomew accanto ad un riverberato ed esplosivo giro di chitarre. Intro cinematografico per "Nuance Lost in Translation", dai tratti un po' burberi nella parte iniziale prima di sfociare in un sound dai lineamenti orchestrali e orientaleggianti davvero entusiasmanti. "Understatement" è un pezzo arpeggiato che sembra fungere da ponte per la conclusiva "The Mountain's Scream". Dopo un inizio marziale, la traccia evolve grazie ad un tremolo picking sorretto da uno stravagante apporto corale, in una caleidoscopica alternanza di stili ed emozioni che chiudono degnamente questo quarto capitolo targato Seims. (Francesco Scarci/Ilaria de Ruggiero)

(Art As Catharsis/Bird's Robe Records - 2021)
Voto: 75

https://store.seims.net/album/four

domenica 31 ottobre 2021

Solkyri - No House

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Già recensiti su queste stesse pagine con il loro ultimo 'Mount Pleasant', riscopriamo attraverso la Bird's Robe Records, quello che fu il debut EP degli australiani Solkyri. 'No House' uscì infatti nel febbraio 2011 e l'etichetta australiana, per celebrarne i 10 anni di vita, ripropone quest'uscita in collaborazione con la Dunk Records in un vinile da 180g. Il dischetto consta di sei tracce con le danze che si aprono con le note soffuse di "Zee Germans", un pezzo in cui a mettersi in evidenza è una malinconica tromba che porta però ad un crescendo inconcludente del brano. Si passa quindi a "Court-A", dotata di una melodia che potrebbe costituire più un blando sottofondo musicale. Le atmosfere si presentano sognanti per l'assolo di un flauto che guida l'ascolto per buona parte del brano e che lentamente va a crescere di portata ritmica e in misura direttamente proporzionale anche di interesse, fino a creare una bolla caotica, disinnescata dalla tenue presenza di pianoforte e flauto che vanno a chiudere il pezzo. Con "This Can't Wait" si parte meglio con suoni più accattivanti e un crescendo più rapido rispetto alla traccia precedente. Lo stile si mantiene comunque morbido nei pressi di un arioso post-rock, tuttavia manca sempre qualcosa, indovinate un po' voi? Eh già, una voce avrebbe enfatizzato l'aspetto emozionale dell'ascolto, anche nei momenti più aggressivi del brano. Un nostalgico pianoforte apre "Strangers", a cui si accompagna l'onnipresente (e spesso fastidioso) flauto e anche degli archi che conferiscono una cinematicità all'intero lunghissimo pezzo, ma di contro anche una certa monoliticità che rende pertanto statico l'ascolto. I dieci minuti del pezzo rischiano alla fine di tediare, visto che la proposta del quartetto di Sydney fatica a prendere il volo almeno fino al settimo minuto, quando con una ritmica più movimentata (e pure intricata), rompe finalmente gli indugi di quella quasi esasperante staticità iniziale del brano. Arriviamo nel frattempo a "Young Man, You Will Die of this Company", una song che potrebbe evocare gli *Shels di 'Plains of the Purple Buffalo', che sembra preparatoria ad un qualcosa che in realtà non arriverà mai. Con la conclusiva "Slowly, We Take Steps (Astronauts)", si torna a percorrere la strada della malinconia con un sound cinematico quasi volto a richiamare le soavi note del Maestro Morricone, in un ultimo atto che chiude quest'opera prima, forse ancora un po' acerba, degli australiani Solkyri. (Francesco Scarci/Ilaria de Ruggiero)

(Bird's Robe Records/Dunk Records! - 2011/2021)
Voto: 63

https://solkyri.bandcamp.com/album/no-house

venerdì 29 ottobre 2021

Piet Mondrian - #Di Che Stiamo Parlando

#PER CHI AMA: Indie Rock/Synthwave
Di che stiamo parlando quando parliamo di tecnopop? Il neoplasticismo musicale ostentato dai Piet Mondrian compie un percorso sonoro indubbiamente identitario. Synth/etismi rettangolari e quel caratteristico vocione nuovoromantico estetizzante in bocca a chiunque (tranne Battiato) trovasse il coraggio di collocarsi davanti a un microfono nei primiottanta. Battiato, già. Quello di 'Passaggi a Livello', più precisamente quello della sequenza di quadrisillabi in chiusura, ritrovato nei finali strampalati di "Canetti", "Rumore Bianco", ma anche e soprattutto "Tu Sei il Paradiso" (fate un confronto con "Listening Wind" dei Talking Heads). Quello più alchemico di 'Gommalacca' e 'Ferro Battuto' per via della profondità quasi ambient conferita ai suoni. Quello delle citazioni, disseminate in giro come origano sulla pizza ("Canetti", "Rai 5", "Fosteruollas" o i monologhi di "Derrida"). Battiato soprattutto, ma anche Garbo, i Talking Heads, gli Ultravox, i Bauhaus. I CSI. (il singolo "Un Dio Ovunque"). Qualcuno ha individuato il barrito di "Immigrant Song" (Led Zeppelin) in "Tu Sei il Paradiso"? No? (Alberto Calorosi)

(Borgo Allegro - 2017)
Voto: 75

https://www.facebook.com/pietmondrianband/

The Pit Tips

Francesco Scarci

Forelunar - Forlorn in Despair
Noltem - Illusions in the Wake
Grav Morbus - Masohhist

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Death8699

Cradle of Filth - Existence Is Futile
Lutharo - Hiraeth
Morta Skuld - Suffer For Nothing

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Alain González Artola

Yvla de Lune - I
Silent Thunder - Usurping the Hall of Might and Splendour
Forgotten Sword - One Ring - One Rule

 

Sodom - Decision Day

#FOR FANS OF: Thrash Metal
This album is quality thrash metal. It's not overly heavy in any respect. It's a relatively mild Sodom with a killer groove to it. All 50 minutes were worth it. I liked all the songs. I mostly liked the guitars and vocals. Those are two key things I look forward to in an album. The production sound is good as well. It crystalizes the music and gives it justice. The quality in the guitar riffs are totally there as well as the leads. I dug everything about this release. It didn't bore me in any way, it was in every respect WORTH IT. If you're a lover of thrash metal, you've got to hear this one. Even though it's a "B" average, it still has that German thrash vibe to it.

Sodom has been around since 1981 and Tom Angelripper (bass/vocals) has been the longtime member of the band. They have gone through several lineup changes especially was notable when Frank Blackfire was with the band during the 80's and 'Persecution Mania' as well as 'Agent Orange' came out way back then. They've been on and off with quality releases but here they show that they're still making good thrash metal albums. I enjoyed Sodom early on having the cassette tape of 'Persecution Mania' playing it quite often back then. I feel like they still "have it" in terms of the music and groove.

So there was a gap in listening to the relatively newer releases, but I got a few of them. 'Epitome of Torture' is another example. I favored this one over it. But it still was a good release. Sometimes it's hit or miss with bands but those who are in for a long time still are releasing descent music like Destruction and of course Sodom too. Sodom seems to take a different approach though. Destruction seems to have albums that sound the same. These guys experiment with sounds. And riff-writing wise. They have some quite catchy riffs here, as was also heard with the release of 'Code Red'.

It'd be a good idea to maybe check this out on YouTube. What you'll find is that the album isn't really that fast, but catchy. And qualiy sound production as well. It's definitely one that hits home in every aspect. The lineups change but the frontman is always about kicking ass. All 50 minutes as I said is worth sitting through. And what we have to look forward to is their new release this year. I'm hoping that it will be somewhat similar to this or old Sodom. But until then, we still have 'Decision Day'. Check it out! (Death8699)


(Steamhammer - 2016)
Score: 75

https://www.facebook.com/sodomized

Flying Norwegians – Wounded Bird

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Psych/Country Rock
La cittadina di Bergen non significa solo Burzum, Borknagar, black metal o avantgarde metal, molto tempo prima del periodo metal infatti, la musica nell'abitato norvegese, aveva forgiato altri eroi e altri generi musicali. Alla fine degli anni '60, il chitarrista Rune Walle e il batterista Gunnar Bergstrøm, erano degli emergenti e giovani musicisti molto abili, che vennero presto reclutati nella rock band Saft, e parteciparono all'incisione del terzo, fortunato album, dal titolo 'Stev, Sull, Rock 'n Roll'. L'ambizione dei due però ardeva forte per una svolta musicale più country, eguagliando le vette di Eagles e Flying Burrito Brothers, così nel gennaio del 1974, i nostri decisero di formare una propria band dal nome, Flying Norwegians. La breve introduzione storica, serviva a presentare questa ultima ristampa (disponibile anche in cd, vinile e formato digitale), del loro fortunatissimo secondo album, intitolato 'Wounded Bird', del 1976, che li rese assai celebri in patria e che portò Walle a suonare anche con gli Ozark Mountain Daredevil in America, a seguito di celebri band come the Doobie Brothers, Jeff Beck, The Beach Boys. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, tra album buoni e sperimentazioni meno significative, tour, separazioni e reunion, fino ad arrivare a questa fedele ristampa che mantiene il sound caldo e profondo della band direttamente dal mastertapes originale, senza stravolgerne gli equilibri, mantenendone le caratteristiche originali. Qui tutto il calore del loro sound viene trasferito con perizia e gusto in digitale, per assaporare al meglio le atmosfere della steel guitar e quegli ambienti d'estrazione a stelle e strisce che, in quel periodo, permisero alla band scandinava di essere soprannominata col giusto onore, Eagles di Norvegia. Il resto lo dice l'ascolto del disco, con le sue atmosfere sognanti, in pieno spirito psichedelico d'epoca 60's, con innesti di rock alla The Byrds e quel classico country sempre in perfetto equilibrio. Composizioni multicolori contornate anche di escursioni musicali virtuose, il canto solare, il banjo e l'immancabile folk di matrice americana, la presenza costante di una forte e caratteristica connotazione europea, in stile Runrig (periodo 'Play Gaelic'), che mantiene costantemente i brani lontani da qualsiasi tentazione di plagio. Inutile fare l'elenco dei brani migliori, l'opera va riscoperta nella sua totalità, canzone dopo canzone, nota dopo nota, per essere assaporata a dovere. Un ottimo lavoro di ristampa che non mancherà d' essere ben apprezzato anche da chi non ha potuto ascoltarlo alla sua prima realizzazione, sicuramente apprezzabile anche da un pubblico più giovane, appassionato di riscoperte storiche. (Bob Stoner)

martedì 26 ottobre 2021

Glasgow Coma Scale - Sirens

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
La scena teutonica per cosi dire alternativa, sta crescendo ormai da un paio d'anni a vista d'occhio, sfornando band a destra e a manca. Gli ultimi di cui faccio conoscenza, ma non sono certo pivelli avendo quasi dieci anni di attività alle spalle, sono questi Glasgow Coma Scale, combo originario di Francoforte che con questo 'Sirens' mostra il proprio suggestivo mix di post rock e stoner. Peccato solo che si tratti di una proposta strumentale perchè le carte in regola per fare benissimo, c'erano tutte. Lo dimostrano le intimistiche sonorità dell'opener "Orion", che ammiccano nei suoi quasi otto minuti, ad uno space rock che potrebbe chiamare in causa un che degli Hawkwind, senza dimenticarsi di quelle partiture psichedeliche nel finale che ci conducono nei pressi di un sound di kyussiana memoria. Niente male, davvero. Peccato solo che il comparto vocale sia coperto da pochi secondi di spoken words. "Magik" parte in sordina, con un prog rock astrale seducente ma che necessita di quel quid per farla esplodere e renderla più coinvolgente. Arriverà verso il terzo minuto con il brano che aumenta i giri del motore per 60 secondi prima di un break atmosferico di scuola Porcupine Tree che fa da preambolo ad un finale a dir poco infuocato. Ci siamo, ci siamo quasi, bisogna lavorare esclusivamente sui dettagli. Quelli che verosimilmente vengono maggiormente sottolineati in "Underskin", un delicato ed etereo brano post rock, niente di particolarmente originale, ma dotato sicuramente di un certo appeal, soprattutto là dove i nostri schiacciano con più veemenza sull'acceleratore dando delle bordate elettriche su di un tappeto ritmico post metal malinconicamente ondivago. Però diavolo, se ci fosse stata una voce, non sarebbe forse stato meglio? La title track prova a venire fuori con un sound ancor più accattivante ma niente, quello che manca è un urlaccio che faccia sentire tutte le emozioni che stanno in seno alla band. "Day 366" prosegue sulla scia di un emozionale post rock d'annata, fluido, melodico, sicuramente interessante ma che tuttavia manca di un pizzico di originalità in più, cosa che magari poteva essere prodotta da una voce, chissà. Si lo so, risulto provocatorio addirittura noioso, ma non mi stancherò mai di ribadire la necessità di un vocalist che blateri qualcosa anche solo per pochi secondi. Tutto sarebbe risultato molto più figo, anche per quel che concerne la conclusiva "One Must Fall", ultimo fragoroso atto all'insegna di oscuri suoni lisergici guidati da una poderosa ritmica che rendono questo 'Sirens' un disco da consigliare però ai soli amanti del genere. (Francesco Scarci)