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mercoledì 7 novembre 2012

Toorn - Kronieken Van Het Einde

#PER CHI AMA: Death Doom, primi Katatonia
Toorn… Ira. “Kronieken Van Het Einde”… “Cronache della Fine”. Fatevi pure un’idea sul cosa aspettarsi dall’ascolto del secondo lavoro, uscito il 30 settembre, della one man band fiamminga, guidata da Mr. Gorik. La strumentale “A” apre il disco e le sue malinconiche melodie richiamano immediatamente il sound atavico dei Katatonia (era “Brave Murder Day”). Potrete pertanto immaginare la goduria per le mie orecchie, ma aspettiamo ad esaltarci; certo che quando “Omen” attacca, è inevitabile l’accostamento con i gods svedesi, anche in modo fin troppo eccessivo. Poco importa però, la band di Blakkheim e soci, ha ormai preso il largo verso altri lidi più rock, quindi ben venga la proposta death doom, dalle forti venature autunnali del mastermind belga. Se mi chiedete poi di descrivervi l’album, beh questo mi risulterà estremamente semplice: prendete ancora una volta il capolavoro della band svedese, traslate quel sound al 2012, quindi modernizzandolo con gingilli ed orpelli vari, tenendo come costante la lunga durata dei pezzi, un sacco di parti atmosferiche con voci soffuse, e avrete anche voi il vostro gioiellino di death depressivo a portata di mano. “Zomerzonnewende” apre con il più classico degli arpeggi, che tra l’altro ricopre buona parte della canzone, prima di lanciarsi in una sorta di climax ascendente, all’insegna di un sound emozionale che si mantiene comunque soffuso e decisamente melancolico. Poco spazio, ma va bene cosi, alla voce di Gorik, che si alterna tra un growling/screaming estremamente “gentile” ed alcuni vocalizzi oscuri ma puliti. Le chitarre stanno sempre li, a dipingere desolati paesaggi innevati, con le ritmiche che talvolta divengono aggressive (quasi black), e “Solitaire” ne è un esempio, che spinge sull’acceleratore che è un piacere, ma le cui keys di sottofondo e le parti arpeggiate, regalano deliziose melodie ancestrali. “Hiaat” è un altro pezzo strumentale che ci prepara al poker conclusivo, che si apre con i dieci minuti abbondanti di “Carpe Omnia”, song piuttosto ruvida, in cui il nostro Gorik sembra perdere per strada un po’ dello smalto con cui aveva deliziato il mio palato nella prima parte del lavoro: troppo poco convincente ed assai impersonale la ritmica nei primi cinque minuti; il classico intermezzo acustico, fortunatamente risolleva le sorti di una traccia di cui avrei certamente fatto a meno. “Winterzonnewende” lascia presagire sin dal titolo di essere una song dalle sfumature invernali, e l’ennesima apertura acustica (suggerisco una drastica riduzione di questo tipo di aperture), permette solo di intravedere le tenebre della notte nordica. Comunque ottima song che forse arriva addirittura a richiamare “Dance of December Souls” dei pluricitati Katatonia. “Ω” chiude in definitiva un album dalle ottime prospettive, che auspico non passi inosservato a chi, come me, si ciba di questo genere di calde sonorità autunnali. Poi siamo anche nella stagione giusta, quindi guai farselo sfuggire… (Francesco Scarci)

(Self) 

Voto: 80