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domenica 2 febbraio 2025

Irae - Promiscuous Fire

#PER CHI AMA: Black Old School
'Promiscuous Fire' è un EP che cattura l'essenza del black metal portoghese, un genere noto per la sua intensità e atmosfera assai oscura. Gli Irae, one-man band tra le più rappresentative della scena (con sei album, tre EP e ben 19 split all'attivo!!), dimostrano anche qui di voler proseguire nel loro intento di proporre un black old school. Il 4-track si apre con l'atmosfera cupa e minacciosa di "The Curse of Lael", caratterizzata da riff di chitarra taglienti e una produzione grezza che ricorda le origini del black metal, senza però rinunciare a una certa chiarezza sonora. Le tracce sono costruite su strutture complesse, con cambi di tempo repentini e melodie ancestrali che evocano un senso di disperazione e rabbia. Lo screaming, aspro e disperato, di Vulturius si fonde perfettamente con l'atmosfera generale, aggiungendo un ulteriore strato di intensità emotiva. Tracce come "Vinho de Gólgota" e "Porco de Satanás", sembrano voler rievocare le radici del black, chiamando in causa i primi Bathory e i Darkthrone, e sono esempi perfetti di come il mastermind lusitano riesca a creare brani veloci e malvagi, mantenendo intatta l'essenza del black primordiale. La produzione, pur mantenendo un suono crudo e autentico, permette di apprezzare ogni dettaglio della composizione, dalle dissonanti linee di chitarra (ascoltare la controversa "Endless Circle") alle debordanti mazzate alla batteria che contribuisce a creare un ritmo incalzante che trascina l'ascoltatore in un vortice di emozioni contrastanti. Insomma, 'Promiscuous Fire' è un discreto ritorno che conferma gli Irae come una delle band più interessanti del panorama black iberico e che vede la band proseguire nel personale desiderio di non tradire le radici del genere, offrendo un'esperienza sonora intensa e coinvolgente. Consigliato però ai soli appassionati di black old fashioned. (Francesco Scarci)

Disinter - Demonic Portraiture

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Death Metal
Veramente pregevole questo secondo full-length dei Disinter, gruppo di Chicago dedito a sonorità death metal con sfaccettature brutal. La band in questione non spicca certo per la sua originalità, ma propone una miscela omogenea che va a pescare da gruppi svedesi, quali Dismember e At the Gates, piuttosto che dai modelli americani. Il punto di forza del gruppo è sicuramente il drummer, paragonabile veramente a un martello pneumatico. Questo 'Demonic Portraiture' è composto da dieci brani al cemento armato con l’aggiunta di "Blinded By Fear", cover degli At the Gates. L’album comincia con un breve intro acustico che sfocia in "Strength & Honour", la prima vera song del disco, che presenta una ritmica veloce e brutale. Si prosegue nell’ascolto di brani sempre di buona fattura tra cui spiccano la thrasheggiante "Woven With Pestilence and War" e la title-track, che unisce un riff mid-tempo a cambi fast death metal. Come il precedente 'Welcome To Oblivion', questo lavoro dei Disinter dimostra ancora una volta la loro fedeltà a un certo tipo di death metal old-style.
 
(Morbid Records - 2001)
Voto: 70
 

Hail Spirit Noir - Fossil Gardens

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Con 'Fossil Gardens' i greci Hail Spirit Noir segnano un nuovo capitolo nella loro percorso musicale, tornando a esplorare con maggiore enfasi le loro radici black metal, senza però rinunciare alla sperimentazione che li ha sempre contraddistinti. Questo sesto album, pubblicato nell'estate dello scorso anno, è un viaggio sonoro ambizioso che mescola elementi di metal progressivo, psichedelia e rock gotico, creando un'opera complessa e affascinante. L'album si apre con "Starfront Promenade", un brano che cattura subito l'attenzione grazie a riff di chitarra potenti e blast beat tipici del (post) black metal atmosferico, con un connubio di voci, growl e pulite. È evidente un cambio di direzione rispetto al precedente e controverso 'Mannequins', che si muoveva in territori più vicini al synthwave. In 'Fossil Gardens', il sestetto di Salonicco recupera invece la ferocia del metal estremo, ma la fonde con la loro inconfondibile vena sperimentale. La produzione è impeccabile: calda e potente, in grado di valorizzare sia i momenti più aggressivi che quelli più delicati. Gli arrangiamenti sono stratificati e complessi, con synth cosmici e chitarre che si intrecciano in modo fluido ("The Blue Dot"). Ma anche altri, brani come la lunga "The Road to Awe", incarnano perfettamente questa fusione, alternando sezioni vocali che spaziano dai growl feroci a melodie pulite e ipnotiche. E ancora sottolineerei, l'avanguardismo di "The Temple of Curved Space", il post black della title track che guarda ad atmosfere cinematiche e blackgaze, senza dimenticare nemmeno la stravaganza ambient-strumentale di "Ludwig in Orbit". Dal punto di vista lirico, questo nuovo lavoro affronta temi cosmici ed esistenziali, portando l'ascoltatore in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, attraverso testi enigmatici e profondi che aggiungono un ulteriore livello di coinvolgimento emotivo e intellettuale all'album. In definitiva, 'Fossil Gardens' è una prova convincente della maturità artistica degli Hail Spirit Noir, con i nostri che riescono a combinare il peso del metal estremo con elementi progressivi e atmosfere psichedeliche, offrendo un'esperienza sonora davvero entusiasmante che farà la gioia di chi ama il metal d'avanguardia e cerca qualcosa di stimolante ma un po' più accessibile, per un viaggio affascinante da intraprendere senza alcuna esitazione. (Francesco Scarci)

sabato 1 febbraio 2025

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martedì 28 gennaio 2025

The Pit Tips - Best 2024

Francesco Scarci
 
Iotunn - Kinship
Akhlys - House of the Black Geminus
Voraath - Vol 1: The Hymn of the Hunters
Evoking Winds - Your Rivers
Hail Spirit Noir - Fossil Gardens
 
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Alain González Artola
 
Isenordal - Requiem for Eirênê
Dwarrowdelf - The Fallen Leaves
Seth - La France des Maudits
Hrad - Leaving the Ancient Times Behind
Ardente - La Nuit Éternelle

Dark Tranquillity - Endtime Signals

#PER CHI AMA: Swedish Death
'Endtime Signals' dei Dark Tranquillity, si erge come un autentico monumento alla malinconia e all'introspezione, un viaggio musicale che esplora i meandri più profondi dell’anima. Questo nuovo album rappresenta una fase evolutiva per la storica band svedese, intrecciando un mix di pessimismo e riflessione che permea ogni traccia. Il viaggio si apre con "Shivers and Voids", un brano che fonde un’introduzione malinconica affidata alle tastiere a chitarre distorte, creando un’atmosfera avvolgente e accattivante. Riff affilati e percussioni martellanti dialogano con passaggi più atmosferici, mantenendo l’ascoltatore costantemente in tensione. Tra le tracce più impattanti troviamo "Unforgivable", un pezzo dirompente e diretto, dove i blast beat scuotono le fondamenta e i riff sembrano divorare lo spazio circostante. Nonostante l’intensità travolgente, la ricerca melodica rimane centrale: gli assoli di chitarra, impeccabili dal punto di vista tecnico, offrono istanti di pura estasi sonora. "Neuronal Fire" impressiona con un’introduzione atmosferica che culmina in momenti di aggressività magistrale. Il brano si distingue per il suo assolo di chitarra particolarmente ispirato e per le dinamiche avvincenti che catturano sin dal primo ascolto. "Not Nothing" si apre lentamente, avvolgendoci in una malinconia quasi ingannevole, per poi trasformarsi in una potente traccia di metal estremo. Le melodie accattivanti e un finale che richiama l’incipit, conferiscono al pezzo una struttura circolare perfetta. Ogni brano dell'album diventa una finestra su paesaggi interiori complessi, dove luce e tenebra danzano in un duello eterno. La rabbia manifestata in alcuni episodi (penso a "Enforced Perspective", il brano meno convincente del lotto) si alterna a momenti di intensa riflessione. Un esempio toccante è "One of Us Is Gone", un tributo emozionante all'ex chitarrista Fredrik Johansson, spentosi nel 2022 per un tumore. Qui la band si allontana temporaneamente dall’aggressività del metal per immergersi in una dolcezza malinconica, accompagnata da violini che si intrecciano magistralmente con le melodie vocali di Mikael Stanne. Il risultato è una sinfonia ricca di emozioni, capace di colpire nel profondo. Allo stesso modo, "False Reflection" si presenta come una ballad atmosferica che si trasforma gradualmente in un finale epico. Il connubio tra tastiere e chitarre pulite aggiunge delicate sfumature a un album pervaso da forza e determinazione. In definitiva, 'Endtime Signals' non è solo un album: è un’esperienza immersiva di quasi sessanta minuti (nella versione con due bonus track), un’opera che invita a riflettere sulla condizione umana. I Dark Tranquillity riescono a mantenere viva l’essenza del loro sound distintivo, pur esplorando nuove frontiere artistiche. Con una produzione attenta e una scrittura profondamente ispirata, questo lavoro risulta uno dei più affascinanti della loro recente discografia. Preparati a lasciarti trasportare da questa sinfonia cupa e stratificata, un album da ascoltare ripetutamente per coglierne ogni dettaglio e le mille emozioni racchiuse tra le sue note. (Francesco Scarci)
 
(Century Media - 2024)
Voto: 78
 

domenica 26 gennaio 2025

Thy Catafalque - XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek

#PER CHI AMA: Avantgarde/Black/Folk
Il nuovo album 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' dei Thy Catafalque rappresenta un ulteriore capitolo complesso e affascinante nella carriera di Tamás Kátai, la geniale mente dietro il progetto, consolidandone la reputazione nell’universo dellavantgarde black metal. Questo dodicesimo lavoro si distingue per una sorprendente fusione di stili, che si muovono dall’estremo al melodico, con un forte legame alla storia e alla cultura ungherese. La complessità musicale, una firma distintiva dell’artista magiaro, permea l’album attraverso elementi folk, prog, elettronica e avantgarde, oltre a intensi momenti di metal estremo. Per la prima volta, Kátai ha collaborato con il produttore Gábor Vári, ottenendo una produzione più raffinata rispetto ai lavori precedenti. Tra i dieci brani che compongono il disco, identificherei come di maggiore spicco "Mindenevő", un’intensa combinazione di growl e melodie accattivanti che richiamano vagamente gli Amorphis nelle note iniziali, a cui fa seguito una cavalcata black/death a guidarne il refrain. "Ködkirály" sembra articolarsi in due atti: una prima parte malinconica, impreziosita dalla voce femminile di Ivett Dudás (dei Tales of Evening) e una seconda, che si evolve in unesperienza sonora drammatica e potente, sospesa tra sonorità black e atmosfere imponenti dal sapore doom. "Lydiához" è una reinterpretazione malinconica e folkloristica di un brano dell’artista ungherese Sebő Ferenc, cantata con grazia, da Martina Veronika Horváth (The Answer Lies in the Black Void) e Gábor Dudás. I due artisti vanno a unirsi allo stuolo di collaborazioni (oltre 20 musicisti coinvolti) che hanno contribuito a rendere ogni traccia unica, arricchendo il tessuto sonoro dei Thy Catafalque, e donando sfaccettature sempre nuove ai pezzi. Nel frattempo si arriva a "Vakond", un vivace brano strumentale che intreccia stili e strumenti diversi, dal fischio al bouzouki, creando un’atmosfera festosa ma carica di nostalgia. La title track chiude il disco con melodie leggere e un ritornello coinvolgente, mettendo nuovamente in mostra la straordinaria versatilità della band. In definitiva, 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' riflette l’evoluzione continua e coraggiosa dei Thy Catafalque. Sebbene non raggiunga le vette dei precedenti 'Vadak' o 'Sgùrr' (che rimane il mio preferito), questo nuovo capitolo offre una ricchezza di suoni e ispirazioni che non mancherà di stupire anche lascoltatore più ignaro, regalandoci nuove prospettive ed esperienze sonore. (Francesco Scarci)

(Season of Mist - 2024)
Voto: 78

sabato 25 gennaio 2025

Anomalie - Riverchild

#PER CHI AMA: Post Rock/Atmospheric Black
Il nuovo 'Riverchild' degli austriaci Anomalie, segna un'importante evoluzione all'interno del panorama post-black metal. Con una durata complessiva di 54 minuti, questo quinto capitolo della band austriaca, targato AOP Records, esplora un'ampia gamma di influenze sonore, fondendo post-rock, black atmosferico e dark metal, per creare un'esperienza musicale ricca e stratificata. In questo modo, 'Riverchild' si distingue per la sua capacità di trasmettere emozioni in modo profondo attraverso composizioni articolate e dinamiche, sin dall'opener "Mother of Stars" con ogni brano poi, che scorre con inusuale naturalezza, invitando l'ascoltatore a immergersi in suggestioni emotive intense. Il sound dell'album si caratterizza per texture avvolgenti, melodie accattivanti e riff intrecciati con grande maestria, senza scordarsi poi della componente vocale, eccelsa nel muoversi tra vocals che sembrano derivare dal dark e un buon growl. La varietà stilistica presente nelle tracce, garantisce un'esperienza d'ascolto coinvolgente e sempre stimolante dall'inizio alla conclusiva "Thoughts" (una ballad in stile Moonspell), tra l'altro senza strafare, ma garantendo una certa fluidità melodica, dimostrata attraverso le ottime "Perpetual Night" (feroce a livello ritmico quanto ammiccante, a livello vocale), la malinconica title track o la più oscura "A Cosmic Truth". In definitiva, questo nuovo capitolo degli Anomalie conferma un talento che io ebbi modo di apprezzare su queste pagine, proprio dal primissimo lavoro 'Between the Light', talento che è stato poi in grado di evolvere nel tempo, mantenendo sempre alta la qualità che era già stata raggiunta nel precedente 'Tranceformation'. Questo nuovo lavoro sarà capace di catturare sia i fan di vecchia data, sia chi si avvicina per la prima volta al mondo del polistrumentista Marrok che guida la band di Leobendorf. (Francesco Scarci)