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#PER CHI AMA: Death Metal
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Se Atene rappresentò la culla della cultura, Stoccolma può senza ombra di dubbio essere definita la culla del death metal. La città ha infatti dato i suoi natali, tra gli altri, ad Entombed, Bloodbath e Dismember e proprio dalla capitale svedese arrivano anche questi Circle of Chaos. Il genere? Manco a dirlo è death metal nudo e crudo, dotato di una discreta vena melodica. 'Forlorn Reign', la terza fatica del quintetto scandinavo, che conta nelle sue fila ex componenti di Carbonized ed Abused, ci spara in faccia a mille all'ora la propria onesta proposta di death old school, che vede pochi tratti di originalità sia chiaro, ma che da un punto di vista tecnico-compositivo-distruttivo, sembra alquanto ispirato. Questa almeno l'impressione che ho avuto durante l'ascolto della roboante "Fires of Armageddon", un brano che ci prende a schiaffoni tra un riffing serrato e compatto, un growling incisivo, un drumming dirompente ed una componente solistica davvero con le palle, che con le sue derive melodiche (di scuola statunitense), rende più accessibile il pezzo. Non si può dire altrettanto della successiva title track che, minacciosa e torva, assembla tuttavia nella sua ritmica un'inaspettata sezione acustica che sembra richiamare più un pezzo hard rock che di metal estremo, il che cattura definitivamente la mia attenzione, grazie anche a ritmiche sghembe, ululati del vocalist in bilico tra scream e growl ed un finale caotico che mi ha rievocato "Raining Blood" degli Slayer. Si continua a correre veloci sui binari del death senza compromessi con "The Great Rite", un'altra traccia al fulmicotone che non fa certo prigionieri. Tuttavia, la band è abile nel cambiare repentinamente il proprio mood, passando da ritmiche selvagge a momenti più ragionati che in questo caso mi hanno ricordato lo straordinario 'Once Sent from the Golden Hall' degli Amon Amarth (peraltro un'altra band di Stoccolma, guarda caso). Il disco alla fine si muove su queste stesse coordinate anche nei successivi brani mettendo in fila momenti di grande devastazione ad assoli di un certo spessore. Ci provano i nostri a partire in modo più atmosferico in "Embracing Chaos", tra l'altro con una sezione ritmica piena, tortuosa e tonante, a cui dare seguito poi con un mid-tempo più compassato. Complice forse una durata più significativa (quasi sette minuti), che non consentirebbe la sopportazione di cotanto dolore inferto. Quando i cinque vichinghi decidono di pestare sull'acceleratore però, non ce n'è per nessuno e ci spazzano via con cotanta furia, accarezzandoci poi nuovamente con una raffinata sezione solista che a più riprese emerge dal caos primordiale costruito dalla band. Efferato l'attacco di "Spectral Disease" e siamo solo al giro di boa, visto che ci sono altri sei pezzi ad attenderci con altrettanta determinazione atta a frantumarci le ossa, tra potentissime ritmiche, acuminati assoli e spaventose vocals. Ci sono anche le song in lingua madre, la graffiante "Förödelsens Tid" con un assolo da paura e "Óveður", dove sperimentare ancora partiture acustiche, a dare risalto alle qualità dei nostri. Un intermezzo strumentale, "Age of Chaos" e si arriva all'epilogo affidato a "New Order", l'ultimo veemente atto di questo 'Forlorn Reign': qui il frontman si diverte a giocare con l'effettistica della voce, mentre le chitarre tratteggiano ancora una volta ritmiche forsennate e assoli taglienti come rasoi, a sancire l'eccelso lavoro fatto dai nostri a livello strumentale. Sull'originalità poi ribadisco, c'è ancora spazio al miglioramento. (Francesco Scarci)