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#PER CHI AMA: Progressive (tanto), Power (pochissimo) |
Gli italianissimi (e vicentini) Hypnotheticall si sono formati nel lontano (o vicino?) 1999, dall’incontro di tre elementi: Francesco Dal Barco (voce), Giuseppe Zaupa (chitarra) e Paolo Veronese (batteria). Dopo l’uscita del demo “In Need of a God?” nel 1999, a pochi anni di distanza ecco che vede la luce anche il primo lavoro (ufficioso, oserei chiamarlo) “Thorns”. Presisi una pausa di riflessione, nel 2005 tornano con dei nuovi membri: Mirko Marchesini (chitarra), che poi rimarrà fino ai giorni nostri. Uscito un altro lavoro nel 2006, e rimaneggiando le vecchie opere, si arriva all’anno in cui altri due elementi entrano nella band: Luca Capalbo (basso) e Francesco Tresca (batteria). Poco prima dell’uscita del vero e proprio album “Dead World”, Paolo Veronese esce dal gruppo. Rimarrà comunque citato nel booklet in quanto autore dei brani. La title track si apre con influenze industrial: suoni distorti, drum machine e aria inquietante. Dopo poco fanno breccia anche archi che aprono la strada alla chitarra forte e chiara. “The Eternal Nothingness of Sin” ha un ritmo incalzante ed aggressivo, mentre la batteria accompagna in modo scandito le parole, con qualche rullata qua e là. Tutta la canzone è un tripudio di batteria e chitarra, mentre la voce di Dal Barco rimane sempre grintosa. Nei ritornelli hanno inserito anche dei cori, che sollevano l’udito da un ritmo che rischierebbe di essere pesante. Verso l’ultima parte il ritmo diventa quasi acustico, rilassato: da li a poco si torna alla grinta iniziale, ma con una vena un po’ più melodica. Il loro primo singolo, “Fear of a Suffocated Wrath”, mostra una vena più melodica rispetto al brano precedente, ma comunque di forte impatto, avvicinandosi più ad un progressive metal condito da qualche scream, molto piacevole da ascoltare e cantare. “No Room to Imagination” cambia le regole in tavola: ritmo veloce, batteria pesante e la voce tornata al livello di “The Eternal […]”. Perfetta per essere cantata live, la song racchiude una perla di assolo di batteria+chitarra che si può trovare in altre band power-melodic: difficile tenere ferma la testa. “Heaven Close at Hand” sfiora leggermente l’industrial, con un intro di chitarra e batteria che ricorda (ma molto vagamente) le ambientazioni delle maggiori band americane. Tutto il brano è un vortice di diversa intensità: se all’inizio era incalzante, durante il cantato rallenta per accompagnarlo, tornando poi veloce e tosto. Degno di nota anche il massiccio uso della batteria in sottofondo. “Hi-tech Loneliness” mi ricorda un po’ gli Incubus, con la voce in primo piano e la chitarra appena pizzicata. Tutta la traccia si sviluppa su questo gioco, creando un ritmo sincopato. Molto interessante è anche l’assolo di chitarra, pieno di passione: un tributo al dio rock di stampo classico, dove la testa si reclina indietro e gli occhi si chiudono, assaporando nota dopo nota. “Lost Children” riprende il sound del singolo, con all’interno una piccola e breve occhiata alla musica mediorientale (a metà brano): si odono infatti note di sitar, e di un altro strumento a corde che viene suonato anche accompagnando la danza del ventre. Chiusa la parentesi arabeggiante, si torna al puro progressive dei Dream Theatre, i quali sicuramente avranno ispirato il nostrano ensemble. Questa è anche la prima canzone che si conclude sfumando, anziché chiudendo direttamente; probabilmente per accompagnare l’ultima traccia, la strumentale, “Bloody Afternoon”. Qui la chitarra torna nuovamente pizzicata ed acustica: mi immagino Zaupa seduto davanti ad un camino, in una giornata fredda e piovosa, mentre imbraccia la chitarra ed inizia a suonarla ispirato dal mood di quel momento; ne esce questa canzone calma e profonda, come racchiusa in un mondo tutto suo. Più che aver ascoltato un album, mi pare di aver fatto un viaggio, esplorando le diverse sfumature che il progressive può dare. Per essere il loro primo lavoro discografico, non è affatto male anche se ha bisogno di svariati ascolti per essere apprezzato pienamente. Ora non resta che aspettare il prossimo lavoro. (Samantha Pigozzo)
(Insanity Records)
Voto: 75