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giovedì 5 ottobre 2023

Mysticum - In the Streams of Inferno

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial Black
I Mysticum sono un gruppo norvegese di black-industriale molto particolare, con atmosfere glaciali ed inquietanti (ma auspico che la maggior parte di voi già lo sappia/ndr). La drum-machine in questo 'In the Strems of Inferno' è simile ad un martello pneumatico volutamente ripetitiva e prorompente. La voce black è malvagia però, quasi in sottofondo rispetto alla musica. Nei Mysticum l’uso dei synth e di campionatori è d’importanza rilevante perché è proprio in queste parti dove viene concentrato il suono freddo e industriale. Le otto tracce qui presenti sono un inno al male, ed è inutile addentrarsi nella spiegazione di ogni singola canzone visto che il lavoro è oscuro in ogni suo elemento e privo di cali di tensione. Ascoltatelo quindi in completo silenzio, fatevi rapire dalla follia compositiva. Imperdibile.

(Full Moon Productions/Peaceville Records - 1996/2023)
Voto: 85

https://www.facebook.com/mysticums

Crypta - Shades of Sorrow

#FOR FANS OF: Death Metal
This vocalist sounds like a female version of Dani Filth. There’s actually more than one tone of vocals. It’s mainly guttural throat with variations. I like it. This one tops their debut 'Echoes of the Soul.' I’m missing Sonia Anubis though but they’re still a great band. Melodies galore mixed with hardcore death metal. The leads are superb too. I weigh heavy on bands that incorporate leads in their music, a lot of them are whiskey washy but Crypta has technical guitarists that live up to their potential. The band is in their 20’s I don’t think older than this.

Everything seemed to fit in quite well the riffs, leads, vocals, production, mixing and more! They have a lot to contribute to the death metal community. After Sonia’s departure from the band, they seem to have a lineup that’s phenomenal. It took me a while to get used to the vocals on their debut but now I’m highly acclimated to them now! And they’re not just screaming they have a lot of variety. Really hardcore which goes well with the music. There aren’t many styles here, just death metal with the Dani Filth type female vocals. It goes well with the music. I like the deep throat onslaught as wel!

The riffs and leads are showing signs of immense progress since their debut came out. There’s just a lot of dynamics and variety in their music. The leads are quite technical like Sonia was. They’re not as good as her but they’re still lynching the metal genre with tremendous potential. I feel that if they continue on this path they’ll be successful. They’re a pretty new band that shows promise and hopefully people will buy their merchandise.

In some instances, the leads guitar work is wicked. Their switching off in the vocals to give the sound more variety. They shy no way but phenomenal in their efforts. I’m glad also that they have a longer album totaling in about 51 minutes in length. Every song on here has a noteworthy performance. Don’t pass this one up from your collection! (Death8699)


Purulent - Patología Grotesca

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death/Grind
Brutal death dalla Colombia. E si sa che i colombiani non scherzano... Fra chitarre dissonanti, a tratti piuttosto fastidiose, ruggiti e grida isteriche (il binomio growls-scremings è diventato ormai un luogo comune), in questo album si sfiora la follia vera e propria: ascoltare per credere la traccia numero sei, "Interlutium". La registrazione è dignitosa ma non eccelsa; siamo di fronte a un prodotto per certi aspetti simile a quello dei Purgatory, rozzo e feroce. Con il titolo che si ritrova, è logico che il cd verta sulle tematiche autoptiche rese "popolari" dai primi Carcass. Non mancano ovviamente - e come potrebbero? - escursioni nei territori della necrofilia ("Sublimacion Necrofilica") e del cannibalismo ("Fervor Antropofago"). Mirabile il titolo, ma solo il titolo, dell'ultima canzone: "Carne Inerte Nauseabunda". Signori, il pranzo è servito.

Hemina - Romancing the Ether

#PER CHI AMA: Prog Rock
Ho letto un po' di tutto su questa navigata band australiana, chi li accosta al Devin Townsend Project, chi li avvicina ai Dream theater, chi li vuole con impulsi djent. Io, semplicemente, resterò fedele al mio istinto da ascoltatore per cercare di farvi crescere la voglia di avvicinarvi ad un album assai complesso e vivace, il quinto lavoro degli Hemina, 'Romancing the Ether', che già dal titolo e dall'artwork di copertina, vagamente hippie, invita alla fuga cervellotica senza nessun pregiudizio musicale. Partiamo col dire che è un'opera enorme dal punto di vista della quantità sonora che vi troviamo al suo interno, la band suona da manuale e le doti traboccano in eccesso, le melodie straripano e l'alto minutaggio dei brani a fatica riesce a contenere il flusso di idee che il quartetto australiano ha messo in campo per comporre questo disco. Gli Hemina sono una sorta di band d'altri tempi, poichè nelle loro composizioni, non nascondono un amore immenso per il retro rock di matrice progressiva, l'hair metal più complesso come quello dei sottovalutati Tychetto, e l'AOR ovvero Adult Orient Rock, un genere pieno di variegate influenze, mai troppo pesante, melodicamente ineccepibile, sempre orecchiabile e suonato da musicisti altamente qualificati, sottovalutato dal pubblico medio, apprezzato da una valanga di musicisti, intenditori e addetti ai lavori. Avvicinarsi al mondo di questo disco vuol dire quindi calarsi in un cosmo musicale che varia dall'universo degli Styx o dei Journey, per arrivare in punta dei piedi per i Coheed and Cambria e i conterranei Closure in Moscow, ovviamente per quanto riguarda il lato più moderno del sound, rivisitando i giustamente già citati Dream Theater, soprattutto prendendo spunto dal loro lato più romantico. Metteteci dentro anche che, per romanzare l'etere, gli Hemina si sono calati in una forma di psichedelia che si addentra in luoghi sconsacrati al rock, come la dance elettronica intelligente della EDM, anticipata al minuto 22 circa della lunga suite iniziale che dà il titolo all'album, da un intro etnico, dal sapore orientaleggiante, che richiama niente meno che, le sperimentazioni cosmiche degli Ozric Tentacles, e se si ha il tempo di chiudere gli occhi per 35 minuti filati, difficilmente si potrà non notare la passione per le doppie voci in falsetto o la maestosità fatta rock dei Toto o dei Supertramp (tipo quelli di 'Crisis? What Crisis?' del 1975), amalgamati da una voce spettacolare che con la sua estensione canora, imprigiona l'ascoltatore al disco, una performance vocale dinamica vicina al timbro vocale di Brandon Boyd degli Incubus e James Labrie. "Strike Four" continua con la magnificenza dei Dream Theater, e con una chitarra che si mette in bella mostra tra una melodica ballata di pianoforte e la voce di Douglas Skene, sempre in ottima evidenza. Un sound maestoso ad ampio respiro per 10 minuti di puro melodico rock suonato in maniera emotiva, con accenni di pesanti ritmiche di natura metal e una fluidità d'ascolto di una classe superiore. "Embraced by Clouds" parte con la voce femminile, che già aveva fatto la sua comparsa nel primo brano, a cura della bassista Jessica Martin che sfodera molte similitudini con gli ultimi lavori degli Anathema, ma senza perdere la propria originalità. Gli Hemina fondono il loro sound con un pungente, raffinato e moderno hard rock, e altri spunti di pesante metal, trafitto da innesti di tastiere progressive, assoli importanti e non ultimo, il canto corale di vecchia scuola Yes, e proprio per non far mancare niente alla tela di questo quadro multicolore, una lunga coda romantica cantata in maniera splendida a due voci, che farà felici gli amanti delle parti più melodiche dei Dream Theater. Il brano che chiude i circa 63 minuti dell'album è "Revelations", il più corto del disco, che riporta la band in territori di rock da grandi arene, di grande apertura, arioso e luminoso. 'Romancing the Ether' alla fine è un album che abbisogna di svariati ascolti per essere compreso appieno, è un disco che ha una veste progressiva, ma vanta un'anima, uno smalto e un vigore, più vicini alla rock opera, con tutti crismi del caso, nessun tipo di aggressività musicale ma tanta energia e virtuosismo, romanticismo tangibile, tecnica sopraffina ma nessuna traccia di rock urticante, maligno o nervoso. Un disco d'altri tempi come detto nelle prime righe, una lunga carrellata che non stanca, vivace, solare e pieno di tecnica strumentale e vocale, che sottolinea le alte aspettative di questa band, in termine di composizione ed esecuzione, un lavoro che non tutti apprezzeranno visto le sue doti atipiche, per sound e costruzione, un'opera che farà tuttavia la felicità di quelli che il rock lo vogliono pulito e di qualità. Una o meglio, più di una completa immersione d'ascolto, per questo album è vivamente consigliata. (Bob Stoner)

(Bird's Robe Records - 2023)
Voto: 80

https://hemina.bandcamp.com/album/romancing-the-ether

martedì 3 ottobre 2023

Apparatus - HM-2

#PER CHI AMA: Death/Black/Grind
Un lavoro di soli 4 minuti e 51 secondi srotolati in ben tre pezzi non credo mi sia mai capitato di recensire, ebbene c'è una prima volta per tutto e la mia prima volta è in compagnia dei danesi Apparatus, folle quintetto di Copenaghen che, con questo 'HM-2', approda al quarto EP della propria discografia (ora vado a controllare anche le durate degli altri lavoretti) a cui aggiungere anche due Lp e un demo. La proposta del combo danese? Il sito dell'Enciclopedia Universale della musica metal parla di "Experimental Blackened Death Metal", e in effetti, ascoltando una dopo l'altra "I", "II" e "III", i tre pezzi che compongono questo mini dischetto, ci sento subito influenze apocalittiche (ecco il blackened) che esplodono però in un bestiale death/grind, con tanto di voci urlate sovrapposte ad altre growl, per una mazzata "in your face" non troppo piacevole. Ecco, non mi è ben chiara la definizione di sperimentalismo ipotizzata dalla band in questa scarna proposta musicale, forse la durata dei brani, e se penso in particolare al terzo, di soli 35 secondi, mi sembra di trovarci schegge grind/hardcore che potrebbero emulare i primi Napalm Death. Ascoltando i precedenti album della band nord europea, questo 'HM-2' sembra più una provocazione che altro, lontano dagli standard sperimentali, jazz, death, doom del passato. A me francamente non è piaciuto. (Francesco Scarci)

Kaal Nagini - Refracted Lights of a Blind God

#PER CHI AMA: Death/Grind
È sempre piuttosto facile recensire questo genere di lavoro, soprattutto se alle spalle c'è un'etichetta come la Iron Bonehead Productions, le cui produzioni sono spesso a senso unico. Fatto sta che questo 12", intitolato 'Refracted Lights of a Blind God' degli indiani Kaal Nagini, potrebbe essere la colonna sonora perfetta per una bolgia infernale, il classico gorgo da cui sarà impossibile fuggire. Si, perchè quando "Nameless Archetype of Pantheonless Antiquity" irrompe nel mio impianto stereo, la sensazione è quella di essere inghiottiti in un buco nero, in un wormhole spazio-temporale, in un maelstrom o in quel diavolo che vi pare, e la cosa più chiarà è da quel luogo ameno, dimenticato da qualunque dio esista, non ne verrete fuori perchè sarete smembrati, scorporati, dilaniati, squartati, fatti a pezzi da una tenaglia cosmica senza precedenti. È chiaro il concetto, credo di essere stato sufficientemente schietto e diretto per dirvi come i quattro pezzi inclusi in questo EP vi tormenteranno l'anima da qui all'eternità con i loro claustrofobici e annichilenti ritmi infuocati, per non parlare di quell'indecifrabile voce demoniaca che non farà altro che aumentare il vostro stato di disagio totale. La band di Kolkata ha preso gli insegnamenti di Altarage, Portal, Ulcerate, Gorguts, Abyssal e Disembowelment (per ciò che concerne le parti più rallentate, tipo nel finale di "Lord of the Two Doors and the Seven Portals"), e le ha portate ad un livello superiore o forse meglio dire inferiore, di nefandezza sonica. Pertanto, vi sentite realmente pronti per essere divorati dall'antro della bestia? Non dite poi che non vi avevo avvertito... (Francesco Scarci)

lunedì 2 ottobre 2023

Black Mold - The Unnatural Red Glow of the Night

#PER CHI AMA: Black/Hardcore
Sei pezzi in poco più di 13 minuti per i portoghesi Black Mold che, in questo 'The Unnatural Red Glow of the Night', propongono musica scritta e registrata in realtà tra il 2019 e il 2020, tra i regni dell'oscurità e la caduta della luce, cosi come riportato nella loro pagina bandcamp. La proposta del nichilista e misterioso gruppo lusitano si muove poi nei meandri di un black punk nudo e crudo che tuttavia, nel corso del suo sviluppo, ha modo di incontrare antri più atmosferici ("Venomous Light") a fronte di un pezzi più schietti e grezzi, anche per ciò che concerne la registrazione, direi piuttosto scarna e lontana da ogni ricerca di bombasticità. Uno dopo l'altro i brani dei Black Mold ci sbattono in faccia un po' come quando in motorino gli insetti si spiattellano contro la visiera del nostro casco. E cosi, prima "The Mark of Sisyphus" e poi "Rudiments of being Human", impattano violente nelle nostre orecchie con chitarre scarnificate ed un cantato rabbioso, ma sempre comprensibile. "In the Forest", "Seclusions" e "Pointed Towards Abstraction" rappresentano pura furia punk hardcore, dove la parola compromesso non è contemplata, dove non si fanno prigionieri, dove la sola legge che conta è quella acuminata dell'arma bianca. Fate pertanto estrema attenzione. È una minaccia e non una raccomandazione. (Francesco Scarci)

giovedì 28 settembre 2023

Sznur - Ludzina

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Già autori di quattro album, tornano sulle scene i polacchi Sznur (traduzione per corda) a distanza di un paio d'anni da quel 'Dom Człowieka', già edito dalla Godz of War Productions. Come da linee guida dell'etichetta polacca, ci troviamo di fronte ad un black thrash sparato ai mille all'ora che mostra come unico punto di originalità, una copertina raffigurante una porzione di pelle con alcuni peli (e brufoletti) sopra e nel retro, le sagome dei tre misteriosi musicisti che compongono la band. Ecco, ben poco direi per un lavoro come 'Ludzina' che racchiude sette tracce (tra cui la trascurabile bonus track "Wojna (Defekt Muzgó Cover)" compare solo nei formati fisici) piuttosto piattine. Il disco si apre con le spiazzanti melodie folk-polkloriche di "Kurwy" (traduzione per "puttane") a cui fanno seguito delle rasoiate chitarristiche dotate di un pizzico di melodia che prova a stuzzicare i soli fan della band. Io non sono ahimè tra quelli e mi lancio subito all'ascolto della successiva "Płyny" (traduzione per "fluidi") e ancora una bella dose di schiaffoni in faccia, con un'attitudine che per certi versi mi ha evocato quella degli Impaled Nazarene, ossia sfuriate metalliche, testi decisamente misantropici, a tratti di carattere medico (il che mi ha evocato i Carcass di 'Necroticism...'), ritmiche affilate come pesci barracuda e voci caustiche quanto basta. La recensione si potrebbe chiudere qui, visto che anche le successive "Dwóch", "Pole", "Ul" e "Stosunek" si muovono su binari similari che uniscono un violentissimo black glaciale, qualche variazione vocale, divagazioni black'n'roll che tuttavia aggiungono poco o niente a una scena che inizia a peccare di estrema prevedibilità. Tutto questo, non per dire che 'Ludzina' sia un brutto lavoro, ma non resterà di certo negli annali della memorabile musica black. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2023)
Voto: 62

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/ludzina