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sabato 13 luglio 2013

Cernà - Restoring Life

#PER CHI AMA: Post Black Strumentale, Alcest
Cody McCoy è il musicista che si nasconde dietro questo astratto disegno sonoro che risponde al nome Cernà. Questo primo full lenght dal titolo "Restoring Life", pone subito le sue coordinate nelle sonorità post rock bagnate dalle atmosfere oscure e sognanti del post black stile Alcest. Usufruendo di un background radicato nella psichedelia/noise rock moderna, l'artista americano per tutto l'album abusa di chiaroscuri e dirompenti cascate soniche, sferraglianti distorsioni in odor di shoegaze e ritmi cari al black metal più intenso e melodico. Completamente strumentale, vicino alle costruzioni dissonanti di A Storm of Light e Pelican, ragionato come un concept album dalle atmosfere dilatate e allucinate, sfocia a volte in intime destrutturazioni d'ambiente molto tipiche per il genere e cariche di suggestioni cinematografiche. Tanta è la presenza del tocco di provenienza indie/noise/alternative che anche l'incedere più black risulta sempre poco insinuoso, cosa che alla fine risulterà vincente, lasciando grande spazio ad uno sviluppo sonoro pieno di rumorosa introspezione. Effettivamente se di metal dobbiamo parlare possiamo solo accostarci agli ultimi Alcest e forse ai Fen ma senza la dovuta oscurità. Qui tutto ruota sulle tortuose scale del lisergico suono dei Red Sparowes e degli ultimi Deftones immaginati senza il cantato. Un album dalle buonissime prospettive, curato e omogeneo, forse un tantino troppo statico nell'evoluzione dei brani ma molto coinvolgente e mai troppo pesante, mantenendo sempre una buona dose di malinconica energia. Certamente particolare e intenso, non per tutti ma molto intrigante. Da ascoltare nelle notti insonni. (Bob Stoner)

(Domestic Genocide Records)
Voto: 70

http://cernamusic.bandcamp.com/album/restoring-life

Alerion - VIII Sanctuaires

#PER CHI AMA: Black, Fen, Drudkh, Peste Noir
Questo combo transalpino al primo full lenght dopo un demo del 2009, ci offre un oscuro lavoro in linea con il fermento del black metal francese degli ultimi anni. Screaming malato e veloci dinamiche cosparse lungo tutto il cd, fanno risultare gli Alerion una band un po' classica nel genere ma molto speciale se consideriamo i mid tempo, le parti lente arpeggiate, gli assoli e le parti più sperimentali che donano un tocco innovativo e fresco alla loro proposta. Il guitar writing è degno di nota e in più di un'occasione si evolve in riff particolarmente fantasiosi e inaspettati, che traggono idee da altri modi di fare rock (ascoltate le meraviglie chitarristiche de "Le Soupiral de l'Ame"), molto belli e irriverenti, legati ad un suono caldo, classico e vintage ad offrire un tocco molto particolare alle composizioni altrimenti vittime di una scrittura, anche se molto convincente, inflazionata dagli stereotipi del genere. Il buio riveste queste otto canzoni dalle tematiche decadenti, bello il tiro e la melodia de "Le Sequelles de la Nuit" (la nostra preferita) e bello anche il video di questo brano che potete trovare su youtube a questo indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=CUxJqA5t1hg e capire così come l'aggiunta di una gibson les paul, possa cambiare il sound di una buona band di black metal, volonterosa di sperimentare nuove sonorità, anche retrò. "VIII Sanctuaires" non è di facile apprendimento e servono ripetuti ascolti per comprenderlo a fondo ma una volta entrati non ne rimarrete delusi, anzi troverete che le iniezioni di vintage rock su basi black che suonano decisamente bene e fanno elevare gli Alerion dal calderone delle black metal band dal sound clonato. Alla resa dei conti possiamo affermare che anche questa volta l'etichetta discografica Le Crepuscule du Soir non ha commesso errori nello scovare e pubblicare questo lavoro e lodiamo la lungimiranza nel dare spazio a band di questo calibro, sperando che non perdano la volontà di suonare underground e soprattutto che non perdano il potere di rinnovarlo con questi ottimi risultati. Complicato ma proprio un bel disco! (Bob Stoner)

Make - Trephine

#PER CHI AMA: Heavy Psichedelia, Callisto, Karma to Burn, 35007
Questa interessante band del Nord Carolina ci offre l'ascolto del suo cd di debutto autoprodotto dal titolo "Trephine" uscito nel marzo 2012 e considerando che nello stesso anno hanno rilasciato un altro cd e all'inizio del 2013 hanno licenziato una raccolta di outtakes & demos non possiamo che considerare e apprezzare l'animo stacanovista della band. Difficili da catalogare, fin dalle note iniziali ci troviamo di fronte ad una multiforme scala cromatica di colori psichedelici dalla pesantezza inaudita e da una perforante ipersensibilità sciamanica propensa al viaggio e alla trasmigrazione dell'anima. Un salto nel vuoto della propria esistenza interiore e nell'ancestrale, una ricostruzione mistica dolorosa e splendida, un tunnel oscuro la cui fine sfocia in una luce abbagliante. Tecnicamente accostabili alle geniali composizioni dei 35007 ultimo periodo, i nostri si fregiano di un suono cupo e ostinato con un growl rarefatto e ben piazzato. L'ipnosi è al primo posto e tutto risulta dilatato all'inverosimile, cadenze doom e sonorità postmoderne, cariche di suoni futuristi e cosmici come se si stesse ascoltando una colonna sonora per un viaggio interstellare intrapreso da un mammut. Languidi paesaggi lunari aprono a presagi di sconsolata e desertica solitudine, i Callisto incontrano i Goodspeed Your Black Emperor! sfiorando e rallentando l'attacco frontale del sound dei War From a Harlots Mouth, caricando la mano sulla psichedelia dilatata e ambient da colonna sonora, mostrando affinità post rock e alla larga un approccio alternativo alla June of 44 e un feeling alla Karma to Burn. Questo cd resta un passaggio obbligato per gli amanti dell' heavy psichedelia intelligente e riflessiva, post ogni cosa... una lunga intensa dissolvenza lisergica rigenerativa. Un album catartico!!! (Bob Stoner)

Ungrace - Feed the Demons

#PER CHI AMA: Brutal Death/Thrash, Darkane, Morbid Angel
Bella botta! Questa volta la furia che si abbatte sulla mia casa, come la peggiore delle intemperie, viene dall'est Europa, dall'Ucraina per essere più precisi. Si tratta degli sconosciuti, almeno per il sottoscritto, Ungrace e "Feed the Demons" rappresenta la loro seconda release. Indicati da più parti sul web, come industrial death band, mi avvicino con grosso interesse, ma vengo immediatamente investito dalla roboante opening track, "...Will Kill You", che mi dà il benvenuto con sonore mazzate nei denti: ritmiche serratissime, vocals thrashettone e un riffing efferatissimo che esplode nel suo solo finale. Un po' Pantera, un po' brutal death, cosi al primo impatto: "All My Demons" è un uno-due sferrato nel mio stomaco che mi mette al tappeto: suoni belli pieni, un dualismo vocale growling/thrashettone, un bel po' di blast beat, qualche bel cambio di tempo, corredato da rallentamenti vari, e anche una voce "quasi" pulita, a rendere il tutto più commestibile nella sua parte più grooveggiante. Il gioco è fatto. Inteso come la mia attenzione è stata catturata. Vorrei sottolineare ovviamente che non siamo di fronte a nulla di innovativo, però senza ombra di dubbio, il sound di "Feed the Demons" è quello classico che ti fa scuotere un bel po' la testa, come ai bei tempi andati prima che la mia fluente chioma di capelli mi abbandonasse e lasciasse il posto alla piazza grande. Un po' nostalgico non c'è che dire, ma rivisto comunque in chiave moderna, l'album del quartetto di Zaporizhzhya, regala avvincenti momenti: il breve solo di "Sacrifice" e il suo finale inondato da fiumi carichi di groove, l'impercettibile elettronica di "Glamour & Pathos" che fa da sfondo alle scorribande ritmiche di questa eccelsa cavalcata. Eccellente la produzione che esalta enormemente il risultato finale del platter. La nevrotica "Sick Passion" viaggia su binari cari ai Darkane, anche se uno splendido break centrale ne esalta il valore rispetto ai master svedesi. La breve "Bleeding Thoughts" è un adrenalinico pezzo di due minuti, carico di energia e assai esaltante. Con il trittico di pezzi finale, si passa da un riffing in stile Morbid Angel con "No[w] More Hate" al blitz brutal di "S.L.F." per concludere con l'outro, ma con una ghost track si nasconde dietro l'angolo ad esplodere spaventosamente nelle mie casse e per cui non posso esimermi dall'esaltare un eccellente lavoro di death metal che farà la gioia di tutti gli amanti di simili sonorità. Esplosivi! (Francesco Scarci)

domenica 7 luglio 2013

Boreworm - The Black Path

#PER CHI AMA: Brutal Death Progressive, Djent, Born of Osiris, Meshuggah
Spaventoso l'impatto che ho avuto con l'EP di debutto degli statunitensi Boreworm. Un 4-track di furioso e melodico brutal death metal che apre le danze con la title track e mi consegna una delle pochissime band, in territorio estremo, che sia stata in grado di conquistarmi fin dal primo minuto d'ascolto. Chitarre polifoniche, inserite in una matrice cosi ingarbugliata di cambi di tempo e velenosissimi stop'n go; una tessitura ritmica granitica, costellata di cosi tanti e interessanti intrecci strumentali da necessitare più e più ascolti. Ne sono innamorato e per me, amare questa forma di death brutale assai futuristica, è cosa assai rara. Con "Xenophagia" ritorno all'esclamazione che apre questa recensione: spaventosa! Suoni cupi e feroci, sorretti da atmosfere horror, suoni bombastici che possono richiamare il djent, il deathcore o il techno death. Meshuggah, Cynic, Born of Osiris e tutti gli altri messaggeri del sound progressivo in territori brutali, rappresentano le influenze riscontrabili nel corso di questo dinamitardo EP di debutto di questo splendido ensemble made in USA, che già fin d'ora eleggerò tra i debutti di assoluto valore doi questo 2013. Non vorrei pompare ulteriormente la band, è la musica a parlare egregiamente per loro: il death fuso con lo sci-fi, le opprimenti atmosfere di "The Black Path", l'esagerato tasso tecnico plaesato anche nella dinamica e travolgente "Hive Conduit", mi mandano al settimo cielo. Il growling cavernoso, il quantitativo infinito di melodia, mischiato alla cattiveria e al matematico (soprattutto in "Clandestine") sound dei Boreworm, completano un lavoro che non posso far altro che elogiare e consigliare a tutti gli amanti di sonorità estreme e non solo. Esagerati! (Francesco Scarci)

SunCity Falls – SunCity Falls

#PER CHI AMA: Melodic Hardcore, Descendents, NOFX
Una vera scarica d'energia questa prima release dei vicentini SunCity Falls, puro e crudo hardcore punk trabordante di armonizzazioni e melodia. Nonostante il prodotto sia pesantemente easy-listening, i quattro giovani ci danno giù di brutto con la loro musica, una batteria pestata ed aggressiva, due chitarre che non si risparmiano con parti ritmiche coinvolgenti e fill armoniosi e accattivanti; il basso, pur limitandosi al basilare accompagnamento, tiene in piedi il tutto grazie alla sua presenza sonora, mentre il cantato è il vero elemento catchy del gruppo, gestito da due voci pulite estremamente melodiche che si alternano e talvolta sostengono. Sarò io a non essere abituato ma questa pubblicazione mi pare un po' troppo prolissa data la monotonia delle composizioni, senza nulla togliere a tracce come "Fine", la devastante "Easiest Way" e "Tower's Garden". L'album pecca solamente nell'essere troppo tirato e per non lasciare un attimo di respiro duranre l'ascoltom fatto salvo in "This Is It", ma questo può certamente anche esser visto in modo positivo. In conclusione un ottimo debut che denota un'ottima vena compositiva e strumentale, la paura sarà se in una prossima release, la giovane band vorrà rischiare evolvendosi o si stagnerà in questo genere dove hanno già raggiunto una eccellenza a livello di tracce singole, ma non ancora in una complessività generale. (Kent)

Ozawabeach - The Horror Cult

#PER CHI AMA: Techno Death Thrash, Death Metal, Morbid Angel
"Più che un EP, un biglietto da visita". Così mi dissero gli Ozawabeach alla consegna di questo disco, esso difatti presenta solamente tre tracce al suo interno, con una durata totale di dieci minuti scarsi. Poche ma buone in ogni caso aggiungo io; le composizioni presentano una solida base di death metal in stile americano, con una batteria che si alterna tra ritmi monolitici e sfuriate in blast beats, mentre le chitarre si atteggiano con riffoni di thrash metal tecnico, con numerosi piccoli virtuosismi, dove nemmeno il basso si risparmia con un sei corde sempre in movimento. Ad evitare la mera base mononota, una voce spazia perfettamente tra lo scream e il growl riuscendo perfettamente nell'intento di rendere le canzoni dinamiche. I suoni, anche se non perfetti, vanno benissimo come "biglietto da visita" e trasmettono tutto l'impatto del combo vicentino, che ha voluto rendere questo EP un piccolo omaggio al cinema horror attorno al quale ruota la loro musica. In apertura troviamo "Black Shining Beast" che fa riferimento ad "Alien": la canzone risulta letale quanto il mostro del cinema; la successiva "The Morbid Curse" si riferisce a "The Ring" e in chiusura "The Dark Side" è dedicata invece a "La Casa". Una grande anteprima, spero solo che la band riesca ad esordire con qualcosa di più sostanzioso al più presto. (Kent)

Curse – Void Above, Abyss Below

#PER CHI AMA: Black Old School, Venom, Bulldozer, Darkthrone
Questa band norvegese (ma di origini islandesi) vanta una presenza di lunga data nei circuiti del black sotterraneo, dal 1995 ad ora hanno pubblicato un demo tape un mcd e tre full lenght. Ultimo, questo "Void Above, Abyss Below", uscito per Schwarzdorn Production nel 2011. Diciamo subito che la band è formata da due musicisti E. Thorberg alla chitarra, basso, voci e da D. Theobald alla batteria; si definiscono raw old school black metal e anche se lo volessimo, non potremmo smentire questa affermazione. Il fatto è che il lavoro è molto coerente con lo stile richiesto ma parallelamente sia per la qualità della registrazione sia per la fantasia della band, questo cd si eleva dalla massa. La cosa che si nota al primo ascolto è un background musicale radicato nel metal oscuro più classico e ovviamente una dedizione per il suono ruvido e arido di casa Venom, Bulldozer, Celtic Frost, Taake, anche se i nostri sfornano delle chicche tipo "Hour of the Skull" (delizioso l'assolo di chitarra!!!) che definire questo brano una pregiatissima gemma nera, sarebbe riduttivo. La band è sempre sul filo del rasoio con ritmi intensi ma mai estremizzati, sempre ben calcolati, le chitarre sono usate con fantasia e usano suoni cari al genere ma molto ricercati, voce intensa monotona e drammaticamente avvincente, ogni brano è completo e il lavoro notevole di chitarra, assoli compresi, è da premiare per melodia e intelligenza. Certo, il duo non rinuncia alla sua attitudine underground e la musica espressa andrebbe d'accordo con gli ultimi difensori Darkthrone; non è da tutti una costanza simile dopo tanti anni e se aggiungiamo la professionalità e la qualità di questo lavoro, l'intero album conquista la promozione al primo turno. Non pensiate di trovarvi di fronte ad una band che suona all'antica, i Curse creano canzoni nuove con gusto old school, tanta passione e voglia di far sopravvivere ed evolvere il genere. In questo album troverete echi di black'n'roll, un velo di thrash, classic metal e tanto black metal, suoni ruvidi e sotterranei e un'appagante maturità musicale. Non sarà musica innovativa ma qui l'effetto devastante del Black metal con la B maiuscola si fa sentire nella sua forma migliore. Ne vale l'ascolto, un ottimo lavoro! (Bob Stoner)

(Schwarzdorn Production)
Voto: 70

http://curse.helviti.com/