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sabato 25 agosto 2012

Diachronia - Absolute Time

#PER CHI AMA: Death/Black con venature heavy, Emperor, Arcturus
Dalla città di Bielsko-Biala (nel sud della Polonia) ecco arrivare una delle band più sottovalutate della storia del black metal. Se fossero nati in Norvegia o Svezia, sicuramente avrebbero ottenuto un grandissimo successo invece, dopo l’ottimo cd del 2000 “XX’s Decline”, se ne persero le tracce e considerai la band sciolta. Qualche tempo fa invece ho trovato il loro link su myspace e li ho contattati: il risultato è che ora ho fra le mani il loro secondo lavoro ormai datato 2006. Il genere proposto dal quintetto polacco è un brillante mix di death black metal sinfonico, assai intelligente e soprattutto contraddistinto da ottimi assoli, merce assai rara nel black. I nostri attaccano con otto belle songs dirette, tirate ma mai eccessivamente, con una base melodica di fondo sempre ben definita e orecchiabile (so che è una parola che non vi piace), grazie alla magnifica prova alle tastiere di Robson che crea meravigliose ambientazioni in stile Dimmu Borgir. Devo ammettere che la band è davvero preparata sotto ogni punto di vista: tecnica, esecuzione, gusto per le melodie e originalità della proposta. Non siamo di fronte al solito clone di Cradle of Filth e Dimmu Borgir sia ben chiaro: l’act polacco ha una propria personalità ben definita, che palesa attraverso la sintesi di aggressività, avanguardia, brutalità e melodia. E poi ci sono quegli ottimi assoli, che valgono sicuramente il prezzo del cd: graffianti riffs che, riprendendo dalla scuola classica degli Iron Maiden, garantiscono un risultato sorprendente. Cosa volete che aggiunga ancora? Se siete degli amanti del black sinfonico alla Emperor o delle prime cose degli Arcturus, ma prima ancora dell’heavy metal nella sua accezione più generale, beh contattate assolutamente la band!!! (Francesco Scarci)

sabato 18 agosto 2012

Last Mistake - Living Again

#PER CHI AMA: Hard Rock, Scorpions
Altra band italiana, formatasi in quel di Formia nel 1998, questo è il loro secondo lavoro, dopo “Last Mistake” uscito nel 2007; aggiungo solo che non ha nulla da invidiare ai nostri cantautori di vecchio stampo. "Escape" si apre con note sintetizzate e chitarra distorta, per introdurre l'ascoltatore ad un viaggio nei meandri del rock più puro. "Living Again" ricorda in modo impressionante il sound degli Scorpions, con la voce tendente all'acuto e chitarre a tutto spiano, per un tripudio di puro rock: il ritornello tende ad essere molto melodico, con un risultato sorprendente ed un assolo di chitarra ricordante i Queen, band da cui hanno preso ispirazione. Con "Alive" il sound si fa più aggressivo, dalle sonorità più profonde, ma mantenendo sempre un tocco melodico. In sottofondo si possono anche udire note di synth, che danno un'impronta anche orientaleggiante al brano, rendendolo così particolare che sarà impossibile dimenticarlo. "Locked" ha un'impronta più progressive, con ampio spazio alle tastiere e alla chitarra acustica: impercettibili sono le note “spagnoleggianti”, ma aiutano a dare un tono più ricco e vario al brano, senza farlo scadere nel banale. "Time to Shine" ricorda fortemente i Pink Floyd, con le chitarre suonate delicatamente, la voce che si accompagna al sound e la chitarra distorta che sottolinea il tono di voce usato, accompagnato anche da tocchi di pianoforte. L'assolo di tastiera riprende il leit motiv del progressive rock, rendendo questa traccia una perla di rock italiano. "Ladytime" riprende il sound degli Scorpions, ma aggiungendovi anche elementi orchestrali: il risultato è un brano solenne, semplice e vario al tempo stesso, che si avvale di nuovi elementi man mano che procede: una sorpresa dentro la sorpresa, insomma. Persino la voce, che sembra troppo melodiosa, con la parte orchestrale, si adatta perfettamente e non risulta pesante all'ascolto. "I Will Live There" invece è potente, più vicina al metal che al rock puro, con note di synth che supportano gli altri elementi della band creando un brano di difficile catalogazione, ma a mio avviso di una spettacolarità sorprendente: questa è una delle tracce dell'album che preferisco, con alla fine batteria e tastiere che danno il meglio di se stesse. "Your Song" è più acustica, con la chitarra classica e il pianoforte all'inizio, con chitarra elettrica appena percettibile e batteria che riprende le note di “Time to Shine”. Verso il ritornello poi la chitarra elettrica si fa sentire di più, per poi tornare dietro le quinte. "Push" presenta il cantato in falsetto, mentre le tastiere sono in primo piano: il risultato è un brano molto leggero, da synth-pop degli anni '80, creando un'atmosfera irreale e a tratti ilare, ma senza dimenticare un puro assolo di chitarra. "Fate" è energica ed intensa, con le keys portate al picco più alto mentre chitarra, basso e batteria accompagnano il tutto con una verve più stile Europe. Arriviamo, purtroppo, alla fine del viaggio con "The Silent Room": pianoforte per cominciare, atmosfera inquieta, voce bassa, un pizzico di malinconia ma un favoloso assolo di chitarra in puro stile Guns'n'Roses, che lo rende singolare. È con delle note di pianoforte in scala che si chiude questo viaggio nelle band che hanno segnato la storia del rock. Per concludere, questo è un lavoro da non lasciarsi scappare, soprattutto per la varietà di suoni, di tributi e di cambi di ritmi che presenta: per i nostalgici del progressive rock, consiglio vivamente questo acquisto: non ve ne pentirete. Sono curiosa di sapere come sarà il loro nuovo lavoro. (Samatha Pigozzo)

(Uk Division Records)
Voto:75
 

Land of Mordor - Still Awake...

#PER CHI AMA: Death/Power Metal
Nel mondo del death metal spagnolo, ho trovato una piacevole sorpresa: si tratta dei Land of Mordor (saranno mica dei fan di Tolkien?), band non più tanto giovane (si è formata nel 2001) che con il loro primo ed unico lavoro, "Still Awake...", ci delizia con il loro album, dall'ascolto molto molto interessante ed entusiasmante. "Still Awake..." si apre con una piacevolissima sinfonia di batteria martellante, chitarre portate all'estremo ed una dolce voce roca e cavernosa, che rende il tutto più piacevole all'ascolto. "Crimson Peace” è un brano pregno della miglior rabbia e in grado di scatenare tra i migliori headbanging: urla, furia, ritmi al cardiopalma sono le parole più corrette per definire questo brano: direi che si comincia alla grande, grazie anche alle atmosfere epiche degne delle opere di Tolkien. “Russia” è già un po' più melodica rispetto alla prima, ma solo all'inizio: dopo poco si torna al ritmo serrato iniziale, sebbene alternato da pause spaesanti e da atmosfere grandiose e fantastiche, in cui la mente non può fare a meno di immaginare le lande desolate della trilogia dell'Anello e intraveda le cariche di numerosi eserciti in marcia: all'attacco cavalieri! Dopo essere stata trasportata (forse anche con troppa enfasi) dal secondo brano, con “Unholy Terror comes” si torna al death più puro, con qualche rimando ai suoni più datati, ma dall'impatto devastante: qualcuno mi tenga ferma, che con i Land of Mordor è difficile stare seduti immobili a scrivere. Sono convinta che dal vivo possano creare un oceano in tempesta. Assoli di chitarra assistiti dalle keys (con tanto di nota modulata) rendono ancora più viva questa traccia, che riesce addirittura a portare l'ascoltatore ad imparare i ritornelli e a cantarli mentre i capelli fendono l'aria. Con “Darklord (the Executioner)” il ritmo si prolunga per altri cinque minuti, mentre la tastiera si prende tutto il palco ed accompagna la chitarra, riuscendo a meraviglia a tenere un ritmo palpabile: la voce di Alex Yuste è sempre cavernicola, il che è un bene (una voce in falsetto avrebbe fatto sbellicare dalle risate). Un pensiero per le femminucce c'è sempre: dopo tutto il death metal non è ascoltato solo dai maschietti. Per questo motivo, in “A Kiss of Hope” troviamo la special guest Elisa C. Martìn. Ma il nome non mi è nuovo... infatti la si trova anche in un'altra band, sempre recensita da me: i francesi Fairyland. La sua voce candida e delicata, associata a quella un po' più brutal, ricorda molto l'accoppiata “bene-male”. L'assolo di pianoforte è l'unico momento di tranquillità che troviamo nell'album: gotevelo finché potete, perché poi penserà Alex Yuste a destarvi dal momento di relax ritagliato. Il brano, però, si chiude con note soavi di pianoforte. L'album si conclude con un'altra versione di “A Kiss of Hope”: più corta (senza l'assolo di pianoforte), per chi magari non ama molto la quiete di questo strumento. In conclusione c'è ben poco da dire, se non di consigliare questo acquisto e di tenere controllata questa band: non vedo l'ora di poter ascoltare il loro nuovo lavoro. (Samantha Pigozzo)

(Alkemist Fanatix)
Voto: 80
 

giovedì 9 agosto 2012

Prosperity Denied - Consciousless

#PER CHI AMA: Black/Hardcore
La viennese Noisehead Records, dopo la non brillante prova dei Misbegotten, ci riprova con gli austriaci Prosperity Denied e ahimè il fiasco è ancora dietro l'angolo. Il terzetto, nato nel 2006 da una costola dei Ravenhorst, propone l'ennesimo esempio di death metal, sporcato da influenze derivanti dall'hardcore, dal punk, dal grind e addirittura dal black metal. Il risultato è sfortunatamente non dei migliori: undici tracce super aggressive, incazzate, veloci, taglienti, ma come se ne ascoltano a migliaia in giro ogni giorno. Chitarre ruvide, non troppo pesanti, una voce al vetriolo (non troppo brillante), una batteria che bada più alla quantità che alla qualità, confermano quanto già detto: tra le mani non ci troviamo niente di nuovo ed interessante. A meno che non siate fans sfegatati di questo genere, di cui tutto è già stato scritto e ripetuto una infinità di volte, lasciate pure perdere. (Francesco Scarci)

(Noisehead Records)
Voto: 55
 

Demolition - Relict IV

#PER CHI AMA: Thrash Bay Area, Testament
"Relict IV” ha il pregio di saperci riportare, con il suo sound a metà strada tra il thrash stile Bay Area e il death metal, ai favolosi anni '80, in cui nel mondo impazzavano Testament, Megadeth, Over Kill, Slayer e Metallica. Il quintetto austriaco dei Demolition, pur non tirando fuori dal cilindro nulla di nuovo, nei 36 minuti a disposizione nel loro quarto lavoro, riescono a condurci in un vortice burrascoso di selvaggio metal estremo. Come citato nel flyer informativo del cd, “Relict IV”, potrebbe essere accostabile a “Demonic” dei già citati Testament, per quel suo thrash dai toni molto accesi. Il quintetto tedesco va subito al sodo: dopo una brevissima intro, ci attacca subito con una serie di pezzi belli tosti, violenti, ben suonati che ricordano un ibrido tra la band di Chuck Billy e soci e gli svedesi Hypocrisy. Partiture massicce, ritmiche sostenute da due ottime asce, brillanti e travolgenti assoli e le vocals maligne di Wolf Sussenbeck (ex Darkside), rendono la quarta release dei Demolition un'appetibile cd da avere nei nostri scaffali, ideale per ricordare e rinverdire i favolosi anni ormai andati. Questo è metal muscolare, incazzato e trascinante. Granitici! (Francesco Scarci)

(Twilight Zone Records)
Voto: 70


Misbegotten - Keeping Promises

#PER CHI AMA: Thrash/Hardcore
Quinta release per gli austriaci Misbegotten e sinceramente, è la prima volta che li sento nominare, ma passiamo oltre a questa sottigliezza. La proposta del quintetto, in giro già dal 1993 e che ha supportato band del calibro di Obituary, Pro Pain e Grip Inc., è sinceramente un po' noiosa e abulica. Non s'inventano nulla di nuovo in queste dieci tracce, i nostri sanno solo spararci in pieno volto, un mix di thrashcore sorretto dalle tipiche sporche chitarre hardcore e altre (e forse qui sta l'unico vero elemento interessante) che talvolta richiamano riffs di scuola Iron Maiden (nella traccia iniziale è ben più palese questa influenza). Le rozze vocals di Andreas Forster, la ritmica selvaggia, i soliti breaks e qualche discreto assolo o bridge, rendono “Keeping Promises” il tipico album che nulla ha da chiedere, se non un rapido ascolto, solo da chi mastica quotidianamente questo genere di musica. Gli altri, per carità, si tengano alla larga... (Francesco Scarci)

(Noisehead Records)
Voto: 55


Divinity - Allegory

#PER CHI AMA: Death grooveggiante, Darkane, Meshuggah
Interessante questo lavoro che mi ritrovo fra le mani da recensire: pur non aggiungendo granchè di nuovo alla miriade di band che ci sono in giro, il sound dei canadesi Divinity è veramente trascinante nel suo incedere schizofrenico. Dieci funamboliche songs di un death metal assai violento, contraddistinto da svolazzanti fraseggi groove, sfuriate al limite del grind, growling cavernosi e vocals ruffiane (talvolta quasi emo); chitarre graffianti, assoli taglienti, ritmiche pesantissime e melodie aliene, completano un lavoro da segnare assolutamente sul proprio taccuino e farlo proprio. Si insomma, di tutto un po' penserete voi, però ciò che risulta appetibile in “Allegory” è come ben si amalgamano tutti questi elementi tra loro. La band di Calgary è sicuramente influenzata da una serie di band, che vanno dai Death (e chi non è influenzato da loro alzi la mano) ai Meshuggah, passando dagli Into Eternity; complice poi una produzione veramente potente e moderna, opera del buon Tue Madsen (Dark Tranquillity e The Haunted), potete ben capire cosa bolle in pentola. In certi frangenti, la proposta del quintetto nord americano, mi ha suggerito che il loro sound possa essere accostabile a quello dei Darkane, con un forte richiamo alla musica progressive con inoltre, ricercate chitarre catchy, riffs thrash assai intricati e liriche che trattano il tema della battaglia dell'uomo contro la tecnologia, contro l'abuso di sostanze e il chaos dell'esistenza. Bell'album, intelligente, maturo e solido, che sarà in grado di conquistare anche chi non ama in particolar modo questo genere. (Francesco Scarci)

(Nuclear Blast)
Voto: 75

R:I:P - ...Out to R:I:P All Nations!!!

#PER CHI AMA: Thrash/Death, Pantera, Metallica
Uhhh!!! Altra sorpresa da una band a cui non avrei dato una lira dopo aver visto la cover del cd. La bomba ancora una volta arriva dalla Germania con questi semi-sconosciuti R:I:P, che altro non sono che il chitarrista dei Majesty, il vocalist dei Respawn Inc., un paio di membri dei Midnatsoll e l’ex tastierista degli Anguish, che rilasciano questo interessante debutto di death/thrash old style, riletto in chiave moderna. Devo ammettere che la traccia in apertura lasciava presagire l’ennesima delusione, invece già dalla seconda “Crushing the Lies”, la band mi sorprende non poco e il disco inizia a decollare e a piacermi parecchio. L’approccio pare metalcore, ma la presenza di una affascinante tastiera a stemperare l’arroganza del genere, un ottimo songwriting, un’energia dirompente, la presenza in un paio di brani di una dolce donzella alle vocals e l’inusuale voce (in versione clean, emo e Metallica style) di Fabian Pospiech, spiana la strada a questi ragazzi, per raggiungere una larghissima e più che meritata sufficienza. L’utilizzo dell’elettronica, intelligentemente inserita sui classici riffoni di chitarra (di scuola Pantera) avvicendati ai soliti breakdown, direi che aiuta molto i R:I:P a prendere le distanze dal genere, anche se magari in alcuni momenti riaffiora prepotentemente il background thrash dei nostri; niente paura, perché un attimo dopo, il quintetto teutonico ci spiazza con una trovata delle sue: un loop che si pianta nel cervello come in “Fade Away” o un’angelica voce (Christina Müller) come accade in “The Cold Place”, risolvono la situazione. Bravi, perché reinventarsi in un genere stagnante come il thrash è davvero difficile e la band, nonostante alcune ingenuità, ha saputo sfoderare una prova più che dignitosa. Se osassero ancora di più, sono certo che farebbero sfracelli; da tenere d’occhio la loro evoluzione… (Francesco Scarci)

(Twilight Zone Records)
Voto: 70