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domenica 22 aprile 2018

LORØ - Hidden Twin

#PER CHI AMA: Math/Noise/Sludge
Tornano (i) LORØ dopo quasi tre anni dal devastante self-title esordio che ha lanciato il trio padovano nella calca dell'underground e gli ha subito premiati con un'ottima risposta da parte del pubblico e della stampa. Il connubio chitarra elettrica, batteria e synth caratterizza il sound della band in maniera netta, un mix di math, noise e sludge metal che ricorda gli OvO quali incubatori di un embrione nato dall'unione di gameti Meshuggah e Burzum. Anche stavolta l'artwork è di Riccardo (chitarra) che ha voluto assicurare un risultato impeccabile, ovvero un digipack lussuosamente serigrafato, ritagliato e confezionato interamente a mano. Questa realizzazione rende l'album un manufatto visivamente prezioso, pratica spesso omessa dalle band e dalle etichette che puntano tutto sulla realizzazione musicale. Non è quindi il caso di 'Hidden Twin' che grazie alla cordata formata da Brigante Records\Cave Canem D.I.Y.\Dio)))Drone\Drown Within Records\In The Bottle Records ci permette di godere in toto di quest'album contenente sette tracce. Il suono è complesso, elaborato e volutamente artificiale, frutto di un possente lavoro di registrazione, editing, mixing e mastering che ha portato ad un risultato ben preciso e perfettamente amalgamato. Tutto inizia con "Low Raw" e il suo oscuro riff liberamente inspirato a "Misirlou" dei Dick Dale & The Del Tones di Pulp Fiction-iana memoria, ma la somiglianza finisce subito grazie ad un break dai suoni profondi e distanti pari ai paesaggi soprannaturali descritti da Lovercraft. Il tessuto artificiale del synth monofonico (Mattia) e i pattern serrati e dispari di batteria (Alessandro) completano l'alchimia strumentale, un rigurgito sonoro che incatena l'ascoltatore ad altissimi monoliti in attesa di un'entità che si cela nella nebbia. Un brano che in meno di tre minuti ci fa capire che i LORØ hanno affilato le lame e sono già balzati alla gola di chi li ascolta. "Last Gone" è il terzo brano ed introduce una novità, ovvero il cantato del chitarrista Riccardo, dotato di una timbrica smaterializzata dagli effetti e rabbiosa come non si sentiva dai tempi di Dani e i suoi Cradle of Filth. I riff di chitarra si destreggiano in malefici fraseggi con un mood alla Mastodon, ma quello che brilla in questa ed altre composizioni, sono le divergenze ritmiche e gli strati sonori perpetrati dagli oscillatori analogici del compartimento sintetico. Il lungo percorso ci catapulta in un'atmosfera opprimente degna dei migliori film di Dario Argento, dove storia e musica crescono all'unisono in un paesaggio urbano decadente. L'opera più poderosa è sicuramente la traccia che dà il titolo all'album, quella "Hidden Twin" che esordisce con una spoglia chitarra acustica/classica e il sussurro di una voce fuori campo. Il crescendo incalza con l'entrata della batteria e del sintetizzatore che guida la melodia con un riff in stile prog/psichedelia anni '70. L'arroganza delle distorsioni ci riporta alla cruda realtà dove le profondità recondite nascondono esseri innominabili che hanno visto l'avvicendarsi delle ere. Il continuo martellare del rullante, asciutto e penetrante come un chiodo arrugginito, trascina il brano verso la fine con un'esplosione liberatoria verso la luce. "Point&Comma" è il brano che spicca per impatto sonoro, la chitarra elettrica ingegnerizzata a livello molecolare, estremizza le distorsioni al massimo. La sezione ritmica si arroga il diritto di condurre i giochi e non possiamo che essere d'accordo, il groove è la spina dorsale di questo percorso contaminato da suoni industriali e synth sci-fi che graffiando l'anima, ci attirano ancora di più nel vortice senza fine. 'Hidden Twin' è un album complesso, che scava nel subconscio di chi ascolta e trasmette molteplici sensazioni, come un prisma che riflette la luce in modi diversi a seconda di come viene attraversato dal Sole. Il trio ha dato prova di aver maturato una propria identità già chiara all'esordio, ma che ora ha subito una piacevole metamorfosi, oltre il suono, la melodia e la ritmica. Rimane valido l'invito di ascoltarli dal vivo, ovviamente dopo aver fatto scorta di dispositivi di protezione acustica. (Michele Montanari)

(Brigante Records\Cave Canem D.I.Y.\Dio)))Drone\Drown Within Records\In The Bottle Records - 2018)
Voto: 80

https://sonoloro.bandcamp.com/album/hidden-twin

martedì 20 dicembre 2016

Rosario - And The Storm Surges

#PER CHI AMA: Sludge/Stoner
Siano lodati i Rosario che, dopo la bella prova di 'Vyscera', recensito sulle nostre pagine quasi due anni fa, tornano con un nuovo lavoro, 'And The Storm Surges'. La band padovana nel frattempo di strada ne ha fatto parecchia e, cosciente del proprio potenziale, ha dato una grossa spinta ai live in patria e oltre confine, curando parecchio il sound e la composizione dei brani. Questa volta quindi puntano sull'all-in con un risultato finale davvero ottimo, dopo aver compreso che la via del successo è quella di far tesoro delle influenze e dell'esperienza per ricercare un proprio stile. Si può dire che i nostri si siano scrollati di dosso il cliché basato sui volumi e il muro sonoro, lavorando su quel groove che rapisce l'ascoltatore e te lo fa tenere stretto come un seguace pronto a seguirti ovunque tu vada. Già forti di una sezione strumentale solida e creativa, la parte vocale li aiuta a spiccare tra le tante band che affollano l'ambiente stoner/doom/sludge e la cordata di etichette a supporto, spingerà al massimo questo nuovo album. La versione che abbiamo ricevuto è quella digisleeve, ma lo troverete anche su un godurioso doppio LP da 180 gr. con un fitto merchandising fatto di t-shirt, cappelli e quant'altro. L'artwork è spettacolare, curato dagli stessi Rosario che hanno optato per il classico bianco e nero dal tema lugubre e vintage. Ma passiamo ai brani, cuore pulsante di questo full length dove tutto inizia con "To Peak and Pine", una bordata stoner/sludge dall'impronta heavy metal/thrash che i nostri padovani si portano dietro come bagaglio musicale di chi suona da qualche anno. La sezione strumentale, nonostante sia trascinata dai possenti riff delle chitarre, esce in maniera piena e maestosa, ricordando i Mastodon per i suoni azzeccati e gli arrangiamenti. Subito si viene coinvolti dal cantato, una voce ruvida e potente che si destreggia con classe e riesce a rincarare la dose nei passaggi cruciali del brano. Un brano carico, trascinante e messo in apertura al disco per mettere subito in chiaro che i Rosario sono qui per picchiare duro puntando su brani ben fatti, come il successivo "Vessel of the Withering". L'introduzione è perfetta nella sua semplicità, gli arpeggi di chitarra al limite del ambient/post rock sono il cancello che ci permette di accedere al mare di oblio che i nostri faranno attraversare con il loro vascello fantasma. Le note dissonanti instillano ansia e desiderio di fuga che portano al ritornello, ma poi si innesca un cambio di ritmo dove batteria e basso la fanno da padrone, martellando a più non posso e giocando su stop & go che danno dinamicità al brano che supera abbondantemente i sei minuti. Le accelerazioni ricordano la scuola thrash death di Pantera e Sepultura, ove velocità e dinamica ci conducono fino alla fine provati ma con il sorriso sulle labbra. Arriva il turno di "Radiance" e la vostra sanità mentale verrà messa alla prova definitivamente con un'introduzione dal sapore quasi grunge e southern rock, ove le chitarre duettano con il cantato trasognante e onirico che ci porta nella fredda notte del deserto sotto un cielo stellato. Un momento intimo e spirituale che ad occhi chiusi innesca la risonanza delle vostre molecole che seguiranno il crescendo e la successiva esplosione distorta. Gli arrangiamenti permettono di apprezzare appieno l'evoluzione del brano che pulsa, si allunga e poi ritorna su suoi passi, coinvolgendo l'ascoltatore che rende grazie anche per suoni sempre all'altezza. Ma i Rosario sono anche dei vecchi thrasher che badano al sodo e alla botta, come in "Monolith", dove corrono veloci e senza freni, ma sempre con un taglio personale. Particolare e ben riuscita anche "Dawn of Men", un ritorno alle origini tra chitarre acustiche e vocalizzi, con la band che si spoglia dei suoni pesanti ed elettrici per alleggerirsi e tornare, anche se per poco, ad una musica primitiva che va ascoltata e non capita. L'album chiude con "And Then... Jupiter", altro pezzo complesso dalle sonorità a cavallo tra post metal e stoner/doom, a conferma che i Rosario hanno lavorato tanto e duramente per centrarsi interiormente e trovare la propria identità nel vasto panorama musicale di questo momento storico. Non ho dubbi, un album bello ed appagante, meritevole di un ascolto attento per essere apprezzato in toto, cosi come pure i live della band che regalano trip lisergici ad alto contenuto di watt. (Michele Montanari)

(Brigante Rec/Dio)) Drone/Electric Valley/In the Bottle Records/Taxi Driver
Red Sound Records - 2016)
Voto: 85

https://rosariomusic.bandcamp.com/

lunedì 1 giugno 2015

Lorø - S/t

#PER CHI AMA: Drone/Noise/Math, Helmet, Zu
Devo ammettere che pensavo di aver già visto ogni sorta di artwork per un cd, dalle bare ai cofanetti in legno, dai libri agli origami, ma quello dei patavini Lorø si mostra come uno dei più eleganti. Difficile spiegarne l'essenza: una lastra di plastica trasparente avvitata su un supporto dalla grafica serigrafata, il tutto decorato con la scritta LORØ in oro. Visto che anche l'occhio vuole la sua parte, concedo già mezzo punto in più solo per questa diavoleria, peccato poi che per estrarre il cd dalla custodia, si debba bestemmiare in sette lingue, ma son dettagli. Il self-title album della band veneta, prodotto addirittura da cinque etichette indipendenti (credo sia un record), rappresenta il debutto per il trio di quest'oggi. Nove i brani a disposizione, che irrompono con il disturbante sonoro di "Pollock", traccia dal piglio math/noise assai vicina anche al nintendocore, che dichiara che il percorso avantgarde-sperimentale dell'ensemble, sarà tutto fuorché accessibile. Difficile affibbiare un'etichetta ben precisa alla musica dei Lorø, vi basti sapere che il disco è strumentale e lungo i suoi 48 minuti, sarà alquanto facile passare dal sound di "tooliana" memoria di "Thalia", in cui psichedelici synth ci accompagnano a sprazzi lungo il suo liquido defluire, a fraseggi jazz, noise o math rock. Torniamo a "Thalia", il cui rifferama è abbastanza complesso, risentendo di influssi orientaleggianti e richiami alla System of a Down, solcando nel finale anche il mare del rumore. "A Trick Named God" è una lunga song elucubrante, che si muove tra riffoni al limite del doom, idiosincrasici passaggi noise, energiche cavalcate cinematiche ed un dilatato spazio drone, il tutto guidato dalla maestria effettistica di Mattia Bonafini. Con "High Five", sembra di aver a che fare con un'altra band, uno di quei complessi che riempiono jazz club o lounge bar: il clima è rilassato, almeno fino a quando il riffing distorto di Riccardo Zulato aumenta in profondità, mentre il lavoro delirante ai synth, accresce la follia distorsiva dei nostri. Ancora noise/drone con "Ø", un'accozzaglia di rumori e ambientazioni angoscianti create dal suono di un didjeridoo, che tuttavia non trova il mio pieno consenso. Skippo alla successiva "At Mortem", una traccia in apparenza normale, quasi rock, in cui la sezione ritmica acquista in abrasività col crescere del brano, e i suoni sembrano quelli di un trapano che vuole penetrare la calotta cranica. Fortunatamente un break ambient ne interrompe il supplizio, concedendo un attimo di tregua prima della claustrofobica chiusura affidata all'elettronica e a deliziose melodie di sottofondo. Forse è il suono di un allarme quello che brevemente si palesa in "Clown’s Love Ritual”, il pezzo più lineare del cd, ma anche quello più tribale, grazie all'eccelsa performance dietro alle pelli di Alessandro Bonini. L'improvvisazione si cela comunque dietro ogni angolo, pertanto mai abbassare la guardia con questo power trio di Padova. "Faster, Louder & Better" accentua il riffing vetriolico dell'act italico, già sottolineato in precedenza, agendo anche sulla velocità, con una cavalcata che gronda in termini di groove. Come dicevo però, ecco che i Lorø deviano ancora una volta dalla strada maestra arrivando ad imbastire un finale schizofrenico. Centrifugato dai suoni catatonici di questa inusuale band, che trova alcuni punti di contatto con gli Zu e gli Helmet, arrivo alla conclusiva "To Whom it May Concern", frase che utilizzo molto spesso nei documenti di lavoro e che qui invece segna la fine di un impervio viaggio musicale che non sarà cosi semplice intraprendere. Di idee ce ne sono un'infinità, starà ai Lorø provare a renderle più abbordabili se vorranno far breccia tra un pubblico più vasto. Assai coraggiosi. (Francesco Scarci) 

(Red Sounds Records/In the Bottle Records/Cave Canem DIY/
DIO)))Drone/Icore Produzioni - 2015)
Voto: 75

mercoledì 11 febbraio 2015

The Great Northern X - Coven

#PER CHI AMA: Indie/Folk/Rock
Come anticipato nella recensione dei Rosario di qualche settimana fa, la zona di Montagnana (PD) dimostra la sua vitalità con un'altra band prodotta dalla In the Bottle Records. Questa volta parliamo dei THE GREAT NORTHERN X (TGNX), quartetto che nasce nel 2009 dalla fusione degli Art of Wind (progetto solista di Marco Degli Esposti) e Flap (trio strumentale post-rock). La band veneta è alla seconda fatica e rimane fedele al suo sound post folk, sospeso tra sonorità pop e rock con quell'atmosfera che qualche anno fa qualcuno avrebbe definito indie. La qualità audio dell'album è buona e adatta al genere, qui suoni moderni o super compressi non troverebbero spazio e farebbero a pugni con il sound semplice e spontaneo dell'ensemble patavino. Il vocalist ha un timbro che ricorda il cantante dei The Connels, band famosa negli anni novanta per il singolo "'74, '75". Una timbrica molto particolare che risulta facilmente riconoscibile tra tante e può essere quindi un valore aggiunto. L'album apre con "Skunk", brano caratterizzato da riff di chitarra e ritmica incalzante, tenuti insieme dal cantato che si posa sopra leggero e aggraziato, quasi a smussare le note graffianti degli strumenti. Tre minuti scarsi per concentrare il più possibile le sensazioni ed evitare di disperderle in una brano più lungo che avrebbe richiesto l'introduzione di altri arrangiamenti. "Machine Gun Stars" è una suadente ballata, dove le sonorità post rock hanno maggior voce in capitolo, i riff si arricchiscono di riverbero/delay che regalano spazialità, respiro e una nota nostalgica. Il brano è di per sé ben strutturato, nei quasi sei minuti si alternano varie strutture, anche se il fraseggio principale richiama alla memoria melodia già sentite. Comunque poco male, l'atmosfera tiene unito il tutto, rendendo piacevole ogni battuta. "Dead Caravan" cambia le carte in tavola e si veste con un sontuoso abito rock finemente rifinito di cattiveria e rabbia. Le chitarre trascinano la band, iniettando adrenalina nelle vene della sezione ritmica che coglie l'occasione per togliersi un po' di polvere da dosso. Il basso diventa pulsante e la batteria scandisce ossessivamente il tempo, spingendo anche il cantato ad adattarsi e sporcarsi le corde vocali. Un breve assolo dissonante aumenta la sensazione di ansia che pervade il brano. Bravi i nostri TGNX, se l'album avesse seguito più il filo conduttore di quest'ultima song, avrebbe fatto breccia anche nei cuori dei rockettari che di solito snobbano contaminazioni folk e post-qualcosa. Ma poi dopo tutto, ha davvero importanza? (Michele Montanari)

(In the Bottle Records - 2014)
Voto: 70

domenica 18 gennaio 2015

Rosàrio - Vyscera

#PER CHI AMA: Stoner/Alternative
I Rosàrio sono un quintetto padovano, Montagnana per l'esattezza, zona che concentra una particolare attività musicale grazie ad un live club/sala prove/studio di registrazione in continuo fermento (Circolo BAHNHOF) e l'etichetta In the Bottle Records, giovane ma già con ottimi lavori all'attivo. La band nasce nel 2013 e accoglie musicisti di altre band come Neither e Lorø, probabilmente alla ricerca di un progetto alternativo che permetta di sviluppare idee che altrimenti non troverebbero spazio nei rispettivi gruppi. 'Vyscera' segna l'esordio del gruppo e si presenta in un fantastico metal box contenente sette tracce dalla spinta crescente, un vero pugno in faccia dato dalle basse frequenze generate dal bassista Fabio e dal chitarrista baritono Riccardo che è venuto a dar man forte a Nicola. Il mix è aggressivo, stoner e psichedelia ben amalgamate tra loro con un tocco di sludge e doom che neanche chef Ramsay sarebbe stato di in grado di far meglio, culinariamente parlando. L'album apre con "Dome", song dai riff in classico stoner alla Truckfighter e Kyuss, potenti e decisi quanto una bordata. Il vocalist Alessandro si inserisce bene negli arrangiamenti e grazie al suo bel timbro non troppo profondo, arricchisce le tracce rendendole dinamiche. "Caravan Kid" non smentisce l'idea che ci eravamo fatti e continua sull'onda stoner, questa volta con una marcia in più visto che il batterista Stefano dà sfogo al suo bisogno incontrollabile di picchiare ad una velocità assurda, aggiungendo un breve break finale che permette all'ascoltatore di riprendere fiato. Brano che dura appena centocinquanta secondi, un peccato perché non appaga la nostra dipendenza da riff desertici, ma in questo modo i Rosàrio si differenziano dalla moltitudine di band che a volte ci affliggono con brani lunghissimi e ripetitivi. L'album chiude con il brano"Inner", caratterizzato dall'intro con didgeridoo, una valida alternativa al sitar ormai abusato per creare atmosfere tribali/folk. Dopo pochi secondi arriva l'esplosione dominata dai riff di chitarra che vengono accompagnati con forza dagli altri strumenti, per regalare un vero e proprio muro di suono. Nonostante l'album non brilli in termini di creatività e qualità di registrazione, ritengo che sia assolutamente da avere nella propria collezione. Inoltre regalatevi almeno un live dei Rosàrio, l'impatto sonoro sarà simile a quello dei Sunn O)))), quindi se non siete avvezzi, prendete contromisure adeguate adottando un qualsiasi dispositivo di protezione dell'udito o rischierete di soffrire di malessere, capogiri e nausea da elevato numero di decibel! (Michele Montanari)

(In the Bottle Records - 2014)
Voto: 80