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martedì 1 dicembre 2020

ĀraṇyakAƔnoiantAḥkaraṇA (ĀAAA) - S/t

#PER CHI AMA: Experimental/Ethno/Folk/Psych
La Family Sound è una realtà artistica esageratamente underground e fedele al credo Do It Yourself. La sua energia comunicativa è alimentata da una luce propria molto intensa, che mette l'arte al di sopra di ogni cosa, in maniera così ostinata che dalla produzione fisica a quella concettuale di un'opera sonora (nella sua filosofia rigorosamente una diversa dall'altra) non tralascia nulla alla banalità delle cose, neppure nella realizzazione dei dischi. Evitando le normali vie di fabbricazione dei vinili, costruendosi copertine autonomamente, fino a far uscire sul mercato, come in questo caso, la bellezza di sole 21 copie in vinile fatte a mano. Ricordando che i suoi artisti sono praticamente senza identità, che le opere nascono da una collaborazione internazionale, col solo intento di far esplodere l'ispirazione creativa dei musicisti, vi invito a farvi un'idea leggendo di seguito come questa etichetta usa presentarsi: "una one man label specializzata nella pubblicazione in vinile creando edizioni con musica diversa per ogni copia, copertine diverse, loops finali e altro". La label promette di adottare i principi dell’industria musicale al contrario: nomi dei gruppi impronunciabili e impossibili, edizioni in vinile super-limitate e super-costose, testi chilometrici, produzioni musicali troppo eversive per entrare in qualsivoglia nicchie, generi fuori moda, e altro ancora. Fatte le dovute premesse, affrontiamo il disco degli ĀraṇyakAƔnoiantAḥkaraṇA, cominciando da un nome impronunciabile per un disco ispirato alla cultura sacra vedica. Gli Aranyaka o "libri anacoretici" (circa sec. VIII-VI a. C.) sono opera di asceti che nella "selva solitaria" (āraṇya) sostituivano al culto esteriore delle cerimonie sacrificali il culto interiore della meditazione sul valore simbolico e sul significato mistico dei riti. Il nome del duo si fa carico del significato musicale dell'opera il cui intento è proiettare l'ascoltatore in un'estasi mistica, ipnotica e incantatrice, oserei dire, ossessivamente trascendentale. Prendete "Dust" di Peter Murphy, privatelo di tutte le sue parti ritmiche, tenendo solo quelle etniche, spostandole poi nel versante indio/ mediorientale, avvolgetele in un tappeto costante di sitar ancestrale e acido al pari di certa psichedelia allucinata di casa nella Londra del '67, sporcate il tutto con rumori e brevi accenni ritmici minimali, filtrate con l'elettronica, quella low fi, ed con del folk apocalittico. E il gioco è fatto. Immaginate i due brani di apertura del capolavoro '...If I Die, I Die' dei Virgin Prunes, "Ulakanakulot" e "Decline and Fall", scarnificati e suonati con la cupa e lenta avanguardia dei Sunn O))), il lato mistico dei Dead Can Dance e la psichedelia etnica di un capolavoro degli Aktuala quale fu il loro album omonimo del 1973, e ancora, la drammaticità dell'ultimo Nick Cave e le sfumature notturne del più cupo Tom Waits e forse avrete una lontana idea di cosa si nasconde dentro questo album. Tre brani di cui il primo, "No Store of Cows" supera i 22 minuti, seguito da un lampo di neppure due minuti per concludere con una liturgia dark di circa 15 minuti ("The Margin Spread"). Vi siete fatti un'idea di quale spettacolare risultato sia riuscito ad ottenere questo duo di musicisti senza volto? Un cantato oscuro alla maniera del gotico vocalist dei Bauhaus, teso, esasperato, che usa salmodiare le preghiere descritte nei testi che dentro al vinile sono trascritti, niente poco di meno che su di una reale pergamena, un impianto sonoro che non lascia intendere dove inizia il campionamento, il loop o la reale strumentazione suonata, ed una emotività sacra tanto esposta da rendere alcuni momenti musicali veri e propri viaggi spirituali, a volte trascendentali, a volte aspri e bui al pari di una composizione degli OM. La difficoltà di descrivere un album simile è enorme, poiché questo tipo di opera non è alla portata di tutti e rifiuta ogni logica commerciale, sono brani che richiedono attenzione assoluta e apertura mentale per essere recepiti nella loro integrità artistica, per questo servono più ascolti e molta concentrazione per capirli. Alla fine però, si ha l'impressione di essere di fronte ad un vero capolavoro, che rimarrà in eterno al di fuori del tempo. L'intento di creare musica altra, senza vincoli, ispirata e profonda, in questo disco si è decisamente fatta realtà. Un immancabile ascolto per gli amanti più temerari della psichedelia d'avanguardia. (Bob Stoner)