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sabato 5 dicembre 2020

Akral Necrosis - The Greater Absence

#PER CHI AMA: Black/Death, Anaal Nathrakh
Grazie al lavoro incessante di Loud Rage Music e Pest Records, la scena rumena inizia ad affacciarsi nel panorama internazionale sempre con più forza. Oggi è il turno dei blacksters Akral Necrosis che giungono con 'The Greater Absence' al traguardo del terzo disco senza che io ne conoscessi l'esistenza. E allora benvenuti nel Pozzo dei Dannati, grandi violentatori di timpani. Si perchè la ferocia con cui i nostri aprono il disco è da paura, con "Silent Altar" che si presenta come una spirale di violenza senza compromessi ma chi si fermerà a questa superficiale valutazione sia bandito. Questo perchè la song ha una sua anima fatta di emozioni, melodie, tecnica e mille altre sfaccettature che lasciano davvero a bocca aperta. Violenza si, ma fatta con somma intelligenza un po' come insegnano da anni gli Anaal Nathrakh, ma qui, a differenza degli inglesi, si sentono ancor più palesi le influenze heavy classiche, altre note malinconiche che rendono la proposta del quintetto di Bucarest decisamente affascinante. Chiaramente, i suoni proposti in questo dinamitardo lavoro non sono certo per tutti, "Oldd Mirror" è una mazzata terribile sul muso che in quei suoi rari rallentamenti, riesce a rivelare ai fan le doti invidiabiliti di un gruppo di musicisti in grado di bilanciare elevatissime dosi di suoni infausti e ritmiche furenti con parti più controllate e iper tecniche che rivelano una grande preparazione strumentale. I miei complimenti. Soprattutto quando è "Intonation" a suonare nel mio stereo, in cui le melodie si prendono tutta la scena e in sottofondo lo screaming velenoso del vocalist dà man forte ad un suono comunque profondo, intenso e magnetico che nel finale trova modo di tornare ad essere caustico, ammiccando a Darkthrone e soci. Ancora frustate black con l'indiavolata "In Nightmare Shades" che dopo un giro di orologio rallenta paurosamente nei meandri di un doom angosciante, che ripartirà a ritmi furibondi dopo un altro giro di orologio. Ma devono avere origini svizzere i nostri visto che questo giochino di alternanza black-doom verrà adottato anche nei restanti 180 secondi. Ancora echi norvegesi (scuola Carpathian Forest) in "Man in the Cauldron", song glaciale (e incendiaria al tempo stesso) che potrebbe essere stata concepita in Scandinavia nel decennio '90-2000. Il disco è un susseguirsi di brani suonati a ritmi vertiginosi che vede ancora punti di grande interesse nello splendido e lugubre break atmosferico di "Revamping the Inside" o nell'aberrante ritmica, stile Altar of Plagues, di "Plaguebound", una traccia complessa e complicata che vi farà esplodere i pochi neuroni rimasti nei vostri cervelli, soprattutto grazie a quel suo doppio assolo conclusivo in grado di spettinare anche un pelato come il sottoscritto. Ultima menzione per il finale affidato a "Damnatio Memoriae", la traccia più lunga del lotto, quasi 10 minuti di ritmiche arrembanti, sparate a tutta velocità tra una tempesta di blast-beat, urla disumane, chitarre tremolanti ed un basso che sembra uscire da una hit degli Iron Maiden, che esaltano alla grande la prova di questi eccellenti Akral Necrosis. (Francesco Scarci)