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giovedì 5 dicembre 2024

Ashen Horde - Decayed

#PER CHI AMA: Death/Black
'Decayed' è il nuovo 10" dei californiani Ashen Horde, una band che avevamo già incontrato in occasione del loro album 'Nine Plagues' e che poi non abbiamo mantenuto nei nostri radar. La band di Los Angeles torna con queste tre nuove song a celebrare i 10 anni dal debutto, più la ri-registrazione - niente di clamorosamente differente dall'originale - di "Baited Breath", estratta proprio da 'Sanguinum Vindicta', con la versione in cd che include peraltro ben 12 bonus track, provenienti dagli scarti dei precedenti dischi. Ebbene, le nuove tracce incluse sono un manifesto dell'ostica proposta dell'ensemble a stelle e strisce, essendo infatti promotori di un black death ringhiante che ha poco di originale da proporre. Tra le cose che potrei segnalare, lungo le quattro song in mio possesso, c'è un utilizzo alquanto stravagante del cantato pulito, che si affianca qua e là, a quello più tipicamente stridulo del frontman statunitense. La musica poi, sin dall'iniziale "A Portent Among the Debris" e a seguire con "The Reaping", dicevo, è un concentrato di affilato death black con chitarre un po' sghembe, furiosi blast-beat e qualche apertura progressive - soprattutto in "Euphoric Lament" - che potrebbe evocare gli Enslaved, anche se la band norvegese è di tutt'altra caratura. Ecco che ora mi spiego il motivo per cui non siamo mai stati fan accaniti della band statunitense, onesti mestieranti e poco più. (Francesco Scarci)

martedì 3 dicembre 2024

Déhà - Victim: Perpetrator

#PER CHI AMA: Grind/Hardcore
Con Déhà le cose non sono mai cosi scontate come sembra. Autore di un numero indefinito di release dal 2018 a oggi, sia con questo moniker che con molti altri (Acathexis, Cult of Erinyes, Wolvennest, giusto per citare i miei preferiti), ricompare improvvisamente sulla scena con un inattesissimo quanto improbabile EP, 'Victim: Perpetrator'. Perchè improbabile vi domanderete. Ebbene, rimarrete impietriti anche voi quando il grind di "I Love You So Much" irromperà nelle vostre casse facendovi esplodere le orecchie. Un pezzo di 90 secondi che a confronto uno scrub di carta vetrata potrebbe farvi il solletico. Eppure in questo minuto e mezzo la ritmica infuocata trova anche il modo di rallentare, risucchiandovi in un vortice angosciante e morboso che vi condurrà ad affrontare i demoni dell'artista belga nella dirompente e fangosa "I'll Fight My Demons More Than I'll Fight You". Paura e delirio a Bruxelles direi perchè non mi sarei mai aspettato qualcosa di simile anche se, ribadisco, il mastermind mittleuropeo ci aveva abituato a parecchie sorprese in passato, tant'è che Metal Archives definisce come vari i generi proposti da Mr. Lipani. Con "Damocles's Trauma" ma in generale anche con le altre tre song a seguire, si viene investiti in principio da staffilate death/grind/hardcore, per poi trovare caustici rallentamenti nell'incipit della conclusiva "You Can't Leave". Per chi come me era abituato a identificare il polistrumentista belga con un black atmosferico, forse rimarrà deluso ascoltando questa cruenta sassaiola. Chi invece vuole rischiare di prendere schiaffi e pugni gratuitamente, beh un ascolto a 'Victim: Perpetrator' potrebbe essere quasi obbligatorio. (Francesco Scarci)

lunedì 2 dicembre 2024

Champions of Sorrow - The Night Makes Us

#PER CHI AMA: Symphonic Deathcore
Ultimamente sto notando un'ascesa importante del deathcore dalle tinte sinfoniche. Abbiamo incontrato un paio di band davvero interessanti recentemente (i canadesi Art of Attrition e gli svedesi Cryptic Doom), e oggi ci spostiamo in Finlandia, paese che per questo genere ha dato i natali agli Assemble the Chariots, band che se non conoscete, vi invito ad andare a scoprire. Per quanto riguarda invece i Champions of Sorrow invece, posso dirvi che questo 'The Night Makes Us' rappresenta il loro debutto ufficiale. Un EP di tre pezzi davvero convincenti che mettono insieme sonorità deathcore con la musica sinfonica, per un lavoro che ho adorato sin da subito e che metterà subito d'accordo gli amanti di Fleshgod Apocalypse con Lorna Shore. Complici sicuramente quei melodicissimi tappeti di tastiera che in "The Horde", smorzano la furia distruttiva di un black/death di "dimmu borgiriana" memoria. I vocalizzi super growl poi, una ritmica ribassata, i classici breakdown - orpello ormai immancabile del deathcore - e un'epicità davvero coinvolgente unita a melodie super catchy, mettono sul binario giusto la proposta del duo originario di Helsinki e Uusimaa. A tutto questo aggiungete un buon assolo conclusivo, di sapore heavy classico, ad arricchire quello che sembra essere un succoso antipasto per i nostri. In seconda posizione veniamo travolti dalle orchestrazioni prelibate della title track, le cui atmosfere mi fanno quasi venire la pelle d'oca. Ci pensa poi il rutilante assetto da guerra dell'invasato batterista a inneggiare alla battaglia, ma vengono in soccorso delicati tocchi di pianoforte, parti malinconiche, e ancora splendide melodie a attenuarne i toni. In chiusura, un altro piccolo gioiellino, "Faceless Mirror", ad alimentare la frustrazione del "ne avrei voluto di più", perché i due scandinavi sanno toccare i tasti giusti, portare le argomentazioni più appropriate per coinvolgere anche voi, con il loro ottimo sound, che farà la gioia di tutti gli amanti di sonorità estreme, soprattutto quelli che amano la melodia a servizio della furia metallica. (Francesco Scarci)

domenica 1 dicembre 2024

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giovedì 28 novembre 2024

Skepticism - Stormcrowfleet

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Funeral Doom
Gli Skepticism sin dagli esordi ci hanno regalato un capolavoro di inestimabile valore. Un album funereo, sia per l’atmosfera profusa che per l’incedere lento ed angosciante. Gli elementi che caratterizzano la band finlandese sono la tastiera usata in modo enfatico e decadente, epica in alcuni punti, una linea di chitarra molto compressa e dal tono molto basso, la classica voce da oltretomba, con growls profonde che ben si amalgamano al sound soffuso e triste dei sei brani inclusi in questo debutto mitologico. I colpi di batteria risuonano come dei tamburi che annunciano l’arrivo della salma al suo sepolcro. Ritmi ossessivi e sofferti per questa cerimonia funebre chiamata 'Stormcrowfleet'.

(Red Stream Inc./Svart Records - 1995/2018)
Voto: 90

https://skepticism.bandcamp.com/album/stormcrowfleet

The Pit Tips

Francesco Scarci

Dystopia - De Verboden Diepte I: Veldslag op de Rand van de Wereld
Body Count - Merciless
Panzerfaust - The Suns of Perdition IV: To Shadow Zion

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Alain González Artola

Profane Existence - Scorn
Erzebet - Six Hundred And Fifty
God Dethroned - The Judas Paradox

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Death8699

Draconian - A Rose For The Apocalypse
Epica - The Quantum Enigma
Within Temptation - The Unforgiving

lunedì 25 novembre 2024

Ritual Fog - But Merely Flesh

#FOR FANS OF: Death Old School
As it happens with other metal genres, metal has evolved through the years, modernizing its sound and incorporating new elements. This has led to some bands mutating their sound to something more melodic and crystal-clean, while others have taken a step forward in the realms of brutality and insane intensity. In any case, as has happened with the black metal sub-genre, many old bands and some newcomers, retain the torch of the old sound with immaculate devotion. The USA-based band Ritual Fog is one of the latter cases. This young project released just an EP prior to signing an agreement with the reputed label Transcending Obscurity Records, which speaks volumes about its potential.

'But Merely Flesh' is the first full-length album by Ritual Fog, and it unequivocally breathes true passion for the old metal sound. All the elements contained in this album stay true to this path, beginning with the production. The sound isn’t exactly what you would expect from a metal album released in the beginning of the '90s, but it is very, very close to it. Overall, the result is very good as it maintains a good balance between having the rough and crunchy touch of the old albums but sounding clean enough to appreciate the performance of each instrument. Nevertheless, the way the guitars or the drums sound will surely bring you memories of the classic efforts. As with the instrumental base, the vocals’ approach also follows the old path. Ian’s voice is not particularly low-tuned as it happens with many modern bands, but it reminds me of how metal singers sounded around the late '80s and the beginning of the '90s. Although you will find some mid-tuned growls, Ian’s voice successfully introduces tons of raspy screams like it was usual in the initial years of the genre. "Desolate Chasm" is a good example of it where he delivers a great performance, and a faithful example of the characteristics mentioned. About the pace and song structure, the traditions of the classic efforts are also well represented in "But Merely Flesh". The pace throughout the whole record is varied, intense almost always, but having its ups and downs in the pace and energy. Moderately fast sections are combined with mid-tempo and slower parts in a very natural and inspired way. If you want relentless energy and vivid pace, songs like "Slimeblade" will please you. Excellent tracks like "Nocturnal Suffering" and "Demented Procession", give plenty of room to head-bang like crazy with its excellent mixture of speedy parts and mid-tempo sections that will make it impossible for the listener to remain still. Slower sections have their presence here and there throughout the album too. "Sentinel Chamber" is one of my favorite pieces in this sense, as it has a great contrast between heavier parts and the calmer ones. This composition has, which is probably the most atmospheric and calm section, that fortunately does not sound out of place at all. The way the band mixes different tempos shows the amount of work and talent put into this album, which is something that always deserves our praise.

'But Merely Flesh' is an excellent starting point for this project. The band gives the listener what he wants, a loyal and well-constructed old school metal album made to break some necks during concerts. Turn it up loud and enjoy! (Alain González Artola)


(Transcending Obscurity Records - 2024)
Score: 78

https://ritualfogdm.bandcamp.com/album/but-merely-flesh

Maverick Persona – In the Name of

#PER CHI AMA: Post Rock/Experimental Sounds
In quante occasioni ci siamo persi nel vasto mondo della musica pop internazionale, cercando qualcosa di interessante da ascoltare, senza mai guardare ai confini nazionali? Ecco, con il nuovo album dei Maverick Persona, vi renderete conto che l'album della "porta accanto" esiste e può avere un respiro internazionale, risultare intrigante e destare la vostra curiosità senza nemmeno passare per il mainstream, preconfezionato e molto spesso vuoto di spessore e idee (vedi ultimi Blur o simili). Il progetto dei due musicisti italiani, Amerigo Verardi e Matteo "Deje" D'Astore, esprime tra le sue note proprio questo, la volontà di essere liberi di creare musica per come la si intende, senza confini o condizionamenti. Infatti, in una intervista uscita al tempo del loro primo album, 'What Tomorrow?', dichiaravano quanto segue: "Non abbiamo la possibilità di investire migliaia di euro in promozione, foto o videoclip; tanto meno siamo in grado di comprare i passaggi nelle radio o in tv, né ci interessa acquistare pacchetti di ascolti virtuali in playlist del cazzo. Adottiamo invece una forma promozionale tutta nostra che si misura in energia piuttosto che in economia: provare a liberare un flusso creativo tale da permetterci di registrare anche due album in un anno, possibilmente uno migliore dell’altro". La magia di questo nuovo disco si misura proprio in questa libertà, e se ci si associamo i testi, cantati in lingua inglese, volti alla critica di una società al limite tra ipocrisia e decadimento culturale e sociale, il gioco è fatto. Il duo cita i generi electronic, experimental, psychedelic, pop, rock, spoken word, new jazz, world music e gli ingredienti ci sono tutti, e si srotolano con un enorme piacere di ascolto. "Somewhere We Have Landed" e "Underword Conspiracy" sorprendono per la maturità del suono, musica ad elevato impatto psichedelico ed emotivo ad ampio respiro internazionale, un elettro-ambient sofisticato, ma non solo; l'impazzito jazz di "Sirshka" e i sussulti new/acid jazz di "Where Are You", confondono ed ampliano gli orizzonti musicali. L'insieme dei brani mi ricorda le teorie ricostruttive di Bugge Wesseltoft in 'New Conception of Jazz' del 1996, aggiornate con rianimata verve e suoni di nuova provenienza, ma l'album nasconde anche tante stanze segrete tra le sue note, sentori di acido trip hop per "Try to Get the Sun", mentre per "Dreaming Laurel Canyon", come dice tra le righe anche il titolo, dream pop e drone, si fondono per donarci una vera e propria sensazione di volo. 'In the Name of' è un disco di palpabile spessore artistico, carico di sorprese, adatto ad un pubblico moderno, che ama il sound variegato, curato e dalla trama intelligente. Un disco che allieterà i vostri ascolti, portandovi anche alla riflessione in più momenti, perché la rivoluzione nel mondo passa anche da suoni che sembrano innocui e pieni di luce ma che in realtà esprimono tanta ribellione. Consigliato l'ascolto! (Bob Stoner)