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domenica 27 agosto 2017

Alchemist - Tripsis

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Avantgarde, Voivod, Ewigkeit
Li amo da sempre, forse perché sono stato il loro primo fan fin dal lontano 1992, quando uscì il folle 'Jar of Kingdom'. Dopo tre lustri, gli australiani Alchemist hanno rilasciato il loro canto del cigno, una musica sempre contraddistinta da un extreme avantgarde costituito da elementi rock, psichedelici inseriti in un contesto death metal, a deliziare le mie insaziabili orecchie. 'Tripsis' è il sesto lavoro per l’act australe, uscito per la Relapse Records, che ci ha lasciato gli ultimi nove brani della band di Camberra. L’album si apre alla grande con “Wrapped in Guilt”, song che inizia con una certa vena space rock, simile alle produzioni degli Ewigkeit, per poi viaggiare su un mid tempos in pieno Alchemist style, con la voce mai completamente growl di Adam Agius, a dominare la scena. Dal secondo brano in poi, si capisce che la band è in forma smagliante, sfoderando una prova strumentistica dei singoli, davvero notevole (ispiratissima la batteria). Il quartetto crea melodie stranianti su un tappeto ritmico quasi tribale (questa sarà alla fine, la costante dell’album). La release degli aussy boys, riprendendo là dove aveva lasciato nel 2003 con 'Austral Alien', regala melodie aliene, capaci di miscelare nelle proprie note death, psichedelia, gothic, industrial, elettronica con suoni mistico-tribali propri della tradizione aborigena. “Nothing in no Time” ci spalanca la porta ad un nuovo mondo, grazie alla meravigliosa timbrica del basso di John Bray, in grado di creare atmosfere suggestive, lugubri e oscure; le chitarre schizoidi delle due asce poi, fanno poi il resto, originando, con il loro groove seventies, emozionanti turbinii mentali, girandole di colori e chiaroscuri tenebrosi. Il disco degli Alchemist prosegue in questo modo, spiazzando continuamente l’ascoltatore con trovate geniali: psicotici riffs graffianti, elementi progressive, ubriacanti samples e lampi di creatività, ci consegnano una band all’apice della propria evoluzione stilistica, che con quest'album ha voluto mostrare il proprio lato più speed/thrash orientato, mantenendo comunque, quella brillante vivacità che da sempre ne ha contraddistinto il sound. Gli Alchemist hanno continuano a percorrere imperterriti la loro personale strada che gli è valso l’appellativo di “surfthrash band”. Geniali. (Francesco Scarci)

(Relapse Records - 2007)
Voto: 85

https://alchemistband.bandcamp.com/album/tripsis

Endstille - Endstilles Reich

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black Old School, Dark Funeral
Dopo le due buone performance di 'Dominanz' e 'Navigator' era difficile, per la band tedesca, ripetersi con un nuovo ispirato episodio di black distruttivo e inneggiante la morte. Eppure, a questi quattro malvagi guerrieri, l’odio deve per forza scorrere puro nelle vene. 'Endstilles Reich' rappresenta il quinto capitolo della discografia dei nostri, capaci, da quando si sono formati nel 2001, di rilasciare album quasi con cadenza annuale. Ad ogni modo, questa fatica, racchiude sostanzialmente ciò che era già contenuto nei precedenti dischi, con poche nuove quindi all’orizzonte. C’è il solito black metal senza fronzoli, rozzo, super tirato, privo di tastiere e di ogni tipo di contaminazione melodica. Dieci tracce, dieci cavalcate di ultra cattivo war black metal rigorosamente old school, che possono essere paragonate alla velocità di fuoco di un MG42 e alla potenza di una artiglieria navale. Non mancano tuttavia passaggi più ragionati (ad esempio nella conclusiva “Endstille”), dove le chitarre disegnano gelidi paesaggi invernali e con la voce di Iblis a urlare tutta la sua disperazione. Come sempre le lyrics vertono su temi inerenti le Guerre Mondiali. Discreto album per la band teutonica, che dopo quest'album ha ridotto notevolmente le proprie uscite discografiche. Malefici. (Francesco Scarci)

(Regain Records - 2007)
Voto: 60

https://www.facebook.com/Endstille.Official

giovedì 24 agosto 2017

The Destiny Program - Subversive Blueprint

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Metalcore/Hardcore, Caliban, Heaven Shall Burn
La Nuclear Blast ad un certo punto, ha pensato bene di mettersi a fare concorrenza alla Metal Blade, puntando su band metalcore. Era il 2007 e dalla Germania ecco arrivare quattro ragazzoni, a rimorchio del successo ottenuto dai connazionali Caliban e Heaven Shall Burn, con una proposta del tutto simile. 'Subversive Blueprint' rappresenta il terzo album per la band teutonica, un concentrato esplosivo di metalcore, dal forte sapore americano e reminescenze hardcore old style. Dodici tracce legate da una serie di elementi comuni: affilate chitarre metalcore, sulle quali si inseriscono le urla tipicamente hc del vocalist Johannes Formella, decisamente a suo agio quando canta in modo rude e incazzato, un po’ meno (e troppo emo!!) quando utilizza le clean vocals. Al di là di questo, l’album suona discretamente, anche se dopo un paio d’ascolti, la musica cade ahimè nell’anonimato. Non bastano infatti, altre influenze derivanti dal rock o dall’alternative (in primis dai Deftones), a sopperire ad una mancanza globale di idee, che questo filone sta palesando già da diverso tempo. I Destiny Program fanno bene il loro compitino, giusto per raggiungere una striminzita sufficienza, troppo poco però per attirare la mia esigente attenzione. Se siete alla ricerca dell’ennesimo disco metalcore, l’act tedesco può fare al caso vostro, in caso contrario, lasciate perdere e passate oltre. (Francesco Scarci)

(Nuclear Blast - 2007)
Voto: 60

http://www.destinyonair.com/

Pathology - S/t

#FOR FANS OF: Brutal Death
With a rhythm like a spray of bullets and thunder of artillery erupting up and down a battle line, Pathology runs amok leaving a wake of carnage that disassembles anything in its path. This band conjures images of rolling fortresses misshapen by arrays of weaponry in a seemingly random assortment of calibers and missile pods made for massacre rather than as an figure to appreciate. Made all the more imposing by their terrifying silhouettes stretching across blood-soaked battlegrounds, a regiment of these harbingers prognosticates the twilight of civilization. Unlike many inappreciable weapons systems of yore, shredded in scrap yards and burned on roadsides, there is a meticulous method to Pathology's misshapen steeds as they make their mad rush to scorch the earth through an album that transitions from a bewildering first blast to an exhaustive meditation on technique.

Eleven years old and on its ninth full-length album, this California outfit is an experienced mainstay of the brutal death metal realm and continues to plunge itself into the undulating pits of flesh that dot this world of sickness and gore. Immediately to the point, each song involves the slamming percussive patterns symbolic of the sub-genre as the ensemble forms an ever-morphing ball of aggression where strings attempt to breach the viscous surface, beating themselves to exhaustion and squeezed back into their confines by the fleshy crush. In “Litany” a thrashing surge enhances the guitars' muddy bounce. Behind it is an enticing lick here and there that takes center stage with higher pitch that wraps the guitars in harmony far above the abyssal bedlam. These aberrations stand far out against a series of slams and stomps that shows a serious focus on technique and packs each song to the brim with undulating variations on its restless rhythms. After an abrupt solo and a massive breakdown, the end of “Servitors” features a bit of Suffocation flair through a momentary guitar trill, just barely noticeable in the background of the romp and stomp, while “Shudder” showcases the intricacies of this down-tuned guitar dance alongside a magnetic vocal delivery that creates a disturbing accompaniment to an already obtuse album.

Pathology makes some very serious, very focused, ultra-brutal death metal in the veins of Texas' Devourment, Russia's Katalepsy, and Scotland's Cerebral Bore. Disgusting and indecipherable gutturals maintain the forefront, guitars fling themselves into pits of filth and arise with momentary screams while barely getting a chance to elaborate in merely two solos in this album, one in “Servitors” and another in “Vermillion”. Drumming consistently drives each song towards a fresh examination of the overall structure with astute variations, gravity blasts, and brutal bass kicking galore. Pathology is down and dirty while still remaining professional. This ninth studio album is a series of brutal death metal mainstays done very well with enough personal touch to keep the music fresh and versatile as it plunges deeper into realms of revulsion. (Five_Nails)

The Chapel of Exquises Ardents Pears - TorqueMadra

#PER CHI AMA: Post Rock/Ambient
La Cappella delle Squisite Pere Ardenti non può non destare la vostra (cosi come la mia) attenzione. Un moniker cosi originale non lo avevo mai letto e vuoi anche che i membri di questa nuova band, includano musicisti di due interessantissimi ensemble, gli inglesi Stems ed i francesi Anathème, l'ascolto è diventato del tutto obbligatorio. Fatto questo preambolo, lanciamoci ad assaporare le quattro tracce di questo breve 'TorqueMadra', un EP che saprà accarezzarvi, coccolarvi ed edulcorarvi (ora al rientro dalle vacanze estive) con sensuali melodie autunnali che si aprono con lo strimpellio di "Decameron". Una song che accanto all'arpeggio di chitarra iniziale, vede dispiegarsi un coro di archi che rendono il tono di questa traccia strumentale incantato, direi fiabesco. Che cosa c'è di meglio quindi se non abbandonarsi alle ammiccanti e suadenti melodie rilassate che vedono irrobustire la propria proposta nella parte centrale di una song che comunque vanta tutti gli ingredienti necessari per regalarvi un buon platter di musica post rock? Ecco, arriviamo al solito dolente punto, per il sottoscritto almeno, ossia la mancanza di una voce che ci accompagni in questo breve viaggio che racconti qualcosa di più di ciò che vogliono realmente esprimere questi The Chapel of Exquises Ardents Pears, uno strumento indispensabile in qualsivoglia forma per completare un sound che percepisco monco, sebbene la sua struttura complessa si muova tra frangenti più intimistici ("L'Eloge de la Folie"), altri più ambient ("Rose-Croix") fino ad arrivare ad altri math rock oriented ("Il Principe"). Diamo un significato più profondo a questi titoli, diamo un'espressione alla musica, diamo spazio alle parole... (Francesco Scarci)

Hevein - Sound Over Matter

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Groove Thrash/Metalcore
La “Terra dei Mille Laghi”, da sempre è fucina di talenti infinita. 'Sound Over Matter' è stato il pass d’ingresso nel music business degli Hevein, act finlandese in giro dal 1992, ma che soltanto nel 2005 riuscì a sfornare il tanto sospirato album d’esordio, ma anche il solo prima dello split del 2012. C’è subito da dire che il tempo impiegato per uscire sul mercato, ha dato sicuramente i suoi effetti con un risultato abbastanza soddisfacente e di gradevole ascolto. Il sestetto scandinavo propina un sound ricco di piacevoli sfumature e sorprese. I dieci brani contenuti in 'Sound Over Matter' palesano prima di tutto un immancabile gusto per le melodie, ma anche la voglia di uscire dagli stereotipi e trasmettere tutta la loro passione per la musica... musica, che è un susseguirsi di emozioni, riffoni heavy che sfociano in territori thrash stile Bay Area, influenze derivanti dal crossover dei tedeschi Pyogenesis e da contaminazioni metalcore americane; e ancora, parti atmosferiche e l’accompagnamento di un violino, caratterizzano le ritmiche martellanti della band, con voci growl ma per lo più pulite, che si scatenano all’interno dell’album che risulta come uno spaccato di luci e ombre disseminato in un vortice di suggestive visioni autunnali. Gli Hevein sono dei bravi musicisti, capaci di spaziare dai suoni granitici tipici del thrash/metalcore a momenti più pacati e ragionati. Ascoltate “Only Human” e anche ai metallari più integerrimi si scioglierà il cuore. Come non citare poi l’ultima e immensa “Last Drop of Innocence”, dove i nostri sembrano trasformati in una nuova incarnazione dei Pink Floyd: le vibrazioni che trasmette questo brano sono veramente notevoli, con inevitabili e forti richiami anche ad 'Eternity' ed 'Alternative 4' degli Anathema. Ben prodotti da Mikko Karmila, gli Hevein si palesarono come un act dalle potenzialità enormi, peccato solo per il prematuro scioglimento. (Francesco Scarci)

(Spinefarm - 2005)
Voto: 75

http://www.hevein.com/

martedì 22 agosto 2017

V/A - Mixed by Focal - Polarity

#PER CHI AMA: Electro Techno Music/Ambient
Difficile giudicare un lavoro così imponente, trattandosi fondamentalmente di ambient music, ritengo che sia da considerare una vera chicca per stoici appassionati del genere, una sfida che la sempre verde Ultimae Records ha voluto lanciare ai suoi più tenaci seguaci. Una collezione di hand - mixed monumentale che supera l'ora di durata per entrambi i lati, per così dire se fosse un vecchio vinile, uno etichettato come "Ambient Side" l'altro come "Techno Side", contenenti entrambi brani di autori noti, appartenenti all'etichetta transalpina, da Aes Dana a Deadbeat e molti altri, passando per gli alter ego, Focal e Kinosura, dello stesso autore dell'opera, ossia Amaud Galoppe. Celato sotto lo pseudonimo di Focal, Amaud si diverte a reimpastare e rivisitare i brani suoi e dei colleghi come se dovesse preparare una pozione magica che nella parte ambient acquista un valore assai alto in termini di profondità e devozione, mentre nella parte techno, disperde un po' della sua carica evocativa in favore di un sound ricercato, coinvolgente ma sterile in fatto di esplorazione cosmica e spirituale, più incentrato su ritmi frastagliati e suburbani e con l'orizzonte aperto a lussurie drums'n'bass/acid house e dance music. Il lavoro è sicuramente notevole per quanto riguarda l'ambient side (il mio preferito) con un gusto sonoro adorabile. Molto più leggera ma non scialba o banale, l'altra sua espressione in forma techno, da locale notturno di classe ad alta fedeltà, con il classico sound teutonico in salsa psichedelica e un moderato impulso nelle percussioni e nei bassi. Si continua sulla falsariga del genere coniato ad immagine dell'etichetta francese, con un'altra opera di prim'ordine, decisamente sempre sopra alla media, con qualità e resa sonora ai confini della realtà, dove l'uomo e la macchina s'incontrano in scenari da film cerebrali, astratti e psicologici, mari di droni digitali coloratissimi e oceani cristallini, mostrandosi come una vera autorità in campo ambient elettronico. Bella anche la possibilità di ascoltare il full mix (ovviamente da ascoltare in toto nella sua forma integrale) di entrambe le versioni, oppure, in brani singoli a 24bit che troviamo sulla pagina bandcamp dell'etichetta, accompagnati da un bel artwork alchemico, derivato dall'opera degli artisti plastici Suzy Lelièvre e Raphaël Kuntz. Buon ascolto, cercate solo di non perdervi in questo nuovo fantastico viaggio mistico verso luoghi e mondi immaginari. (Bob Stoner)

(Ultimae Records - 2017)
Voto: 80

https://ultimae.bandcamp.com/album/polarity

ÆRA - Of Forsworn Vows

#FOR FANS OF: Black, Emperor, Satyricon
"An Affirmation of Forsworn Vows" astutely builds its intensity to blasting height with a grating guitar texture that becomes a template for devastation later in the song. In regular black metal fashion, the tireless strings fill the air with choking clouds of sawdust as ÆRA extracts beautiful moments out of the ever-shredding grain beneath each riffing stroke. ÆRA 's rough and tumble black metal sound makes for good battle music when it erupts in fury before diving deeper into entangling its lead riff around a trestle table celebrating victory.

With plenty of atmospheric synth, a jagged juxtaposition of dragging tempo and raging temperament, and a hypnotically repetitive style that consistently forces itself onward to the next great change, this band concisely and distinctively demonstrates its handle of some of black metal's most recognizable aspects throughout 'Of Forsworn Vows'. Plenty of cymbal crashes and tinks cut through the wailing walls of guitar in the most intense moments of “Litany of Iron I: Ancient Graves of the Fallen – II: Rekindled Fires” before entering into the hall of a Satyricon style riff. ÆRA lyrically touches on notions of living and dying by the sword while surrounded by fallen brethren, ancestral rites to lands that face relentless savage sabotage, and metaphysical slaughters across mythical worlds that mimic diabolical discord on Earth. Though the band's name may translate to honor in Icelandic, the extensive violence described in “Die Wulvsara (Am Ende der Zeit)” shows that little honor will result from Ragnarok, but with how tremendous the battle is promised to be there is no place that anyone would rather be. There is elegance in this closing track as the percussion hammers home the wailing lead riff and its sobbing rhythm rejoinder while a synth backdrop uplifts the impact of the charge through Emperor's echos. After nearly eight minutes of a slow-moving build to the battle, the pieces are all set to take each other in a fierce exchange that leaves no sword unbloodied and no winner atop the mountain of carnage.

ÆRA has a first start that frequently hits at moments of Satyricon and Drudkh through this hypnotizing EP. With a good handle on their black metal and a raw production that affirms this proud and open-ended atmosphere, it will be an interesting evolution to hear how this group climbs further up the stairs of speed and momentum to materialize a monumental sound in the treble-tinned ears of black metal fans. (Five_Nails)