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domenica 29 ottobre 2017

Tracker - Rule Of Three

#PER CHI AMA: Alternative/Stoner
Alla prima occhiata, il cartonato del combo di Innsbruck rasenta l'anonimato, con la classica confezione a due ante con libretto sotto la prima di copertina, ed immagini di luoghi post industriali cementificati che si perdono al suo interno, sebbene quello sullo sfondo assomigli al Monte Bromo. Formatisi nel 2005, i Tracker hanno raccolto in questo album, 'Rule of Three', un insieme di rock, desert, psichedelia, stoner e trance. Ho dovuto ascoltarlo circa sei volte per rendermi conto di tutto quello che c'era dentro; sicuramente tanta, ma tanta roba raccolta in anni di prove a gettare riff e bridge al vento. Quello che ne è rimasto è però favoloso. Sull'album figurano solo tre compositori, Martin, Max e Daniel, polistrumentisti, tutti cantanti e "giocatori" col synth. Dietro a quest'album però c'è una vasta schiera di musicisti, improvvisatori e cantastorie elettronici. Gli stati d'animo all'interno del disco mutano radicalmente, in un viaggio in macchina solitario che fa cambiare orizzonte ad ogni canzone. Sembra che le apocalissi e le ere geologiche passino e loro rimangono li solo a narrare senza aggiungere nulla di più. Le canzoni che mi hanno colpito di più sono "Veins Out" con i suoi urlati disperati, passando poi a "I Work at the Fuzz Factory" che sembra una caricatura dei Fu Manchu e ad un brano post-rock/country come "Peccadillo", che sembrano non far parte di quest'album, ma che ci stanno bene lo stesso. Una cara persona mi ha lasciato una frase che porto sempre dentro di me quando lavoro, suono, esercito in generale una passione: "impara tutto, dimentica tutto e fai come ti pare". Questa frase rappresenta pienamente i Tracker, un gruppo che ha una maturità da vendere mutuata dall'esperienza dei singoli, che sicuramente devono aver fatto una gavetta serrata, la pratica li ha resi quasi perfetti, ma sono le loro idee astratte ad averli portati oltre. Un disco da ascoltare e da portare con sé soprattutto nei momenti più intimistici.(Zekimmortal)

(Noise Appeal Records - 2017)
Voto: 85

https://www.facebook.com/trackerband/

domenica 23 luglio 2017

Opalized - Rising From the Ashes

#PER CHI AMA: Metalcore
Nati a alla fine del 2015, i ragazzi d'oltralpe Opalized, senza perdere tanto tempo in saluti e smancerie si dedicano immediatamente alla stesura, nonché registrazione dell'album 'Rising From the Ashes'. Il disco è interamente autoprodotto e devo dire con un'ottima resa moderna del sound, con bassi potenti e una bilanciatura perfetta delle frequenza. I nostri propongono un metalcore assai commerciale a cui non si può chiedere niente di più di un ascolto disinteressato. Il tutto infatti suona troppo scontato, con parti stoppate e aperture di chitarre melodiche, con qualche bel riff interessante per carità, batteria sempre dritta, growl alternato a parti pulite. Ho cercato qualcosa di più sul conto della band sul web ma sono rimasto abbastanza deluso nel non vedere live al loro attivo se non qualche data nel prossimo autunno. Alla ricerca di un video, mi è spuntato quello del batterista che finge di suonare la parte della registrazione di batteria in uno studio senza nemmeno un microfono, e proprio non ne capisco l'utilità. Comunque il gruppo è molto attivo sui social avendo più di 20.000 followers, forse a loro interesserà maggiormente questo, piuttosto che fare musica nel vero senso della parola. La parte più bella del disco che mi sento di consigliarvi? L'intro (ed è tutto dire) di "Black Flag", un bellissimo pezzo di bossa nova. Assolutamente bocciati, ma non tutto è perduto. (Zekimmortal)

giovedì 22 giugno 2017

Comity - A Long, Eternal Fall

#PER CHI AMA: Crust Black/Post Hardcore
Caos e disagio. Sono queste le sensazioni ad emergere dopo l'ascolto di 'A Long, Eternal Fall' (A.L.E.F.), ultima fatica dei francesi Comity. La band parigina, attiva dal 1996, propone in sintesi un estreme rock sperimentale. Il lavoro in questione affonda le proprie radici nel metal estremo incorporando tuttavia numerose altre influenze, echi prog, rallentamenti doom e contaminazioni post rock (solo per citare le principali). A livello sonoro ci si trova davanti ad un buon prodotto, il sound ruvido e crudo dona al lavoro in questione una piacevole dimensione live, purtroppo va anche riscontrato che la voce di Thomas risulta eccessivamente penalizzata dalla differenza di volume, resta infatti troppo "sotto" al resto degli strumenti. Dal punto di vista tecnico-compositivo si nota subito una buona padronanza degli strumenti ed un invidiabile cultura musicale, ottime credenziali per esprimere appieno le proprie potenzialità. Le 8 tracce di 'A.L.E.F.' dipingono un'atmosfera malata, con l'intero album che risulta permeato da una costante sensazione di disagio e angoscia (sembra veramente di cadere da un'altezza vertiginosa senza arrivare mai al momento dell'impatto). Complice un ottimo uso delle dissonanze e un gran lavoro delle chitarre di François e Yann che dimostrano di essere a proprio agio e di saper esprimere una grande quantità di idee attingendo agli stili più disparati. Il drumming di Nico fa da degno contraltare, spaziando da tempi serrati tipici del metal estremo a soluzioni talmente inusuali da riuscire a stupire, il tutto condito da cambi di misura schizofrenici. Tuttavia 'A.L.E.F.' è un lavoro difficilmente assimilabile, se da una parte riesce a passare una certa emozionalità, dall'altra va riscontrata una certa amusicalità. Gli otto pezzi in questione mancando infatti di struttura logica, rendendone talvolta assai difficile l'ascolto. In sintesi, un lavoro che offre moltissimi spunti interessanti ma che obbliga a pensare. Consigliato a chi è curioso, ha una buona apertura mentale ed una buona dose di pazienza. (Zekimmortal)

lunedì 29 maggio 2017

Ghusa - Öswedeme

#PER CHI AMA: Death Old School, Dismember, Grave
Ammetto che ignoravo l'esistenza di questa meravigliosa creatura francese che dal 1989 dispensa death metal di stampo scandinavo con grandissima dote. I Ghusa, acronimo di "dio ci odia tutti" (God Hate US All), sono al loro secondo album (ci sono anche due demo all'attivo ed una compilation celebrante i loro 25 anni di attività) e devo dire che il quintetto parigino è pienamente sul pezzo. 'Öswedeme', uscito agli inizi di maggio per la White Square Music, segue le orme dei grandi nomi del death metal svedese old school, quali primi Entombed, Dismember e Grave. L'album si apre con una meravigliosa intro presa direttamente dalla colonna sonora di '28 Settimane Dopo', film horror fantascientifico, ed è una attesa che ti fa rosicchiare le unghie, finché parte "H" e tutto si compie. La voce di L. Chuck D. è veramente fantastica, calda e catarrosa al punto giusto, ogni riff è azzeccatissimo e ben calibrato, ogni bridge ed assolo è nel posto giusto, un death metal fatto con il buon gusto, di assoluta devastazione si, ma con i guanti bianchi da parata. In "Death or Glory" e in "Epitaph" si ha l'innesto anche di parti vocali pulite, che fan capire che si può fare death metal anche aggiungendo elementi estranei ai puristi del genere, spero solo non storcano il naso, non sanno che si perdono altrimenti. Le sfuriate in blast beat non mancano e quando i giri di chitarra si aprono, è quasi impossibile non soccombere all'headbanging furioso. "Sickening" e "In Gods We Fear" mantengono la tensione alta, mentre con "Carve Up" si oltrepassa il confine della violenza, con riffs monocordi quasi black, in cui il drummer Pyromancer sfodera un'assoluta padronanza dello strumento con un'ottima prova in fatto di velocità. Mentre la maggior parte delle tracce non varcano la soglia dei 3 minuti e mezzo, "Fying in a Dark Dream", è il classico mantello di chiusura dell'album, quello che sfonda gli otto minuti, ma solo perché all'interno si racchiudono in realtà due canzoni distinte, staccate da una manciata di secondi. Insomma, questo è veramente del fottuto Swedish Old School Death Metal e loro sono i Ghusa, quasi 30 anni di attività la cui classe è sparata davanti ai nostri occhi. Avanti così. (Zekimmortal)

(White Square Music - 2017)
Voto: 85

https://www.facebook.com/ghusaband/

sabato 8 aprile 2017

Zerozonic - S/t

#PER CHI AMA: Thrash/Groove, Pantera, Machine Head, Konkhra
Con curiosità mi appresto ad ascoltare questo lavoro omonimo dei Zerozonic, band norvegese di Kristiansand, località “balneare” scandinava, una sorta di Rimini del Mare del Nord. La cover, invero un po’ banale, ben lascia intendere di cosa si andrà a trattare. Non appena il primo riff dell'opener track “It Never Dies” scatena le sue furie, capiamo subito che abbiamo sotto mano un prodotto altamente professionale. Chitarre taglienti, batteria aggressiva e digitale al punto giusto, insomma una registrazione a dir poco convincente e del tutto ben calibrata per accentuare il songwriting pesante e violento della band, che vanta peraltro tra le sue file di membri dei Blood Red Throne. Le coordinate stilistiche sulle quali la band norvegese si muove sono il classico groove – post thrash che tanto aveva scaldato i cuori dei metallers a metà anni '90. Anche nella seconda traccia infatti si susseguono ritmi cadenzati a sfuriate (sempre comunque bilanciate e razionali) come impazzava nell’era post 'Far Beyond Driven'. Avete presente “Weed out the Week” dei Konkhra? Ebbene questo lavoro dei Zerozonic non stenterei a collocarlo proprio sul filone di quell’album datato 1997. Il tempo sembra essersi in effetti fermato a 20 anni fa. Anche quando le tracce si fanno meno granitiche e assumono atmosfere cangianti ("Pushed Away"), il mood resta inesorabilmente nineties, tra Pantera, Machine Head ed epigoni vari. Nella power ballad “I Walk Away” i richiami al Phil Anselmo di “Cemetery Gates” appaiono più che evidenti. I nostri ce la mettono davvero tutta per regalarci preziosismi e tenere viva l’attenzione. Accurato ad esempio risulta il lavoro vocale, con growl e harsh in alternanza, clean vocals ben eseguite e comunque mai stucchevoli. La precedenza nella composizione sembra tuttavia attribuibile al gran lavoro chitarristico, riff al fulmicotone s'intersecano a preziosi assoli (demodè ma che emozioneranno i palati più nostalgici) e ad arpeggi da antologia del metal. La band appare protesa consapevolmente verso strutture talora progressive ("Instrumentalis") nelle quali si palesa tutta la preparazione tecnica del gruppo scandinavo. In sostanza dobbiamo riconoscere ai nostri il gran merito di aver confezionato un album davvero serio, competente e certosino. Nulla sembra lasciato al caso e on stage la band promette di essere coinvolgente e di sicuro apprezzabile. L’unico feedback di miglioramento che mi sentirei di poter dare è di cercare un po’ di uscire dal “bello calibrato” e di osare talvolta ad attingere al sublime, sporcarsi le mani con un po' di sana “ignoranza” o “follia”. Evitare cioè di essere bravi a tutti i costi per poter cosi uscire allo scoperto con tratti più artistici ed intimi. Per il resto l’album risulta nella sua totalità ineccepibile, gradevole e sicuramente consigliabile sia agli amanti del power-groove-thrash, sia a chi ama la tecnica e il songwriting elaborato. Se fosse uscito nel 1997 saremmo sicuramente qui ad osannarlo. (Zekimmortal)

(Self - 2017)
Voto: 70

lunedì 27 febbraio 2017

Zora - Scream Your Hate

#PER CHI AMA: Brutal Death, Cannibal Corpse, Suffocation
Zora è il loro nome e da Vibo Valentia lanciano il loro urlo di totale disprezzo nei confronti di tutti quegli atteggiamenti e di tutte quelle persone che imbastardiscono giorno dopo giorno ogni sfera e aspetto della vita e della razza umana. Questa è la citazione presente in allegato al full length 'Scream Your Hate' uscito lo scorso autunno. I presupposti sembrano buonissimi, visto che la band calabrese, dedita ad un brutal death di stampo americano, è ormai in giro dal 2003, peraltro con un discreto numero di produzioni. Al primo ascolto sono però rimasto ammutolito, e sfortunatamente in negativo. La registrazione infatti è di scarsa qualità, o meglio non è una registrazione da giorni nostri; una cosa del genere l'avrei accettata forse nei primi anni 2000, non certo adesso. La batteria è fuori tempo in quasi tutti i blast beat; nei momenti di maggior impeto poi (e ce ne sono parecchi), non si capisce cosa stia combinando da quanto la registrazione sia ovattata. Uno o due riff cantilenanti monocordi per ogni canzone, rappresentano la proposta degli Zora con un sound che satura le orecchie di chi ascolta già dopo il primo minuto. La struttura dei brani suona un po' troppo banale, con un basso inesistente e un growl, che di primo acchito può ingannare sulla potenza del cantante, ma dopo poco si intuisce che questa performance la si può esercitare solo in fase di registrazione. Il punto più basso di tutto l'album si tocca nell'intro di "Refuse", con uno sketch preso da "Azione Mutante", film spagnolo del 1993, dove uno pseudo dittatore vaneggiava frasi tragicomiche. Dopo aver sentito quest'ultima perla, unita al flyer di accompagnamento e a quello che i nostri propongono, mi son detto: "questi vogliono essere come i Brujeria, ma non ne hanno azzeccata una". Forse il mio giudizio su quest'album sarà un po' troppo duro, qualche idea c'è, unita ad alcuni buoni riffs di matrice nineties, ma vista l'esperienza della band, francamente non è accettabile che si sia arrivati a tali livelli. Bocciati. (Zekimmortal)

domenica 5 febbraio 2017

Vilemass - Drilled by Bullet

#PER CHI AMA: Death Old School, Cannibal Corpse
"...Nuntio vobis gaudium magnum", ovvero "vi annuncio una grande gioia". Da qui parte "Vulgar Religion", prima traccia del primo demo 'Drilled by Bullet' dei pugliesi Vilemass. Tanto death old school per il combo di Bisceglie, che in 25 minuti fa capire che non ha tanto tempo da perdere in fronzoli e ciliegine. Il sound è corposo come si addice alle migliori produzioni death americane, con riff non ricercatissimi ma che fanno della semplicità la loro arma vincente, e con l'ascoltatore che non deve crucciarsi per capire cosa i nostri stiano combinando. La batteria copre ogni angolo nascosto in modo esemplare, e una voce diretta, "sputa" una monotonalità growl con grande professionalità, quindi, vene sul collo grandi come vasetti di sottaceti e la classica vena sulla fronte pronta ad inondarci di sangue bollente una volta esplosa. Partendo dalla opening track, che parte con varie ispirazioni ad altrettante religioni e si dispiega con riffs e crismi alla Cannibal Corpse, si passa alla title track che si snoda con ottimi cambi tematici. Tuttavia la migliore per il sottoscritto è "Illuminati", che parte velocissima e non dà tregua fino a metà, dove lo stop pennato è da SERIE A ed è li che si supera il fossato che distingue i Vilemass dagli altri gruppi nel mazzo. La sirena ci fa passare da "War Machine", rabbiosa e più ignorante, mentre un riff granitico ci introduce a "Trapped" song con tapping incorporato e rallentamenti alla Morbid Angel. "Lizard Law" è traccia assai martellante, che chiude in bellezza con un delay questo demo. Respiro. Un ottimo debutto, anche se questi ragazzi non sembrano essere alla prima esperienza; ho visto che stanno anche per realizzare un videoclip, che sicuramente suggellerà e farà avanzare il gruppo ad un livello superiore. E sopra le scale, ci sarò io ad aspettare il loro prossimo lavoro. (Zekimmortal)

domenica 20 novembre 2016

The Burning Dogma - No Shores of Hope

#PER CHI AMA: Death/Black/Gothic/Dark
Il classico digipack, la classica cover cupa. Un'altra goccia nell'infinito mondo dell'estremo. Invece no. I bolognesi The Burning Dogma ritornano dopo l'interessante 'Cold Shade Burning' del 2012, con molte idee, tante idee (pure troppe). Prima di ascoltarli sono andato a guardarmi la pagina FB, per farmi un'idea più approfondita di loro. Dal vivo usano scenografie, un face painting non esagerato e moderno, che potrebbe ricordare quello dei Fleshgod Apocalypse. Schiarite le idee, mi sono tuffato in questo lavoro con curiosità, e dopo svariati ascolti in situazioni e momenti diversi, mi sono reso conto che questi ragazzi sanno suonare molto bene, la tecnica non manca di sicuro, ed è frutto di anni di calli alle mani e sofferenza. Quello che latita fortemente è tuttavia un'idea di base, su come e dove dirottare tutte queste idee e capacità. In 'No Shores of Hope', album edito dalla onnipresente Sliptrick Records, si possono ascoltare riff "carcassiani" (di cui vado matto), ma un attimo dopo, il tutto si trasforma in passaggi black/gothic o sfuriate brutal in blast beat, fuoriescono voci femminili, voci maschili pulite, in screaming e growl, il tutto non troppo ben amalgamato. L'ascolto di quest'album di 50 minuti, diventa pertanto molto impegnativo e incline ad una certa facilità a distrarsi dal suo ascolto. Ci sono ben cinque tracce strumentali (13 in tutto) e vari intermezzi all'interno dei pezzi che mi hanno lasciato un po' perplesso, passaggi trance elettronici, che fanno tirare il fiato per un attimo, in attesa di ricominciare il tutto con un altro profilo stilistico, insomma un bel "popò di roba". Tutto ciò non favorisce un mio positivissimo giudizio all'album, anche se forse in una situazione live, potrebbe creare grande effetto, visto l'uso teatrale che usano spesso i nostri. La registrazione è buona e professionale ma non mi ha dato grande soddisfazione a livello del mixing: ci troviamo infatti una batteria costantemente in primo piano, qualunque sia il tipo di passaggio la canzone stia affrontando. E questo ahimè copre spesso lo splendido lavoro che fanno i chitarristi, che non si risparmiano di certo nel tessere riff rabbiosi e arrangiamenti molto curati. Le canzoni non sono assolutamente da buttare, sia chiaro, canzoni del calibro della title track e la seconda parte di "Dawn Yet to Come", sono le parti migliori di questo album. Sarei curioso di vederli dal vivo e farmi un'idea migliore di quello che vogliono rappresentare, felicissimo di farmi smentire. (Zekimmortal)

(Sliptrick Records - 2016)
Voto: 65