#PER CHI AMA: Death/Thrash, Testament, The Haunted |
Inizio la recensione di questo disco dei Ritual of Rebirth partendo dal fondo questa volta, ossia cari amici metallari, sappiate che il disco è uscito con licenza CreativeCommons ed è quindi già in download gratuito e, soprattutto legale, sul seguente sito: www.jamendo.com/it/artist/ritual_of_rebirth. Detto questo, vi invito proprio a scaricare la musica autoprodotta dall’act italico e a dargli una chance, una grossa chance. Sebbene l’album sia autoprodotto, il contenuto è sicuramente di ottima fattura, fin dal suo aspetto esteriore, andandosi a collocare musicalmente in un ambito non proprio thrash, ma neppure propriamente death metal. La musica dei nostri si piazza infatti a metà strada tra i due generi andandoli tuttavia a centrifugare con aperture che sanno più di heavy metal classico nel senso del termine, piuttosto che di musica estrema, anche se fa dell’aggressività e della violenza il suo credo principale. Si parte forti con la title track, ma è già la sorprendente seconda traccia, “Skep.Tic” a dimostrarci quanto la band sia in piena forma: un treno in fase di deragliamento ci investe subito con il suo locomotore impazzito, pregno di potenza, fornito dal tandem di macchinisti, Tommy Talamanca (mastering) e Fabio Palombi (produzione), senza dimenticarci ovviamente del resto della band che ci prende a martellate furenti con feroci frustrate nel costato. Frustrate che proseguono anche con la successiva, “All is Blank”, song nervosa e stizzosa, caratterizzata da percussioni tribali a metà pezzo, mentre il drumming ossessivo affonda con estremo piacere, insieme ai fendenti (un po’ brevi a dire il vero) offerti dai solos. Questo sicuramente non è un lavoro che fa dei virtuosismi il suo punto di forza, ma è la violenza che gronda dagli strumenti dei nostri a fare la differenza, spingendoci senza ombra di dubbio in un vortice di headbanging impazzito, anche se la maggior parte dei pezzi, alterna sfuriate death/thrash con mid tempos ragionati e dove la voce del buon Alessandro Gorla, impreziosisce con il suo cantato sporco e cattivo la proposta dei cinque ragazzi genovesi. Un bel basso slappato apre “Sick Shylock” prima di concedersi ad una variazione al tema con un bridge che profuma un po’ di techno death, per poi riprendere il tema portante di sonorità thrasheggianti, contaminate da sane dosi di groove e una strizzatina di occhi a sonorità un po’ più post (fighissima la parte conclusiva del pezzo, che elevo a mia traccia preferita). Un mosh frenetico apre “Zebra Stripes” con la voce di Gorla costantemente corrosiva e le ritmiche frenetiche che richiamano ad un che degli Arch Enemy. Ancora mazzate sulla faccia con la settima “Hell to Pay” e con la lunga conclusiva “The Blind Watchmaker”, decisamente la traccia più elaborata (e un po’ più progressive), forse il primo passo alla ricerca di un sound molto più definito e personale, che deve essere in grado di elevare la band ligure sulle altre. Le potenzialità ci sono tutte e "Of Tides and Desert" ne è la palese dimostrazione: sound al passo con i tempi, furia in abbondanza, melodia un po’ col contagocce ma tanta energia da vendere… al miglior offerente! Si attendono ora le migliori offerte… (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 75
Voto: 75