Cerca nel blog

venerdì 6 dicembre 2024

Motorpsycho - Neigh!!

#PER CHI AMA: Psych Rock
Non sarà l'incompiutezza suggerita (e ascoltate il bridge strumentale della sfilacciata ma gradevole e slightly CrosbyS & Ney "Return of Sanity") o conclamata (nella sinistra e invero insignificante "Edgar's Bathtub") a sorprendere in questo (estrapoliamo direttamente dalle note nel sito ufficiale) "non-concept di tutti i concept (...), rifugio per tutte quelle parti che non sono state invitate al party - OK, funziona meglio in inglese - ma che si rifiutano di tornarsene a casa". E nemmeno il (peraltro divertente) giochino "indovina la frattaglia" (mettete "This is Your Captain" da qualche parte dentro a 'Gullible's Travails' e nessuno la prenderà mai più sul serio). Provate semmai a costruire una proporzione che metta nel giusto rapporto "Elysium, Soon", "The Crucible" (la canzone), questo 'Neigh!!' nella sua interezza, "Ozone Baby" dei Led Zeppelin, e gli stessi nel loro 'In Through the Out Door' senza scordarsi l'infedele ma fideistica "All My Life (I Love You)", misconosciuto singolo di un certo Skip Pence, anche primo batterista dei Jefferson Airplane. Sarà invece, forse, quel sound a metà strada tra i Kinks sotto anfetamina e l'electropunk dolente dei Morphine a cui hanno appena ammazzato il sassofonista, tutto così squisitamente graham-coxon-iano, e stiamo parlando del primo doveroso singolo "Psycholab" abbellito da una insospettabile tastierina manzarecchiana ("It's a party tune, ask Caligula", sono le parole di presentazione sempre dal sito ufficiale) ma soprattutto della nebulosa, eccellente "Crownee Says", così fangosamente glam eppure quintessenziale nel penetrare sotto la scorza di questo scorbutica e poco fascinoso 'Neigh!!'. Altrettanto eccellente ma clamorosamente fuori contesto la avvedutamente conclusiva "Condor", insinuante, riders-of-the-stormey e, a tratti, attitudinalmente Lynch-iana. (Alberto Calorosi)

(Det Nordenfjeldske Grammofonselskab - 2024)
Voto: 72

https://motorpsycho.bandcamp.com/album/neigh

giovedì 5 dicembre 2024

Misha Chylkova – Dancing the Same Dance

#PER CHI AMA: Electro/Shoegaze/Folk
Dopo una manciata di singoli, esce finalmente il full length di Misha Chylkova, compositrice sofisticata dalla voce vellutata e intensa. Il disco si muove a ripetizione tra cantautorato dalle sonorità attuali e un'elettronica minimale e cinematica. Loop ripetitivi e circolari fanno da veri e propri tappeti volanti, visto che l'artista londinese di origine ceca, sa costruire brani sognanti e intimi, con quel pizzico di malinconia che non scade mai nel banale, mostrando un lato intimo che non si cosparge di miele ma che, al contrario, incita alla dilatazione delle pupille in una costante ricerca di qualcosa che va oltre il definito, fin dal primo ipnotico brano strumentale, "Coffee". Difficile accostare Misha ad altri artisti; la sua musica, per quanto minimale, è ricercata e certosina, dalla pulizia del suono al bilanciamento dei bassi, la produzione è infatti assai buona e gioca un ruolo importante per poter assaporare l'intero lavoro. Sonorità moderne per un incrocio di stili difficili da focalizzare, forse la Chelsea Wolfe di 'Apokalypsis' e 'Birth of Violence', in una veste meno dark e più dreampop, un folk cristallino dalla vena grigia, per ascoltatori sognanti che non rimarranno impassibili di fronte ad un brano brillante come "Sparrows", che per certi aspetti mi ha ricordato la magia del suono dei Cigarettes After Sex dell'omonimo album, ma anche le ipnotiche sperimentazioni di Anna Von Hausswolff, in chiave meno apocalittica. La bella voce della Chylkova ha venature molto velate e dolci, che ricordano molto le qualità vocali di Tracey Thorn degli Everything but the Girl, mostrando una versatile capacità d'interpretazione, con cui sposta facilmente l'ago della bilancia tra folk ed elettronica, senza cadute di stile, con piccole toccanti ed ingegnose variazioni vocali sparse tra i brani, che ne aumentano il valore e la qualità ad ogni ascolto. "Dead Plants" è un brano killer che si muove sullo stile ritmico di anthems del calibro di "Atmosphere" dei Joy Division, anche se il brano non è così oscuro ma la sua progressione mette in risalto il fatto che tra le note di 'Dancing the Same Dance', esista anche un legame sonoro con certa new wave che ha fatto giustamente la storia. Questo disco nel suo sembrare, al primo ascolto, fragile e dispersivo, nasconde invece un carattere inquieto e variegato, con punte di sperimentazione non impetuose ma peculiari, pacate e curate, tra sonorità vicine ad un moderno post rock ed un fine tocco di musica elettronica d'ambiente. Un album che non si assimila con un solo ascolto, sarà necessario ascoltarlo più volte per carpirne la giusta essenza, magari di notte guidando in solitudine. Un album comunque, che merita e che conquisterà la vostra attenzione. (Bob Stoner)

Temple of Decay - Anti Deus

#PER CHI AMA: Death/Black
Torna la Godz ov War Productions, e lo fa con tutto il suo carico di odio, affidandolo questa volta ai polacchi Temple of Decay. Trattasi di one-man-band, capitanata da tal Mortt, promotore di un death/black pestilenziale, infettato però anche da note che ammiccano all'hardcore. La tempesta, che assume il nome 'Anti Deus' (secondo Lp per il mastermind), si affida a sei super caustiche song che, dall'iniziale "Strach I Sumienie (Stosy)" fino alla conclusiva ed esoterica "Phallus Dei (Idzie Wojna)", non fanno altro che prenderci a frustate nude e crude sulla schiena, in un vortice infernale che prova ad evocare gli Anaal Nathrakh ma anche i primi Marduk. Il disco è un susseguirsi di ritmiche super tirate che si muovono costantemente in bilico tra rasoiate black e sonorità death, il tutto condito da harsh vocals, qualche tiepido tentativo di rallentare le portentose ritmiche (come accade in "Diabolical Summoning (Sztandary Buntu)" o in "Afirmacja Śmierci") o di aggiungere un pizzico di melodia, atta a diluire le intemperanze diaboliche del polistrumentista polacco ("Apokaliptyczna Furia"). Quello proposto dal buon Mortt resta comunque un lavoro che aggiunge poco ad un genere un po' troppo inflazionato che vede migliaia di band proporsi con sonorità più o meno simili, soprattutto in una scena, quella polacca, che brulica di proposte affini. E quindi che dire, se non suggerire l'ascolto di questo 'Anti Deus' per coloro che prediligono questo genere cosi estremo, che nell'animalesca "Klecha" - peraltro il mio pezzo preferito insieme alla ritualistica-guerrafondaia ultima traccia - arrivano a strizzare l'occhiolino anche agli Impaled Nazarene e ai Batushka. Insomma, 'Anti Deus' è un disco malvagio, un lavoro non per tutti, ma solo per misantropi amanti dell'oscurità e del maligno. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2024)
Voto: 66

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/anti-deus

Ashen Horde - Decayed

#PER CHI AMA: Death/Black
'Decayed' è il nuovo 10" dei californiani Ashen Horde, una band che avevamo già incontrato in occasione del loro album 'Nine Plagues' e che poi non abbiamo mantenuto nei nostri radar. La band di Los Angeles torna con queste tre nuove song a celebrare i 10 anni dal debutto, più la ri-registrazione - niente di clamorosamente differente dall'originale - di "Baited Breath", estratta proprio da 'Sanguinum Vindicta', con la versione in cd che include peraltro ben 12 bonus track, provenienti dagli scarti dei precedenti dischi. Ebbene, le nuove tracce incluse sono un manifesto dell'ostica proposta dell'ensemble a stelle e strisce, essendo infatti promotori di un black death ringhiante che ha poco di originale da proporre. Tra le cose che potrei segnalare, lungo le quattro song in mio possesso, c'è un utilizzo alquanto stravagante del cantato pulito, che si affianca qua e là, a quello più tipicamente stridulo del frontman statunitense. La musica poi, sin dall'iniziale "A Portent Among the Debris" e a seguire con "The Reaping", dicevo, è un concentrato di affilato death black con chitarre un po' sghembe, furiosi blast-beat e qualche apertura progressive - soprattutto in "Euphoric Lament" - che potrebbe evocare gli Enslaved, anche se la band norvegese è di tutt'altra caratura. Ecco che ora mi spiego il motivo per cui non siamo mai stati fan accaniti della band statunitense, onesti mestieranti e poco più. (Francesco Scarci)

martedì 3 dicembre 2024

Déhà - Victim: Perpetrator

#PER CHI AMA: Grind/Hardcore
Con Déhà le cose non sono mai cosi scontate come sembra. Autore di un numero indefinito di release dal 2018 a oggi, sia con questo moniker che con molti altri (Acathexis, Cult of Erinyes, Wolvennest, giusto per citare i miei preferiti), ricompare improvvisamente sulla scena con un inattesissimo quanto improbabile EP, 'Victim: Perpetrator'. Perchè improbabile vi domanderete. Ebbene, rimarrete impietriti anche voi quando il grind di "I Love You So Much" irromperà nelle vostre casse facendovi esplodere le orecchie. Un pezzo di 90 secondi che a confronto uno scrub di carta vetrata potrebbe farvi il solletico. Eppure in questo minuto e mezzo la ritmica infuocata trova anche il modo di rallentare, risucchiandovi in un vortice angosciante e morboso che vi condurrà ad affrontare i demoni dell'artista belga nella dirompente e fangosa "I'll Fight My Demons More Than I'll Fight You". Paura e delirio a Bruxelles direi perchè non mi sarei mai aspettato qualcosa di simile anche se, ribadisco, il mastermind mittleuropeo ci aveva abituato a parecchie sorprese in passato, tant'è che Metal Archives definisce come vari i generi proposti da Mr. Lipani. Con "Damocles's Trauma" ma in generale anche con le altre tre song a seguire, si viene investiti in principio da staffilate death/grind/hardcore, per poi trovare caustici rallentamenti nell'incipit della conclusiva "You Can't Leave". Per chi come me era abituato a identificare il polistrumentista belga con un black atmosferico, forse rimarrà deluso ascoltando questa cruenta sassaiola. Chi invece vuole rischiare di prendere schiaffi e pugni gratuitamente, beh un ascolto a 'Victim: Perpetrator' potrebbe essere quasi obbligatorio. (Francesco Scarci)

lunedì 2 dicembre 2024

Champions of Sorrow - The Night Makes Us

#PER CHI AMA: Symphonic Deathcore
Ultimamente sto notando un'ascesa importante del deathcore dalle tinte sinfoniche. Abbiamo incontrato un paio di band davvero interessanti recentemente (i canadesi Art of Attrition e gli svedesi Cryptic Doom), e oggi ci spostiamo in Finlandia, paese che per questo genere ha dato i natali agli Assemble the Chariots, band che se non conoscete, vi invito ad andare a scoprire. Per quanto riguarda invece i Champions of Sorrow invece, posso dirvi che questo 'The Night Makes Us' rappresenta il loro debutto ufficiale. Un EP di tre pezzi davvero convincenti che mettono insieme sonorità deathcore con la musica sinfonica, per un lavoro che ho adorato sin da subito e che metterà subito d'accordo gli amanti di Fleshgod Apocalypse con Lorna Shore. Complici sicuramente quei melodicissimi tappeti di tastiera che in "The Horde", smorzano la furia distruttiva di un black/death di "dimmu borgiriana" memoria. I vocalizzi super growl poi, una ritmica ribassata, i classici breakdown - orpello ormai immancabile del deathcore - e un'epicità davvero coinvolgente unita a melodie super catchy, mettono sul binario giusto la proposta del duo originario di Helsinki e Uusimaa. A tutto questo aggiungete un buon assolo conclusivo, di sapore heavy classico, ad arricchire quello che sembra essere un succoso antipasto per i nostri. In seconda posizione veniamo travolti dalle orchestrazioni prelibate della title track, le cui atmosfere mi fanno quasi venire la pelle d'oca. Ci pensa poi il rutilante assetto da guerra dell'invasato batterista a inneggiare alla battaglia, ma vengono in soccorso delicati tocchi di pianoforte, parti malinconiche, e ancora splendide melodie a attenuarne i toni. In chiusura, un altro piccolo gioiellino, "Faceless Mirror", ad alimentare la frustrazione del "ne avrei voluto di più", perché i due scandinavi sanno toccare i tasti giusti, portare le argomentazioni più appropriate per coinvolgere anche voi, con il loro ottimo sound, che farà la gioia di tutti gli amanti di sonorità estreme, soprattutto quelli che amano la melodia a servizio della furia metallica. (Francesco Scarci)

giovedì 28 novembre 2024

Skepticism - Stormcrowfleet

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Funeral Doom
Gli Skepticism sin dagli esordi ci hanno regalato un capolavoro di inestimabile valore. Un album funereo, sia per l’atmosfera profusa che per l’incedere lento ed angosciante. Gli elementi che caratterizzano la band finlandese sono la tastiera usata in modo enfatico e decadente, epica in alcuni punti, una linea di chitarra molto compressa e dal tono molto basso, la classica voce da oltretomba, con growls profonde che ben si amalgamano al sound soffuso e triste dei sei brani inclusi in questo debutto mitologico. I colpi di batteria risuonano come dei tamburi che annunciano l’arrivo della salma al suo sepolcro. Ritmi ossessivi e sofferti per questa cerimonia funebre chiamata 'Stormcrowfleet'.

(Red Stream Inc./Svart Records - 1995/2018)
Voto: 90

https://skepticism.bandcamp.com/album/stormcrowfleet

The Pit Tips

Francesco Scarci

Dystopia - De Verboden Diepte I: Veldslag op de Rand van de Wereld
Body Count - Merciless
Panzerfaust - The Suns of Perdition IV: To Shadow Zion

---
Alain González Artola

Profane Existence - Scorn
Erzebet - Six Hundred And Fifty
God Dethroned - The Judas Paradox

---
Death8699

Draconian - A Rose For The Apocalypse
Epica - The Quantum Enigma
Within Temptation - The Unforgiving