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#PER CHI AMA: Black/Death Sperimentale
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Ascoltando quest'album, posso dire con certezza assoluta che le strade del metal estremo sono infinite e assai variegate. Ho scoperto di recente questa creatura estrema, e fin dal primo approccio, ne sono rimasto affascinato. La one-man-band del polistrumentista americano, Ben Vanweelden, torna in pista dopo l'ottimo debutto 'Writhing Tomb Amongst the Stars', con un nuovo album, uscito per I, Voidhanger Records, che continua sulle orme del suo predecessore e ne consolida la prolifica vena compositiva. Diciamo subito una cosa, 'Split Formations and Infinite Mania' non è per niente un album metal convenzionale. Al suo interno ci troviamo influenze di varia natura, dal black al suicide metal, dal death al metal d'avanguardia, e il noise, che è una componente molto importante per definire il concetto contorto, rumoroso e inquieto, di questa proposta musicale. Il disco nasconde sicuramente una forte vena oscura di avantgarde black metal ma l'interpretazione vocale e i testi rivolti alla dismorfia corporale e alle sue implicazioni psicologiche, virate tra il cosmico e all'horror, donano un landscape concettuale completamente diverso dalle classiche atmosfere maligne tipiche del black e death metal e, seppur usufruendo dei vari stilemi e crismi artistici, Venomous Echoes, crea un universo personale parallelo, dove certi canoni del genere vengono in parte sovvertiti. Di fronte a un impatto sonoro vicino alla devastazione propinata dai Portal, dove vi si può assaporare anche la vecchia scuola dei Morbid Angel, l'uso esagerato della voce in mille sfumature diverse, con conseguente utilizzo della migliore effettistica di scuola grindcore, fanno la differenza qualitativa di questo album. Penso anche che la quantità enorme di cantato, sempre con connotati drammatico / teatrali esasperati, che occupano un buon 70% delle composizioni, lasci nell'ascoltatore qualcosa di appetibile e facile da apprezzare, un contraltare che sopprime almeno in parte, alla poca presenza di veri e propri assoli di chitarra in stile classico, e alla natura del disco stesso propenso al rumore, cosi come inteso dall'artista americano, come mezzo d'espressione musicale, che qui, trova la sua massima espressione nel devastante brano "Abhoth Multiplied to Thy Millennium". Troviamo anche sparse qua e là, chitarre malate, malatissime, ed è il caso del pezzo che chiude il disco e che gli dona il titolo, "Split Formations and Infinite Mania", una vera e propria (s)tortura sonora con aspetti melodici multipli, degni di un vero film horror. Non mancano poi momenti oscuri e molto dark-oriented, come in "Miscreated Pustules", dove dopo appena un minuto circa di infuocato death/black, ci si imbatte in un jingle psicologicamente pericoloso, guidato da un basso spettrale, per poi tornare sulla via maestra. "For Thy Avant-void ha una cadenza rarefatta e i suoi suoni futuristi, stravolgono e spiazzano l'ascoltatore, trasportandolo nel finale verso le desolate terre del doom più decadente. Il metal estremo visto con gli occhi di un visionario cosmico, con una propensione all'horror psicologico, che non lascia nulla per scontato, dalla tipologia dei suoni usati, alla cura maniacale della voce, una splendida voce distorta. Un disco di sostanza che non punta mai sulla tecnica fine a se stessa, ma semmai gioca sulle atmosfere e sul piacere che porta una buona composizione nel suo insieme. La ricerca dell'impatto emotivo come fondamenta sonoro su cui orchestrare il resto, scalza il concetto del solo impatto ritmico/sonoro tipico del metal. Come se parlassimo di un'opera teatrale o cinematografica con effetti paralizzanti, focalizzati ad ammaliare la persona con una vena psicotica e oscura. Un disco che prosegue il cammino di un artista-sperimentatore, un disco che lo evolve ulteriormente, senza mai cadere nel calderone della banalità. Un album insano, terribilmente bello, straripante nella sua capacità espressiva. (Bob Stoner)