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martedì 6 dicembre 2016

Wolve - Lazare

#PER CHI AMA: Alternative/Progressive Rock, Riverside, A Perfect Circle
È un trio parigino quello dei Wolve che, non fosse stato per una cover cd cosi alternativa, avrei probabilmente etichettato come black metal per una certa assonanza col nome di alcune band estreme. Invece la grafica non tradisce il contenuto di 'Lazare', un EP di 18 minuti di musica dotata di un'anima, ed in grado di smuovere anche l'anima di chi li ascolta. Si parte col battito soffuso e sognante della title track, che evidenzia quelli che sono i punti di contatto della band francese, in primis i polacchi Riverside e gli inglesi Porcupine Tree, rimanendo dunque nell'ambito di un intimista rock progressivo che tributa anche Peter Gabriel. Un sound che convince per quel suo incedere affidato quasi esclusivamente a batteria e basso, con la voce di Julien Sournac a supporto di una ritmica loquace e gli squarci di chitarra elettrica relegati nella seconda parte del brano, decisamente più energica, ma anche più sperimentale, con intermezzi dal sapore etnico. "Porcelain", peraltro titolo di una famosissima song di Moby, ha i contorni di una ballad, con quella combinazione rilassante di basso, synth e vocals malinconiche, e con qualche richiamo ad un che degli A Perfect Circle. Un breve intermezzo noise rock ed è il momento di "Far", ultima tappa di questo breve lavoro, una traccia grintosa votata ad un certo stoner (per le ritmiche più pesanti) e psych grunge (per l'abbinata voce-basso in stile Alice in Chains) che chiude l'EP, che mostra una prestazione convincente del trio transalpino. Ben fatto, ora sarà bene concentrarsi per dare un seguito all'osannato album di debutto, 'Sleepwalker', che vi invito ad andarvi ad ascoltare. Niente male affatto. (Francesco Scarci)

(Fuzz Fuzz Records - 2016)
Voto: 70

https://wolvemusic.bandcamp.com/

lunedì 5 dicembre 2016

Guns Love Stories - The Beauty of Irony

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Post-Hardcore
Anche la Svizzera vuole aver voce nel panorama musicale mondiale ed i Guns Love Stories (GLS) lavorano duro dal 2011 per produrre un buon alternative rock/post-hardcore. 'The Beauty of Irony' è il secondo LP del quartetto di Lucerna che si presenta come un digisleeve semplice (c'è anche la versione in vinile), con una bella grafica con predominanza del color rosso. I brani contenuti sono nove per un totale di circa trenta minuti, quindi brani tendenzialmente brevi, che vanno dritti al dunque e puntano sull'impatto sonoro. "Predigested Hollywood" apre l'album con una bella scarica di rock palpitante di chitarre, basso, batteria e voce mescolati a dovere, sempre in bilico tra potenza e fraseggi quasi pop, giusto per accontentare un po' tutti. Il timbro vocale è adatto, fresco e giovane, e si presta bene a diventare rabbioso quando serve. La parte strumentale viaggia compatta puntando più sulla coralità che ai singoli elementi, creando una fusione ben fatta e credibile. "Backstabbing" ha un appeal inizialmente suadente e quasi sensuale, dotata di un crescendo che sfocia irrimediabilmente nella classica accelerazione, per poi tornare alla calma da cui è originata. Un pop rock dalle forti influenze d'oltreoceano che diventa più -core nell'allungo finale per rimanere fedeli alle radici della band. La flessibilità dei GLS tra melodie rabbiose e meno estreme è evidente in "The Birds Keep You Awake", brano che sfodera una chitarra acustica che ci porta dritti in spiaggia davanti ad un bel tramonto rosso fuoco durante lo spring break, una ballata tranquilla per spezzare l'alto livello di adrenalina di un brano come "Defense Mode", dove i veloci riff ruggiscono e i pattern di batteria sono fondamentali per il sound della band elvetica. Piacevoli i momenti introspettivi della traccia, con l'unica pecca rappresentata da un cantato a volte ripetitivo, anche se lo stile del vocalist è buono e ricalca altre band del genere. Buoni anche gli arrangiamenti che denotano un lavoro puntiglioso di composizione, cosi come pure la qualità di registrazione e mixing, con suoni sempre adatti. I GLS alla fine sono un ensemble interessante, che ha cercato di introdurre la propria personalità propositiva nella musica che scrive, la grossa difficoltà sarà semmai che i quattro ragazzi dovranno sgomitare non poco tra le tante band sul mercato, ma con una marcia in più, potranno giocarsi le carte giuste e arrivare lontano. (Michele Montanari)

domenica 4 dicembre 2016

H-One - Cygne II

#FOR FANS OF: Hardcore/Modern Metal, Gojira, Soulfly
Active for nearly a decade, French metallers H-One came together from brothers Adrian and Alan who quickly rounded out their numbers into a full line-up that plays a rather energetic and engaging modern metal attack. This is mostly apparent in the rather straightforward riff-work present which adopts a typically hardcore-influenced series of chugging rhythms without as many breakdowns while offsetting that with progressive swirling patterns to get things quite hard-hitting and full of noodling riffing that makes for a nice burst of modern metal throughout here. Though it’s quite apparent here that the straightforward nature of the material here doesn’t really create much of an impression here as the band tends to mostly utilize a simplistic series of chugging rhythms that aren’t in the slightest bit employing any variety or dynamic riffing in their attack, making this a mostly hollow burst of music that doesn’t really go anywhere beyond being simply angry and heavy. Though that’s the case the music when it’s on the better end of their spectrum does come off rather nicely. Intro ‘Salt War’ features tight, ravenous riffing and heavy chugging breakdowns with plenty of furious rhythms and blasting tempos carrying on through the sprawling patterns that carry on for a strong opening. ‘Home’ takes jangly rhythms and stuttering riff-work into a series of plodding chug-patterns swirling through lame noodling patterns that wandering around aimlessly throughout the finale which makes for a wholly bland and lifeless offering. ‘Pray for My Name’ moves through somewhat livelier plodding chug-rhythms and bursts of tight, energetic drumming that makes for a rather nice contrast to the barreling drumming and tight lock-step riffing blasting into the later half for an effective highlight. ‘Mother’ uses stronger churning riff-work and plenty of thumping patterns to offer a slight series of trinkling patterns to the charging groove-laced chugging carrying on through the final half for a decent enough offering. ‘Headcharger’ features bouncy swirling chugging riff-work and a bouncy mid-tempo pace with light thumping rhythms along through the plodding sprawl-like rhythms keeping this one charging along into the plodding finale for a decent enough track. The instrumental ‘Moved Reasons’ serves as a decent album-break for ‘Black Cloud’ which features plenty of stylish chugging and trinkling patterns mixed along the tight, swirling breakdowns flowing throughout the final half with the chugging intermingled alongside for a highly enjoyable effort. Lastly, album-closer ‘Final Track’ contains tight chugging rhythms alongside sprawling loops of swirling melodic tones and plenty of straightforward rhythms before leading into silence with an acoustic track leading into the end which makes for a fine if decent enough lasting impression. That, in the end, is the overall feel of the album as a whole. (Don Anelli)

(Dooweet Records - 2016)
Score: 65

https://www.facebook.com/honemusic/

sabato 3 dicembre 2016

0N0 - Reconstruction and Synthesis

#PER CHI AMA: Black/Death Sperimentale, Deathspell Omega, Aevangelist
Ai vari Deathspell Omega, Blut Aus Nord, Aevangelist, Portal e compagnia cantanti, aggiungerei un'altra stravagante creatura che arriva direttamente dalla Repubblica Slovacca. Il trio di oggi, gli 0N0, è infatti originario di Bratislava e nasce nel 2005, anche se una forma embrionale esiste già dal 1999. In questi anni, sono usciti diversi EP, l'album d'esordio 'Path' e questo nuovo capitolo, 'Reconstruction and Synthesis', a ben un lustro di distanza dal precedente. La proposta musicale di questi folli personaggi dovreste già averla inquadrata, trovandoci al cospetto di una band estrema che fa dello sperimentalismo angusto e schizofrenico il proprio credo, e che cita un po' tutte i gruppi riportati in apertura, a cui aggiungerei una discreta dose di doom e atmosfere stranianti e melmose, al limite di post metal e sludge. Questo è certificato dalla contorta ed iper-tecnologica dell'opener, "A Farewell to Conscious Shores", ma ancor di più dai passaggi soffocanti della lunga title track. Oltre dodici minuti di sonorità distorte, claustrofobiche, a tratti psichedeliche, con suggestivi sprazzi di post-rock, su cui si posizionano arcigne vocals, suscitando in questo modo un certo senso di spaesamento, proprio per una difficoltà concreta nell'identificare il genere d'appartenenza. Il risultato è sicuramente un sound alieno che ha il grande merito di alternare costantemente l'incedere deflagrante delle ritmiche, le partiture sghembe, i suoni dissonanti ad altri più eterei, ritualistici o addirittura del cyber spazio, finendo per ottenere un effetto opprimente, destabilizzante ma soprattutto esaltante. Potrete certamente intuire il mio status di godimento nell'udire simili sonorità, cosi fuori dagli schemi e quasi mai banali. Il disco si incanala in cunicoli ancor più tenebrosi e desolanti con "Desolatry", traccia pestilenziale che sembra affondare le proprie radici negli anfratti del funeral doom e dello sludge più malati, per un risultato che si preannuncia a dir poco delirante. Si prosegue con le atmosfere dilatate dell'imprevedibile "At Sixes and Sevens", song che mostra un lato ancor più ricercato dei nostri, con suoni tribali, linee di chitarra mutevoli e per l'utilizzo di vocalizzi non più volti ad un growl in salsa acida. I frammenti psicotici degli 0N0 provano ad emergere anche nella penultima "Lucid Transmutation", brano in grado di coniugare con lucidità death metal, doom, lunghi intermezzi ambient, schegge impazzite di black alla Deathspell Omega intinte però in contesti cyber-industriali, per un esito finale annichilente e completamente fuori dagli schemi, veri e propri complessi suoni dall'iperuranio. Il disco cala il sipario con "Reformation/Absorption", song che abbandona i vocalizzi estremi per lasciar posto a ritualistiche vocals e all'onirismo dilagante affidato ai synth di T. Straripanti. (Francesco Scarci)

(The House of What You See - 2016)
Voto: 80

giovedì 1 dicembre 2016

Ivory - Southern Cross


#FOR FANS OF: Symphonic Metal, Stratovarius
Without wanting to sound too much like an sociologist, Ivory's 'Southern Cross' just wouldn't happen in Australia, I reckon. I just feel like we have a lower tolerance of cheese down here in the antipodes- or perhaps we tolerate a different kind of cheese? Anyway, it's easy to come away from this album thinking "thank god heavy metal is not a mainstream pursuit here"; it's just a shiny, overwrought nothing of a thing.

Instrumentally it's not terrible. It plods like a sauropod on valium, but you can tell there's a few parts where at least they tried. It's not a new sound or anything- Stratovarius with some occasional Dream Theatre-lite moments and maybe some Metallica meets My Little Pony when the band wants to get heavy. The keys and guitars are saccharine sweet but they play a lot of busy parts- the occasional neat bit of interplay here, a lot of cool little runs and solos all over the place. The overall impression is that while it's dripping with mature cheddar, the musicians weren't content with just being a backing track for a vocalist to wail over.

It's the vocals are the main problem. With a charismatic, powerful vocalist this would probably still be the most artificial thing since diet coke, but it would at least have a chance at being entertaining. As it stands though it's pretty gross. Devoid of power, writing not a single memorable vocal, atrocious lyrics (all of which are easily audible, just to increase the cringe), forever sounding like he's at the absolute end of his range, and possessing a very strong, very cringy accent, there is absolutely nothing going here for the poor guy. He clearly tries, but that doesn't matter- he sounds awful, he's loudly mixed and he's everywhere.

It's not a horrible album or anything, but I certainly don't like it that much and I can't see it getting any play after this review. If you can get past the vocals you've got a fairly okay, symphonic, vaguely proggy power metal album. I couldn't get past the vocals. There's far better albums in this vein- don't bother looking here. (Caspian Yurisich)

Horst - Never Two Without Three

#PER CHI AMA: Post-Rock/Noise/Math Rock
Un nuovo tassello si aggiunge a quel rompicapo che è il mio rapporto di amore ed odio con il rock strumentale, ma questa volta nessun imbarazzo, dato che il lavoro di questi parigini mi è piaciuto fin da subito, senza dubbi o tentennamenti. Gli Horst sono un trio, che a quanto pare ha faticato non poco a trovare un batterista stabile, come si evince dalla dedica “ai nostri batteristi” presente nell’artwork. Il nome deriva da quello di Horst Tappert, protagonista della famosa serie tedesca 'L’Ispettore Derrick', cosa che me li rende immediatamente simpatici. Loro stessi definiscono la loro musica come “horstcore”, ovvero un mix tra post-rock e math-rock, caratterizzato da uno stile molto diretto e ruvido, che per una volta non attinge da sonorità post-metal ma si rifà invece a nomi storici quali Sonic Youth, Slint, Shellac e Mogwai (dai quali sembrano aver ereditato anche la vena nello scegliere i titoli dei brani). Il disco scorre meravigliosamente tra sei tracce mediamente lunghe, senza mai annoiare anzi riuscendo sempre a destare l’interesse dell'ascoltatore. Il primo pezzo in scaletta, la fragorosa “This is Horstcore”, è un omaggio ai Pulp e alla loro 'This is Hardcore', di cui viene citato il riff. Si prosegue ondeggiando tra rasoiate rumoriste che si alternano ad oasi di quiete ("My Yin in Your Yang"), classici crescendo ("Alf"), sfuriate chitarristiche ("FU"), fino alla splendida “There Will Be Votes”, nella quale dei sample vocali contribuiscono a creare un’atmosfera serrata ed estremamente intrigante. Tutto il disco si contraddistingue per una produzione estremamente diretta e un suono molto poco “lavorato”, un po’ sullo stile di Steve Albini, e questo per me è uno dei meriti maggiori di un lavoro che, pur non proponendo nulla di rivoluzionario, piace decisamente nel suo proporre una versione particolarmente cruda del post-rock strumentale. (Mauro Catena)

(Self - 2016)
Voto: 75

https://horst.bandcamp.com/

martedì 29 novembre 2016

Selva - Eléo

#PER CHI AMA: Post Black/Hardcore/Screamo, Deafheaven
Inizio la mia recensione del disco portando alla vostra attenzione alcune raccomandazioni da seguire per reggere l'impatto con questo lavoro. Dotatevi sicuramente di cinture di sicurezza perché, come avrete modo di capire sin dall'opener "Soire", l'approccio alla musica dei Selva risulterà pressapoco analogo allo scontro di un auto con un tir spinto a tutta velocità. Adottate anche misure di tutela per i vostri padiglioni auricolari e timpani annessi, perché la lacerazione dovuta alla musica del trio lodigiano, può provocare severe problematiche al vostro fisiologico impianto acustico. Per il resto, capiremo strada facendo come proteggerci dal suono caustico e infausto dei nostri. Dicevamo del nefasto impatto sonoro della song in apertura, una scorribanda tortuosa fatta di ritmiche in grado di spazzare via ogni forma di vita dalla terra e urla cancrenose che hanno addirittura il merito di acuire la ferocia post black dei Selva, per quanto sia difficile a credersi. La violenza trova comunque modo a metà brano, di attenuarsi almeno per pochi secondi, prima di continuare ad assecondare il proprio io, aspro centrifugatore di suoni, e lanciarsi nel drappeggio di desolate melodie malinconiche fino ad arrivare ad un brusco rallentamento a fine brano, che da 200 km/h ci porta a zero nell'arco di un secondo e in quell'attimo rivivere tutte le emozioni stranianti fin qui provate. Attenzione, l'avevo messo in chiaro, l'ascolto di 'Eléo' non è raccomandato per i deboli di cuore. Se anche voi, come il sottoscritto, avete invece uno stomaco forte, potrete lanciarvi nella centrifuga sonora di "Alma" e dei suoi schizofrenici undici minuti, affidati ad un caos primordiale senza precedenti che nel suo circolare pattern sonoro che sfocia in anfratti torbidi e atmosfere doomish, trova anche il modo per regalare sprazzi di inattesa eleganza classica. Quest'ultima, affidata agli archi del bravo Nicola Manzan dei Bologna Violenta, risulterà capace di annullare la tempesta sonora con il dolce suono dei violini e lasciare incredibilmente spazio ad un nostalgico post rock d'annata che per pochi istanti ci fa dimenticare il post black arrogante dei Selva, e ci consegna una band più vicina agli anglo-statunitensi *Shels e all'eterea traccia "Plains of the Purple Buffalo Part 2", estratta dal loro ultimo album. Non vi fate infinocchiare però da cotanta melodia, perché in "Indaco", il suono delle chitarre sembrerà quello dettato dal roteare delle ruote d'acciaio del treno sui binari, un attrito in grado di generare suoni efferati di chitarre ultra compresse e blast beat da incubo, e di richiamare indistintamente Deafheaven, Wolves in the Throne Room o qualsiasi altra band dedita al più feroce post black. Splendide le percussioni del mostruoso Tommy a metà brano e ancor di più quel senso di vertigine che la song (ma la faccenda può essere estesa all'intero disco), procura, soprattutto nella seconda metà del brano. L'ultimo respiro dei Selva è esalato da "Nostàlgia", un'angosciante traccia strumentale (urla di disperazione a parte) il cui ondeggiare delle chitarre dei primi minuti è più vicino al drone che al black. Peccato per una registrazione in presa diretta che rende la proposta dei nostri sicuramente poco artificiosa ma che ne penalizza a mio avviso la resa finale; mi piacerebbe riascoltare il disco con una produzione più cristallina e poter comparare i nostri con i gods statunitensi e probabilmente scoprire che in casa ci ritroviamo con uno splendido diamante grezzo. (Francesco Scarci)

(OverDrive Records - 2016)
Voto: 75

https://selvapbs.bandcamp.com/

The Pit Tips


Francesco Scarci

Thence - We are Left with a Song
Départe - Failure, Subside
Sedna - Eterno

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Caspian Yurisich

Metallica - Hardwired... To Self Destruct
Rivendell - The Ancient Glory
Jesu - Jesu

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Michele Montanari

Ornaments - Drama
Fire Down Below - Viper Vixen Goddess Saint
Megatherium - Superbeast

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Matteo Baldi

Trap Them - Crown Feral
Mgła - Exercises in Futility
O - Pietra

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Don Anelli

Testament - Brotherhood of the Snake
Division Vansinne - Dimension Darkness
King Diamond - Abigail

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Kent

O - Pietra
Lustmord - Juggernaut
Portishead - Dummy