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giovedì 8 agosto 2013

Xipe Totec - In Moyocoyani

#PER CHI AMA: Folk Death, Asphyx, Autopsy
Xipe Totec era una divinità mixteca, in origine chiamata semplicemente Xipe, associata al culto della morte e della vita e come dio fu adottato dagli aztechi durante il regno Axayacatl (1469 -1481). Tutto questo per introdurre una band tutta particolare che fonde un carattere industrial/death metal con basi ambient tutte giocate su suoni primordiali delle foreste azteche. La band si chiama come la divinità Xipe Totec è al terzo album ed è uscito nel 2012 per la Invincible Records. La band proveniente dal Messico si è formata nel 1996 e dopo varie uscite e scioglimenti, si è ricostituita nel 2011 dando poi alla luce questo connubio musicale dal titolo "In Moyocoyani" scritto come un concept album con un comune denominatore che lega tutti i dieci brani da una selvaggia e ripetuta colonna sonora della foresta che riaffiora di brano in brano in situazioni diverse ma tutte atte a riportare alla mente lo scopo della composizione. La band si definisce "prehispanic death metal" ed esplora con testi e musica l'epoca del dominio azteco, fino ad arrivare a cantare tutti i nuovi testi in lingua storica azteca. La musica è ben stesa, iper tecnica, velocissima e con assoli entusiasmanti che trovano contraltare nelle frazioni ambient, un growl ragionato e pungente, un disco ben concepito ricco di atmosfera e violenza. Nelle parti pesanti i nostri riflettono gli Autopsy in una versione più secca con influenze fredde ed industriali tranne negli assoli dove un suono molto avvolgente e caldo stupisce per melodia e tecnica esecutiva, un death metal old school ben suonato e marcio come deve essere. Forse la volontà di creare continui ponti tutti giocati sui suoni della foresta risulta alla fine un po' ossessiva ma non guasta, se veramente si riesce ad addentrarsi nel significato dell'opera che acquista valore ad ogni ulteriore ascolto. Come dicevo, un apprezzamento degno di nota va fatto per il lavoro solista della chitarra a cui va dato il giusto merito, anche se siamo convinti che una produzione più raffinata avrebbe potuto donare all'intera opera una qualità ulteriore. A conti fatti e riascolti ripetuti non possiamo che constatare quanto buono sia il risultato di questo album particolare e tutto da scoprire, misterioso come la storia del popolo azteco (attenzione l'album è disponibile in sola distribuzione digitale – vedi Invincible Records – DeFox promotions). Ascolto consigliato. (Bob Stoner)

domenica 4 agosto 2013

Via Sacra - The Road

#PER CHI AMA: Heavy Metal, Iron Maiden
Primo lavoro per la neonata band portoghese, uscito nell'autunno 2012. Geniale è il packing: in cartone, per prendere il cd basta sfilare e aprire un'aletta rotonda (riportante i colori della copertina). In questo modo si evita di rovinare la custodia e occupa minor spazio rispetto alla stessa in plastica. Unica pecca è l'assenza del booklet (ma per vedere le loro facce basta andare sulla loro pagina myspace). "Jimmy's Life" inizia con un giro di chitarra in stile anni '80: la prima cosa che mi salta in mente circa la voce del cantante è "ma sembra Bruce Dickinson!". Tutta la song, assieme anche a "No Lies", segue il filone dell'hard rock energico e veloce, con qualche assolo di chitarra che ti porta direttamente nell'air guitar. "Lost World" e "Black Angel" sono già più rallentate, melodiche, ma il vigore rimane tale e quale: ciò che è aumenta invece è il pathos. Decisamente da cantare a tutta voce. "Souls of Fire" ha un riff iniziale di basso squisito, a cui fanno seguito chitarra e tastiere vigorose e morbide al tempo stesso. Più si procede con l'ascolto, più mi carico di energia positiva: questa è magia! . "Storm in your Soul" e "Never Come Back Home" sono brani più introversi dove il vocalist porta la voce ai due estremi: nella prima tocca il livello più alto, sottolineando la fortissima somiglianza con il buon vecchio Bruce, mentre nella seconda rasenta tonalità più gravi. Brani intrisi di una forza interiore coriacea che lasciano il segno. "Baby Baby" dal ritmo incalzante, ricorda vagamente i Kiss, specialmente negli acuti del corista, oltre che nel largo uso delle tastiere. "Secret Garden" è la mia traccia preferita: note campionate aprono e caratterizzano questo pezzo, rendendolo più cupo e tetro. Estroso! Con "The End of the Road" si arriva alla fine: chitarra aulica all'inizio, per tornare alla risolutezza di base di questo ensemble. Per chiudere, dico che questo è l'album hard rock che più preferisco: non trovo un termine adatto per esprimere la grandezza di questo lavoro. Per me può anche essere definito capolavoro. Bravi!!! (Samantha Pigozzo)

(Ethereal Sound Works)
Voto: 85

https://www.facebook.com/viasacraband

giovedì 1 agosto 2013

Santina è Morta - EP

#PER CHI AMA: Stoner Rock, Teatro degli Orrori, Verdena
Con i Santina è Morta è stato amore al primo concerto, poi al secondo (suonavamo allo stesso Festival) li ho conosciuti e mi sono accaparrato una copia del loro ultimo lavoro. Il trio vicentino si basa su due chitarre molto affiatate tra loro e un batterista che definirlo bravo è poco. Grande impatto sonoro e visivo, condito da ottimi suoni e ritmiche sempre azzeccate. Loro fanno a meno del basso, lo emulano per mezzo di orpelli tecnici e va bene così. Un pò di influenze qua è la, tra cui Teatro degli Orrori, Verdena, stoner vario e tanto altro ancora. Loro stessi si definiscono violenti , ma non disdegnano di fare l'occhiolino ad atmosfere meno aggressiva e più intime. Anche i testi hanno una loro personalità, non banali, ma neanche impegnatissimi. Dopotutto i Santina è Morta fanno musica, non propaganda. Tanto per citare alcuni pezzi, il singolo "Il Sole al Mattino" è un bel ceffone in chiave sentimentale fatto di bei riff distorti e ritmica trascinante. Dopotutto una persona normale non ascolta Noemi o stronzate varie quando è giù perché è stato mollato. Ha bisogno di gridare la sua rabbia e delusione, non di deprimersi con le solite nenie pop. Personalmente mi piacciono anche gli altri brani, in particolare "Angina" per le chitarre piene di delay e riverbero, le esplosioni sonore e quella atmosfera spaziale che non guasta mai. Per essere un EP di cinque pezzi registrato in presa diretta in un giorno, lo ritengo già di ottima fattura. Aggiungici poi un folder in cartoncino fatto a manina con tanto di croce nera ritagliata, il successo è assicurato. Bravi, mi sa che ci rivedremo presto. A proposito, Santina è morta veramente. (Michele Montanari)

Ende – Whispers of a Dying Earth

#PER CHI AMA: Black, Emperor, Bathory, Taake
Questo primo full lenght del progetto solista del compositore bretone I. Luciferia è uscito nel 2012 per Obscure Abhorrence Productions ed è composto da nove brani per un totale che supera i quaranta minuti. La musica si snoda tra le terre tortuose del black metal ortodosso degli Emperor, dei Bathory e la furia dei Taake, mantenendo comunque una buona dose di originalità ma soprattutto un tiro micidiale, unito ad una vorticosa e continua malvagia frenesia che coinvolge fin dal primo ascolto e ci proietta in una densissima nebbia oscura. Dopo l'intro rituale, l'atmosfera si fa ferale, martellata da una batteria superba e onnipresente che condiziona molto positivamente il sound dell'intero album, supportando a dovere la continua ricerca di melodia e forza voluta dal nostro autore. Splendida la prova per questa one man band alle prese con quasi tutti gli strumenti e anche vocalmente, tra screaming lancinanti e growls il mastermind francese (impegnato anche nei progetti Reverence e Osculum Infame) se la cava degnamente, anzi potremmo dire con classe. Il sound risulta potentissimo, impietoso e maestoso; di buona qualità la registrazione, l'album fila velocissimo anche se un po' statico per il genere, fatto d'umore nero, pensieri pesanti e profondi, visto che tutti i titoli che lo compongono trattano l'oscurità. Tutto è ben gestito e calibrato a dovere, il suono è maturo, violento e mai banale, ricercato soprattutto nell'insieme e nelle parti melodiche. Infatti non emergono virtuosismi, ma quello che si nota e ci resta più nelle orecchie è proprio l'uniformità della musica in tutte le sue tracce. Gli Ende non perdono mai di vista l'effetto blastbeat finale, l'assalto frontale e il punto di vista globale della situazione, pregio per altro di pochi musicisti. Nota di merito alla track numero sette "Our Funeral" (la mia preferita!) che condensa a mio avviso il senso della musica degli Ende ossia velocità, malinconia, tristezza e rabbia nera con una classe elevata che in questo caso si mette ancor più in evidenza con un ponte acustico di notevole caratura, prima di un finale al vetriolo. Il finale contrasta tutte le altre tracce mostrando il lato intimista degli Ende, concludendo tra cori mistici, arpeggi e suoni ambientali di un mare agitato e freddo come quello di Bretagna. Gli Ende sono una band con un potere di fuoco esagerato e speriamo che questo primo full lenght rappresenti solo l'inizio della battaglia! (Bob Stoner)

(Obscure Abhorrence Productions)
Voto: 80

https://www.facebook.com/pages/ENDE/318388168188998

Aeternal Seprium - Against Oblivion's Shade

#PER CHI AMA: Heavy Power, Iron Maiden, Domine
Formatisi nel lontano 1999 a Contado del Seprio (Varese) con il nome Black Shadows, nel corso degli anni i nostri hanno modificato la line-up, mantenendo 3 dei membri fondatori (Leonardo Filace, Matteo Tommasini e Santo Talarico) e accogliendo, 3 anni dopo, il cantante Stefano Silvestrini. Nel 2007 l'act lombardo registra il primo demo, ”A Whisper From Shadows” con il nome Aeternal Seprium, nel frattempo entra un secondo chitarrista arrivando alla formazione odierna. Nel 2009 esce un altro demo ”The Divine Breath of Our Land”, e nel 2011 finalmente esce il primo e vero album, che mi accingo ad esplorare. Si parte con ”The Man Among Two Worlds” e “Vanaglory” di chiaro stampo "iron-maidiano”: vigorosa, ritmata, cantata con tutta l'energia che si ha in corpo. I testi sono sia in inglese che in italiano. Degni di nota sono gli acuti, più e meno prolungati, che conferiscono, in una, una nota di heavy metal più puro; nella seconda, è da ricordare il lungo e magistrale assolo di chitarra verso il terzo minuto. “Sailing Like the Gods of the Sea” si avvicina più al thrash, ma senza mai dimenticare l'influenza di Bruce Dickinson & soci: a volte la portanza vocale è talmente ricca e ingente, che mette la pelle d'oca a sentirla. “Soliloquy of the Sentenced” placa gli animi e diventa più modulata, epica: la batteria suonata con furore, le chitarre accordate più basse offrono toni smorzati che rendono una sensazione più composta. “In Sign of Brenno” a tratti ricorda i primi Metallica, ma sono più che altro piccoli lampi, anziché una vera e propria ispirazione. “Victimula's Stone” si avvale di un bel chorus che dà un maggiore impatto e un'aria più dinamica al tutto. “Solstice of Burning Souls”, alle prime note, sembrerebbe indirizzata verso una melodia più morbida, ma dopo quasi un minuto tutto torna come sempre. Da evidenziare soprattutto la preponderanza della chitarra messa a frutto: fa venire la pelle d'oca. Dicevamo delle parti cantate in italiano: è il caso di “L'Eresiarca”, ballad scritta e cantata nella lingua tricolore. Oserei pure ricordare un che di Marlene Kuntz in questa cantica proprio per il suo stile vocale. Piccole venature medievali si possono cogliere nel corpo di “The Oak and the Cross” e “Under the Flag of Seprium”, un omaggio alla loro terra natia. Si chiude questo mistico viaggio in terre e mondi lontani, pieni di battaglie e cavalieri: una pubblicazione prorompente e vigorosa che ti carica e ti porta ad affrontare meglio una lunga giornata nel segno del metal. (Samantha Pigozzo)

Kastete - Ideju Imperija

#PER CHI AMA: Hardcore Punk, Sick Of It All
Dopo qualche ascolto non trovo molto da dire su questo lavoro dei lituani Kastete, letteralmente "L'Impero delle Idee", titolo che speravo mi avrebbe condotto verso un'opera introspettiva e particolare. Si capisce subito che i Kastete sono un gruppo da palchi e non da disco. L'album alla fine è leggermente monotono, e presenta delle composizioni e liriche in classico stile punk hardcore che strizzano l'occhio a soluzioni più contemporanee vicine al metalcore, sopratutto nella parte finale del disco; lo stesso dicasi a livello grafico. Tanta (forse troppa) velocità, precisione e pulizia, rendono l'album a tratti ripetitivo e piatto, privo di quel mordente che da sempre caratterizza questo genere. A livello di strutture compositive, qualità sonora e presentazione visiva si tratta di un album eccellente, ed è proprio per questo che "Ideju Imperija" rischia di affondare in una palude di freddezza ed inespressività. (Kent)

The Pit Tips

Bob Stoner

Solstafir - Kold
Megadeth - Super Collider
Blood Ceremony - The Eldritch Dark
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Francesco “Franz” Scarci

Tesseract - Altered State
Shade Empire - Omega Arcane
Vukari - Matriarch
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Mauro Catena

Fine Before You Came - Come Fare a non Tornare
Jack B. Kisberi - Another Nobody's Diary
Mark Lanegan Band - Blues Funeral
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Michele “Mik” Montanari

Santina è Morta - EP
Ministri - Per un Passato Migliore
Acid King - III
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Kent

Ulver - Blood Inside
Morbid Angel - Domination
Eyehategod - In the Name of Suffering
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Roberto "Godtech" Alba

Summoning - Old Mornings Dawn
Ulver - The Norwegian National Opera
Sólstafir - Svartir Sandar

lunedì 29 luglio 2013

Me After You – Foughts

#PER CHI AMA: Post Punk, Dark Wave, Shoegaze, Alternative
Sono giorni che non riesco a staccarmi dalle questo disco d’esordio dei Me After You, duo anglo-italiano con base a Copenhagen (!) che si autodefiniscono alfieri del Bluesgaze, sorta di ibrido tra blues e shoegaze, e di sicuro autori di un lavoro ricco di spunti interessanti, nel suo declinare un rock di stampo post-punk in maniera sicuramente originale e di impatto. Il suono della band (sapientemente curato in questo disco da Andy Miller, già produttore di nomi importanti come Mogwai e Arab Strap) si fonda sull’equilibrio tra Leonard Seabrooke e Federico Festino, uno responsabile delle notevoli parti di basso e in possesso di una particolarissima voce baritonale – che oscilla continuamente tra lo Ian Curtis più mesmerico e il primo, animalesco Nick Cave – laddove l’altro suona batteria e tastiere. Il disco è aperto da un vibrafono indolente che sfocia nell’ipnotica "Fat Man", sorta di inaudito ibrido tra Joy Division e certe asprezze math. "Out of My Mind", scritta e cantata da Festino, parte quasi come un pezzo electro-wave e presenta anche una parte declamata in italiano, un po’ sullo stile dei grandi Massimo Volume. E l’influenza della musica di Emidio Clementi e soci non si limita a questa citazione, tanto che a metà scaletta compare una convincente versione de “Il Primo Dio”, che pure tradotta in inglese conserva intatta la sua forza evocativa. L’album è pieno di brani davvero notevoli e molto originali nel loro coniugare senza soluzione di continuità marzialità new-wave ed esplosioni improvvise e quasi sguaiate, come nella splendida "Wipe the Blood". Il termine “Bluesgaze” sembra calzare a pennello alla solenne "Retrospecting", mentre la trascinante "Someone to Hate" pare un apocrifo dei R.E.M in chiave darkwave, e in un mondo perfetto sarebbe in heavy rotation su tutte le radio. Nella parte finale del disco i suoni e le atmosfere si appesantiscono, tanto che "Revolt!" sfodera un basso infernale e un incedere noise che non sfigurerebbe su un disco Touch & Go dei primi anni '90, mentre "Mama" viaggia dritta su binari distorti, come un treno senza controllo. Lavoro interessantissimo e – l’ho già detto? – estremamente originale, in grado di piacere tanto ai cultori della wave che portano fieramente la loro T-shirt di "Unknown Pleasures", quanto agli amanti del rock più viscerale e a tutti i curiosi sempre in cerca dell’ultima sensazione post-qualcosa. (Mauro Catena)

(Custom Made Music, 2013)
Voto: 75

http://www.meafteryou.net/