#PER CHI AMA: Post Rock quasi strumentale |
Questa release è uscita in digitale il due ottobre dello scorso anno, ma io sto impazientemente attendendo l’ufficiale rilascio sul mio adorato supporto rigido, previsto, a quanto pare, per l’imminente primavera. Ciò non mi dissuade tuttavia dal recensire il disco di questo duo austriaco, costituito da Robert Czeko (alle chitarre, basso ed effetti vari) e Christian Hubmann (batteria, chitarre, basso e tastiere), supportati da due guest star, Loïc Rossetti (dei The Ocean) alla voce e Chris Huber (Sounds of Earth tra gli altri) all’effettistica. Vista cosi, dalla formazione ci si aspetterebbe un sound veramente micidiale, infarcito di effetti e suoni cibernetici. In realtà, questo omonimo EP rappresenta quanto l’ascoltatore moderno si possa attendere da un più che discreto album di post rock: suoni rilassati e alquanto rilassanti. Il cd si apre con “Chapter I – Frozen Tide”, una song strumentale dal forte sapore malinconico, fatto di intimistiche e soffuse melodie, che attraverso un inquietante intermezzo rumoristico e di voci indistinguibili, ci conduce al secondo capitolo. Trattasi di un’altra interessante traccia, che passerà alla storia però, più per la lunghezza del suo titolo, che vado ad omettere, che per la performance musicale dei nostri, anche se alla voce, finalmente si sente il bravo frontman dei teutonici The Ocean, che vede però fare il suo debutto solo ad un minuto e mezzo dalla fine del pezzo e con una parte di cantato piuttosto stringata. Mi avvio verso l’ascolto dell’ultimo capitolo piuttosto perplesso, avvolto da un senso di frustrazione misto ad insoddisfazione. Questo perché, mi sembra che la band austriaca abbia ottime potenzialità da sfruttare, ma che alla fine quanto contenuto nei 27 minuti di questo esordio, sia solo un piccolo antipasto di quello che dovremo attenderci in futuro; ed ecco perché mi alzo da tavola un po’ con la fame. C’è da dire che “Chapter III” è una song che dura fortunatamente 13 minuti, una lunga cavalcata che vede miscelate tutte insieme le componenti portanti del sound dei Sea of Disorder: un riffing pungente (da rivedere però il suono del drumming, forse troppo finto e poco incisivo) all’inizio e alla fine (dove appare anche una componente stoner), interrotto da un’interessante parte atmosferica, cesellata dall’ottimo lavoro alle chitarre acustiche del duo Robert/Christian, e qualche guaito cavernoso del buon Loic. Il problema è che l’album stenta a decollare, sembra sempre li li per esplodere, per iniziare a raccontare una storia, ma poi il tutto non trova il giusto sbocco e viene strozzato nella bocca dello stomaco. Da qui appunto nasce la mia frustrazione. Ora attendo non solo che questo lavoro esca in formato fisico, ma che a stretto giro di boa, veda la luce anche un album nuovo di zecco, che mi faccia sussultare e non poco. Della serie “suo figlio ha le potenzialità ma non si applica”. (Francesco Scarci)
(Le Crépuscule du Soir productions)
Voto: 70
http://seaofdisorder.bandcamp.com/
Voto: 70
http://seaofdisorder.bandcamp.com/