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sabato 2 aprile 2022

Old Sea and Mother Serpent - Chthonic

#PER CHI AMA: Sludge/Doom
Quattro brani per oltre settanta minuti di musica, mica male, anche se la montagna da scalare non è certo di quelle cosi semplici e banali. 'Chthonic' rappresenta l'opera prima dei moscoviti Old Sea and Mother Serpent che nel 2012 rilasciavano questo mastodontico lavoro autoprodotto (la versione nelle mie mani è il digipack del 2013), per poi lasciarsi un tempo di gestazione per il successivo 'Plutonian' di ben nove anni. La proposta del duo è all'insegna di uno stoner doom che dire solido e compatto, potrebbe suonare quasi eufemistico. Il lavoro apre con la sporca e sludgy "She of the Black Scale" che per 18 minuti risuonerà con il suo tribale tambureggiare, accompagnato da una voce graffiante e da chitarre belle possenti. Quello che potrebbe far impressione è il relegare ad un paio di righe la descrizione di siffatta mole musicale visto che fondamentalmente il pezzo, a parte un assolo di notevole impatto melodico nella parte centrale, ha ben poco altro da raccontare. E se volete questo rischia di essere anche il limite delle restanti canzoni, ossia presentare durate infinite ma poi, a fini pratici, non contribuire a regalare nulla di cosi interessante e originale. Ci riprovano i nostri con la successiva "The Haunt", ed un inizio ritmato al limite della ridondanza sonica. Qui ritroviamo voci registrate in sottofondo, una serie di cambi di tempo che sembrano più una lezione di avvicinamento ad un genere comunque ostico e poi finalmente ricompaiono le vocals, forse l'elemento più positivo dei nostri, visto che la batteria troppo affidata ai piatti, finisce per stizzirmi dopo otto giri di orologio. Qui infatti un duplice psichedelico assolo rabbonisce i miei sensi e mi consente il proseguimento dell'ascolto. Dei quattro brani, il picco più alto da scalare è quello però rappresentato dagli oltre 28 minuti di "Demons of the Sun", fatto di pendici sabbiose ove sprofondare pericolosamente nella matrice doomish dei nostri. La traccia più lunga ma anche quella più veloce da descrivere, vista la natura malmostosa e ampollosa del pezzo, soprattutto nel suo lunghissimo finale dronico, inutile lasciatemi aggiungere. In chiusura ecco la strumentale "Moraydance" che sembra essere anche il pezzo più vivace del disco, non fosse altro che dura poco più di cinque minuti che ci consentono di tornare a respirare aria pura dopo le impervie salite dei primi tre brani. (Francesco Scarci)

(Pestis Insaniae - 2013)
Voto: 62

https://osams.bandcamp.com/album/chthonic