#PER CHI AMA: Funeral Doom |
L'inizio di questo "Withered Shades" mi fa già capire cosa ho fra le mani, anche se l'etichetta del combo tedesco mi lascia presagire cosa mi appresto ad ascoltare e cosi ecco che le attese non sono state tradite. Ancora funeral doom nelle mie orecchie in questa estate cosi piovosa che mi fanno dimenticare il piacere del mare, del sole e della spiaggia e mi spingono invece già nella coltre di nebbia autunnale. Ecco in poche parole descritto il lavoro dei tedeschi Ophis, che in 5 tracce (con lunghezze medie tra i 10 e i 15 minuti) minano il nostro stato d'animo pericolosamente. A differenza di altri acts, facenti parte del rooster dell'etichetta russa, qui ci troviamo fra le mani qualcosa di ben poco melodico od orchestrale, poiché la musica del quartetto teutonico si rivela molto diretta, pesante, brutale, pur mantenendo intatto quel feeling da fine del mondo che contraddistingue già la parte centrale della opening track "The Halls of Sorrow", con quel suo incedere assai marziale che finisce per scaturire nel finale dove le urla disumane di Philipp si inseriscono finalmente in un contesto melodico. Eh si perché se a questo genere cosi pesante, lugubre e monolitico non doniamo un pizzico di melodia, risulta davvero impossibile arrivare alla fine senza avere l'anima straziata. "Suffering is a Virtue" si apre con un semplice arpeggio, che mi lascia presagire il peggio: si ricomincia a calcare la mano con suoni asfissianti vicini a quelli di Skepticism o Ahab, con una certa carenza di melodia di fondo e con vocals maligne (quasi black) che a mio avviso mal si adattano a questo sound che fa comunque della brutalità il suo credo. Sono alla terza traccia e inizio ad essere già sfiancato dalla proposta dei nostri, che come sonorità doom si rifanno ai più tradizionali Candlemass o Solitude Aeternus, non disdegnando poi puntatine in territori black death mortiferi e feroci. Non è proprio questo il sound che prediligo, quando ho voglia di tuffarmi in un mondo tutto mio, con la mente assorta e ipnotizzata da suoni da fine del mondo. L'idea che mi sono fatto è che questi quattro tedeschi non abbiano ancora deciso cosa suonare se death stile anni '90, doom stile anni '80, black o funeral anni 2000, il che mi lascia ahimè con l'amaro in bocca, nonostante le potenzialità per creare qualcosa di davvero buono ci siano, dimostrate da momenti di cupa riflessione o da viaggi psichedelici che potrebbero dare un po' più di colore a questo lavoro che vive di paurosi chiaro-scuri, anzi di veri e propri bianchi e neri... Mortiferi! (Francesco Scarci)
(Solitude Productions)
Voto: 65
Voto: 65