Cosa odono le mie orecchie, sogno o son desto, eh si perché quello che fuoriesce dalle casse del mio stereo sembrano suoni senza tempo che ebbero il loro inizio nei primi anni ’90 con le massime espressioni in “Focus” dei Cynic, “Testimony of the Ancients” dei Pestilence e “Individual Thought Patterns” dei Death. I cechi Mindwork debuttano sulla lunga distanza con un cd da urlo, “Into the Swirl”, lavoro che appunto, riprendendo i sacri dettami della scuola techno death di primi anni ’90, senza stravolgere alcunché, ripercorre esattamente le orme pionieristiche di quelle grandi band e soprattutto, lo riesce a fare con una classe disarmante. Ragazzi, carta e penna per favore, segnatevi questo nome, perché siamo di fronte ad una delle realtà più promettenti del panorama techno death mondiale. Partendo da una tecnica sopraffina, costellata da una grande dose di gusto per semplici ma allo stesso tempo complesse trame chitarristiche e piacevoli melodie, il quartetto mitteleuropeo riesce a sfornare qualcosa che si pensava irraggiungibile dopo la fine dei Death, o l’opaco ritorno di Cynic o Pestilence. I nostri, ripartendo dai suoni di “Focus” (non ahimè cosi bombastici però) rilasciano questo nove tracce, dove non si può non evidenziare la mostruosa tecnica dei singoli, le acrobatiche divagazioni jazz di “Essence of Existence” e “Freedom of Mentality” e i caratteristici ingredienti di questo complicatissimo genere. Cambi di tempo da panico, stacchetti atmosferici, inframmezzi acustici, ripartenze affilate come rasoi, tecnicissimi solos e riffs che pensavo le mie orecchie non avrebbero mai più potuto udire dopo la morte di Chuck Schuldiner. Grandissima band, che pur non inventando nulla di nuovo, ha nelle proprie corde la possibilità di diventare l’unica vera erede dei Death. Da seguire, da molto, molto vicino… (Francesco Scarci)
(Shindy Productions)
voto: 80
voto: 80