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giovedì 29 agosto 2024

Divercia - Modus Operandi

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine    
#PER CHI AMA: Melo Death
La Finlandia è da sempre una fucina di gruppi dotati di talento. Vogliamo citarne alcuni? Finntroll, Amorphis, Lost in Tears e Throes Of Dawn. A cui avremmo potuto aggiungere anche il sestetto dei Divercia (ex Lost In Twilight), se non si fossero sciolti prematuramente. Benissimo fece la Hammerheart a produrre 'Modus Operandi'. Album come questo, pur senza far gridare al miracolo, restituiscono fiducia nelle capacità di rigenerazione del metal. La via percorsa dalla band non è quella della sperimentazione, ed è plausibile ritenere che non rientrasse fra gli scopi dei Divercia quello di essere degli innovatori. Rimane il fatto che la buona musica, anche se non è innovativa, è pur sempre piacevole da ascoltare. E i nostri finlandesi riuscirono effettivamente a disegnare delle gradevoli trame melodiche. Non tutti, chiaramente, potranno gradire l’impostazione vocale di Jyri Aarniva, dalle tonalità marcatamente soft, fin troppo sommesse. È fuori di dubbio che un’interpretazione più energica avrebbe dato migliori risultati. Provate a pensare a una via di mezzo tra la timbrica pulita di Aaron (My Dying Bride) e Phred (Jack Frost), e avrete un’idea dello stile di Jyri. Francamente, sembra che canti in stato di trance ipnotica. Alla musica dei Divercia non fanno difetto né la melodia, merito delle tastiere, né la potenza. Pur raccomandandovi di saggiare preliminarmente l’album, sento di poterne consigliare l’ascolto.

(Hammerheart Records - 2002)
Voto: 72

https://www.metal-archives.com/bands/Divercia/2536

mercoledì 28 agosto 2024

Eventide - Waterline

#PER CHI AMA: Experimental Sounds
Gli Eventide sono una costola che si è staccata del gruppo francese degli Epitaphe, o come da loro stessa ammissione, un'evoluzione sonora verso altri lidi musicali, territori che con la band madre non potevano essere evidentemente raggiunti, visto il genere prog, doom, atmospheric black metal trattato. Qui siamo di fronte a una naturale svolta verso l'ambient, il drone, con aperture al dark/jazz e una palese attitudine compositiva che ama le lunghe distanze, come se i brani fossero piccole colonne sonore. Si toglie spazio al ritmo, le chitarre diventano eteree, lisergiche, in funzione della ricerca atmosferica, in un'esplorazione che si avvale anche dell'aspetto sperimentale del jazz, e del suono del sax, che si mette sempre in buona luce in contesti simili. I 15 minuti di "Eventide", si aprono con aria mistico/ipnotica di casa Brendan Perry, con un cantato ancestrale (che è peraltro l'unico presente nell'album), per diventare in seguito un omaggio alle soundtrack degli Ulver, e alle lunghe sperimentazioni e libere improvvisazioni d'insieme. Si muove come una lunga intro dal suono d'ambiente, misteriosa e intensa. Il brano successivo, la titletrack "Waterline", l'unica a esser stata registrata in studio (il resto è tutto live), spiazza un po' l'ascoltatore con il suo mood virato a certe forme, almeno nella sua prima parte, lounge/ambient/jazz (ma prendete con le pinze questa definizione), e un ingresso di batteria che ricorda alcune cose più orecchiabili, e a mio modesto parere discutibili, sempre degli ultimi Ulver. Un brano che non spinge in realtà così tanto verso la sperimentazione, e che non aggiunge molto al già sentito in questi ambienti, e che sembra altresì adagiato su standard usuali, anche se mostra una buona coda finale. L'arrivo di "Adrift", è la cosa più disattesa, per quello che fin qui la band di Grenoble ci aveva fatto sentire. Si tratta infatti di un pezzo breve, di circa due minuti e mezzo, che si sorregge su note pizzicate di piano e acquisisce, per certi aspetti ipnotici, atmosfere eteree di matrice celtica, create dall'arpa splendida di Alan Stivell, che lo renderanno alla fine magico e assai intrigante, simbolo di una piena e raggiunta maturità compositiva. L'opera si chiude con la lunghissima "Sphere", che parte tra rumori in sordina e un sax in sottofondo, che mi ricorda le cose fatte dai Londinesi Lowering (non gli omonimi newyorkesi) in una versione più noise e underground, affidati però a una veste più ansiogena, strumentale e minimale del Dale Cooper Quartet and the Dictaphones. In definitiva, 'Waterline' si configura come un bel disco, sicuramente di transizione, che apre a un nuovo futuro per questi musicisti, un evidente distacco totale dalle belle cose fatte in passato con gli Epitaphe. Un nuovo tassello che va ad ampliare ulteriormente il già prolifico roster del multi artistico collettivo Eptagon di Grenoble. (Bob Stoner)

Ophiolatry - Anti-Evangelistic Process

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine   
#PER CHI AMA: Brutal Death
Il primo album dei brasiliani Ophiolatry reca in copertina un’immagine blasfema. A essere oltraggiata, è una figura sacra ai seguaci della religione cristiana. Mai una volta che i nichilisti se la prendano con Maometto. Sarà perché gli islamici non porgono l’altra guancia. I sedicenti Übermenschen che infestano la scena metal preferiscono, evidentemente, accanirsi su chi non reagisce. Ma veniamo al contenuto musicale del cd di questo quartetto di San Paolo. Avete presente i Belphegor, vero? Ecco, il genere è quello, una sarabanda infernale (aggettivo quanto mai appropriato) con i brani che si susseguono rapidi, brutali, piallanti, travolgendo tutto quanto gli si pari davanti, con la loro furia, senza presentare variazioni significative. Tutto chiaro no?
 
(Evil Vengeance Records/Vale do Caos Records – 2002/2020)
Voto: 60
 

Bloodshed - Inhabitants of Dis

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine  
#PER CHI AMA: Black/Death
Avevo espresso un giudizio positivo in merito al loro mcd 'Skullkrusher', e ora, in occasione dell’uscita di questo full length, torno a spendere parole di apprezzamento nei confronti della death metal band svedese. Sì, perché questo album ha almeno due pregi: pur essendo parecchio violento, non lo è in modo caotico; inoltre, nel suo insieme riesce a non essere tedioso, ciò grazie al fatto che i Bloodshed hanno saputo diversificare i brani, anziché sfornare un blocco monolitico. Le prime tre canzoni sono delle belle mazzate, veloci (anche nella durata) e spietate, poi, per fortuna, l’arpeggio di chitarra di "Release" restituisce un filo d’ossigeno all’ascoltatore stremato. Con "Dark Trace" la furia devastatrice riprende il sopravvento. "Kiss of Cruelty" è un brano potente e articolato, con indovinati cambi di velocità. "Blood Music" è un efficace mid-tempo che contribuisce a variare il menù. La strumentale "Deceit" lascia spazio alla cupa "City of Dis", introdotta da un riff granitico. Chiude degnamente l’album l’ottima "Psychosomatic Revelation". Accade di frequente di imbattersi in cd black brutali dal profilo musicale desolatamente piatto. Non è il caso di 'Inhabitants of Dis', un album che vi consiglio di non trascurare.

martedì 27 agosto 2024

Still Wave – A Broken Heart Makes an Inner Constellation

#PER CHI AMA: Shoegaze/Dark/Gothic
I romani Still Wave, sono una super band, formata da membri di Aetheris, Aborym, Rome in Monochrome e Blackosphere, che si presentano all'esordio con un album uscito sotto le ali protettive dell'etichetta italiana These Hands Melt. Il progetto nasce chiaramente con l'intento di partorire musica sulla scia di band cardine, come i Katatonia, e quindi con la tipica malinconia dilagante tra le tracce, lasciandosi tentare anche da vie decisamente più morbide e melodiche, cosa che a suo tempo, mise in luce ma anche in difficoltà artistica, band blasonate come i Paradise Lost. Unire doom, black metal e gothic, non è certo una novità, ma quando il cantato esce dal seminato e in parte, fa pensare ai primi Editors, presumo che un attimo di sconcerto sia d'obbligo. La cosa potrebbe anche spaventare al primo ascolto, ma in un album dove la ricerca della melodia è prioritaria, a un ascolto più approfondito, ci si accorge invece che la scelta stilistica in questione non è poi così fuori luogo e che la presenza dei pochi cantati violenti, non avrebbe fatto la differenza anche se fossero stati in numero maggiore. Certo, la voce di Valerio Graneri, che milita nei Rome in Monochrome, è caratterizzante e orbita attorno ai circuiti più darkwave/neofolk, e mostra una tonalità che si pone a metà strada tra Tom Smith epoca 'Munich', e uno stile personale che lo contraddistingue chiaramente, da ricercare a mio parere, nel cantato dei primi due album degli In the Woods, con un'interpretazione vocale sempre sopra le righe, raffinata e ricercata. La sua presenza fa roteare il suono della band attorno alle atmosfere della sua prima band d'appartenenza, anche se gli Still Wave ne ampliano la rosa di suoni e mostrano più varietà compositiva. Ad esempio in "Near Distant" (canzone simbolo del disco per il sottoscritto), la voce nella sua veste pulita si presenta in termini tanto squisiti, da renderla, nel ritornello, un brano praticamente perfetto, un pezzo che al quinto minuto circa, subisce un'amputazione netta da uno scream in chiave depressive black, che lo lacera senza via di uscita, per poi chiudere con un finale assai romantico e decadente. Ecco, il segreto di questo album sta tutto qui, nell'unione di suoni che fanno parte di certa new wave, dark e cold wave, con sonorità metalliche, buie e profonde, sempre pacate e controllate, a offrire uno spettro ampio di suoni che si rintana anche in ombre e colori grigi, ma che induce anche un senso di estrazione dalla realtà, come il ponte del brano 11, che mi ricorda in chiave più mediterranea, le splendide sonorità contenute in 'Damnation' degli Opeth. 'A Broken Heart Makes an Inner Constellation' è un album che opera in mezzo a un contesto musicale che si espande tra gli ultimi Katatonia e quell'idea di spostare il gothic/doom, verso sonorità più sofisticate e allo stesso tempo più accessibili, come fu 'Believe in Nothing' o 'Symbol of Life' per i Paradise Lost. L'ottima caratura dei musicisti rende l'opera matura, e la costruzione dei brani intensa e credibile, con riferimenti ad altri artisti ma sempre omogenea ed effettivamente personale. Una buona produzione li accompagna alla ricerca di un sound perennemente in equilibrio, con un lavoro egregio delle tastiere e delle calde chitarre che negli assoli, aumentano il contrasto con il suono profondo e cupo delle composizioni, sostenendo a dovere, l'ottica riflessiva e lo sguardo rivolto all'infinito, di una certa scuola post-black metal/shoegaze, alla Alcest per intenderci, che finisce per avvolgere l'intero disco. Un disco comunque, da assaporare lentamente e a fondo. (Bob Stoner)

Master - Saints Dispelled

http://www.secret-face.com/

#FOR FANS OF: Death Metal
Well, this was an immersion here because I didn't take note of this band until recently! I got this album as well as 'Vindictive Miscreant' (2018) and I didn't like it nearly as much as their latest! The vocals are all right, just if Paul got higher pitched, it would be annoying! They're a 3-piece, of which they originally began being based in Chicago and now in Uherské Hradiště, Zlín Region (Czech Republic). They've been pretty active with their current location emitting death/thrashing music on/off since their first origin (1983) more on than off since 1989, however. They've gone through many members since their first few recordings. However, they've done a great deed and conducted this album, and it was mixed/recorded at Studio Shaark.
 
I really like the riffs here, especially the structures of the songs and their originality, being composed just like they sufficed here to say "what a creative storm!".
 
Since I haven't the experience in the decades of Master's releases (full-length albums & compilation/best of disc). It seems as though they've managed to have quite an impact on extreme metal as it is! I know Mick Harris mentioned Master on Napalm Death's immonsterrible 'Live Corruption' 1990 release! Perhaps they're different from other extreme metal bands in the fact that they have a unique style & the vocals aren't full-throttle death metal, they're more raspy than anything else! Maybe a bit like the Michigan based band Plague Years (as an example).
 
There's much else to say about 'Saints Dispelled', mainly the better recording quality than the rest! I think that that's what's also to say here is if you listen to older LP's, you'll find a flaw in not the compositions, but the overall sound of each instrument! The bass and drums are well mixed on here, the guitars don't overpower the rest of the songs! Check out 'Saints Dispelled' if you want to hear a great release of fresh, invigorating metal in 2024! (Death8699)
 
(Hammerheart Records - 2024)
Score: 75
 

martedì 20 agosto 2024

Tunguska - A Truth of Fear

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine  
#PER CHI AMA: Black Metal
Se ne uscivano dall’underground parmense per portare avanti la loro filosofia di temi alieni. Loro stessi giudicavano la loro musica "extreme alien metal" e dopo aver ascoltato il loro mini Cd, sono d’accordo su come la descrivono. Il tema portante è quindi quello extraterrestre e viene manifestato nel lavoro sia musicalmente, soprattutto a livello delle tastiere, che nelle liriche, molto interessanti, che inglobano anche temi archeologici e religiosi. In pratica, vi troverete di fronte a un black molto particolare riarrangiato secondo le loro passioni. Le cinque canzoni che costituiscono questo CD-R rilasciato in 202 copie, sono poi registrate discretamente bene e meritevoli di una vostra considerazione, se solo ne trovaste traccia sul web. Peccato poi che se ne siano perse le tracce negli anni a venire.

domenica 18 agosto 2024

Nightspell - Darkwoods Enchantment

#PER CHI AMA: Raw Black
Prendete questo disco (fortunatamente un EP), confrontatelo con un altro centinaio che propongono un genere similare e a livello di contenuti, noterete che non c'è nulla che possa differenziare tutte queste release. Insomma, la musica deve progredire, non può stare ancorata a vecchi stilemi del passato e 'Darkwoods Enchantment' degli ucraini Nightspell, finisce per inabissarsi in quel sempre più profondo calderone di band tutte identiche che non hanno un diavolo da dire. Si affidano alla classica chitarra zanzarosa, quella raw black norvegese, ci costruiscono attorno un sound glaciale, propinano uno screaming efferato e quattro brani che potrebbero stare in questo lavoro cosi come in mille altri. Ma quante volte mi avete ormai letto scrivere queste stesse cose? Troppe, rispondo io. In questo EP, oltre a trovare una proposta uscita fuori tempo massimo rispetto ai vecchi dischi black di metà anni '90, troverete ben poco altro, a meno che non siate maniacali collezionisti di release black metal inutili. Il corso di questo genere è stato compiuto, è tempo di andare avanti e smetterla di vivere di ricordi (ancora il face painting, ma siamo seri?), ormai sbiaditi. (Francesco Scarci)