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#PER CHI AMA: Death/Grind
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Ho passato venticinque anni ad ignorare completamente i francesi Morgue, me ne scuso. La band transalpina certo non è tra le più prolifiche del pianeta e poi, a mio discapito, c’è da dire che i nostri si siano presi una pausa di sette anni dalle scene. Comunque, quello di oggi, ‘Lowest Depths of Misery’, è il loro quarto album, il primo rilasciato per la Godz ov War Productions. La proposta del duo dell’Occitania, che abbiamo avuto modo di recensire anche sotto il moniker di Corrupter, è all’insegna di un death grind senza troppi fronzoli, in grado di radere al suolo tutto ciò che gli si pari davanti. Certo, non è tutto estremismo sonoro quello che ci capita tra capo e collo, visto che dopo il caustico inizio affidato a “Transcend the Acheron”, ci imbattiamo in una più doomish e sofferente “Polar Aftermath”, che non si fa mancare ovviamente delle acuminate ritmiche incandescenti, cosi come ascoltato nella opening track. Quello dei Morgue non sarà certo un album innovativo, riuscirci in questo ambito avrebbe ormai del miracoloso, però è un disco che si lascia ascoltare soprattutto da chi ama band in stile Anaal Nathrakh o Disfear. Sia chiaro, non c’è una sola nota in questo disco che non avrete già sentito in una moltitudine di altri dischi. E allora meglio far finta di niente, lasciarsi imbrigliare dagli estremismi sonici delle più brevi (sotto i tre minuti) “That Which Does Not Live” e “Hug and a Stab in the Back”o farsi maciullare dal mortifero sound di “Safe in Gods Care”. Sappiate che da qualunque lato inizierete ad ascoltare questo disco, ne uscirete comunque con le ossa rotte. Segnalazione infine per la partecipazione come guest star di Meyhna'ch alla voce e un ultimo plauso per la morbosa copertina di Paolo Girardi, la sola solida conferma nell’inflazionato mondo underground. (Francesco Scarci)