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sabato 23 aprile 2022

Agro - Ritual 6

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Thrash/Death
È la seconda volta nella mia lunga carriera di scribacchino che mi trovo a recensire una band proveniente dal Sud Africa, la prima fu con i The Ocean Doesn't Want Me. No, per favore non aspettatevi cinque uomini di colore che impugnano i loro strumenti e mettono a ferro e fuoco i palchi di tutto il mondo, gli Agro infatti (peraltro mai nome fu più brutto) fanno parte degli africani bianchi. A parte queste divagazioni etniche, 'Ritual 6' rappresenta addirittura il sesto lavoro (ad oggi sono otto) per il quintetto di Johannesburg: la band gode di una certa notorietà in patria che li ha visti suonare un po’ ovunque nei vari club, in tour con i Mortification nei maggiori festival del Sud Africa e Botswana, portandoli a vendere ben 10.000 copie solo nel loro paese. Dopo la parentesi questa volta geografica, veniamo alla musica dei nostri: diciamo subito che non siamo di fronte a nulla d’innovativo (quando mai), infatti il combo africano suona un thrash/death di discreta fattura, caratterizzato da riff di chitarra un po’ grossolani, sui quali si immettono piacevoli inserti tastieristici che dovrebbero stemperare l’arroganza delle ritmiche e il cantato growling di Cliff Crabb. Se vogliamo fare un paragone con una qualche band famosa, potrei immaginare la musica degli Agro come un ipotetico mix tra Pantera e Crematory, non disdegnando qualche puntatine in territorio Machine Head o Nevermore. Se non avessi saputo che l’album in questione fosse il sesto per la band, avrei creduto fosse il loro esordio, perchè ancora molte sono le sbavature soprattutto in ambito esecutivo; qualche buon’idea c’è anche nei 55 minuti che costituiscono l’album: "B.df.p." non è una song malvagia, ha delle valide soluzioni musicali, c’è soltanto da lavorare qua e là per limare le innumerevoli imperfezioni e “grezzure” che contraddistinguono questo lavoro. Con calma, non c’è fretta, intanto una sufficienza risicata, i nostri cinque sud africani se la portano a casa, in attesa di tempi migliori. (Francesco Scarci)

(Armageddon Music - 2006)
Voto: 60

https://www.facebook.com/agroband

Gong Wah - A Second

#PER CHI AMA: Psych/Post Punk/Indie
Li abbiamo apprezzati un anno e mezzo fa quando i nostri uscivano con il loro album omonimo. Tornano oggi i tedeschi Gong Wah, forti di un nuovo lavoro all'insegna di quelle sonorità kraut rock, elettronica e fuzzwave che avevamo avuto modo di apprezzare nel debut. 'A Second' segna il passo del secondo capitolo per la band di Colonia che vede ancora l'evocativa voce di Inga Nelke dominare il palco. E la proposta dei Gong Wah la si apprezza sin dall'opener, cosi gonfia, cosi melodica e trascinante. "Heartache Jean" corre che è un piacere e noi con la fantasia proviamo a starle dietro. "The Well" nel suo incedere pop rock ci porta nel mondo fatato dei Gong Wah, dove il basso magnetico di Giso Simon si unisce al fare seducente di Inga. Le percussioni darkeggianti di Nima Davari aprono "Consolation", una danza ipnotica che non potrà non coinvolgervi nel suo mood non troppo distante pure dallo shoegaze, in un brano che ha una progressione splendida e violenta, che la identificherà alla fine di questo viaggio, tra i miei brani preferiti del lotto. Sofferenza pura per la minimalista "Baby, Won't You Come Along", tiepida e inconsistente però nelle sue zaffate droniche. Più votata al post punk con venature elettroniche invece "Paint My Soul", ancora una volta coinvolgente nelle sue note quasi danzerecce, con la voce di Inga qui sopra gli scudi. E si arriva al momento del pezzo più lungo e strutturato del disco, "One Fine Day", otto minuti di commistioni sonore tra elettronica minimalistica, IDM, kraut rock e qualche ulteriore sfumatura che solo ripetuti ascolti potrebbero palesare. Ma questo è un altro pezzo favoloso di questo 'A Second', un disco in grado di celare ancora piccole perle tipo l'irruenta e sbarazzina "The Violet Room Track". Più ritmata invece "This Life", ed è in questo genere di brani che vedo più "normalità" nella proposta dei nostri, anche se, ancora una volta la voce suadente di Inga, ravviva un po' il tutto. In chiusura la ninna nanna affidata a "A Head Is Not A Home", una ballata che chiude questo stimolante e sperimentale lavoro dei Gong Wah. (Francesco Scarci)

(Tonzonen Records - 2022)
Voto: 76

https://gongwah.bandcamp.com/album/a-second

lunedì 18 aprile 2022

Fooks Nihil - Tranquillity

#PER CHI AMA: Vintage Rock/Psichedelia
Recensiti dal buon Bob Stoner un paio di anni fa col disco di debutto omonimo, tornano in sella i teutonici Fooks Nihil e il loro sound iper vintage che ci porta a cavallo tra gli anni '60 e '70 con un sound che potrebbe fare da colonna sonora a "Sulle Strade della California" o "Le Strade di San Francisco", due telefilm di metà anni '70. Perchè questo pensiero? Ho immaginato una visione dronica della West Coast, delle sue strade e delle sue spiagge, e in sottofondo questi psichedelici brani che a partire dalla bluesy "Lovely Girl", cosi ammiccante i Buffalo Springfield, si muovono lungo gli undici brani di 'Tranquillity', evocando qua e là anche Crosby Stills & Nash e soprattutto i The Byrds, letteralmente proiettandoci indietro nel tempo di cinquant'anni. Quello dei Fooks Nihil non sembra assolutamente un album concepito oggi, ma sembra tuttavia una raccolta di inediti di alcune delle band sopraccitate. Se vi piacciono questo genere di sonorità, che chiamano in causa anche i Beatles ("Mangalitza") e gli Eagles ("C.A. Walking"), non potrete farvi mancare l'ascolto di questo lavoro decisamente old style. Il mio brano preferito? Non ho alcun dubbio, "Elain", con quel suo mood alla Bob Dylan e quell'assolo conclusivo da urlo. Menzione conclusiva per "Pictures of You", un brano dal rilassatissimo e forte "sabor latino" che incanta per quel suo scherzoso fare che mi ha evocato "Piranha" di Afric Simon. Si insomma, non propriamente un album da Pozzo dei Dannati, ma per una serata in allegria, 'Tranquillity' può andare alla grande. (Francesco Scarci)

Slayer - Repentless

#PER CHI AMA: Thrash/Speed
Nonostante gli avvicendamenti significativi (la sostituzione di Lombardo con un oplita che prende il nome di Paul Bostpah; il decesso del chitarrista Jeff Hanneman, si dice, per le complicazioni conseguite al morso di un ragno; un nuovo produttore e infine pure una nuova label), i maniscalchi del chainsaw-metal riuscirono a mettere insieme il consueto crogiolo di apocalisse, disperazione, superominismo ("Inject the system with something new / A social terror to lead the few...") e randellate sul muso transitando con coraggio e disinvoltura dal thrash-con-parecchio-speed-e-un-po'-meno-sludge di "Repentless" al thrash-con-parecchio-sludge-e-un-po'-meno-speed di "When the Stilness Comes". L'obiettivo di quest'ultimo album era dichiaratamente quello di gettarsi dietro le spalle certe recenti ingiustificabili nu-merdate per tuffarsi di nuovo tra le ascelle pelose e discutibilmente nettate appartenenti a orde di patetici veterometalloni tutt'ora piagnucolanti sul vinile di 'Reign in Blood'. Strano che nessuno abbia avvistato Rick Rubin nei paraggi. Molto strano. (Alberto Calorosi)

(Nuclear Blast - 2015)
Voto: 72

https://www.slayer.net/

Immortal - Sons of Northern Darkness

FOR FANS OF: Black Metal
I hear no flaws on this entire album. They were sticking with the blackened metal in the black metal genre. The main this is the thrash-filled guitars with the dark atmosphere. Just taking note of this and it being 20 years old I'm that behind! Though I'm not far behind in the Immortal discography except for this one. Sucks that their status now is "disputed" though I did like 'Northern Chaos Gods'. Maybe their status will change but Abbath is gone doing his own work in his project. Curious to hear what his follow-up from 'Outstrider' will be. The groundwork was laid with Immortal now he's done with this band.

All the tracks were good that crunch tone on the guitars is so Immortal-esque. That was probably date back to 'Blizzard Beasts'. But this production was quite good and everyone did a great job with this one. Totally "them" and this is when Iscariah was on bass. He didn't last too long with the band but he did well on the bass duties. Tempos by Abbath were varied but nevertheless solid! He's who made Immortal who they are Demonaz on 'Northern Chaos Gods' made a good effort though. I still think that 'At the Heart of Winter' is one of their tops despite some flaws in the guitars and production. The riffs were great!

On here, since the production was awesome it made the music way electric and more than tolerable. If Immortal never lifts their status, 'Northern Chaos Gods' is a good good-bye from the band to fans. I don't want to close the door yet, but I'm going to seemingly have to. Abbath has moved on with no real intentions of getting back together with the band. He had a good career with them and on here the riffs are amazing that thereof. And the vocals in a realm of their own. Tough album here to duplicate and they've yet to do so. The only things that I'd change are some of the lead guitar work. The rhythms, sure are solid. Just the leads.

From overlooking this one for 20 years, I'm glad that it's a part of my collection. I'm sure Immortal fans HAVE NOT overlooked this one. It's filled with all sorts of good songwriting. And a perfect score it was well deserved of. All the way, good music. These guys in their day tore it up. 'All Shall Fall' and 'Damned In Black' a few others that were good besides my favorite which I mentioned that being 'At the Heart of Winter'. Just expect top notch playing on here with variety as such it portrayed as well. Don't wait any longer if you have this album is one that is a great in its own! (Death8699)

(Nuclear Blast - 2002)
Score: 90

https://www.immortalofficial.com/

Glasgow Coma Scale - Sirens

#PER CHI AMA: Kraut/Post Rock
Terzo lavoro per i Glasgow Coma Scale, band originaria di Francoforte con un nome dal moniker alquanto strano, poiché il suo significato lo possiamo trovare nel fatto che, la scala di Glasgow, sia una scala di valutazione neurologica utilizzata dai medici per tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato di un paziente in coma. All'ascolto della loro musica direi che si percepisce bene il perchè di tale nome, visto che per certi aspetti il loro sound avvolge completamente l'ascoltatore e come buon album di musica postrock strumentale predilige l'uso di parti emozionali, composizioni colme di atmosfere cristalline, magiche,ed introspettive. Giocato su continui intrecci chitarristici che caratterizzano oggi più che mai il suono della band tedesca, di fronte ad una struttura compositiva consolidata, che tende ad evolversi verso i lidi cosmici di certe creazioni dei 35007, l'intero album è omologato su di una costante lunghezza d'onda, in modo da sostenere un perfetto filo conduttore musicale e permettere così a chi ascolta di addentrarsi in lunghi viaggi sonori pieni di luci e colori, ma anche di melodie più cupe e talvolta, esplosioni di natura quasi prog metal ("Magik"). Il disco è complesso, a volte mi sembra quasi di sentire una versione più soft dei The Fine Costant, con meno ossessione verso il virtuosismo. Qui il suono così preciso e puntiglioso mi rimanda al progetto di Sarah Longfield, ma anche agli Airbag, se solo fossero un combo strumentale. Le canzoni sono tutte piuttosto lunghe come del resto l'intero album, la produzione è molto buona e l'ascolto è, come di consuetudine per la band teutonica, piacevole, fluido e sempre interessante. Rock indipendente prevalentemente d'atmosfera quindi, con puntate nel prog di casa Marillion unite a certe intuizioni musicali dei Laura, come l'intro di "Underskin", che con l'aiuto di tastiere e programmazione (bello il trucchetto del togli corrente al brano con ripresa al minuto 2:13), che assieme alla strumentazione classica del mondo del rock, permettono di ottenere un mood complessivo d'impatto emotivo costante, omogeneo e coinvolgente. "Underskin" è forse la traccia più rappresentativa della loro visione artistica che tende a non essere mai pesante, anzi, si evolve in soluzioni di continua espansione, e questo richiede un ascolto molto certosino, per cogliere tutti gli aspetti di forma e cura che stanno dietro a questo ottimo progetto nato nel 2014. Ottimo il finale affidato alla title track che coglie un bel rimando a certe cose dei Pink Floyd più recenti. In un mondo, quello del post rock, dove è sempre più difficile ritagliarsi uno spazio di vera originalità, i Glasgow Coma Scale riescono a trovare una propria vena identificativa, lavorando molto bene su di una formula che da tempo sperimentano, fatta di fine equilibrio tra gli strumenti e gli spostamenti sonori continui che si snodano in forma naturale in elaborate composizioni, ricche e piene di pathos che si fanno subito apprezzare. Disco intenso, da ascoltare con attenzione e tranquillità. (Bob Stoner)

Varathron - The Lament of Gods

#FOR FANS OF: Hellenic Black
The Hellenic scene is one that I truly love to revisit when it's possible, especially if we are talking about one of the big ones of that scene. I reckon that every fan of black metal knows Varathron, as they are considered one of the most classic acts of the extreme metal scene of their country, alongside with Rotting Christ and Septic Flesh. Varathron was founded in Athens in 1989, and as you may expect several line-up changes has occurred since the band inception. Stefan Necroabyssious is the sole original member remained, nowadays accompanied by other four musicians who can also be considered long-time members, as the majority of changes were made in the '90s. The band carved its legendary status with its seminal albums 'His Majesty at the Swamp' and 'Walpurginacht', although they haven´t been particularly prolific releasing full lengths, as they have taken long periods of time between some of the albums. In any case, the wait between those albums were eased with the release of some splits, compilations, and for example an EP called 'The Laments of Gods', which is the effort I am to review today.

'Laments of Gods' was originally released in 1999, during the longer period of time without a new album from Varathron, that lasted nearly a decade. This EP consists of four new tracks and a Merciful Fate cover. What we can find here is the personal sound of this band quite well-represented, with a generous dose of keyboards. It doesn’t reach the level of excellence of the previous albums, but in terms of quality, it is a very enjoyable work. Varathron’s vision of black metal here is the one we can expect from the Hellenic scene, creating songs which combine the rawness of the genre with the trademark strong melodic sense of the Greek scene. With Varathron, the melodic tone is reinforced by the presence of a permanent keyboard player at that time, whose instrument is quite present through the whole EP, and gives a baroque touch to the band’s music. Just give a listen to the beautiful track "Beyond the Grave", where the synths and pianos play a major role with some excellent melodies, combined with Stefan’s raspy vocals and a solid rhythmic base. Even though, as mentioned, the keys are the leaders by far making this song a quite symphonic influenced one. In any case, I like how the guitars, with their rough tone, and the ripped vocals, make a great contrast with the most atmospheric tone of the song. In general terms, the rest of the songs also have a quite strong melodic touch. The keys are generally present, but the balance between the guitars and the keys is more equal. The riffing is more present as you can notice in the EP opener "Fire Spell-Forbidden Lust", where the pace is mainly focused on the mid-tempo rhythm, with even some slow passages at times. The idea is to focus on creating songs where the riffs and the keys have room to create good melodies without having to focus on speed and brutality. The second song "Warrior’s Nightmare" is a bit heavier and probably the hardest one of this EP. The song has a more impetuous touch with even slight moments of a speedier pace, but without quitting from the general tone of this work. The aforementioned rough toned guitars have this time the main role with a greater margin, being the keys in this case almost absent. The recent re-release of this EP, made by Vic Records, comes with three extra songs form the 1997's demo 'Sarmutius Pegoru', which is a great addition.

In conclusion, 'Laments of Gods' is not a masterpiece, but a quite good work with a bunch of songs that every fan of Hellenic black metal should enjoy. (Alain González Artola)


venerdì 15 aprile 2022

TesseracT - Regrowth

#PER CHI AMA: Djent
La guerra scatenata dalla Russia in Ucraina spaventa il mondo. Le iniziative a sostegno dell'Ucraina però si stanno moltiplicando a vista d'occhio, anche in ambito musicale. Gli ultimi a darne esempio sono i TesseracT che hanno annunciato l'uscita di 'Regrowth', uno speciale "double A-side", come da loro definito, per raccogliere fondi per aiutare la gente ucraina e non solo, anche altre crisi umanitarie in giro per il mondo. E allora, anche se i brani sono solo due, ma è in arrivo un nuovo full length da parte dell'act inglese non temete, perchè non dare intanto una mano, contribuendo al sostegno della causa, e nel frattempo vi godrete un paio di pezzi nuovi in classico TesseracT style, ossia un djent di buonissima fattura, il cantato inconfondibile di Dan Tompkin, quel basso tonante scatenato in "Hollow" che avevo amato fin dal debut 'One', e quelle chitarre liquido-eteree che si palesano in "Rebirth". I TesseracT rimangono dei fighi, una versione decisamente più catchy dei Meshuggah, ma comunqueuna band che oltre ad essere fenomenale musicalmente parlando, ora si conferma anche estremamente intelligente. Ma non ne avevo dubbi. (Francesco Scarci)