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domenica 1 settembre 2013

Anthologies - Alpha

#PER CHI AMA: Gothic Doom, Paradise Lost
Formatisi nel 2008 a Novara per mano di Alessandro Schumperlin e Silvia Gadina, gli Anthologies producono finalmente dopo quattro anni il loro primo album, tendente ae sonorità gothic con una spruzzata di doom metal (anziché restare ancorati alla loro passione per il folk metal). In così poco tempo hanno già raggiunto 600 contatti su facebook e sono stati chiamati, come supporting act, dalle maggiori band di folk metal internazionale come Finntroll, Alestrom ed Eluveite. Si parte con “Baba Yaga” graffiante ed incisiva, con un’aura oscura che permane durante tutto il brano e prosegue in “My Card”, più trasformista a seconda delle diverse influenze che impattano sul gruppo (vedasi Type O Negative, Paradise Lost, Opeth, Moonspell e tanti altri). La vena più “sperimentale”, se così si può definire, la si trova in “No Brain”: qui si passa dal death (ma solo a causa del growling) al doom, attraverso note folk, rendendo il tutto un curioso ed apprezzabile brano. “Betray Me” invece viene investito da un'aria più thrash oriented, dove le chitarre sono lasciate completamente libere di percorrere tutta la scala musicale; situazione opposta invece per “One of these Days”, così soffocante ed opprimente grazie anche ad una batteria rallentata e alle corde suonate in modo da ottenere note basse e gravi. Giusto per rinfrancare un po’ lo spirito, l’eterea e soave “Leaves in the Fog” placa gli animi, grazie anche al tamburello e alla chitarra classica. Si chiude il tutto con la cover degli Rose, Rovine e Amanti, "Paura del Demonio”, anima folk riletta in chiave doom acustico che chiude questa prima fatica dell'ensemble tutto italiano, composto, oltre ai sopraccitati Alessandro Schumperlin e Silvia Gadina, anche da Fabrizio Amampane, Samuele Marchi ed Andrea Ferrari. Devo ammettere che questo quintetto colpisce dritto al cuore, rivelandosi alla fine una sorpresa piacevole, forse un po’ ruvida e grezza, ma dal forte potenziale. Non ci resta che tenerli d’occhio, in attesa che esca un nuovo lavoro. (Samantha Pigozzo)

The Pit Tips

Filippo Zanotti

The Ocean - Pelagial
De Arma - Lost, Alien and Forlorn
Àrsaidh - Roots
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Francesco “Franz” Scarci

Chthonic - Bù Tik
Majalis - Cathodic Black
My Dying Bride - The Manuscript
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Bob Stoner

Chthonic - Takasago Army
To Mera - Exile
Dir En Grey - The Unraveling
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Michele “Mik” Montanari


Davide Vettori - Visione Cosmetica
White Lies - Big TV

Fangs of the Molossus - Mp3 from Internet
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Kent

Tchaikovsky - Symphony No. 4
Lifelover - Pulver
Ulver - Perdition City
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Roberto "Godtech" Alba

Carcass - Surgical Steel
Watain - The Wild Hunt
Witherscape - The Inheritance

sabato 31 agosto 2013

Autism - The Crawling Chaos

#PER CHI AMA: Post-metal, Post-rock strumentale, Cult Of Luna
Non è una novità, per le band ascrivibili al genere post-qualcosa-strumentale, usare spoken words qua e là nel disco. Ma l'idea degli Autism per questo concept è davvero efficace: la voce narrante, dalla prima all'ultima delle sette canzoni che compongono il disco, legge frammenti del racconto "The Crawling Chaos" del compianto Howard Phillips Lovecraft. La musica diventa quindi colonna sonora perfettamente integrata nella lettura del racconto e il lavoro si trasforma in una sorta di audiolibro musicale, dove parole e suoni contribuiscono a creare un'atmosfera oscura e surreale. Le coordinate musicali di "The Crawling Chaos" non sono nulla di originale, anzi, peccano spesso di ripetitività: le chitarre comandano e guidano tutti gli strumenti, costruendo architetture decisamente metal – senza tralasciare inserti più prog ("Maelstrom", "Concealment"), parecchi spazi melodici più vicini al post-rock ("Radiant Waters") e sperimentazioni sonore interessanti ("Savant Syndrome"). Su questo tessuto si intreccia una sezione ritmica non indimenticabile che, tuttavia, risulta più che sufficiente all'economia del disco – nulla di suonato, intendiamoci: Autism è in realtà un solo project di un musicista lituano, costruito con chitarre e Protools. Se fosse tutto qui, "The Crawling Chaos" sarebbe un disco non certo epico, ma sicuramente più che presentabile. C'è però un problema: come dichiarato dallo stesso Autism in più di una intervista, "non importa che ogni nota sia perfetta. Se c'è un piccolo errore, lo lascio. Questi errori aggiungono un elemento umano". Verissimo. Ma quasi tutto il disco pecca di timing, soprattutto nella prima parte: le chitarre sono sempre appena troppo avanti o appena troppo indietro rispetto al click, creando spesso un tremendo effetto rimbalzo che non può non infastidire un ascoltatore medio. Considerato che il disco è costruito in digitale, un errore del genere è davvero gravissimo. Un peccato, perché le idee ci sono, così come la tecnica sufficiente a realizzarle: sarebbero bastati una cura maggiore e un piccolo lavoro di rifinitura per ottenere un disco molto migliore. (Stefano Torregrossa)

(Self - 2012)
Voto: 55

http://autism.bandcamp.com/

In the Guise of Men - Ink

#PER CHI AMA: PER CHI AMA: Math, Djent, Periphery, Killswitch Engage, Meshuggah
I quattro francesi dietro al moniker In the Guise of Men devono essere dei dannati perfezionisti: attivi dal 2005, dopo un demo del 2006 sono stati in silenzio per quasi sei anni prima di sfornare l'EP "Ink", sei tracce che sembrano muoversi nelle coordinate del nuovo metal tardo-adolescenziale e cerebrale stile Periphery, Killswitch Engage e compagnia. C'è però un problema di aspettative, se vogliamo, o forse di maturità della band. Ascoltate il primo minuto di "Suicide Shop", l'opening track: pura follia matematica, cassa e riffing pressanti, un cantato potente e non scontato – tutti presupposti per un gran disco. Ecco, non fatevi troppe illusioni: a parte la bella "Drowner", i bridge di "Dog to Man Transposition" e qualche passaggio in "Blue Lethe", il resto del disco è un pastone poco chiaro di melodie banali e riff che dimenticherete prestissimo. L'impressione generale è che nelle parti strumentali la scrittura sia più libera e incisiva, ma quando si tratta di costruire un tessuto di base per la voce, gli In the Guise of Men mollino un po' la corda. Non ho sentito nulla di memorabile se non – purtroppo – dei ritornelli talmente pop da lasciarmi senza parole; e se pure la voce è potente e urlata per almeno metà disco, continua troppo spesso a ricadere nella melodia poco originale, di quelle che ai concerti fanno venire voglia di sventolare un accendino sopra la testa. C'è del buono, intendiamoci, considerato che è di fatto il primo disco della band e che, probabilmente, il margine di miglioramento è ancora tanto. Se siete alle prime armi col math, può essere un disco interessante: ma se avete già ascoltato abbastanza poliritmi nella vostra vita, Ink non durerà molto nel vostro lettore cd.(Stefano Torregrossa)

(Dooweet Records - 2013)
Voto: 60

http://www.intheguiseofmen.com/

After All - This Violent Decline

BACK IN TIME:

#PER CHI AMA: Thrash, Xentrix, Anacrusis, Exodus
Dopo il mediocre “The Vermin Breed” (già stroncato dal sottoscritto), i belgi After All ci riprovano con il loro thrash metal influenzato dai mitici anni ’80. A differenza del precedente disco, il sound di “This Violent Decline” si è parzialmente irrobustito, mantenendo comunque come solida base di partenza lo stile proposto dai mitici Exodus e dalle altre band dell’area di San Francisco. La produzione di Fredrik Nordstrom (In Flames, Arch Enemy, Soilwork) ai mitici Fredman Studios di Gotheborg, ha giovato parecchio al sound della band mitteleuropea rendendo i brani più potenti e compatti, dodici nuovi pezzi con cui gli After All cercano di colpirci al costato. I ragazzi parzialmente riescono anche nel loro intento, sparandoci in faccia vincenti riffs heavy thrash, rasoiate laceranti degli axemen che risultano preparati sia in fase solistica che ritmica, cavalcate che richiamano gli album anni ’80 di Metallica e Testament e gli immancabili chorus alla Anacrusis o Xentrix. Il gruppo cerca anche di inserire alcune melodie squisitamente catchy nella propria musica, per non apparire alla fine del tutto insipidi e passare inosservati ai più. Diciamo che la sufficienza la raggiungono, anche se la performance del vocalist risulta ancora poco convincente; inoltre si tratta di musica che come al solito ha ben poco da dire, vista comunque la pochezza di idee e originalità spese. Il disco comprende anche la traccia video di “Frozen Skin”. Alla fine, “This Violent Decline” è un album di thrash metal anni ’80, riletto in chiave moderna, quindi chi è appassionato di questo genere, un ascolto lo dia pure. Gli altri, si vadano a sentire gli originali, molto meglio... (Francesco Scarci)

(Dockyard I)
Voto: 60

http://www.afterall.be/

Revenance - Omen of Tragedy

BACK IN TIME:

#PER CHI AMA: Brutal Death
No, no e ancora no... mi rifiuto di recensire una tale porcheria!!! Cinque ragazzotti che vomitano nei microfoni, strapazzano i loro strumenti, facendo uscire solo dei suoni brutali in linea con la peggior tradizione brutal statunitense. Il quintetto di New York City ci sputa addosso dieci tracce di pessimo brutal death metal, tra il più putrido mai sentito negli ultimi tempi. Di certo non coadiuvati da una buona produzione, il sound dei Revenance è un attacco ferale ai nostri pochi sopravissuti neuroni cerebrali: chitarre marcissime, blast beat, voci in acido miscelate a grugniti dall’oltretomba, fughe in territori grind e il gioco è presto fatto. Mi stupisce il piacevole assolo della title track, così come pure “Catharcyst”, quinta traccia dell’album, strumentale e completamente arpeggiata, che si differenziano dal resto di questo banale “Omen of Tragedy”. Per il resto è solo noia, con i conclusivi 15 minuti di cicale (si avete capito proprio bene, sto parlando del verso della cicala) a prenderci per il culo, con questo orrido disco... L’edizione limitata (fortunatamente 500 sole copie) include anche un poster e qualche adesivo. Catastrofici... da allora infatti (era il 2006) solo silenzio. (Francesco Scarci)

(Permeated Records - 2006)
Voto: 45

http://www.purevolume.com/revenance

Siva Six - Rise New Flesh

BACK IN TIME:

#PER CHI AMA: EBM, Industrial, Electro Music
La sorte di questo duo greco sembra già essere scritta. L'interesse che i musicisti di derivazione metal manifestano per il suono "sintetico", è evidente, non viene mai accolta di buon occhio in certi ambiti della musica elettronica. Per questo "Rise New Flesh" è stato probabilmente snobbato o guardato con molta indifferenza dal pubblico a cui si è rivolto Ma chi sono questi due "metallari" dalle velleità elettronico-industriali? Presto detto: il tastierista Noid è stato per ben sette anni un membro attivo della black metal band Rotting Christ, mentre Z (alla voce) ha fatto parte per dieci anni degli altrettanto famosi Septic Flesh, formazione death/gothic greca dalle grandi potenzialità. Un curriculum di tutto rispetto, ma anche una pesante zavorra che i Siva Six si portano appresso. Inevitabilmente. Dovendo esprimere il mio parere, posso dirvi che "Rise New Flesh" è un lavoro valido sotto molteplici aspetti. Innanzitutto il gruppo si è cimentato in una sorta di "harsh-EBM" che riesce a demolire senza mai annoiare, creando la giusta amalgama tra la staticità della battuta che il genere impone e un lavoro di tastiere complesso e assolutamente mai banale. Non c'è dubbio che i Siva Six abbiano molto da insegnare in termini di composizione ed è sufficiente soffermarsi sui grandiosi intrecci apocalittico-orchestrali di "Nihil Before Me" e "Nexus 6" per accertarsene. Efficace anche la prova vocale di Z, che si affranca dal timbro esageratamente artefatto oggi tanto in voga e opta invece per un approccio ben più crudo e diretto (suppongo ispirandosi ai Nitzer Ebb). Di certo non siamo di fronte ad un lavoro imprescindibile, ma brani come "Streetcleaner" o "Awayk" sono mazzate EBM che non potranno lasciarvi indifferenti, se in questa musica ricercate soluzioni violente e intelligenti allo stesso tempo. (Roberto Alba)

(Decadance Records - 2005)
Voto: 70

http://www.lastfm.it/music/Siva+Six/Rise+New+Flesh

Die Apokalyptischen Reiter - All You Need Is Love

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Death dalle tinte sinfoniche e avanguardistiche 
Dodici le tracce che compongono il terzo album di questi quattro pazzoidi tedeschi! Fautori di un sound affascinante quanto strano a definirsi. Reiter metal dicono loro, coniando un genere che si basa su potenza, emotività,buoni riffs e grandi melodie! “Liched by the Tongues of Pride” apre il disco con un assalto frontale di black-death metal con timbri vocali tanto cari ai grandi Obituary. Per poi proporre un doom molto ispirato, dalle venature gotiche e con tastiere in primo piano. “…Erhelle Meinhe Seele” è epica e melodica. Un alternarsi di timbri vocali sempre azzeccatissimi, accompagnati da chitarre molto compatte ed evocative. La follia di "Geopfert" in cui break improvvisi di piano esplodono in mazzate thrash dalla voce urlata oppure le cavalcate di piano e chitarra in “Die Schoneith….”, uno tra i pezzi più interessanti. Questi brani rivelano una vena creativa originale e mai scontata tesa ad unire melodia e rabbia! Se contiamo poi che a farcire il tutto ci siano anche fisarmoniche, violini e il cantato venga proposto in varie lingue, dall’inglese al tedesco, non posso che consigliarvi questo lavoro e aggiungerlo nella lista di uno dei prodotti più interessanti di inizio millenio! 

(Hammerheart Rec. – 2000)
Voto: 85