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domenica 7 luglio 2013

Kurgaall - Summi Verbi Lucifer

#PER CHI AMA: Black Metal, Dark Funeral, Setherial
Non eccessivamente entusismante questo debut album dei Kurgaall, gruppo black metal proveniente da Verbania. Già dall'estenuante "Intro" formata da cori monastici, esclamazioni sessuali, scontri a fuoco, si colgono gli "originali" argomenti del gruppo piemontese. "War Of Satan" annoia dopo uno scossone iniziale preso grazie all'intro soporifera e preannuncia la struttura del disco, ovvero tremolo picking basilari, scream mediocre e batteria monotematica. Risollevare minimamente la prima parte della release è compito arduo affidato a "Evocation 1.39" e "The Ritual", che dimostrano una composizione non eccessivamente fallimentare, mentre le tracce seguenti si alternano tra momenti alquanto piatti ed altri sulla media come la title-track. Poco da dire, il problema fondamentale di quest'album è l'ostentata ripetitività e la mancanza di sostanza, tanto volume e tanta velocità ma pochissima struttura compositiva. Nonostante la notevole prestanza strumentale della band, ci si ritrova sempre ad ascoltare le stesse identiche cose, il che denota una basilare mancanza d'idee e di personalità. Impegnarsi di più, potrebbe portare a risultati decisamente migliori! (Kent)

(Lo-Fi Creatures)
Voto: 50

https://www.facebook.com/KURGAALL

Deportivo LaBonissima - Motel Core

#PER CHI AMA: Nu Metal
Quando mi giunse tra le mani "Motel Core" dei piacentini Deportivo LaBonissima non nascondo che ho impiegato svariati minuti a capire come si accedeva al disco. Difatti il packaging è molto originale in quanto consiste in un quattro lati cartonati attaccati che vanno a formare un parallelepipedo, dove nei due lati due esterni è presente l'artwork di facciata, negli altri due i credits e all'interno un panoramica in 3D di una stanza del "Motel Core", presumibilmente. All'interno dei due lati paralleli si nasconde in una il disco e nell'altra un pieghevole con i testi e delle lenti bicolor per ammirare l'interno. La musica è principalmente un nu metal classico cantato in italiano con testi che riflettono il degrado della vita moderna ("A Cena Con Bukowski", "A Gonfie Vele"), l'alienazione dell'uomo ("L'Imprecario", "La Classe Operaia è già in Paradiso"), ed altri temi che hanno da sempre toccato i classici desideri dell'uomo, legato principalmente alla cultura capitalistica; le tracce presentano influenze provenienti anche dall'industrial, come basi e sintetizzatori, in primis ne "La Vendetta Del Koala". Riassumento, questo disco è una pubblicazione molto buona, con suoni perfetti, parti strumentali lontane dalla ripetizione e groove non troppo opprimenti e stancanti; una cosa che ad alcuni ascoltatori potrebbe non piacere è la voce a tratti troppo "gentile" per i temi trattati e che predilige più la melodia che la rabbia, cosa però che aumenta notevolmente con il tono del disco e ne denota la sua completa versatilità e preparazione. L'unico punto che a me non è piaciuto particolarmente di questo album è il poco spazio lasciato agli strumenti, a mio parere incapaci di sfogarsi a causa di un cantato dispotico che alla fine monopolizzerà tutto il minutaggio. (Kent)

(Eppur Si Muove Produzioni)
Voto: 75

https://www.facebook.com/pages/Deportivo-Lb/44172874219

sabato 6 luglio 2013

Waves of Mercury - The Great Darkness

#PER CHI AMA: Progressive Rock
Dopo aver recensito l'anno scorso il discreto "The Letter", ora tocca alla vecchia fatica dei WoM (Waves of Mercury). Al di là di aver recensito i cd in ordine casuale, il che mi ha creato parecchio scompiglio, quello che conta è la musica. "The Great Darkness" è puro progressive metal/rock che mostra un discreto lavoro, ma che soffre dell'immaturità di alcune scelte sonore e compositive. Le sonorità sono semplici, pochi effetti e la registrazione in generale è realistica, senza fronzoli. Dopotutto investire un pacco di soldi per poi convertire in mp3 e ascoltare tramite auricolari da due soldi, non vale molto la pena. Il cd apre con "Memory of the Sea" che dopo una breve intro di arpeggio pulito che poi si conferma come tema di tutto il pezzo. Il basso fretless subentra subito per sostenere la lenta ballata, insieme alla batteria e alla voce maschile. Quest'ultima ha un bel timbro che riesce a giocare bene nelle tonalità medio-basse, perfette per creare comunque un'atmosfera dark e introspettiva. I brevi giochi strumentali che rompono il brano riescono a non far diventare tragico il tutto. Il secondo pezzo che da il titolo all'album è una lunga (sette minuti) sperimentazione di stili perchè si passa dal prog puro con cantato growl (inascoltabile) ad un rock ambient meno incisivo. Tutto questo viene mescolato in diverse maniere, fino a confondere l'ascoltatore che perde subito l'orientamento. "Eye of Every Storm" è un pezzo preannuncia lo stile del cd successivo, più melodico e introspettivo, malinconia che serpeggia tra i vari accordi e il cantato che cerca di sostenere il tutto ma otto minuti e mezzo sono tanti per non annoiare. L'entrata delle chitarre distorte e alcuni cambi di ritmo stile doom sono disseminati qua e là, un pò a caso e un pò per necessità di alleviare le sofferenze dell'ascoltatore che senza colpa si ritrova in un lento vortice. Il cd chiude ufficialmente con "Trembling Hands" dove arpeggi puliti di chitarra stile Scorpions e mellotron la fanno da padrona per i primi quattro minuti per poi lasciare spazio a suoni più prog che lanciano il brano verso l'alto, con poco cantato a sottolineare l'influenza strumentale dei WoM. Pezzo godibile, probabilmente il migliore dal punto di vista degli arrangiamenti e nella scelta oculata dei suoni, come se il gruppo lo preferisse agli altri e quindi ha giovato di maggior impegno. I nostri tre ragazzi di Minneapolis se la cavano, non c'è dubbio, ma dopo questi due cd molto diversi tra loro sono curioso di capire se hanno trovato una loro identità, sempre che la stessero cercando. Vedremo se fra qualche tempo arriverà un nuovo lavoro, al momento il loro sito web non dice nulla, neanche su possibili live. (Michele Montanari) 

(Self)
Voto: 60

The Moth Gatherer – A Bright Celestial Light

#PER CHI AMA: Post Metal/Psichedelia, Yakuza, Neurosis, Cult of Luna
La Agonia record ci ha abituato ad un livello di qualità molto elevato delle sue uscite, variegate e dinamiche, fantasiose e sempre interessanti. La storia non cambia di molto, ascoltando questa band svedese formata dai due musicisti Victor Wegeborn e Alex Stjerlnfeldt. Nati nel 2009, nell'anno a seguire sfornano questo gioiellino dal titolo molto evocativo e dalle sonorità variegate, cristalline e potenti con sfumature nel post rock, quando il campo d'azione è la psichedelia e il post metal/avantgarde/sperimentale, quando si tratta di appesantire e ingrossare il sound. Un miscuglio di emozioni alternate a meraviglia che fonde il sound dei Cult of Luna con i The Ocean più sperimentali, l'avanguardia dei Yakuza senza il sax, il duro impatto dei Tombs e la rarefazione atmosferica dei Red Sparowes. Tutto ruota alla perfezione e ci si nutre di atmosfere estranianti, sognanti ed allo stesso tempo soffocanti, tristemente evocative e pesanti come macigni di ultima scuola Fen. Anche i brani con aperture più veloci godono di egregia genialità e fantasia come l'inizio elettronico di "A Road of Gravel and Skull" che inganna per un attimo l'ascoltatore con un intro che ricorda vagamente l'uso dell'elettronica degli ultimi Bring me the Horizon ma solo per un attimo, perchè il brano poi esplode in una arcigna violenta oscurità che a metà strada, alterna una sospensione sul filo dell'industrial e riparte con un'apertura sludge/ heavy psych/post che ricorda i capisaldi del genere Sleep o certi High on Fire. La voce è potente e malata senza sbavature e perfettamente integrata nel sound, nel lunghissimo secondo brano dal titolo "Intervention" (il nostro preferito), che mostra anche evoluzioni stilistiche sul versante pulito con una esecuzione sgraziata e drammaticamente tesa che potrebbe aprire nuovi orizzonti per il futuro. Il cd mostra suoni di ottima fattura, una bella produzione e si fa notare veramente per un carattere ferreo da accostare a band come Neurosis e Isis. La band ha le idee chiare e stile da vendere, non clona nessun'altra band e fa esplodere la sua originalità in tutte le composizioni sempre di lunga durata, impregnate nel genere e tanto sofisticate. Il brano "The Womb, the Woe, the Woman" tocca vertici altissimi dal sapore gotico, pachidermico e ancestrale, una mistura splendida e policromatica, dieci minuti circa di viaggio musicale dove si toccano lidi impensabili di soffice e lunare psichedelia che a tratti ricordano, seppur in una veste più marcatamente rock, i migliori e notturni Bark Psichosys (quelli del mitico album "Hex" del 1994), per poi scatenarsi in un vortice metallico deflagrante e potentissimo. Alla fine ci rendiamo conto di essere di fronte ad un album dalle caratteristiche straordinarie e ricercatissime e possiamo solo sperare e augurarci che questa band riesca ad espugnare l'olimpo dell' alternative metal internazionale in tempi ridottissimi. Di album così ne abbiamo proprio bisogno! Questa band merita davvero un vasto pubblico! Un album da avere assolutamente!!! (Bob Stoner)

(Agonia Records)
Voto: 80

Izah & Fire Walk With Us - Split EP

#PER CHI AMA: Post Metal, Neurosis
Devo ammettere di sapere ben poco delle due realtà recensite oggi, se non la loro origine, l'Olanda, paese di cui non ricordo però tutta questa tradizione post-metal. Comunque sia, lo split di Izah e Fire Walk with Me, mi da spunto per valutare due interessanti realtà provenienti dalla terra d’Orange. Nella loro song d’apertura, “Antagonized”, gli Izah ci presentano un pezzo che vive di sussulti post-metal alternati a visioni ambient apocalittiche. Ovviamente influenzati dai maestri di sempre, i Neurosis, la band di Tilburg mostra negli undici minuti a propria disposizione, grosse influenze anche di scuola svedese, Cult of Luna. I suoni sono melodici ma di forte impatto, con belle sfuriate death che sopravanzano più sinuosi break strumentali o altri ben più meditativi, con il vocalist Sierk Entius, che si mostra abile sia nella sua veste growl che in quella clean. Con i Fire Walk with Me rimaniamo sempre impastati nei territori melmosi del post/sludge strumentale, anche se il sound della band di Amsterdam risulta meno atmosferico e più crudo di quello dei colleghi, pur essendo meno violento. “Ascent” nel suo avanzare è permeato anche da una certa influenza stoner oltre che dal forte sapore post-rock; un unico appunto è relativo al suono troppo plastificato della batteria, da rivedere. “Bygones” parte invece più criptica, con l’apertura affidata ad un estratto parlato di non so che, che rompe la monotonia dell'assenza di vocals. La musica fluisce poi malinconica e robusta, lungo i suoi sette minuti. E mi ritrovo già alla fine, dopo essermi gustato questo breve split EP, che ha posto principalmente la mia attenzione sugli Izah, band dalle ottime potenzialità future. Da monitorare. (Francesco Scarci)

The Pit Tips

Bob Stoner

The Dillinger Escape Plan - One of Us Is the Killer
Fen - Dustwalker
Sopor Aeternus & The Ensemble of Shadows - Les Fleurs du Mal
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Francesco “Franz” Scarci

Dark Tranquillity - Construct
Aborym - Dirty
Progenie Terrestre Pura - U.M.A.
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Mauro Catena

Shannon Wright - In Film Sound
Arbouretum - Coming Out of the Fog
Dumbsaint - Something That You Feel Will Find Its Own Form
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Samantha Pigozzo

Paradise Lost - Icon
Guano Apes - Walking on a Thin Line
My Dying Bride - Trinity
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Michele “Mik” Montanari

Atoms for Peace - Amok
Black Sabbath - 13
Queens of the Stone Age - Like Clockwork
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Stefano Torregrossa

Black Sabbath - 13
Alice In Chains - The Devil Put Dinosaurs Here
Gojira - L'Enfant Sauvage
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Kent

Enslaved - Below the Lights
Candlemass - Epicus Doomicus Metallicus
Autopsy - Mental Funeral

giovedì 27 giugno 2013

Ancients - Constellation

#PER CHI AMA: Post Rock, *Shels
Vestitevi la pelle di luce. Spogliatevi la pelle al buio. Camminate con me, lentamente, tra questi suoni che possono essere ambivalenti. Essere ricercato sottofondo ad una vostra serata, una di quelle serate con "la musica giusta". Oppure, se ascoltati in solitudine, essere una compagnia accattivante ed inaspettata. "Constellation". Vi invito a fissare la copertina dell'album prima dell'ascolto. Vedrete una galassia immobile percorsa da miriadi di stelle. Ora liberate la musica. Incontrerete suoni mastodontici e poi frammentati, e capillari, e luccicanti, e profumati, infine rilucenti come diamanti grezzi trafitti dal sole, eppure al contempo ripetuti come ombre sovrapposte nella notte. Al primo brano ne segue solamente un secondo scomposto, "Stella Nova", che ci offre due versioni, entrambe da ascoltare. Rimaniamo nell'etere astronomico, che dipana i propri suoni come sospiri alla fine d'una battaglia che rende salvi. Aspettatevi sonoritá modulate sulla luce di un'alba che consola una notte nostalgica di passione che non tornerá. Il mio invito per questo brano, é l'ascolto nella versione acustica. Gli Ancient con questo album ci servono su un piatto argenteo la congiunzione tra cielo e terra, luce e buio, pace e nostalgia. Armatevi di un buon impianto stereo e se siete alla ricerca della quint'essenza dell'anima, respirate lentamente ed ascoltate. (Silvia Comencini)

Deuil - Acceptance / Rebuild

#PER CHI AMA: Blackgaze/Drone, Altar of Plagues
Una busta enigmatica su cui si staglia una corona di spine; all'interno un minimalistico booklet di due pagine, nere. E un cd. Le sue sembianze sembrano quelle di un 45 giri degli anni '70. Due pezzi, "Acceptance" e "Rebuild", che danno appunto il titolo a questo EP di 30 minuti di black oscuro, disperato e malato, partorito dalle menti del trio belga dei Deuil. La musica infine: si presenta ritualistica fin dai primi canti e accordi della prima lunghissima traccia. Palesemente sporcata di influssi drone e sludge, il suo incedere si presenta marziale, mefitico e melmoso, la giusta colonna sonora per un funerale, si il mio. Angosciante. Altre parole non sono spendibili per dare la giusta descrizione del feeling asfissiante emanato da questi due pezzi. "Acceptance" è davvero dura da digerire: il sound mortifero preme forte sul mio sterno, penetrandomi nell'anima, insinuandomi un cosi forte stato di malessere ed insicurezza, da indurmi a prendere una pausa dopo i suoi primi otto cupi minuti di lacerante e desolante disperazione. Il riverbero ridondante delle sue onde, penetrano nella mia mente, la destabilizzano, ma vengo inaspettatamente soverchiato dal feroce parossismo delle sue chitarre che ne squarciano e dilatano il suono, con le gracchianti vocals di Renaud a vomitare l'odio verso l'umanità. Il risultato è apprezzabilissimo, con il mood dei nostri tipicamente marciscente, quasi fetido e asfittico. Un senso di paura crescente pervade i miei sensi, le chitarre sono sature quasi ipertrofiche, anche quando rallentano vertiginosamente, e sembrano voler presagire la classica "quiete prima della tempesta", che tuttavia tarda ad arrivare, perché nel frattempo sono già entrato nell'ascolto dei dieci minuti di "Rebuild". Altra song che si apre con canti ritualistici, un po' il trademark dei nostri. E la musica ricalca quella della traccia d'apertura: un blackgaze plumbeo, la colonna sonora di un inutile giorno di novembre, in cui la pioggia sbatte fastidiosa contro le finestre e io resto a scrutare l'infinito, sommerso dai miei pensieri negativi. Funerei! (Francesco Scarci)