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sabato 17 agosto 2013

Kaptivity - Walk Into the Pain

#PER CHI AMA: Old school Death metal, Grave, Deicide
Era da tanto che non mi capitava di ascoltare qualcosa di old school e tutti sono a conoscenza che la scena italiana non abbia tantissime band che seguono queste sonorità, purtroppo, sopratutto in ambito death metal. I Kaptivity riescono nel loro intento grazie ad un songwriting aggressivo che non cade mai nella banalità, ed è forse questo che pecca nel loro disco (o probabilmente che vorrei sentire io): una attitudine schietta e menefreghista capace solo di rappresentare le più becere musiche. Quello che io identifico come il "problema" è l'effettiva capacità strumentale e compositiva del combo emiliano che riesce perfettamente nel suo intento di creare delle tracce di matrice death old school con un pizzico di aria macabra e funeraria. Dopo l'atmosfera creata dall'intro, le composizioni sono un sussegguirsi di violenza sonora e di bieca oscurità, in primis le tracce "City of Pain" e la evocativa "Burning Until the End". Avrei preferito "Dawn of the Immolated" successiva all'"Intro", dato che è impossibile ascoltarla composti. L'opera risulterà molto piacevole per tutti gli amanti di un certo death metal primordiale o per coloro che sono alla costante ricerca di nuove leve per vecchie sonorità. (Kent)

domenica 7 luglio 2013

Kurgaall - Summi Verbi Lucifer

#PER CHI AMA: Black Metal, Dark Funeral, Setherial
Non eccessivamente entusismante questo debut album dei Kurgaall, gruppo black metal proveniente da Verbania. Già dall'estenuante "Intro" formata da cori monastici, esclamazioni sessuali, scontri a fuoco, si colgono gli "originali" argomenti del gruppo piemontese. "War Of Satan" annoia dopo uno scossone iniziale preso grazie all'intro soporifera e preannuncia la struttura del disco, ovvero tremolo picking basilari, scream mediocre e batteria monotematica. Risollevare minimamente la prima parte della release è compito arduo affidato a "Evocation 1.39" e "The Ritual", che dimostrano una composizione non eccessivamente fallimentare, mentre le tracce seguenti si alternano tra momenti alquanto piatti ed altri sulla media come la title-track. Poco da dire, il problema fondamentale di quest'album è l'ostentata ripetitività e la mancanza di sostanza, tanto volume e tanta velocità ma pochissima struttura compositiva. Nonostante la notevole prestanza strumentale della band, ci si ritrova sempre ad ascoltare le stesse identiche cose, il che denota una basilare mancanza d'idee e di personalità. Impegnarsi di più, potrebbe portare a risultati decisamente migliori! (Kent)

(Lo-Fi Creatures)
Voto: 50

https://www.facebook.com/KURGAALL

giovedì 21 febbraio 2013

Tumulus Anmatus/Strix - Anathema Rituals

#PER CHI AMA: Black Metal, Von, Hades Almighty
Un curato digipack racchiude questo Anathema Ritualis, split di due delle più significative band del black metal dell'underground italiano, ovvero i Tumulus Anmatus e gli Strix. La prima parte è dedicata ai Tumulus Anmatus i quali presentano due tracce alquanto differenti tra loro: "Leviathan" e "Dies Irae". La prima è un mid-tempo monolitico ed imponente che possiede pregiate venature mistiche e una forte cadenza ipnotica mentre la seconda è più movimentata, una composizione che racchiude tutti i canoni del black metal primordiale, la musica trascina e il ritornello cantato in italiano e di facile ricordo, da una marcia in più al tutto. Gli Strix invece ci presentano "Il Volo della Strige" e "Riti al Picco della Schiara". Il sound cala di qualità e ci avvolge in un'atmosfera più oscura e fredda. Dalle loro composizioni si respira la notte, la boscaglia, le montagne, l'ambiente della civetta che domina incontrastata la musica della band bellunese. Le tracce presentano tutti i clichè del genere, inclusa la schietta semplicità, ma esse riescono comunque ad emanare una propria personalità ed a elevarsi dalle classiche becerate black metal di cui io sono un amante. È dura giudicare due complessi tramite solo poche tracce. Personalmente non la vedo un'accoppiatta molto congeniale, proponendo due attitudini e stili diversi, il primo più sanguigno e potente, il secondo più evocativo e minimale. È palese però che i Tumulus Anmatus abbiano un songwriting e una preparazione più solida mentre gli Strix giochino di più con una componente classicista ma ancora troppo chiusa in se stessa. (Kent)

lunedì 1 ottobre 2012

Funera Edo - De Bello Heroica

#PER CHI AMA: Black/Thrash, Epic, Janvs, Frangar
Quest’album, dalla veste grafica ben curata, tanto colorata e tanto atipica per il genere intrapreso, è opera dei romagnoli Funera Edo e segue il precedente “Split cd” del 2011, intitolato “Dolore Iconoclasta”, in compagnia degli emiliani Inner. “De Bello Heroica” è un lavoro molto compatto, con i pezzi cantati in lingua italica, pieni zeppi di rimandi di fiera epicità, inni alla guerra, alla vittoria e alla forza, che si muovono attraverso i vari versanti del black metal, ma con un gusto tutto proprio che va a ricordare per attitudine altre bands conterranee quali Janvs o i già recensiti su queste pagine, Frangar. Analizzando i brani, segnaliamo come preferito “Impeto e Tempesta”, per la sua carica guerriera, violenta e primordiale. Il sound è monolitico e standardizzato come scrittura, a volte volutamente statico ed ipnotico, a creare una forma di estasi pre-battaglia, sempre rumoroso e marziale. Nell'insieme il lavoro è molto efficace e la qualità risulta ottima e piacevole per chi ascolta. A volte, l'ago della bilancia si sposta forse inconsapevolmente su coordinate metal/ hardcore “Italian old style”, che fanno vagamente tornare alla mente band storiche come Atrox o più recenti come 1984HC. Questa ultima osservazione tiene in considerazione l'attitudine del suono di “De Bello Heroica” che si estranea dal tipico sound del black (la sezione ritmica costruisce ritmiche lineari e pulsanti che spaccano e viene messa sempre in evidenza da un mixaggio molto classico, creando un vero e proprio distacco dal genere di riferimento). I Funera Edo optano per un suono più italico, personale, ritmico, compatto e vibrante, carico di tensione e presente, molto pieno e martellante con un'ottima voce che comunque si trova a fare i conti con una lingua molto difficile, qual è l'italiano, da inserire in contesti musicali così estremi. Il sound di questa band trova radici profonde nel black metal e molto deve anche al versante epico della musica metal, e la sua fusione all'irruenza schietta dell'hardcore della prima ondata italiana, fa si che il tutto risulti quadrato, diretto e tanto militaresco. Il risultato è a tutti gli effetti una vittoria e per certi aspetti potrebbe essere una coniazione di un nuovo sound tutto italiano molto più rock per un nuovo modo di intendere il metal estremo. Molto personali, una band da tener d'occhio! (Bob Stoner)

(Lo-Fi Creatures)
Voto: 80

martedì 25 settembre 2012

Abaton - Hecate

#PER CHI AMA: Sludge, Doom, Celeste, Coffinworm
Era il lontano novembre del 2011, ricordo il freddo che mi raggelava le ossa mentre seduto in macchina con una bottiglia di whiskey aspettavo una cara amica per andare a vedere un live dei Forgotten Tomb. Dopo alcuni minuti che ero entrato nel locale, vengo letteralmente malmenato dal suono che la band opener mi propone, e quella band che mi aveva colpito cosi profondamente erano gli Abaton. Ed ora sono qui davanti al pc a raccontarvi della loro prima tappa discografica: "Hecate". Dico subito: se non siete amanti del riverbero e della fitta oscurità, lasciate perdere questa band perché non farà per voi. La proposta è ben strutturata, un artwork in scala di grigi, con un immaginario esoterico e con suoni claustrofobici ed estenuanti; dal primo ascolto si percepisce subito la consistente base di matrice doom e post-core che ospita sonorità che si estendono fino allo sludge e movimenti influenzati dal black più malvagio. Le tracce ci trascinano con un’opprimente atmosfera in un cupo labirinto sonoro, dove la mavoleva musica del giovanissimo gruppo forlivese, con le sue plunbee disarmonie, le voci agghiaccianti e le ritmiche opache, regna incontrastata. I punti deboli di questa pubblicazione sono essenzialmente due: la quasi inesistente differenziazione delle voci e le composizioni troppo simili tra loro. A me piace molto questo disco, ma nonostante il songwriting eccellente, non si è riusciti a raggiungere una proposta così creativa, da far emergere le singole tracce. Durante l'ascolto, sono poche le volte in cui chiaramente si identifica una composizione dall'altra, colpa dell'abuso delle “cavalcate” doom e delle melodie ripetitive. C'è da sottolineare la lama a doppio taglio causata dal riverbero che da una parte rende eccezionali le parti più dilatate e cadenzate, mentre dall'altra, impasta completamente i momenti più veloci ed aggressivi. In definitiva "Hecate" è un album con delle splendide atmosfere e delle idee molto accattivanti, che però non riescono ad evolversi definitivamente e raggiungere una maturità completa, tuttavia l'opera nel suo insieme, seppur monotona, riesce ugualmente a trascinare nell'ascolto. Chiudo consigliandovi di vederli assolutamente live, senza tappi per le orecchie.(Kent)

(Lo-Fi Creatures)
Voto: 70


lunedì 4 giugno 2012

Calendula - Aftermaths


#PER CHI AMA: Post Hardcore, Soilent Green, Iron Monkey, Cancer Bats, Black Flag
Stanco, sudaticcio ed accaldato, salgo in macchina non tanto per tornarmene a casa ma per ascoltare il tanto ammirato disco dei Calendula. E' domenica sera, anche se il sole mi tradisce con i suoi immondi raggi, ed è appena finito un concerto alquanto speciale, di cui non posso promuovere luogo ed organizzazione, perchè è talmente true ed hardcore che se viene detto pubblicamente c'è il rischio di finire in gabbia. Tanto per informarvi, oltre i Calendula hanno suonato i Fall Of Minerva, poi c'era la presentazione del primo full-length dei Whales And Aurora (di cui trovate la recensione su queste stesse pagine), e come headliner c'erano i Celeste, di cui spero potrò parlarvene in altre occasioni. Ma torniamo al disco. Ancora sotto shock dalla gentilezza dei membri della band (i buoni, belli e bravi J., L., P., M.) prendo in mano finalmente la tanto ammirata busta con un adesivo raffigurante l'incappucciato bontempone della Lo-Fi Creatures, con sotto scritto “Red Limited Series 32/50”. Eh sì ragazzi miei, non è un normale disco, all'inizio pensavo addirittura che fosse un 7 pollici. All'interno troviamo l'ipnotizzante copertina cremisi e diverse schede, ognuna raffigurante da un lato un artwork evocativo e dall'altro il testo di una traccia. Ma passiamo alla musica, anche se tutta questa presentazione vi avrà già detto che è un album super fico e da acquistare assolutamente. Anche se finisce l'edizione limitata eh, blu fa mica schifo. Vi avviso che il lettore della mia automobile non è il top, però l'effetto a volume sostenuto con diversi bicchieri di vino in corpo è stato più o meno paragonabile ad una sberla in pieno volto. E non pensate che questo “Aftermaths” sia la classica becerata Sludgecore capace di stuprare l'udito alternando tupatupa, urli e pesantume doom. Mi trovo davanti un lavoro fin troppo accurato e finemente studiato per lanciare l'ascoltatore in una sorta di stage diving negli abissi infernali. Sì sì, con i demonietti che pogano e Astaroth che se ne sta da parte a strafarsi di erba perchè non ha più l'età per muoversi troppo. Sto parlando di tracce piene di valida musica, con così tante idee da fare altri tre dischi uno più malato dell'altro. Riffoni esagerati, distorti, al limite del black, ci radrizzano i peli di tutto il corpo, mentre una dietro l'altra, le tracce ci scaraventano addosso tutto il marcio dello sludge misto alla velocità del post-HC, il tutto contornato da un'amorevole oscurità e condito con qualche saltuario tremolo picking e più presenti armonizzazioni mathcore, che per quanto non mi piaccia il genere, colmano dei passaggi fondamentali nel disco. La produzione è leggermente sporca. Ed è proprio questo voluto particolare a creare la giusta atmosfera in questa pubblicazione. Vi dico però, se siete troppo metal non cimentatevi in questo ascolto. Lo spirito di questi ragazzi è molto post-hardcore. Io non sono per niente un amante di queste sonorità, ma i Calendula rappresentano l'eccezione perchè mi colmano con vagonate di sludge. (Kent)

(Lo-Fi Creatures)
Voto: 80

venerdì 23 dicembre 2011

Frangar - Bulloni Granate Bastoni

#PER CHI AMA: Thrash, Black, Punk
Mettiamo subito in chiaro le cose: a me non me ne frega un bel nulla se la proposta della band sia politicizzante o meno, cosi come mi è capitato di scorgere qua e là nel web, a me interessano i fatti e in tal caso i fatti sono qui rappresentati dalla musica. Attivi dai primi anni del millennio, i Frangar sono una formazione di Novara, che propone una miscela interessante di thrash black influenzato da una forte attitudine punk, il tutto cantato rigorosamente in italiano. Il risultato è decisamente affascinante: pur sparandoci in faccia, fin dall’iniziale “Conquistatori del Sole” un sound ruvido, diretto, una vera e propria mazzata nei denti, la band piemontese mi conquista fin da subito con la sua proposta essenziale, tirata e graffiante, che per certi versi mi ha ricordato un ipotetico quanto mai impossibile mix tra ultimi Entombed, Janvs e Spite Extreme Wing, coniugando appunto una vena prettamente thrash assai grooveggiante, riscontrabile in tutti i pezzi, con qualche sfuriata puramente black old school. Tralasciando i contenuti propagandisti dell’act italico (che sono a corredo anche di tutto il cd, rilasciato in un elegante formato digipack), mi trastullo con le song azzeccatissime di questo lavoro, che sembrano voler convogliare nel suo interno suoni provenienti da 30 anni di musica estrema, dal punk di fine anni ’70, al thrash stile Sodom/Destruction di anni ’80, con il black di Celtic Frost/Darkthrone, il tutto corredato anche da intrusioni che sembrano estrapolate da qualche film anni ’70 e da inserti propagandistici, che voglio interpretare puramente come una provocazione verso il nostro sistema corrotto. Coinvolgente “Nero Settembre” con la sua bella cavalcata finale, e quel fischio ipnotico di fine brano. Sorrido con il minuto scarso di “Legionario” che ci riconduce alle canzoni degli anni ’40; mi lascio poi investire dal punk selvaggio di “Rinascita”, con la voce del Colonnello, mai esasperata e sempre intellegibile. Si prosegue con la roboante “Alla Frontiera”, prima dell’ennesimo intermezzo, che fa da ponte a “Solstizio di Sangue”, song rabbiosa, che funge da contraerea impazzita (grazie ad una batteria devastante), che comunque mostra un parte centrale più controllata e meno selvaggia. Quatti quatti, si arriva attraverso la furiosa “Trieste Chiama”, la song più black metal oriented, alla conclusiva “Sol Invictus”, inquietante nel suo inizio dove una voce maschile parla dell’”Uomo Nero”, per poi esplodere con quel suo basso vibrante in un pezzo che potrebbe rappresentare il vero e proprio manifesto di questo interessantissimo lavoro: una song che nei suoi tredici minuti incarna l’essenza musicale dei Frangar, punk, black’n’roll, hardcore, cavalcate melodiche, ottime vocals e addirittura contaminazioni post, per quella che è la song più bella e articolata di questo “Bulloni Granate Bastoni” che schiude le porte della mia conoscenza ad un’altra entità interessante del panorama italico. Ora li attendo ospiti in radio. (Francesco Scarci)

(Lo-Fi Creatures)
Voto: 75