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Visualizzazione post con etichetta Tokyo Jupiter. Mostra tutti i post
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martedì 27 novembre 2018

Ingrina - Etter Lys

#PER CHI AMA: Post Metal, Milanku
Ero preoccupato del fatto che 'Etter Lys' fosse un album strumentale (cosi riporta nei tag bandcamp) vicino a derive post-metal e post-hardcore; vista una durata che sfiora di sei secondi l'ora, la paura di annoiarsi, devo ammetterlo, era forte. Fortuna mia che questi oscuri Ingrina siano dei burloni, visto che già dall'opener, "Black Hole", il vocalist della band si abbandona a degli urlacci che supportano egregiamente un sound potente e carismatico, forte di una componente ritmica costituita da ben due batterie e tre chitarre. Le fondamenta di certo sono quelle del post-metal e la scelta di una cosi possente armata di musicisti, sembra evocare anche la formazione dei Cult of Luna. Fatto sta che il suono dei transalpini è godurioso, è raccomandabile peraltro di beneficiarne in cuffia, per assaporare tutte le sfaccettature di siffatta musica che tende a privilegiare la componente strumentale, tenendo ben presente l'importanza di avere una voce in seno alla band. I brani partono spesso in sordina, "Fluent" lo testimonia, ma poi crescono in intensità e ardore attraverso pluri-stratificazioni soniche deflagranti, urla disperate ma anche straordinarie aperture post-rock che smorzano una ferocia che ogni tanto sembra uscire dai binari del post e virare verso forme musicali più estreme. Niente paura perchè i nostri hanno una notevole padronanza del genere che propongono, quasi ineccepibile (lascio uno spiraglio di beneficio del dubbio) oltre ad un grande gusto per melodie in grado di generare una certa emotività di carattere malinconico. "Coil" è il terzo pezzo del disco e qui la monoliticità post-metal sembra cedere il posto ad un carattere più arioso ed etereo, in una sorta di post-rock e shoegaze, caratterizzati da ottime percussioni, vocals decisamente più diradate e giri di chitarra che sublimano in epiche fughe strumentali e rallentamenti atmosferici. Ragazzi, un pezzone dove tutto è straordinariamente bilanciato, potenza e melodia, rabbia e atmosfera, vocals e chitarre. Diverse sono le similitudini anche in "Resilience", piccola gemma strumentale incastonata in questo 'Etter Lys', mentre "Leeway" sembra strizzare l'occhiolino, in modo intermittente, un po' ai Cult of Luna e ai Rosetta, in un altro pezzone che mostra arrangiamenti da urlo, eccellenti partiture strumentali e momenti di grande atmosfera in grado più volte di indurmi brividi lungo la schiena. Si arriva ai quasi sedici minuti della suite "Surrender" e gli Ingrina mettono in mostra le loro capacità dronico ambientali in un pezzo che fa della sperimentazione il proprio punto di forza. L'andamento è lento, cantava qualche tempo fa un noto cantante italiano, e l'incedere della song emula proprio quell'ondivago avanzare, attraverso l'eccellente commistione di percussioni e chitarre che regalano sprazzi di grande classe musicale, che per certi versi, connette i nostri ad un'altra grande ex band della scuderia Tokyo Jupiter Records, i canadesi Milanku. Fatto sta, che a me questo disco piace, parecchio, lo trovo affascinante, creativo, intenso, regala grandi speranze per la vitalità del genere, un po' spentosi nell'ultimo periodo. L'ultima fatica è affidata a "Jailers", roboante nel suo incipit, cosi spettrale e magnetica nei rimanenti minuti che collocano questo 'Etter Lys' nella mia personale top three dell'anno in ambito post. Un piccolo capolavoro? Beh, manca davvero poco. (Francesco Scarci)

(Tokyo Jupiter Records - 2018)
Voto: 85

https://ingrina.bandcamp.com/album/etter-lys

sabato 16 aprile 2016

Aidan Baker - At Komma

#PER CHI AMA: Post Rock
'At Komma' è uno dei tanti progetti di Aidan Baker (chitarrista) qui aiutato da Felipe Salazar (batterista dei Caudal, altro gruppo di Aidan Baker). Il Canadese Baker, in attività dal 2000, vanta numerosi album e collaborazioni tra Stati Uniti e Berlino. ed è proprio nel vecchio continente che nasce 'AT KOMMA'. cd registrato live nel febbraio del 2014 presso il centro culturale di Esslingen in Germania, e l'album e le tracce prendono il nome proprio dal locale, appunto Komma. dove spesso i suoi live sono improvvisati grazie al suo stile nel ricreare atmosfere dispersive tramite lenti e eterne sequenze di accordi e suoni che si mescolano tra loro e in loop ti portano altrove ("Komma 2" su tutte). La fragilità di un disco post rock, come quello prodotto da Aidan Baker, sta nel momento in cui lo ascolti. per cui non ne vieni immediatamente folgorato per la costruzione delle canzoni nemmeno dopo svariati ascolti. Devi essere particolarmente propenso a lasciarti trascinare e perderti, trasportato dalle onde sonore ("Komma 3") che Baker e Salazar sono riusciti a creare. Non trovo nulla di nuovo, ma è un buon sottofondo per certi momenti riflessivi che la vita ti richiede. "Komma 4" parte con un clima più festaiolo, 4/4 bello spedito, shaker in ottavi, che un po' ti rincoglionisce dopo 10 minuti di canzone, ma forse è proprio lo scopo prefissato dai due musicisti. Certo, da un album live non ci si può aspettare molto di più, quindi considerando l'attitudine ad improvvisare spesso, lo trovo anche ben strutturato. (Alessio Perro)

(Tokyo Jupiter Records - 2014)
Voto: 60

https://www.facebook.com/AidanBakerMusic/?fref=nf

domenica 28 febbraio 2016

Sequoian Aequison - Qual der Einsamkeit

#PER CHI AMA: Post Rock/Drone/Ambient
Quando arriva materiale dall'etichetta Slow Burn la giornata prende subito una buona piega, vista la qualità dei lavori da loro prodotti. In realtà stavolta c'è una collaborazione con Tokyo Jupiter Records (supporto cd) e Towner Records (cassetta), quindi le aspettative crescono a dismisura. I Sequoian Aequison (SA) nascono nel 2012 nella bellissima e ricca città di San Pietroburgo e nel corso della loro giovane carriera 'Qual der Einsamkeit' si posiziona come secondo e penultimo lavoro (si tratta di un EP di due lunghissimi pezzi), infatti qualche mese fa è uscito anche uno split con i Dry River, mentre il debut album 'Onomatopoeia' è stato recensito sempre dal sottoscritto su queste pagine alla fine del 2014. Il cd che ci è pervenuto è la versione per gli addetti ai lavori, priva di booklet, molto minimalista quindi e per cui non potremmo dare un giudizio sulla versione disponibile per il pubblico. Il genere perseguito dai SA è un post rock intriso di atmosfere ambient e doom, come la prima traccia "Der Sklave Des Nichts" (lo schiavo di niente) mostra con un inizio affidato a un lungo monologo in lingua tedesca. Man mano, il quartetto russo tesse una trama sonora oscura e malinconica, ma allo stesso tempo carica di tensione repressa pronta ad esplodere ad un cenno del capo. Arpeggi liquidi di chitarra e un pattern ritmico ipnotico crescono e calano a rotazione per circa undici minuti che grazie ad un'interpretazione artistica di tutto rispetto, riescono ad ammagliare e coinvolgere l'ascoltatore senza mai annoiarlo. Anzi, basta abbassare un poco le difese mentali e si entra subito nel mood della band, ciondolando lenti come un paziente di psichiatria che ha preso la sua dose giornaliera di farmaci. Nonostante la ritmica doom, sia il batterista che il bassista riescono a intrecciare riff e battute in modo da arricchire la composizione che altrimenti affonderebbe nella totale accidia. "Abendwasser" sembra il secondo atto dell'opera musicale imbastita dalla giovane band e come tale, ricalca suoni (perfettamente curati) e melodie già dettati dai maestri che segnarono la via da seguire. La struttura è la solita: campionamenti di voci e qualche suono elettronico qua è la, anche se in realtà è proprio l'esplosione che arriva quasi alla fine a far rimpiangere uno svolgimento diverso. La visione epica che la band crea in modo immaginario davanti ai nostri occhi, è una sorta di mondo parallelo, fatto di colori e profumi mai percepiti prima. Un mondo nuovo che esiste, ma che ci sfugge troppo presto dalle mani. In sè l'album è eccellente, i SA hanno studiato e messo in pratica alla perfezione tutto quello che già è stato fatto in questo genere, ora il punto da capire è se qualcuno avrà il coraggio e le doti per mischiare le carte in tavola e trovare un'evoluzione stilistica non fine a se stessa. (Michele Montanari)

(Tokyo Jupiter Records/Towner Records - 2015)
Voto: 75

https://sequoian.bandcamp.com/album/qual-der-einsamkeit

sabato 2 novembre 2013

Milanku - Pris à la Gorge

#PER CHI AMA: Post-metal, Isis, Cult of Luna, *Shels
Era da parecchio tempo che non ascoltavo qualcosa di veramente interessante in ambito post-metal. I canadesi Milanku mi sono venuti in aiuto e poco importa se “Pris à la Gorge” sia uscito nel 2012, io li ho scoperti ora. Si comincia timidamente con “La Chute”, song più orientata al versante post-rock del genere, per quelle sue atmosfere soffuse, i suoi frangenti acustici, le luci tenue (stile *Shels) che mi permettono di rilassarmi e mettermi a mio completo agio, prima che irrompano nel tessuto musicale, i portentosi riffs di chitarra e la violenza quasi hardcore del vocalist. Song perfetta, meriterebbe un 10 e lode. “L'inclination” apre con il sound tribale del drumming, le luci si confermano flebili, ampio spazio viene concesso alla componente strumentale. Quando entrano in scena i pesanti riffs e le arcigne vocals, i nostri mi rievocano le ultime cose dei Cult of Luna, peccato che i Milanku abbiano creato queste song un anno prima della “saga” “Vertikal”. Potrete pertanto capire il mio stupore di fronte a questo sound, considerato che sono un grande fan dei gods svedesi. I Milanku hanno già pienamente conquistato il mio fedele supporto. Ancora post-rock in apertura di “Inhibition”, il quartetto di Montreal fa decisamente sul serio, di classe ce n'è da vendere e se questo è il loro debut, i presupposti per diventare leader mondiali in questo genere, sono davvero elevati. Echi dark che si rifanno addirittura ai Cure, affiorano deliziosi nelle note di questa splendida traccia per tre quarti strumentali, prima della violenza conclusiva. Sempre più esterrefatto dalla proposta del combo del Quebec e dubbioso su quale voto finale concedere, mi lancio all'ascolto di “Antalgìe”. Il brano, abbastanza minimalista, sprigiona fiumi di malinconia dal suo incedere quasi marziale, fino alla consueta esplosione configurata dal roboante suono delle chitarre e dalle urla selvagge del suo vocalist, qui alle prese anche con vocalizzi posti in sottofondo. È il turno de “La Nausée”: l'atmosfera è cupa, compassata, è la classica quiete prima della tempesta che si appresta ad abbattersi violenta sulle nostre teste. La tensione palpabile sale progressivamente, e non preannuncia sicuramente nulla di buono, ma continua a rimanere strozzata nei loop di chitarra acustica e batteria, senza mai colpire realmente. Quasi intorpidito passo a “Dopamine”, che in realtà non mi convince appieno, un po' più piatta rispetto alle altre. Con “Hypomanie” mi aspettano 10 minuti di catarsi sonora da affrontare: avvio ambient, i richiami agli Isis non mancano, il mio cuore inizia a batter forte come i colpi inferti dal drummer. Poi una meravigliosa struggente melodia avvinghia i miei sensi, penetrando nelle mie orecchie, cortocircuitando le mie sinapsi e innescando profonde scariche elettriche che raggiungono tutti i rami più periferici del mio corpo. Eccolo l'apice emozionale di questo disco racchiuso in questa stupefacente song. “Antigone” è l'epilogo del disco a cui non presto neppure tanta attenzione in quanto dentro di me risuona ancora l'eco imperturbabile della penultima traccia, che pone i Milanku in cima alle mie preferenze di questo finire di 2013. (Francesco Scarci)


(Tokio Jupiter - 2013)
Voto: 85

https://www.facebook.com/milankuband