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giovedì 3 marzo 2022

Furnace and the Fundamentals - A Very Furnace Christmas

#PER CHI AMA: Party Cover Songs
Forse arriviamo un po' lunghi per celebrare il Natale, ma che ci volete fare, la segnalazione di 'A Very Furnace Christmas' l'ho ricevuta solamente un paio di settimane fa. E a farsene portavoce è stata l'etichetta Bird's Robe Records che ripesca un disco del 2019 degli australiani Furnace and the Fundamentals. I nostri si divertono qui a riproporre storici pezzi della musica pop rock in formato natalizio, divertente per passare forse una serata con gli amici e niente di più, ballare magari con le note danzerecce di "YMCA (Christmas Edition)", pezzo per cui peraltro i nostri pazzoidi amici ne hanno anche estratto un video. Per non menzionare poi "Gangsta's Paradise" del rapper Coolio, storico pezzo del '95. E ancora altri brani che potreste conoscere e per i quali potreste farvi venire i crampi allo stomaco, come è successo al sottoscritto, sono "Jingle Bells" in una versione scatenata e scanzonata quasi punkeggiante, oppure le troppo natalizie "We Wish You A Merry Christmas" o "Silent Night" che mi danno il definitivo Ko per l'ascolto di questo stra(vaga/zia)nte lavoro. Meno male poi che a tirarmi su il morale arrivano "You Shook Me All Night Long" degli AC/DC e l'arrogante "Giving In The Name Of (Killing In The Name Of )" dei Rage Against the Machine, francamente una boccata d'ossigeno per evitare che questo lavoro facesse una brutta fine. Capisco la rivisazione divertente e aggressiva che possono aver fatto in passato i francesi Carnival in Coal in 'French Cancan', ma qui ci troviamo musica dance pop che non dovrebbe stare nemmeno su questo sito. Siete curiosi di sapere chi sono gli altri artisti rivisitati dai Furnace and the Fundamentals? Cold Play, Billy Joel, Depeche Mode (sacrilega la versione di "Just Can't Get Enough"), Paul Simon, i Queen con uno spezzone di 48 secondi di "Bohemian Rhapsody" e molti altri. Ora posso sentirmi male del tutto. Prendete questo lavoro per quello che è, una divertente rivisitazione natalizia di 18 storici pezzi per un solo ascolto curioso e nulla di più. Mi sa tanto che non darò un voto. Anzi, ho deciso. Senza Voto è la mia sentenza. (Francesco Scarci)

martedì 23 giugno 2020

Minus the Bear - Voids

#PER CHI AMA: Indie Pop Rock
Obnubilate esemplificazioni nu-new-wave: la red-hot-chili-pippettosa "Last Kiss" in apertura potrebbe rammentarvi i Fitz and the Tantrum oppure, per mero nostalgismo, i concittadini Pearl Jam; il mood di "Give & Take" potrebbe al contrario rapportarvi ai Coldplay più assertivi, quelli di 'X&Y', giusto per dirne una a cazzotto. Fate attenzione. La lumacosa "What About the Boat?" fa stuzzichevolemente l'occhiolino a certo noios-pop folkellettuale alla Fleet Foxes mentre "Call the Cops" potrebbe essere una brutta canzone di 'Genesis' (l'omonimo dell'ottantatre), vale a dire una qualunque del lato B. Poi arriva "Silver", una specie di "Child in Time" in chiave 2010s pop, featuring i toni semiepici dei Muse di stocZZ, o quelli di Peter Gabriel III di stamYY, non vi pare? No, non vi pare. Poi il nulla, il quasinulla a essere più benevolenti (l'indiepercui di "Tame Beasts", l'alt-facciocagarismo riempiminuti di "Erase"). Quasinulla perché la molecolare "Lighthouse" in chiusura, oltre a giustificare blandamente la terrificante definizione math-pop affibbiata da certuni, vi ricorderà i The Cure daqualchepartisti di 'Wish' assediati da una catartica, sofferente loudness war. E vafffanculo a Rick Rubin. (Alberto Calorosi)

(Suicide Squeeze Records - 2017)
Voto: 50

https://minusthebear.bandcamp.com/album/voids

martedì 30 gennaio 2018

Royal Blood - How Did We Get So Dark?

#PER CHI AMA: Pop Rock, Muse, Black Keys
Seconda manciata di roboanti riffettoni chitarristici (sì, però sono fatti col basso, sì, i Royal blood sono un duo, sì, come i Black Keys, sì, questo ormai lo sanno persino gli artropodi del pianeta Asturia) intrisi di quella (s)personalizzata epicità contemporanea relativamente a cui i Muse sono riusciti in qualche modo ad assurgere a massima incarnazione mondiale, alternati a coretti alt/pop yeeeeeee (cfr. il singolo "I Only Lie When I Love You") oppure uuuu/ouuu (la introduttiva nonchè title track "How Did We Get So Dark?"), a formare un pastiche provvidamente e radiofonicamente redditizio, eventualmente collocabile in the (black) keys of "Her Satanic Majesty Dan Auerbach" (sentite il falsetto di "She's Creeping" o quello più black di "Don't Tell") o vintag/giosamente assimilabile a certo revisionismo made in Nashville tipo un Jack White imbambolato nel museo Trousseau, a formare un pastiche, dicevo, che vi costringerà, dopo neanche trentacinque minuti di inconsapevoli dondolamenti cervicali, a porvi finalmente la domanda “How did they get so pop?” La risposta, amici miei, è lassù che soffia nel vento. Assieme alle onde FM e alle playlist di Spotify. (Alberto Calorosi)

(Warner Bros. Records - 2017)
Voto: 65

https://www.facebook.com/RoyalBloodUK/

martedì 22 marzo 2016

Lazenby - S/t

#PER CHI AMA: Pop Rock
Ascoltare il disco dei Lazenby (il cui nome richiama l'attore George Lazenby, che vestì i panni di James Bond nel 1969) ti riporta alla dimensione paesana della musica: una festa di fine estate con una band di amici che si esibisce sul palco. Claudio, Roberto, Mauro e Massimiliano sono un quartetto che si divide tra Varese e Lugano, che propone un mix musicale fatto di sonorità pop (guidate dalle tastiere di Roberto) e cantautorato italiano (trainato dalla voce e dagli ottimi testi di Mauro). La band raccoglie in questo EP omonimo, sei pezzi estratti da un notevole serbatoio di brani già scritti (sembrerebbero addirittura una settantina). I Lazenby si presentano come degli ottimi esecutori ma, purtroppo, ad un'analisi più approfondita, non aggiungono nulla a quello che tanti, prima di loro, hanno già cantato e suonato. Più volte durante l’ascolto dei brani infatti, ho avuto l’impressione di aver già sentito quella canzone, che rimandasse a qualcosa di già ascoltato. La voce di Mauro in alcuni brani viene a mancare e non si fonde a pieno con la musica come, a mio parere, dovrebbe fare. Non sto dicendo che questo sia un brutto disco, ma che forse non lasci molto nella testa di chi ascolta. I brani si succedono in sequenza, senza prevalere l’uno su l’altro: una nota di merito va sicuramente alla bluesaggiante "Dove Finisce la Ferrovia" e all’arpeggio di "Ottobre", ultima traccia dell’album, ove per un attimo si spera in un guizzo finale, che ahimè tarda ad arrivare. Un peccato perché a mio avviso, le potenzialità ci sono tutte e dal vivo probabilmente, i nostri potrebbero davvero sorprendere. (Daria Burla & Francesco Scarci)

domenica 21 giugno 2015

Chromb! - I & II


#PER CHI AMA: Jazz/Post Rock, John Zorn, Frank Zappa
Avevo già avuto modo di dire come avessi la netta sensazione che la Francia fosse uno dei luoghi più fertili e brulicanti della musica piú interessante, libera e difficile da incasellare, e la scoperta di questo quartetto di Lyon non fa altro che avvalorare la mia tesi. Difficilmente infatti, mi è capitato di trovare negli ultimi tempi tale e tanta vitalità e vivacità quanto in questi due album licenziati dai Chromb!. A partire dagli splendidi artwork (entrambi i lavori si avvalgono delle illustrazioni di Benjamin Flao), è evidente la cura che i Chromb! ripongono nel loro progetto, musica libera e senza schemi, affidata alla creatività di una formazione di stampo quasi jazzistico (basso, batteria, sax e tastiere). 'I' esce nel 2012 e incanta col suo mix di rock, blues e jazz, il tutto molto free-form e innervato di umorismo in dosi massicce. Le sei tracce oscillano tra pulsioni jazz con scansioni drum n’bass dell’opener “Il l’a Fait Avec Sa Seur”, il caos controllato e latineggiante di “Apocalypso”, il blues sofferto e cantato con voci stridule in stile Les Claypool (“Tu Est Ma Pause Dèjeuner"), fino alle sperimentazioni libere di “Maloyeuk”. Il tutto lascia in bocca il gusto inafferrabile e beffardo di certe cose di sua maestà Frank Zappa. La parola normalità non sembra far parte del vocabolario dei quattro, e quindi di normalizzazione non c’è nemmeno l’ombra in 'II' che esce nel 2014 e anzi spinge ancora più a fondo sul pedale dell’imprevedibilità e dell’eclettismo sonoro. Il suono è ancor più curato e le invenzioni dei musicisti più raffinate, in particolare il tastierista Camille Durieux fa un uso più esteso del pianoforte, come nelle parentesi classicheggianti di “Monsieur Costume”. A volte i francesi giocano a spiazzare con architetture non lineari, come nella dance-music dislessica di “Il Dansait La Chance”, o negli accostamenti volutamente azzardati di “A Fond De Chien”, che non potrei definire altro che punk barocco. Difficile poi non restare a bocca aperta di fronte a “La Saulce”, trascinante meticciato tra hard-prog e Beastie Boys. Difficile rimanere indifferenti, anche se a volte il voler seguire forzatamente percorsi non lineari, può far correre il rischio di perdere la strada. Tuttavia la stravaganza musicale dei Chromb! non sembra essere frutto di una scelta deliberata e ostentata, quanto di una necessità di deragliamento dai binari prestabiliti, per attingere in continuazione nuove energie da tutto quello che li circonda, senza vincolo e costrizione alcuna. Stravaganti e vitali, in una parola, eccitanti. (Mauro Catena)

(I - Self - 2012)
Voto: 75

(II - Self - 2014)
Voto: 80

mercoledì 28 gennaio 2015

BigBangBayBees - Little Nothing

#PER CHI AMA: Rock, Power Pop, Velvet Revolver
I BigBangBayBees (BBBB) sono una rock band francese nata nel 2005 a Tolosa e composta da cinque membri. 'Little Nothing' è il loro terzo EP nel quale si è consolidato il loro stile, in cui si ripercorrono le tracce di band come Velvet Revolver, Muse, Alter Bridge e The Rasmus, lavorando quindi su timbriche rock attuali. L'EP contiene cinque tracce, le prime tre sono inediti mentre le restanti due, sono vecchi brani arrangiati per allinearli con l'attuale sound della band. "Migration" apre il cd e sin dai primi secondi s'intuiscono le intenzioni della band che fa l'occhiolino ad un rock semplice da digerire in smarcature al limite con il pop. I riff sono orecchiabili e vanno dove devono andare, senza grosse pretese di creatività ed innovazione. Le distorsioni sono leggere, ma permettono un certo impatto grazie agli arrangiamenti studiati ad hoc con basso e batteria. Una bella cavalcata rock insomma, con tanto di assoli e struttura strofa/ritornello classica e intramontabile. Il vocalist ha una timbrica giovane e fresca, con buone doti di estensione e un'ottima pronuncia inglese. "Smoldering Sun" è un brano già più maturo, introspettivo e meno chiassoso. L'introduzione si basa su arpeggi con effetto di delay che regalano spazialità, in cui l'incipit che segue, riprende le stesse sonorità con un perfetto crescendo fino all'attacco vero e proprio della canzone. Si percepiscono le influenze prog, soprattutto nelle due chitarre che si divertono a duettare in perfetta sintonia. Per i sei minuti di brano, i BBBB mettono in luce le loro doti tecniche, regalando un sonoro ricco di sfaccettature. Verso la fine si ha un break dai sentori etnici e ambient che permettono al brano di lanciarsi verso l'assolo finale, correndo assieme alla sezione ritmica di basso/batteria che si rivela sempre all'altezza, dall'inizio alla fine di questo EP. Dico, senza ombra di dubbio, che questo è il migliore pezzo dell'EP, un gradino più in alto a livello qualitativo. Il cd chiude con "Herocain" che nonostante rivisitato, lascia assaporare i precedenti BBBB, cioè un po' più hard rock/glam, ma sempre con la spensieratezza che li contraddistingue. A questo punto direi che i tempi sono maturi per un full lenght, in modo da permettere alla band di mettersi a nudo con brani che li rappresentino ad oggi. Dopo tre EP bisogna prendere delle decisioni sul proprio futuro artistico, rischiare o lasciar perdere. (Michele Montanari) 

(Self - 2014)
Voto: 70