#PER CHI AMA: Death/Black Folk, Jethro Tull, Skyclad, Primordial |
Mi sono avvicinato ai Northern Oak per molteplici motivi: il primo, perchè il sito della band di Sheffield riporta che la loro musica suona come un ibrido tra Jethro Tull, Pink Floyd ed Emperor, quindi questo ha solleticato non poco la mia attenzione e fantasia. In secondo luogo, devo ammettere che mi ha sedotto enormemente la cover del disco. Poi, quando ho anche ricevuto l'elegantissimo digipack a casa, ho premuto play e 'Of Roots and Flesh' ha esordito nel mio lettore, non posso negare di essere stato ammaliato quasi immediatamente dalla qualità del suono e dalla proposta folk black dei nostri, anche se catalogarla in questo modo sarebbe alquanto riduttivo e ingiusto. "The Dark of Midsummer", la opening track, è guidata da un meraviglioso flauto (a cura di Catie Williams), struggenti melodie, ma anche da un incedere dal fare progressivo che trova il proprio sfogo estremo in saltuarie galoppate epiche e nelle growling vocals, in background, del frontman Martin Collins. Con la seconda "Marston Moor", nel sound dei nostri ecco incontrarsi l'approccio pagano dei Primordial con il folklore degli Skyclad, con i flauti andare a sfidare la poesia dei violini (di cui qui il maestro è Digby Brown), mentre sullo sfondo chitarre vibranti e harsh vocals, completano un quadro tanto epico quanto selvaggio. Eccola, l'ho già individuata la mia traccia preferita ne sono certo. "Gaia", la terza song, affida il suo intro al caldo basso di Richard Allan, che verrà successivamente seguito da tutti gli altri strumenti, ma per cui spenderei una parola in più per il bombastico sound del drumming, preciso e fantasioso, grazie a Paul Whibberley, altro valore aggiunto del combo albionico. La song poi sembra essere maggiormente ancorata a suoni folk rock che agli estremismi del black metal, relegati solo all'ultima parte della traccia. Raffinati, non c'è che dire, anche a livello di porzione solistica, in cui a mettersi in evidenza alla sei corde è questa volta Christopher Mole. Ancora echi dei primi Skyclad si incontrano in "Nerthus", ma sarà un po' la costante dell'album, per cui mi muovo, passando per la strumentale "Isle of Mists", a "Taken", song dal chiaro sapore doomish, in cui in sottofondo sono altri strumenti del folklore celtico (mi pare un hurdy gurdy) a comparire. La ritmica a tratti si rivela pesante e profonda, alternando passaggi rock ad altri death doom, senza dimenticare un ipnotico break centrale, forse l'unico punto di incontro che ho incontrato sin qui con i Pink Floyd. “The Gallows Tree” potrebbe essere ascrivibile a una di quelle musiche utilizzate nelle tradizionali danze celtiche: mi immagino infatti gente ballare attorno al fuoco in mistica allegria. "Bloom" un altro bel pezzo tiratissimo la cui melodia di fondo si stampa nella testa, un brano che trascina per energia e variazioni di tema, e che va a collocarsi al secondo posto delle mie preferenze di questo 'Of Roots and Flesh'. La title track vanta un bellissimo lavoro al basso, un fremito palpitante in grado di regalare, in combutta con le chitarre, profonde emozioni. La conclusiva "Only Our Names Will Remain" (anche se una ghost track si cela nell'ultimo minuto e mezzo) offre gli ultimi scampoli elettro acustici, di un lavoro assai interessante che rischia solo di difettare per l'eccessivo (sebbene caratterizzante) utilizzo del flauto, vero strumento portante dell'album che molto spesso ruba spazio agli altri musicisti, che meriterebbero invece di dar mostra delle loro eccelse qualità. Non conoscevo i Northern Oak e me ne dolgo, ora andrò in esplorazione della loro vasta discografia, voi nel frattempo divertitevi con 'Of Roots and Flesh'. (Francesco Scarci)
(Self - 2014)
Voto: 80
http://www.northernoak.co.uk/
Voto: 80
http://www.northernoak.co.uk/