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lunedì 21 maggio 2018

Magnitudo - Men Against Fire

#PER CHI AMA: Sludge/Post Metal, Conan
Dopo un paio d’anni dal primo 'Si Vis Pacem', il trio sludge doom bergamasco dei Magnitudo, torna alla carica con il nuovo 'Men Against Fire', un disco che si potrebbe descrivere come il figlio bastardo nato dopo una violenta copulazione e una dolorosa gravidanza da una relazione clandestina tra i Conan e gli Alcest. Tutto sembra mirato a stuprare timpani e scrostare intonaci, le voci sono ruggenti e cavernose, le chitarre abrasive e velenose e la sezione ritmica è un rullo compressore che avanza inesorabile come un carroarmato di acciaio inossidabile. L’evoluzione rispetto al primo disco è chiara, se la violenza è rimasta immutata nell’intensità, seppur arricchita da elementi progressive e in generale da parti meno ruvide e più ponderate, l’oniricità ha subìto invece un forte incremento. Nei pezzi sono disseminati rilassanti quanto meditativi momenti di eterei arpeggi e ritmiche lasche, funzionali a lasciare un po’ di respiro prima di rituffarsi a capofitto nell’inferno infuocato di riff rugginosi e onde quadre a cui i Magnitudo ci hanno abituati fin dal loro esordio. Non solo di violenza vive però questo 'Men Against Fire', c’è infatti un’importante componente culturale e di concetto che ci invita a riflettere e ad usare quello sconosciuto organo chiamato cervello. Mi riferisco in particolare alla citazione Orwelliana – ripresa nel titolo di uno dei migliori pezzi del disco – “Immagina uno stivale che schiaccia un volto umano per sempre”, potentissima incarnazione dell’idea secondo cui l’umanità è destinata a soccombere sotto il peso della propria ebrezza di potere in un mondo in cui l’individuo, vessato da doveri e svuotato di ogni propria personalità, esiste solo in funzione della collettività. Immagino legioni infinite di soldatini identici, con espressioni neutre e gli occhi bassi camminano in frotta verso le rispettive occupazioni, timbrano il cartellino, stanno alle loro postazioni, ripetono le medesime mortifere abitudini che lentamente consumano carni, pensieri e individualità. Solo quando gli stracci che portano addosso sono zuppi di sudore e incrostati di polvere, e quando ogni sinapsi è stata forzatamente scollegata e riprogrammata, gli è permesso di tornare alle proprie baracche fatte di niente, fatiscenti e standardizzate, in attesa solo di tornare al proprio lavoro. 'Men Against Fire' è quella voce interiore che spinge ad aprire gli occhi, a vedere e sentire che non ci sono solo ordini esterni ma anche una strada tracciata nell’anima che deve essere a tutti i costi percorsa a pena di unirsi all’infinito gregge di scimmie che altro non sanno fare se non acconsentire e sottostare. È forse questo il fuoco con cui l’uomo si deve scontrare, quello stesso fuoco che potrebbe spronare la mandria indefinita di soldatini a ribellarsi e riversarsi come furie nei propri posti di fatica per distruggerli e incendiare qualsiasi cosa possa ricordare la sensazione di soggiogamento che guidava le loro vite. Potrebbero usare il fuoco per ribaltare il potere trucidando nel sangue i propri ricchi governanti e radere al suolo la società marcia e impune per ripartire finalmente da zero a costruire un nuovo mondo. (Matteo Baldi)

(Sepulchral Silence Records - 2018)
Voto: 75

https://magnitudo.bandcamp.com/album/men-against-fire

giovedì 25 agosto 2016

Magnitudo – Si Vis Pacem

#PER CHI AMA: Sludge/Psych/Post Metal
Un nome pesante per una musica ad alto peso specifico. I Magnitudo, direttamente da Bergamo, già dal primo EP riescono ad attirare l’attenzione su di sé tanto che la Sepulchral Silence, label britannica si è subito premurata di aggiungere questi ragazzi nel proprio roster. L’EP è stato registrato egregiamente dall’ottimo Danilo Battocchio, membro dei post-metallers torinesi Last Minute To Jaffna. Non solo il sound risulta potente ma anche il nome della band suggerisce forza, intensità e un buon grado di pericolosità perfettamente calzante con l’essenza della band. I Magnitudo si sono spinti fino a imprimere su disco la violenza e la portata distruttiva di un attacco all’umanità da parte di forze immemori e ancestrali che hanno come fine solamente la devastazione totale. Uno scenario che non in molti riuscirebbero a sostenere, è come guardare da una finestra a vetri la propria città che viene inghiottita da un gigantesco terremoto (mai immagine fu cosi attuale - RIP/ndr): voragini che si aprono ovunque, edifici che crollano, urla che echeggiano alte e disperate ed il sole offuscato per la troppa polvere sospesa nell’aria. 'Si Vis Pacem' la prima parte di un famoso detto latino: se vuoi la pace prepara la guerra. Difendere la propria posizione, fortemente ancorati alle proprie idee, pronti a combattere, uccidere e morire per esse. Le premesse ci sono tutte, anche l’ansia nel vedere le figure incravattate con la maschera a gas in copertina. Milioni di burattini identici che non sanno nemmeno più respirare, mossi dalla stessa brama di potere e che brilla rossa nei loro occhi. Ma ora basta fantasia, è giunta l’ora di far vibrare i timpani. Si parte senza foga ma con grazia: il primo pezzo, "Marjane", è una song orientaleggiante venata di rabbia che si trasforma in un ambiente ostile, senza ossigeno e senza via d'uscita. Un incipit ansioso e malvagio che ci traghetta alla seconda traccia in cui per la prima volta appare la voce distorta di Dario, e il cui suono ricorda quello di un titano sceso sulla Terra con intenzioni non propriamente di fratellanza. La musica si articola in bordate di accordi dissonanti, mitragliate di batteria e cambi di metrica accanto a molti spazi sonici nelle parti ritmicamente distese tipicamente doom sostenute da un rugginoso ribollire di valvole. La terza traccia "χορού Λάρισας" introduce la voce pulita, una scelta coraggiosa ma anche ben riuscita nel suo minimalismo, sembra quasi un lamento ma potrebbe anche essere un’invocazione ancestrale sacra, e questo probabilmente non lo sapremo mai. La canzone continua come un fiume in piena tra granitici riff e terremoti che flagellano un paesaggio ormai privato di ogni forma di civiltà umana. Con "T", brano di chiusura, torniamo alle sonorità dell’inizio ma con un’attitudine diversa, più disillusa e determinata. E ancora la voce di Dario ci guida sul sentiero della battaglia e ci esorta una volta di più a puntare i piedi e guardare la distruzione che ci si staglia davanti con lucida coscienza e una buona dose di cinismo. (Matteo Baldi)

(Sepulchral Silence Records - 2016)
Voto: 80