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sabato 27 febbraio 2021

Les Chants de Nihil - Le Tyran et l'Esthète

#PER CHI AMA: Symph Black
Mentre i Les Chants de Nihil tagliano il traguardo del quinto album, io me li trovo davanti per la prima volta in vita, che vergogna. Autofustigatomi per benino per le mie mancanze, mi metto all'ascolto di questo 'Le Tyran et l'Esthète'. Il disco, promosso dall'ormai omnipresente Les Acteurs De L’Ombre Productions, ci propone un interessante concentrato di black dalle tinte sinfonico-folkloriche che si dipanano dalle scorribande sonore della seconda "Entropie des Conquêtes Éphémères" che segue a ruota la strumentale "Ouverture". Il suono dei nostri non è cosi semplice da digerire per quanto l'approccio sinfonico ne dovrebbe invece agevolare l'ascolto, ma le elucubranti orchestrazioni unite a funambolici giri di chitarra e vocals che si manifestano sia in versione harsh che in un cantato più pomposo (direi grandeur), rendono l'ascolto non proprio cosi immediato. A questo aggiungete vorticose linee ritmiche in cui basso, batteria e chitarra sembrano in realtà cavalli imbizzarriti alla guida di una carrozza totalmente fuori controllo (la mia immagine di "Ma Doctrine, Ta Vanité"). E il parallelismo vocale tra scream efferati e cori maestosi, il tutto rigorosamente cantato in francese, con un suono che non resce a star fermo nemmeno un attimo e che qui in chiude addirittura in un rallentamento doom, non agevolano certo l'assimilazione della proposta dei quattro musicisti proveniente dalla Bretagna, dal piccolo paesino di Pléri. E quell'appendice doom in chiusura della terza traccia serviva ad introdurre la gloomy (adoro questo termine ad indicare la cupezza di un suono) "L'Adoration de la Terre", un pezzo che inizia in modo alquanto rallentato prima di deragliare in una serie di ambientazioni che variano tra il sinfonico, l'avantgarde, il progressive e ovviamente il black, in una sorta di rivisitazione della musica di Stravinsky, con il tutto comunque corredato da una più che discreta dose di imprevedibilità che rende il disco decisamente poco scontato. "Danse des Mort-nés", più lineare delle precedenti, mi ha evocato un che dei conterranei Misanthrope. Interessante ma non avvincente come quanto ascoltato sino ad ora, colpa forse di una linea di chitarra troppo più vicina allo zanzaroso black norvegese piuttosto che al maestoso sound delle prime tracce. Con la title track spazio al marziale drumming di Sistre prima che le voraci e schizoidi linee di chitarra prendano il sopravvento in un turbinio sonoro (per lo più di stampo militaresco) che vedrà esibire anche uno splendido assolo che non avevo ancora fin qui assaporato e che rappresenta la classica ciliegina sulla torta. "Ode Aux Résignés" esibisce una malinconica melodia iniziale in un brano dai tratti più compassati che comunque nella sua seconda metà, non rinuncerà all'ebbrezza dei ritmi infernali delle sue chitarre. "Lubie Hystérie" ha ancora forza dirompente per investirci con il tremolo picking, con i nostri che non si esimono nemmeno qui in cervellotici giri di chitarra che ci danno il colpo del definitivo KO. Ma non siamo ancora alla fine visto che sarà "Sabordage du Songeur - Final" a porre fine alle ostilità. Il brano è l'ultima scheggia impazzita di un disco sicuramente suonato a livelli disumani sia di tecnica che di velocità esecutiva, per un album intensamente bombastico e moderno che comunque non rinuncia agli echi di un passato glorioso nè ad un modernismo presente. Un lavoro, 'Le Tyran et l'Esthète' che necessita comunque di grande pazienza per poter essere assimilato. (Francesco Scarci)